24. Annebbiato
Martin
Il locale che scelgo per bere è poco affollato, preferisco sia così di gran lunga, al momento non ho nessuna voglia di fare autografi o sorridere ai tifosi. Voglio solo dimenticarmi di tutto e scolarmi tutto l'alcool possibile per scrollarmi di dosso queste sensazioni opprimenti.
Voglio bere fino a non pensare più, fino a non capire più. Voglio smettere di sentire dolore e ansia per le condizioni di salute di Lucia, di sentirmi solo perché il mio migliore amico e la mia ragazza mi stanno lasciandolo solo in un male che anche io provo come loro, di sentirmi arrabbiato e confuso perché Aurora respinge me e ogni tentativo di aiutarla ma permette che Riccardo, qualcuno che praticamente non conosce, le stia accanto.
Sono questi i pensieri che ho al momento che prendo posto al bancone del bar. Mi siedo nello sgabello più isolato e immediatamente attiro l'attenzione del barista alzando la mano destra. Ordino della vodka e poi mi guardo leggermente intorno, cercando di capire se qualcuno sta facendo caso a me. Per fortuna tutti sembrano così presi dalle loro cose da non notarmi. Non ho mai ringraziato così tanto l'egoismo della gente, sono tutti interessati solo ed esclusivamente alle loro vite, dimenticando spesso e volentieri che c'è un mondo anche fuori dalle loro bolle.
Il ragazzo dietro al bancone mi posa il bicchierino davanti e io, senza perdere tempo, lo butto giù tutto d'un fiato e poi ne ordino subito un altro. Il barista mi guarda leggermente interdetto ma poi esegue la mia richiesta, servendo prima un caffè a un uomo con i baffi che siede poco lontano da me e poi me.
Non mi interessa di cosa possa pensare il tizio che mi sta servendo o quelli che mi passano accanto, ora anche io voglio essere egoista come loro.
Continuo a ordinare da bere fino a quando non perdo il conto e anche il contatto con la realtà. Sento la testa più leggera come se stessi volteggiando per aria. Questo è quello che voglio, è il risultato da raggiungere, ed è solo l'inizio, sono ancora troppo cosciente per i miei gusti.
"Hai intenzione di andare in coma etilico?" i miei occhi si posano su una ragazza che mi ha appena posto questa domanda e si è accomodata proprio nello sgabello accanto al mio. Ha una gonna corta con uno spacco vertiginoso sulla coscia, degli stivali alti che le arrivano al ginocchio e una maglia nera e attillata che lascia davvero poco all'immaginazione. Non so se sia colpa dell'alcool ma mi soffermo fin troppo a osservare la riccia.
"Forse." rispondo solo questo prima di girarmi nuovamente in avanti per continuare a bere. Mi aspetto che la ragazza mora giri i tacchi e se ne vada dopo la mia risposta scocciata, ma continuo a sentire la sua presenza accanto a me.
"Non penso sia una buona idea bere fino a non capire nulla solo per colpa di una donna." sussulto e la guardo d'istinto, mentre lei sorride compiaciuta. E lei come lo sa? "È palese, hai gli occhi tormentati e innamorati." risponde alla mia domanda inespressa e io alzo gli occhi al cielo.
"Quindi cosa proponi di fare per smettere di pensare? Visto che sei così esperta, illuminami." lei prende la mia domanda come un invito amichevole e si accomoda accanto a me.
"Prima di tutto capire se vale la pena ridursi così per lei. Cosa ti ha fatto?"
Bevo un altro bicchierino prima di risponderle alla domanda, ho bisogno di altro alcool per affrontare questo discorso. "Sua sorella è in ospedale, e lei mi sta allontanando dalla sua vita, come sua sorella non fosse anche la mia migliore amica tra l'altro. Però ieri è andata a cenare con un mio amico con il quale non ha nemmeno confidenza... non capisco cosa sbaglio."
Lei tamburella le dita sul bancone e mi rendo conto che ha le unghie troppo corte e mordicchiate, una cosa che va in netto contrasto con il mondo impeccabile con cui è pettinata, vestita e truccata. "Penso che lei abbia paura e sia magari confusa. Tu forse le ricordi troppo sua sorella e quanto stia soffrendo, mentre magari il tuo amico è come una boccata d'aria dal turbinio di pensieri."
"Quindi devo lasciar perdere? Io non so cosa fare, sto già una merda per la mia amica e ora anche per lei. Mi sento tradito..." ed è qua che capisco di aver esagerato con l'alcool, prima di bere non avrei mai ammesso una cosa simile. "E vorrei odiarla per ciò che mi sta facendo, per la solitudine e il dolore che mi sta facendo provare, invece mi sento così innamorato che mi viene la nausea."
