53 - Storm
Capitolo 53
28 settembre 2021
I polmoni bruciavano, il cuore era sul punto di esplodere.
Correva come un folle lungo i corridoi di Hybe col rischio di inciampare nei suoi stessi piedi e poco gli importava dei dipendenti che lo fissavano.
Il panico allo stato puro si era impossessato di lui, le gambe si muovevano da sole e Namjoon aveva un solo ed unico pensiero fisso in mente: la sua Eve.
"Stavamo studiando inglese quando abbiamo visto il video. Poi è arrivato PDnim e l'ha portata via."
Le parole di Seokjin risuonavano ancora nelle sue orecchie e Namjoon - scivolato in un abisso emotivo - non riusciva più a ragionare.
Eve era stata sbattuta in prima pagina insieme a lui mentre faceva sesso nel Rkive.
«No, lei no!», digrignò i denti dalla rabbia. Non poteva assolutamente permettere che il suo lavoro inquinasse ciò che aveva di più prezioso al mondo.
Con il fiato sempre più corto, si appoggiò alla porta metallica di uno degli ascensori e premette con insistenza il tasto di chiamata.
Da tempo desiderava rendere pubblica la propria relazione, urlare al mondo intero che anche lui era un essere umano e che amava profondamente una persona, ma non voleva che accadesse in quel modo, non con un maledettissimo video erotico.
«Cosa faccio?» si mise le mani tra i capelli, strinse tra le dita le ciocche fino a sentire dolore.
La Hybe era solita licenziare in tronco i dipendenti che allacciavano relazioni intime con gli idol e tappava loro la bocca con un corposo assegno, ma per Eve le condizioni erano ben diverse.
Per lei, l'amministrazione aveva chiuso un occhio, aveva obbligato il personale a firmare documenti di riservatezza. Tutti sapevano che era la sua fidanzata da ancor prima di essere assunta, ma se i pettegolezzi in azienda potevano essere messi a tacere, un video di quel genere pubblicato da Dispatch aveva l'effetto di una bomba atomica.
Erano nei guai fino al collo.
Le porte metalliche si aprirono, i quattro impiegati che occupavano l'abitacolo scesero e Namjoon sentì il peso delle occhiatacce che gli avevano rivolto.
Provò una schifosa sensazione di sporcizia sulla pelle, di vergogna. Coprì il capo con il cappuccio come se quel sottile tessuto potesse proteggerlo dai pettegolezzi, dagli sguardi insistenti e si infilò di corsa nell'ascensore per fuggire e isolarsi per qualche secondo dal mondo intero.
Si sentiva soffocare, si artigliò con forza un braccio fino a piantarci le unghie, ma non provava alcun dolore fisico.
Era sotto shock.
Alzò lo sguardo, il riflesso dello specchio gli mostrava un giovane uomo spaventato a morte: non c'era in gioco solo Eve, ma in primis la sua carriera, del gruppo intero, la reputazione stessa dell'azienda.
Undici anni di sacrifici, di duro lavoro e tantissime rinunce rischiavano di essere gettati nel cesso.
Cosa sarebbe successo ai BTS? A lui?
Si avvicinò allo specchio, premette la fronte contro la fredda superficie e fissò a distanza ravvicinata i suoi stessi occhi. «Sei un coglione», ringhiò rabbioso e la consapevolezza dei danni che aveva recato a tutti quanti si fece sempre più spazio nella sua mente.
Il video, loro che facevano sesso sul mobile dello studio, la notte in cui aveva chiesto a Eve di convivere.
Le era saltato addosso, cieco dalla gelosia che provava nei confronti di Baek. Aveva assecondato il suo istinto nonostante Eve avesse mostrato un'iniziale resistenza per poi farsi travolgere dalla passione.
Era tutta colpa sua.
Si portò una mano alla gola. Gli mancava l'aria, il colletto della felpa gli sembrava divenire sempre più stretto e dovette lottare contro l'impulso di levarsi l'indumento di dosso.
