54 - Your Voice
29 settembre 2021
Namjoon stava fissando l'acqua del rubinetto scorrere e riempire una brocca di vetro fino a farla tracimare.
Era successo tutto in pochi minuti.
Il brusco risveglio, la telefonata con sua madre e infine l'arrivo del fratello di Eve.
Non sapeva come si chiamasse. Non si era presentato, la sua attenzione era diretta alla sorella ferita. Fu grazie al tempestivo intervento di Baek se Namjoon aveva schivato un pugno in pieno viso.
«Stai sprecando l'acqua.»
La voce baritonale di Taehyung lo riportò alla realtà.
Chiuse il rubinetto e senza dire una parola prese un canovaccio per asciugarsi le mani.
«E così quello è il fratello di Noona?»
«Già.»
«Lo immaginavo diverso. Mi mette in soggezione», Taehyung lanciò una fugace occhiata verso il soggiorno «secondo me, ti odia.»
«È più che naturale. Eve si trova nei guai per colpa mia ed è stata anche aggredita.»
Prese la brocca e la vuotò nel bollitore per preparare una tisana.
Stanco. Era a pezzi sia fisicamente che emotivamente.
Erano fuggiti dal proprio appartamento come dei criminali, colpevoli solo di essere innamorati. Eve aveva pianto per tutto il tragitto in auto e Namjoon non riusciva a ignorare le occhiatacce che il cognato gli rivolgeva attraverso lo specchietto retrovisore.
«Voglio venire con voi!», aveva urlato tra le lacrime Kyungmin e per lui era stato doloroso affidarla a Baek per il rientro a Ilsan.
Quello che stavano vivendo era assurdo, irreale. Sembrava la trama di una soap opera sudamericana di ultimo ordine.
«Tae, dovevo portare qui anche Minnie?»
«Non poteva stare con noi, lo sai.»
«L'ho obbligata a tornare a Ilsan.»
«Avrei fatto lo stesso con mia sorella, hyung. Kyungmin ed Eunjoo per ora non sono state scoperte dalla stampa, ma sappiamo che è solo una questione di tempo.»
Namjoon si morse il labbro.
Non era riuscito a proteggere la donna che amava dalla follia dei fan. Cosa poteva fare per fermare quel mare di merda che stava travolgendo non solo lui, ma anche la band e l'agenzia stessa?
Il bollitore fischiò. Recuperò rapidamente una tazza per versarvi l'acqua calda e immergere una bustina di tisana rilassante, la preferita di Eve.
In pochi secondi l'aroma delicato della valeriana e passiflora gli stuzzicò il naso.
«Ne fai una anche per me? Credo che questi saranno giorni pesanti», Taehyung gli porse una tazza vuota e si appoggiò con i gomiti sull'isola della cucina «e non parlo solo della stampa, ma anche di Yoongi hyung.»
Namjoon alzò lo sguardo verso il soggiorno. Vicino alla porta finestra, Yoongi guardava con poco interesse il panorama. «Sinceramente, lui è l'ultimo dei miei problemi.»
«Anche se è innamorato di Noona?»
«Sì», rimosse la bustina dalla tazza e la gettò nella pattumiera «non devi preoccuparti per noi. Ho parlato con lui e abbiamo risolto i nostri problemi.»
Uscì dalla cucina con la tisana in mano e si diresse verso il soggiorno. Si fermò per qualche istante all'ingresso e osservò la ragazza insieme al fratello.
Era un quadretto famigliare insolito per lui: Eve si era da sempre mostrata molto riservata sui propri cari e nonostante ne parlasse raramente, per Namjoon la famiglia di lei era quasi inesistente.
Prese un profondo respiro ed entrò in soggiorno.
«Tieni. Attenta che scotta.»
«Grazie, amore.»
Namjoon si sedette sul divano. Notò un leggero sorriso curvare le labbra di Eve, le accarezzò appena la guancia ferita «mi dispiace, è tutta colpa mia.»
«Non è tua, ma degli Army che sono malati», Eve si voltò verso il fratello «e voglio che sia chiaro anche a te. Non è colpa dei BTS se esistono dei fan indemoniati.»