"Ci sono passata anche io." si interrompe per un attimo giusto per chiedere una Coca-Cola al barista "Alla fine ho deciso di troncare, anche se non è stata facile ed è una decisione che mi ha fatto soffrire. Ora so che è la cosa giusta, non era la mia persona, per quanto mi sforzassi di far funzionare le cose."
"Dovrei chiudere con lei?" lo chiedo con un fil di voce e lei fa spallucce, come se non volesse condizionare la mia decisione o decidere per me. "Non so se sono capace... mi sono legato a lei in un modo strano, e stavamo bene insieme prima dell'incidente di sua sorella." certo, se non consideriamo il litigio avvenuto alla laurea.
"Però? Sento che c'è un ma..."
"Ma mi sembra, a volte, che io sia molto più legato a lei di quanto lei lo sia a me." dirlo a voce alta, ammetterlo, è come una coltellata dritta al cuore. "E io non so se sia solo una mia impressione e una mia paura."
"Non penso che tu abbia la capacità di inventarti delle sensazioni solo per colpa delle paure. Sicuramente ha fatto qualcosa che te l'ha fatto pensare, non agisci e pensi senza motivo."
Annuisco e ordino un altro shottino "Ora però non mi va più di parlarne, davvero... ho bisogno di staccare la mente."
"D'accordo." sorride dolce e mette in evidenza i suoi denti bianchi e perfetti, riesco a intravedere un brillantino incastonato nell'incisivo che brilla alla luce artificiale del locale. "Io mi chiamo Margaret, ma tutti mi chiamano Meg."
Mi porge la mano e io gliela stringo all'istante, presentandomi a mia volta. "Piacere, io sono Martin." ci scambiamo un sorriso "Comunque se vuoi puoi unirti a me, non mi dispiace parlarti." ancora una volta non so se sia l'alcool a farmi essere così disinibito o forse il fatto è che al momento non voglio sentirmi più solo. Ho troppi pensieri che si affollano nella mia mente... voglio sentirmi più leggero.
*****
"Eccoci." Meg indica il portoncino del mio appartamento e mi osserva sorridendo, con la testa leggermente inclinata di lato. Abbiamo passato insieme tutto il resto della serata, abbiamo parlato, riso, scherzato e io, soprattutto, bevuto. Sono riuscito a scrollarmi un po' del dolore e del peso che mi sento addosso, anche se quella sensazione soffocante non è svanita nemmeno con tutto l'alcool che ho in corpo.
"Grazie di avermi accompagnato, ma non mi sarei perso." rido appena, prendendomi un po' gioco di lei, e la osservo mentre ride a sua volta.
"Meglio non rischiare... con tutto ciò che hai bevuto pensavo che saresti potuto crollare per le scale e restare addormentato lì."
"Ehi, guarda che sono sveglissimo." le mostro gli occhi spalancati e lei continua a ridere. Devo dire che mi piace il fatto che riesca a farla ridere, mi fa pensare che sono ancora in grado di fare stare bene le persone, nonostante la mia ragazza sembra non abbia bisogno di me... "Potrei chiederti di entrare e potrei prepararti qualcosa da bere."
"Vuoi bere ancora?" me lo chiede allarmata ma comunque il divertimento non sparisce dal tuo viso. "Non so se sia il caso."
"Niente di alcolico, ti preparo una tisana per ringraziarti della compagnia." quasi la prego con il tono di voce, non voglio che vada via, non sono ancora pronto a restare da solo con me stesso. Ho paura che una volta che sarò nuovamente in compagnia dei miei soli pensieri tornerò a stare male e nemmeno l'alcool mi sarà d'aiuto.
Lei sembra pensarci su per qualche secondo ma poi annuisce, accettando il mio invito. "D'accordo, mi hai convinto biondo." ci scambiamo un sorriso mentre infilo le chiavi nella toppa e poi faccio scattare la serratura.
Accendo le luci subito dopo aver aperto la porta d'ingresso e sento i suoi passi dietro di me. "Mettiti pure comoda, puoi toglierti quei tacchi se ti va, sembrano piuttosto scomodi." indico i suoi piedi e lei annuisce mentre ridacchia. Chiude la porta alle sue spalle e poi si avvicina a me, ma senza togliersi le scarpe. Ha lo sguardo rivolto verso il mio, ed è tremendamente seria. "Meg... che c'è?"
Ho la testa completamente annebbiata dall'alcool, ma riesco comunque a sentire la tensione che cresce tra noi. Una parte remota di me urla di spostarmi, urla di allontanarmi da lei, ma l'altra parte non le dà minimamente ascolto. Sono inchiodato al pavimento e sono io che per primo agisco. Poso le mani sui suoi fianchi e poi scendo più giù, fermandomi alle cosce.