Sobbalzò al suono della voce metallica che lo avvisava di essere giunto a destinazione e Namjoon attese con impazienza l'apertura delle porte.
Ossigeno. Aveva un disperato bisogno di respirare e fuggire da quell'abitacolo che sembrava troppo opprimente, ma quando cominciò a percorrere il corridoio, sentì le energie abbandonare il proprio corpo.
Se prima il suo istinto lo aveva spinto a correre come un folle, ora la vista dell'ufficio di Bang SiHyuk lo terrorizzava.
Una strana angoscia serpeggiò sotto la pelle.
I piedi divennero pesanti come piombo, la bocca si seccò per la tensione e lo stomaco si contorse in una morsa dolorosa.
Chiuse gli occhi per qualche secondo, provò a calmarsi per ritrovare un briciolo di lucidità perché non voleva né poteva mostrarsi debole. Era un leader, la colonna portante dei BTS e una figura di riferimento per tante persone.
Non poteva crollare, non davanti al suo capo e soprattutto non di fronte a Eve.
Con un lento movimento strinse forte la maniglia e si fece coraggio.
Aprì la porta, il riflesso del sole che entrava dalla finestra era così abbagliante da costringerlo a chiudere gli occhi.
Un incubo.
Stava vivendo un incubo e si era sicuramente svegliato dalla luce mattutina.
Si passò una mano sul volto e aprì gli occhi: di fronte a sé, SiHyuk lo stava fissando con un cipiglio severo.
«Ti stavo aspettando.»
La voce bassa dell'uomo lo fece rabbrividire per un istante. Namjoon si guardò attorno alla ricerca di Eve, ma di lei nessuna traccia.
«Se cerchi la tua ragazza, l'ho mandata a casa.»
«A... casa?»
«Sì. È più al sicuro nel vostro appartamento che qui e anche tutti voi dovete andare via per oggi.»
«Al sicuro...» ripeté con voce atona.
Ciondolò come un automa verso la poltrona di fronte alla scrivania e si lasciò cadere a peso morto.
Sfinito, era completamente incapace di ragionare e la paura di perdere tutto, carriera e amore, tornò a impossessarsi violentemente di lui.
Sentì il terreno mancargli sotto i piedi, la vista offuscarsi e per un istante pensò alla sua vita.
I sacrifici, l'adolescenza divisa tra studio e lavoro, le varie rinunce sia sue che dei ragazzi.
Quante lacrime aveva versato Jimin quando fu obbligato a lasciare la ragazza che amava poco prima del debutto?
Quante volte aveva sorpreso Seokjin assumere vitamine e ricostituenti per essere in forma e accompagnare Jungkook a scuola e tornare in agenzia per le lezioni di danza e canto?
Quante notti insonni avevano trascorso tutti insieme a provare elaborate coreografie fino a sentire le gambe doloranti e i piedi sanguinanti?
I BTS, i sette ragazzi d'oro della Corea del Sud, erano dei prigionieri dentro una gabbia dorata condannati a vivere una vita piena di regole.
E Namjoon aveva infranto uno dei divieti: innamorarsi
Non gli era concesso condurre una vita normale perché, per l'intera industria musicale, lui apparteneva ai fan e doveva manifestare amore solo per loro.
L'amore, un sentimento così dolce e profondo che in quel momento aveva assunto un sapore amaro.
Con la testa tra le mani, scoppiò finalmente a piangere.
«Joon», la voce di SiHyuk era amorevole come quella di un padre. Namjoon alzò appena lo sguardo e incrociò quello preoccupato dell'uomo che si era piegato su di lui «Ne usciremo fuori da questa storia.»
«E come? Ci hanno pedinato per mesi e venduti alla stampa. Eve, i ragazzi...»
«Li denunceremo per diffamazione. Sarà lunga, ma il nostro ufficio legale è già all'opera» gli rivolse un sorriso amaro «e nessuno toccherà Eve. Non verrà licenziata.»