«Hanno creato loro questo fandom malato.»
«No, Killian. È sempre esistita l'ossessione verso gli artisti. Qui li chiamano sasaeng, da noi invece stalking o semplicemente fanatici.»
Namjoon guardò l'uomo che lo fissava torvo.
Killian. Si chiese se quello fosse il suo reale nome o uno fittizio per colpa del loro maledetto gioco.
Non sapeva cosa fare. Doveva presentarsi e instaurare un dialogo? Chiedere di nuovo umilmente scusa per quanto accaduto?
Si passò una mano tra i capelli e si morse l'interno della guancia.
Al suo fianco, Eve beveva lentamente la tisana e si lasciava coccolare dal fratello.
Li guardò per qualche secondo. Vederli insieme, di persona, gli faceva uno strano effetto.
L'uomo le accarezzava amorevolmente i capelli, le punzecchiava una guancia per attirare la sua attenzione.
«Voglio che tu torni a casa, ma immagino già le tua risposta.»
A casa.
Lontano dalla Corea.
Lontano da lui.
Namjoon sentì il terreno mancargli da sotto i piedi.
Non poteva perderla.
Eve lo guardò e gli rivolse un sorriso dolce.
«È questa casa mia. A Seoul, con lui», gli prese la mano e la strinse con una stretta calda e sicura.
Era bastato incrociare lo sguardo rassicurante di lei per dissipare ogni ansia e timore in Namjoon.
«Sei veramente sicura?»
«Sì, sto bene qui. Con lui, con tutti loro e non ho alcuna intenzione di rientrare.»
Killian scosse il capo e si rilassò sul divano «Tra tutti gli uomini del pianeta, dovevi imbatterti in uno dei BTS?»
«Oh, ci conosci?», Seokjin non riuscì a contenere la propria curiosità.
«Siete famosi. Solo la cretina di mia sorella non sapeva della vostra esistenza, ma lei vive in un mondo tutto suo», Killian si massaggiò le tempie «mia moglie è una vostra fan sfegatata, ho la casa invasa da pupazzini e chincaglieria varia. È impazzita quando ha scoperto di loro due.»
«Dovevi stare attento», Eve tornò a fissare la tisana.
«Dillo a tua nipote. Ha visto lo spot della Samsung e si è messa a urlare "è lo zio Joon! È il fidanzato della zia!", da settimane dorme abbracciata a quel lama bianco in attesa che le compri il koala», l'uomo le scompigliò appena i capelli «è cresciuta tantissimo. Ti somiglia molto, è una piccola ribelle proprio come te.»
Il sorriso si spense sulle labbra di Eve, le sue mani cominciarono a tremare e Namjoon fece in tempo a prendere al volo la tazza prima che questa cadesse a terra.,
«Jagi, che succede?»
«Io-», la voce si incrinò e lei si tappò la bocca prima di scoppiare a piangere Mi sei mancato così tanto.»
«Anche tu, rospetto», Killian l'accolse tra le sue braccia ed Eve sembrava così piccola e indifesa.
Namjoon rimase fermo a osservare i fratelli e sentì una fitta al petto. Non sopportava di vedere la propria ragazza in lacrime e voleva essere lui a consolarla e stringerla a sé, ma sapeva anche quanto lei si sentiva da sola in terra straniera senza la propria famiglia.
Si alzò dal divano per lasciare ai fratelli la dovuta privacy e si rifugiò di nuovo in cucina per lavare la tazza.
«Voglio che tu torni a casa.»
La voce quasi imperativa dell'uomo gli provocò uno strano brivido.
Si era abituato all'idea di un trasferimento definitivo di lei a Seoul, ma lo scandalo mediatico aveva mescolato le carte in tavola.
Cosa poteva spingere un uomo a lasciare da sola la propria moglie incinta e la figlia piccola per affrontare un lungo viaggio se non l'intenzione di far rimpatriare l'amata sorella?
Scosse il capo per scrollarsi di dosso ogni pensiero negativo e si voltò per recuperare il canovaccio, ma sobbalzò quando si ritrovò Killian alle spalle.