"Non so se tu vuoi... sei libero di spostarmi Martin." lo sussurra a mezza voce, senza spostare però lo sguardo dalle mie labbra. "Ho imparato ad agire quando voglio fare una cosa, non mi piace vivere nel rimpianto, ma tu non sei obbligato."
Annuisco pure se so che sicuramente dovrei dire qualcosa, ma nessun pensiero sembra avere senso a tal punto da essere esternato. Per questo, senza perderci in ulteriori preamboli, anniento la distanza tra noi.
Sposto le mani sul suo viso e la attiro ancora più verso di me, in un bacio quasi disperato. Cerco di riversare tutte le emozioni che sento dentro in questo contatto con lei. Agisco senza pensare, annebbiato dall'alcool e dal dolore.
Meg ricambia con la stessa urgenza, prendendomi poi le mani e facendomele posare sul suo sedere. Intraprendente.
"Andiamo di là." si stacca dal bacio solo per dirmi queste parole, con voce affannata. "Guidami nella tua stanza."
Riprendo a baciarla, senza risponderle, e le faccio allacciare le gambe intorno al mio bacino, trasportandola poi fino alla mia camera. Immediatamente la adagio sul letto e mi sistemo tra le sue gambe, le tolgo la maglia attillata che già lasciava poco spazio all'immaginazione e inizio a baciarle il collo per poi scendere fino ai suoi seni.
"Ti desidero Martin." quasi mi prega, sganciando il bottone dei miei jeans. "Ti desidero da morire." la aiuto a spogliarmi e poi libero anche lei dai vestiti. Ogni indumento vola via velocemente sul pavimento, siamo troppo presi dalla smania e dagli istinti, non c'è nessun ragionamento dietro i nostri gesti.
"Sono qua." accarezzo la sua intimità e lei ansima, inarcando la schiena. È davvero sexy, è una ragazza bellissima, ma non la sto vedendo davvero, ho solo bisogno di staccare la testa, per quanto brutto e poco etico possa sembrare.
"Basta giochetti..." quasi mi implora, infilando le mani in mezzo ai miei capelli e tirandoli appena. "Sono pronta."
Sorrido maliziosamente sentendo la sua impazienza e mi sistemo ancora meglio, per poi affondare in lei. La osservo mentre spalanca la bocca e subito allarga maggiormente le cosce per accogliermi ancora di più.
Resto fermo per qualche secondo, iniziando a muovermi appena lei spinge il bacino verso di me. È impaziente e io non sono nessuno per non accontentarla.
Meg inizia a gemere e posa le mani sulla mia schiena, attirandomi ancora di più a sé. Io mi inchino leggermente e bacio i suoi seni, stringendoli subito dopo con la mano destra.
"Martin... mio Dio." affanna al mio orecchio, ripetendo il mio nome più e più volte come se fosse il suo unico pensiero. Ha il viso arrossato e pervaso dal piacere, i capelli completamente spettinati e sparsi sul cuscino. "Ci sono quasi."
Mi avvisa e io annuisco, continuando a spingere. Sento le sue pareti stringersi intorno a me e strofino le dita sulla sua intimità per darle ancora di più. Poco dopo esplode urlando il mio nome, raggiungendo così il massimo godimento.
Mi guarda appagata mentre respira con il fiato corto, io invece inizio a muovermi in modo meno regolare, affondando la testa sul suo petto. Non penso a nulla, penso solo alle sensazioni che il mio corpo sta provando. Non c'è una sola parte di me che riesca a ragionare lucidamente. Sono completamente disconnesso dalla realtà.
Quando sento di esserci quasi, esco da Meg e riverso fuori il mio piacere. Gemendo con un verso gutturale.
Lei mi lascia in piccolo bacio sulla fronte imperlata di sudore e io mi lascio crollare, respirando pesantemente per riprendere fiato. "Devo andare a sciacquarmi."
Capisco da come muove la testa che sta annuendo, anche se non la vedo in viso, così molla la presa sul mio corpo e io mi alzo come un automa per andare a sistemarmi in bagno.
Agisco in modo automatico, agisco con la testa completamente altrove, come se non fossi realmente presente in questo momento, come se non fossi nel mio corpo, come se qualcun altro stesse decidendo ogni cosa per me e io fossi solo un burattino nelle mani di un burattinaio.
E non so cosa sarà domani, non riesco nemmeno a pensarci al domani... so solo che ho bisogno di chiudere gli occhi e dormire sopra a questa vita che sta diventando fin troppo pesante e complicata.
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