Namjoon rimase immobile, fissava inerme SiHyuk che nel mentre si era rialzato per recuperare una bottiglietta d'acqua dal mini-frigobar sotto la scrivania.
«Prima o poi la notizia sulla vostra relazione sarebbe trapelata e resa pubblica» prese un lungo sorso e si abbandonò ad un profondo sospiro «Sesso nello studio. Incredibile...»
«Io-» le orecchie del ragazzo si tinsero di un rosso intenso per l'imbarazzo e la vergogna provata.
«Dobbiamo preparare dei comunicati per Weverse, rispondere a quella porcheria divulgata da Dispatch. Per il momento cerca di mantenere un profilo molto basso e i pantaloni ben allacciati» SiHyuk si mise a sedere sulla poltrona, fissò con disgusto il monitor del computer e con un lento gesto lo girò verso il ragazzo «l'opinione pubblica e gli Army sono fuori controllo. Molti ti vogliono fuori dai BTS perché non ti ritengono degno del ruolo che ricopri, altri stanno facendo circolare una petizione per far espatriare Eve.»
«Non possono farlo.»
«Sono malati, per questo ti chiedevo di pazientare nel mostrarti pubblicamente con lei. Dovevamo preparare al meglio il fandom. Weverse, Vlive e Twitter non sono più sufficienti. Dopo i concerti al SoFi Stadium aprirete i vostri profili Instagram personali e mostrerete parte della vostra vita privata con estrema discrezione in modo che si abituino a vedervi sotto un'altra luce.»
Lo squillo del telefono interruppe SiHyuk che, dopo aver risposto, si rabbuiò in viso.
«Vai a casa, Joon. Ora», lo congedò con un gesto della mano.
«Ma-»
«Ascoltami bene. L'amministrazione voleva sbattere fuori Eve all'istante, ma sono riuscito a tutelarla grazie al contratto che ho redatto appositamente per lei. Cerca di non creare un altro scandalo come questo altrimenti non potrò più proteggerla perché alla prossima cazzata che farai, la licenzieranno in tronco, il suo visto lavorativo verrà revocato e quello è l'unico documento che le permette di vivere qui. Ti è chiara ora la situazione?»
L'angoscia scavò una voragine nel petto di Namjoon.
Non poteva perdere Eve, non doveva permettere a nessuno di portarla via, non voleva separarsi da lei.
Senza dire una parola, si limitò ad annuire e uscire dall'ufficio.
I piedi si muovevano da soli, si trascinò lentamente lungo i corridoi con la mente appesantita da una miriade di pensieri contrastanti tra loro.
Il possibile licenziamento ed espatrio di Eve, i giornalisti che stavano già affollando la hall di Hybe, i social network completamente impazziti.
"Lasciate in pace RM! È la sua vita privata!"
"Se è felice, lo siamo anche noi!"
"Non diffondete quella roba, sono cose rubate! #we_protect_RM_and_BTS"
"Non so chi sia lei, ma la invidio!"
"Sono bellissimi!"
"#RMinLove"
I commenti positivi, di approvazione e amore che fioccavano su Twitter e Instagram accompagnati da diversi hashtag di supporto non erano sufficienti a contrastare il malcontento dei fan.
Gli haters, gli Army tossici e i media avevano indetto una vera e propria caccia alle streghe, cercando di scovare e poi condividere le informazioni private di Eve.
Ai fan non gliene fregava nulla di poter rovinare la vita di qualcuno, a loro importava solo e unicamente di accontentare il proprio ego, di ottenere uno scoop da prima pagina o di mantenere intatta la figura eterea e innocente dell'idol di turno.
"Avevamo bisogno di tempo per preparare il fandom."
Gli Army.
Se un tempo li amava incondizionatamente, grato per aver contribuito al successo della band, in quel momento li odiava con tutto sé stesso.
Immerso in quel pensiero, non si accorse di essere arrivato di fronte al suo Rkive.
Fissò la pulsantiera per qualche secondo prima di digitare il codice e aprire la porta.