La tazza gli scivolò dalle mani e cadde a terra finendo in mille pezzi.
«Ti serve qualcosa?», chiese mentre si guardava attorno alla ricerca della scopa per ripulire il pavimento.
Killian piegò appena la testa di lato e lo fissò con astio «lei torna a casa con me.»
Namjoon prese un profondo respiro e tentò di mantenere la calma «l'hai sentita. Vuole restare qui. Non puoi obbligarla a seguirti, è una donna adulta», alzò lo sguardo sull'uomo e lo fissò intensamente negli occhi «e io farò in modo che non cambi idea.»
«Me ne fotto», Killian avanzò di due passi e Namjoon, d'istinto, arretrò «ti do due settimane. Sistema questo casino e leva dalla merda mia sorella.»
«Non dipende da me, lo sai benissimo.»
«Due settimane e me la porto via, consenziente o meno.»
Senza aggiungere altro, Killian uscì dalla cucina.
Rimasto solo, Namjoon si appoggiò all'isola della cucina, si passò una mano tra i capelli. Come poteva riparare i danni di quello scandalo mediatico?
Le azioni in borsa di Hybe erano crollate vertiginosamente e molti sponsor avevano manifestato l'intenzione di revocare i contratti senza contare il malcontento dei fan e dell'opinione pubblica.
Erano tutti nella merda, nessuno escluso.
Si appoggiò di peso all'isola della cucina e porto una mano al petto per regolare la respirazione e non farsi prendere inutilmente dal panico.
Doveva ragionare, trovare una soluzione, ma la mente era totalmente nel caos più totale.
Sentì due braccia cingergli la vita: Eve lo abbracciò con amore e posò il mento sulla sua spalla.
«Non mi porterà via.»
«Ci hai sentiti?»
La vide annuire, lei gli baciò una guancia «Sì, ma io rimarrò qui con te. È molto preoccupato e scatta subito sulla difensiva, ma lo fa per il mio bene.»
Namjoon si voltò per accoglierla tra le sue braccia «lo capisco, farei lo stesso se ci fosse Minnie nei guai, ma io davvero non posso fare nulla e‒»
Le labbra di Eve si posarono sulle sue e lui si perse in quel bacio.
La strinse forte a sé, soffocò un gemito quando Eve gli cinse il collo con le braccia e gli solleticò la lingua con la propria cercando una maggiore intimità.
Ogni timore, preoccupazione e angoscia erano svaniti come una bolla di sapone. Gli bastava un semplice bacio o carezza di lei per ritrovare la serenità, un angolo di quiete minata da quel caos mediatico.
«Ti amo», mormorò su quelle labbra morbide e invitanti «ti amo e farò di tutto per proteggerti.»
A quella dichiarazione, Eve sorrise e lo baciò con passione quando un rumore alle loro spalle li interruppe.
All'ingresso della cucina Jungkook, in visibile imbarazzo, aveva bussato contro il muro. «Scusatemi. Hyung, dobbiamo andare in agenzia.»
Namjoon brontolò appena e fece un cenno col capo in risposta all'amico.
Il lavoro era l'ultimo dei suoi pensieri, voleva stare con la sua donna, ma non poteva ignorare i suoi obblighi verso l'azienda.
«Vai», la voce di Eve lo destò dai suoi pensieri «oggi starò qui con Killian, non preoccuparti per me. Non sarò da sola.»
«Killian. È un soprannome oppure...»
«È il suo vero nome», Eve gli baciò la fronte «lui non gioca insieme a noi.»
Rimasero in silenzio, l'uno tra le braccia dell'altra, in lontananza si udivano la risata acuta di Seokjin e Jimin unita a quella più profonda di Killian.
Il cellulare riposto nella tasca dei pantaloni vibrò.
Il lavoro stava chiamando.
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«Fuck!»
Namjoon colpì la panca con un pugno.
Era stanco e non riusciva a concentrarsi.
La stylist gli sistemò i capelli per l'ennesima volta.