Lo studio, quattro semplici pareti che rappresentavano il suo mondo: il lavoro, la meditazione e l'amore.
Aveva perso il conto delle ore trascorse seduto sulla poltrona a leggere per poi spostarsi sulla scrivania e comporre musica.
E negli ultimi mesi, l'Rkive aveva cambiato totalmente forma, aprendo le porte alla donna che illuminava i suoi giorni.
Erano state innumerevoli le volte che Eve si era fermata da lui per fargli inizialmente compagnia e unirsi poi al suo lavoro di scrittura.
Lezioni private di giapponese, consigli sulle canzoni scritte in inglese, tanti baci ed effusioni: era un piccolo rifugio d'amore che custodiva un'intimità preziosa, un tesoro trafugato e venduto sulla rete per soldi.
Respirò a fondo ed entrò nello studio. Doveva recuperare il cellulare abbandonato sul divano e correre a casa per raggiungere Eve, ma appena varcò l'ingresso, vide i ragazzi in piedi ad attenderlo.
«Perché siete qui?», chiese con un filo di voce e tossì per sciogliere il magone che si era formato alla base della gola.
«Non possiamo lasciarti solo», fu Yoongi a prendere la parola «Quando vivi per undici anni nella stessa casa sotto lo stesso tetto ventiquattr'ore su ventiquattro, sette giorni su sette, diventi una famiglia.»
Namjoon rimase fermo. Una lacrima scivolò lungo la guancia per cadere a terra e a lui sfuggì un singhiozzo, seguito da molti altri.
Non riusciva a parlare e la maschera che indossava si sgretolò all'improvviso rivelando così il suo reale stato d'animo.
Voltò le spalle ai ragazzi per celare la sua fragilità, ma due forti braccia gli cinsero la vita: erano quelle di Seokjin.
Debole. Era un debole. I singhiozzi che tentava invano di trattenere divennero sempre più intensi fino a sciogliersi in un pianto disperato.
«Joon, non nasconderti da noi», la voce del maggiore tremava appena e Namjoon si ritrovò presto circondato dai suoi amici, stretti a lui in un abbraccio collettivo.
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Aveva lasciato la porta della camera aperta per paura di fare rumore ed entrò in punta di piedi.
Vide Eve sdraiata a letto, abbracciata ad un cuscino con le guance arrossate ancora rigate di lacrime e venne colto da un profondo senso di colpa.
Odiava sé stesso, odiava il non essere riuscito a proteggere la persona che amava.
Prese il plaid riposto sulla madia accanto al letto e si piegò per coprirla quando la vide muoversi e aprire gli occhi.
«Non volevo svegliarti...», mormorò e le accarezzò il viso, ma Eve non rispose, limitandosi a fissarlo con un'espressione triste.
Paura. Quello che Namjoon intravide in quegli occhi screziati era paura e smarrimento.
Non c'era bisogno di parlare, si comprendevano con un semplice sguardo, gesti e lunghi silenzi.
Come in quel momento.
Non era la notizia scandalistica o una galleria piena di scatti rubati a destare preoccupazione nella coppia, ma il video girato all'interno del Rkive.
Era un vero tesoro per il dark web, per le testate giornalistiche, per la concorrenza stessa di Hybe.
Non era la prima volta che un sextape finiva in pasto alla folla e divenire virale, ma la Corea del Sud non era pronta ad accettare che un idol, soprattutto uno dei BTS, fosse coinvolto in uno scandalo a sfondo sessuale di quella portata.
Namjoon si sentiva uno schifo. Aveva gettato un'onta sulla band, sull'agenzia, sulla propria famiglia e soprattutto aveva buttato in pasto agli squali la sua ragazza conscio che lei avrebbe pagato il prezzo più alto perché quel maledetto video - una volta in rete - sarebbe rimasto per sempre.
Le accarezzò le labbra col pollice senza smettere di guardarla negli occhi, la sentì sospirare quando si sporse per baciarla dolcemente.
Si ritrovarono entrambi a piangere in silenzio, ad assaporare la pelle salata dalle lacrime che versavano.
La loro intimità era stata violata. I sorrisi, le carezze, ricordi privati e gelosamente custoditi nel proprio cuore erano ormai di dominio pubblico.
"Crepa, puttana!"
"Spero che faccia una brutta fine quella maledetta troia"
"Lavora in Hybe. Aspettiamola fuori e facciamogliela pagare!"
"È la traduttrice. Era con loro a New York."
Namjoon non riusciva a non pensare ai vari commenti carichi d'odio che continuavano a invadere il web, parole al vetriolo che Eve aveva letto in piena solitudine per tutto il pomeriggio.
Lei, la fonte della sua felicità, colei che aveva conosciuto il vero Kim Namjoon senza farsi influenzare dalla figura di RM, era la donna più odiata del momento.
E lui non sopportava quella situazione.
«Ti amo», premette il viso contro la spalla sinistra di Eve, con le labbra seguì la linea della cicatrice e la sentì sussultare «Ti amo infinitamente e mi sento un fallito per non essere stato in grado di proteggerti.»
I baci divennero due, poi tre ed altri ancora. Le labbra di Namjoon mapparono lentamente il collo di Eve, ma lei non reagiva.
Rimase ferma a farsi cullare, a versare lacrime fissando un punto vuoto della camera e lui sentì una fitta al petto di fronte a quel mutismo.
Le baciò la fronte, la punta del naso e la fissò dritto negli occhi.
«Amore, parlami» soffiò appena senza smettere di accarezzarle il viso «mi fa male vederti così e non poter far nulla.»
Tutto accade in un attimo.
Le mani di Eve cominciarono a tremare. Afferrarono con forza la maglietta che lei indossava e tirò il tessuto fino quasi a strapparlo.
Namjoon rimase interdetto di fronte a quella reazione. Eve era spaventata, si guardava attorno smarrita e tornò su di lui con gli occhi pieni di lacrime.
«Jagi, cosa-»
«Non lasciarmi da sola», si portò una mano sul petto e cominciò a respirare a fatica «ti prego, non lasciarmi...» ripeté tra le lacrime e scoppiò all'improvviso in un pianto incontrollato.
Namjoon la strinse forte a sé come se in quell'abbraccio potesse assorbire tutto il suo dolore.
Si era artigliata a lui. Il bruciore delle unghie che gli graffiavano la schiena era nulla in confronto alla sofferenza e alle urla disperate di Eve soffocate contro il suo petto.
«Non lo farò» le sussurrò all'orecchio «Sono qui, amore. Sono qui con te.»
------- 💜 -------
29 settembre 2021
Era rimasto sveglio fino a notte fonda ad osservarla mentre dormiva.
Le aveva accarezzato i capelli, le guance, le labbra e si era perso nel contemplare il suo viso apparentemente sereno.
Non riusciva a cancellare dalla mente le urla di Eve, alla paura esplosa in un pianto così disperato da toglierle il respiro.
Era la prima volta che la vedeva in quelle condizioni, una situazione quasi peggiore degli attacchi di panico che la colpivano di notte, e aveva trascorso ore a chiedersi cosa la affliggeva sul serio.
«Perché continua a nascondermi le cose?» si abbandonò ad un gemito roco di frustrazione.
Allungò il braccio alla sua destra, il posto di Eve era vuoto, freddo e il sole sorto da un bel pezzo.
La testa pulsava, si massaggiò le tempie prima di mettersi seduto sul letto e soffocare uno sbadiglio.
Quante ore aveva dormito? Perché non aveva sentito la sveglia?
Si sporse con fatica per recuperare il cellulare dal comodino e leggere l'ora, ma quando vide dodici telefonate perse, sbiancò: erano tutte di sua madre.
«Merda!», urlò e balzò subito giù dal letto.
I suoi genitori erano molto attenti ai gossip, agli articoli sui BTS. Suo padre non si perdeva nessuna live e sicuramente era al corrente di quanto successo con la stampa.