«Calmati, hyung. Imprecare non servirà a nulla.»
«La fai facile, Jiminie», ringhiò a denti stretti e con la coda dell'occhio notò gli sguardi curiosi dei costumisti e truccatori.
Stavano ultimando il servizio fotografico della nuova collezione Louis Vuitton per Vogue Korea e i ragazzi erano sfiniti. In quell'istante invidiò Jungkook e Taehyung, gli unici ad aver terminato in netto anticipo il lavoro.
Namjoon si passò un dito nel colletto del dolcevita. Stava soffocando dal caldo, le luci non aiutavano e lui sudava sempre più.
Si chiese per quale assurdo motivo la Hybe non organizzasse quel tipo di photo shooting in inverno per l'anno successivo, ma pensò che i fan esigessero fotografie aggiornate.
A ogni pubblicazione sui social, gli Army non perdevano tempo e studiavano il taglio e colore dei capelli, la prestanza fisica e altri dettagli assurdi.
Si morse l'interno della guancia e fissò l'obiettivo della macchina fotografica.
Odiava trovarsi lì, truccato e imbellettato, tutto sorridente quando in realtà voleva rintanarsi a casa propria, lontano da tutti.
Era riuscito a ignorare con enorme fatica le risatine e battute di dubbio gusti dello staff di quello studio, a differenza di Hoseok che aveva discusso con un addetto alle luci invitandolo a tacere.
«The show must go on», continuava a ripetersi. Né lui, né gli altri membri potevano fermare le attività lavorative per motivi personali.
La Hybe non aveva ancora rilasciato un comunicato ufficiale sull'accaduto e più tempo passava, più Namjoon si sentiva annegare nella disperazione più totale.
Uno scatto, una nuova posa e lui si mise seduto sulla panca a fissare il soffitto e stringersi le spalle.
I fan reclamavano sempre più contenuti multimediali, ma ora tra foto cute e video agyeo, potevano scaricare il video hot di lui ed Eve nello studio.
«Due settimane.» La minaccia di Killian continuava a tormentarlo.
Come diamine poteva lui, un semplice idol, mettere a tacere uno scandalo del genere?
Sihyuk lo aveva rassicurato, gli aveva promesso di sistemare tutto quanto e, soprattutto, di proteggere Eve.
L'ennesimo flash lo accecò per un istante e sentì una strana pressione attanagliargli la gola.
«RM, guarda qui di nuovo. Bene, ora alza le braccia così e sorridi.»
Sorridere. Come poteva farlo quando voleva solo sparire per la disperazione e la vergogna?
Era la prima volta che stava così male sul posto di lavoro, nemmeno la rottura con Minhee anni prima e il tremendo litigio con Eve lo avevano trascinato così nel baratro.
«Abbiamo terminato, grazie mille a tutti per il vostro duro lavoro.»
Libero. Namjoon lasciò il set fotografico e si rifugiò in camerino dove le stylist lo attendevano per spogliarlo dall'ultimo outfit.
Era abituato da anni a farsi spogliare, toccare, vestire come un bambolotto dallo staff, ma qualcosa lo fece sentire sporco dentro.
«Ignorali.»
La voce di una delle stylist catturò la sua attenzione.
«C-come=»
«I pettegolezzi. Ignorali», la donna gli sorrise mentre lo liberava dall'ingombrante giacca «Nessuno ha il diritto di violare la privacy di voi artisti. Non hai commesso alcun crimine, Namjoon-ssi.»
«Lei dice?»
La vide annuire «è forse un crimine vivere una vita privata? Vi hanno ripresi mentre eravate a casa vostra e in altri luoghi non pubblici come lo studio o il giardino condominiale.»
Lo spogliò del maglione e gli porse i suoi abiti personali «Hai quasi l'età di mio figlio e vorrei darti un consiglio, se me lo permetti. Prenditi cura della tua fidanzata e non pensare all'azienda. Il signor Bang ha le spalle grosse e i vostri fan sono troppo intelligenti per scandere in beceri commenti.»