Aprì il registro e avviò la telefonata.
Cosa avrebbe raccontato in sua difesa? La verità? Una mezza bugia? In fin dei conti i loro visi comparivano solo nelle fotografie mentre il video era di bassa qualità.
«Sei uno sciagurato!», l'urlo di sua madre gli perforò quasi il timpano.
«Ciao mamma.»
«Razza di pervertito! È colpa mia che non ti ho sculacciato a sufficienza. Nello studio...non potevi resistere e fare i porci comodi a casa come le persone normali?»
Namjoon allontanò il cellulare dall'orecchio e roteò gli occhi all'indietro: i suoi genitori avevano saputo dell'articolo di Dispatch.
«Io non...oh, insomma! Non siamo noi in quel video.»
«Non offendere la mia intelligenza, ragazzino. Ti ho pulito il culo fino alle elementari e so riconoscere il corpo di mio figlio. Cosa abbiamo fatto io e tuo padre per meritarci una simile vergogna?», Sunhi continuava a urlare dall'altro capo del telefono senza dargli possibilità di replica e Namjoon poteva sentire in lontananza la voce di suo padre che tentava di calmare la moglie «Non hai idea di cosa hai combinato a tutti noi! Quella pettegola della vicina di casa ha anche osato dare della sgualdrina a mia nuora!»
«N-nuora?» Namjoon rimase sbigottito per qualche secondo. Guardò velocemente il monitor del cellulare. Da quando Sunhi considera Eve sua nuora?
«Per colpa tua stanno massacrando senza pietà quella poveretta che il suo unico errore è stare con un deficiente come te!»
Sempre più confuso, si grattò il capo. Stava ancora sognando? Sua madre lo stava realmente insultando in difesa di Eve?
«Posso solo immaginare cosa stanno scrivendo su di noi ed è per questo che non stiamo usando i social network.»
«Fossero solo i commenti di quelle pazze invasate delle vostre fan...» La voce di Sunhi divenne improvvisamente seria e Namjoon provò una strana angoscia.
Il cuore cominciò a battere forte, il respiro sempre più affannato.
C'era qualcosa che non andava.
«Mamma, cosa sta succedendo?»
La sentì sospirare come se stesse tentando di soffocare un singhiozzo.
«Eve e Minnie sono state aggredite sotto casa.»
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Aveva gettato il telefono sul letto per precipitarsi in soggiorno e il respiro gli si mozzò in gola quando le vide.
Kyungmin stava versando del disinfettante su un dischetto di cotone e si piegò su Eve che, seduta sul divano, stringeva un fazzoletto sporco di sangue.
Namjoon si sentì quasi mancare quando si sedette accanto a lei.
Le prese delicatamente il viso tra le mani: la guancia era gonfia, arrossata e presentava due graffi mentre il labbro inferiore sanguinava per un taglio.
«Ma...cosa è successo?»
«Eravamo giù con Moni quando delle sasaeng ci hanno aggredite», la voce di Kyungmin tremava.
«Non dovevate uscire di casa.»
«Piangeva, doveva fare i suoi bisogni e lo abbiamo portato nel giardino condominiale. Ero al telefono con la mamma quando quelle...» si torturò le mani «una aveva un coltellino.»
Namjoon trasalì «un coltello?»
«Sì. Erano tre ragazze, continuavano a urlare e insultavano Unnie e poi ho visto del sangue.»
La sorella soffocò un singhiozzo, ma l'attenzione di Namjoon era concentrata sulle ferite di Eve.
Prese il disinfettante e senza dire una parola ripulì il sangue che le macchiava il viso. Le sfiorò la guancia gonfia, tamponò con delicatezza il taglio sul labbro.
«Cosa ti hanno fatto...»
Era furioso come non mai: avevano oltrepassato il limite.
Continuò a pulire la ferita e provò una fitta al cuore quando Eve strizzò gli occhi per il dolore.
«Scusami, amore» la voce di Namjoon era bassa, quasi un sussurro «È tutta colpa mia.»