Spiazzato, Namjoon prese gli abiti e li fissò per qualche secondo. Alzò lo sguardo sulla donna impegnata a riordinare i costumi sulla rastrelliera.
Non la conosceva, era stata trasferita da poco e sembrava essere molto riservata, eppure era stata l'unica a parlargli apertamente sulla situazione.
Frugò nelle tasche dei suoi pantaloni e recuperò il cellulare. Lo sbloccò, aprì l'applicazione di Instagram e guardò il suo nuovo profilo creato la mattina stessa: Wildflower.
Gli sfuggì un mezzo sorriso. Scorse la galleria privata del cellulare e selezionò la fotografia del quadro dell'artista Kim Chu Keung scattata al Museo d'Arte di Cheongju, luogo del suo primo appuntamento con la sua ragazza.
"Ti amavo già e lo negavo a me stesso" scrisse come didascalia e taggò Dandelion, il profilo privato di Eve.
Pensò rapidamente a quanto fosse cambiata la sua vita privata. Un banale incontro in ascensore aveva modificato indelebilmente l'esistenza di più persone, un turbine di emozioni contrastanti come la profonda gioia durante il loro primo bacio fino alla disperazione più totale.
Fissò un'ultima volta la fotografia appena pubblicata e sospirò.
«Non ti perderò una seconda volta», con il pollice accarezzò la fedina che portava all'anulare sinistro «se Killian vuole portarti via, dovrà prima uccidermi.»
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Namjoon entrò nel dormitorio senza far rumore.
Aveva saputo da Jungkook che Eve si era rintanata in camera per tutto il giorno e aveva rifiutato di vedere il fratello.
Era molto preoccupato e ben conosceva quella reazione, ovvero chiudersi in sé stessa.
Guardò la rosa rossa che aveva comprato rientrando dal lavoro.
Aveva seriamente seguito il consiglio della stylist, proteggere la propria ragazza e starle il più possibile vicino.
«Perdonami, amore», sussurrò appena. Si fece coraggio ed entrò in camera.
Era buio, la luce dei lampioni entrava dall'ampia finestra e lui scorse la figura di Eve, in piedi, che guardava il cielo notturno.
«Non si vedono le stelle.»
La voce roca di lei lo colse di sorpresa.
«Come?»
«Le stelle. Non si vedono perché nascoste dallo smog. Sono lì, ma nessuno coglie la loro vera luce e quindi per tutti è un cielo senza stelle.»
Namjoon si avvicinò lentamente.
Eve era assorta a contemplare la volta celeste. Era avvolta in una leggera vestaglia di seta, i capelli erano mossi dalla leggera brezza che entrava dalla finestra aperta, ma quello che lo colpì erano gli occhi rossi.
Aveva pianto.
«Jagi, guardami.»
«Tu sei come loro. Una luminosa stella del k-pop», Eve lo ignorò completamente «Brilli, solo che i tuoi fan non riescono a scorgere la tua vera luce. Per loro sei solo un idol da venerare, ma non sanno nulla. Loro non-»
Un singhiozzo interruppe il suo monologo e Namjoon colse al volo l'occasione per prenderla tra le sue braccia e stringerla.
«Eve, amore. Calmati.»
«Io...ho violato le nostre regole. Perdonami.»
«Le nostre...cosa?
Eve si morse il labbro e trattenne una risata nervosa «Ho ascoltato tutte le tue canzoni, visto i video che ti hanno dedicato i fan, letto i vari commenti sui social. Non dovevo, ci eravamo promessi di scoprire la nostra arte poco per volta, ma ho ceduto.»
Namjoon rimase a bocca aperta e si accorse solo in quel momento del cellulare abbandonato sul letto con una fancam a lui dedicata su YouTube in pausa.
Quante ore aveva trascorso a visionare quei video spesso beceri? Quante lacrime aveva versato mentre leggeva l'ira degli Army su Twitter, Weverse e Instagram? Quanto aveva sofferto a causa sua?
La strinse più forte e le baciò il capo.
«Lasciali parlare. Hai ragione, non sanno proprio nulla», allentò appena l'abbraccio, il tempo di specchiarsi nei suoi occhi velati di lacrime «non sanno niente di me, di cosa provo realmente. Possono avere fotografie, video, fantasie di ogni tipo, ma solo tu conosci il vero me.»
Eve socchiuse le labbra per dire qualcosa, ma lui la zittì accarezzando la bocca con la rosa che le aveva donato.
«Ascoltami. È un momento difficile questo. Prima o poi avremmo dovuto affrontarlo a gennaio e avevo già messo in conto i danni della bufera mediatica. La stampa ci farà a pezzi, molti Army mi stanno odiando e hanno indetto una petizione per farmi cacciare dai BTS senza contare i sasaeng che vorranno sapere tutto su di te. È un prezzo molto alto che già sapevo di pagare una volta usciti allo scoperto, ma non mi importa. Ti amo e non posso immaginare la mia vita senza di te.»
Eve rimase in silenzio per tutto il tempo. Prese la rosa, accarezzò delicatamente i petali con un dito.
«Lo so», alzò lo sguardo su di lui, gli sfiorò una guancia e Namjoon scostò appena il viso per baciare il palmo della mano «i tuoi fan sono come quelle persone che guardano un cielo nuvoloso. Si soffermano sulle nubi dimenticandosi del vero bagliore delle stelle. Gli Army mettono like su stupidi post di Twitter, commentano a caso con la presunzione di conoscerti fino in fondo. Pensa, dicono di volerti proteggere da chissà quale pericolo perché ti reputano un ingenuo, un bambino puro e indifeso quando non sanno proprio nulla di te.»
Namjoon chiuse gli occhi quando Eve gli prese il viso tra le mani.
«Non ti conoscono come ti conosco io», con un dito gli sfiorò il labbro inferiore «i tuoi sorrisi, il tuo profumo. La tua vera voce. Solo io posso sentirla quando mi dai il buongiorno appena svegli.»
Le sfuggì un singhiozzo e con la mano scese accarezzandogli il petto «Davanti alle telecamere la moduli, la alzi per farti capire dagli altri, ma solo io sento la tua vera voce...»
«Jagi...»
«Ti ho sempre ascoltato anche quando non ti conoscevo grazie alle tue canzoni. Lo hai fatto inconsapevolmente anche anni fa con Adrift.»
Namjoon sentì uno strano brivido rotolare lungo la colonna vertebrale «Ho fatto cosa?»
«Salvarmi», le lacrime rigavano le guance della ragazza «Anche nei miei incubi. Riesco sempre a sentirti. È la tua voce che seguo quando sono persa nel buio.»
Rimase interdetto per qualche secondo. Era spiazzato, incredulo.
Eve si era completamente aperta mostrando il suo lato più nascosto, più sensibile, un aspetto che forse non aveva mai mostrato ad anima viva.
Non sapeva cosa fare. Si era ripromesso di essere forte per lei, per i BTS, per tutte le persone che amava, ma in quel momento si sentiva un debole e temeva di compiere ulteriori passi falsi per non ferirla ulteriormente
«Amore, non so cosa dirti», si arrese.
«Io si, Namjoon.»
Sussultò appena. La voce di Eve era bassa, più profonda, calda e avvolgente.
«Jagi?»
«Namjoon», ripeté il suo nome con una strana pronuncia «è così che ti chiamano nel mio Paese», gli accarezzò le labbra con le dita e lui fremette.
«Il tuo Paese?»
«Sì. È questa la pronuncia del tuo nome nella mia lingua madre. È questa la mia vera voce.»
«Ripetilo», la strinse a sé e si specchiò nei suoi occhi che, anche se avvolti dalla penombra della notte, erano per lui più luminose delle stelle «Ripetilo così che io possa seguire la tua voce quando mi sento smarrito anch'io nelle tenebre.»
Eve sorrise, gli sfiorò le labbra con le sue «ti amo, Namjoon.»
Angolo autrice
Forse, e dico forse, sono riuscita a liberarmi dello sblocco! Vi ringrazio per avermi aspettata fino ad ora!
A presto!
Borahae 😊 💜
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