«No, è colpa di quelle pazze!»
La voce stridula di Kyungmin lo aveva destato dal suo torpore e si era ritrovato a fissare la garza macchiata di sangue che stringeva in mano.
Era macchiata del sangue della sua Eve e in quel momento decise di agire in modo drastico.
«Dobbiamo momentaneamente trasferirci, non è la prima volta che dei sasaeng entrano dentro la proprietà privata. Minnie e Rapmon torneranno a Ilsan, noi due andremo al dormitorio e non accetto lamentele.»
«È casa nostra...», la voce di Eve era così bassa che Namjoon fece fatica a sentirla.
Le sollevò delicatamente il viso prima di specchiarsi nei suoi occhi lucidi.
«Lo so, torneremo appena sistemeremo tutto questo casino. Te lo prometto», le baciò la fronte «Non posso permettere a quelle pazze di aggredirvi una seconda volta.»
«So difendermi.»
«Sì e oggi non lo hai fatto per non essere espulsa dal Paese. Amore, fidati di me. Prepariamo la borsa e andiamo al dormitorio, ok?»
Quando Eve annuì, Namjoon tirò un sospiro di sollievo.
Riprese a medicarla e cercò di mantenere la calma.
Gli ribolliva il sangue nelle vene, avrebbe voluto urlare tutta la sua rabbia, ma si era imposto di non cedere più all'istinto.
Eve era in quel momento estremamente fragile, la sua famiglia e i BTS erano nel mirino dei paparazzi e lui doveva essere forte per tutti loro.
Namjoon continuò a disinfettare la ferita di Eve. Ripulì il sangue, tamponò con cura il labbro.
«Devo ricordare a Taehyung di non girare per casa nudo come suo solito.»
«Perché? È sempre un bel vedere.»
Il sorriso mesto di Eve infuse in Namjoon una profonda tristezza.
Erano entrambi distrutti, spaventati dalla bufera mediatica che, in poche ore, li aveva gettati in un baratro da cui difficilmente ne sarebbero usciti illesi.
Aveva paura.
«Ce la faremo. Non so come, ma ne usciremo fuori» posò la fronte contro la sua e baciò appena le labbra di Eve «Vedrai che si sistemerà tutto.»
«Insieme», la voce tremula di Eve gli provocò un nodo alla gola «lo affronteremo insieme.»
«Sì e io ho bisogno di averti vicina più che mai.»
Calò un pesante silenzio.
Di fronte a loro, Kyungmin si era rannicchiata sulla poltrona. Era impegnata a scrivere sul cellulare una serie di messaggi che Namjoon sapeva essere rivolti a Hoseok per aggiornarlo sulla situazione.
Aveva gli occhi lucidi, le labbra serrate in una smorfia di dolore, di rabbia e nonostante lui sapesse quanto la sorella odiasse tornare a Ilsan, aveva trovato in lei pieno supporto.
Si sentiva in colpa per tutta quella situazione assurda. Per anni era riuscito a tenere la propria famiglia lontano dai riflettori, dalla morbosa e costante curiosità dei mass media, fino a quel giorno.
Per un istante pensò all'articolo di Dispatch, alle varie indiscrezioni pubblicate in rete. Cosa sarebbe successo se avessero scoperto la relazione tra la sorella e Hoseok?
Il suono del campanello lo riportò alla realtà. Vide la sorella alzarsi dalla poltrona e avviarsi verso l'ingresso.
«Dev'essere Baek Oppa. Vado ad aprire la porta.»
Namjoon inspirò profondamente e tornò a guardare Eve negli occhi.
Sapeva quanto la presenza di Baek fosse importante per lei e la sera precedente non aveva esitato nemmeno un secondo nell'inviargli un messaggio su KakaoTalk per aggiornarlo su quanto accaduto.
Eve aveva la priorità su tutto e Namjoon aveva messo a sopire la propria gelosia.
La voce concitata del fotografo riecheggiò per il corridoio e lui si sentì quasi sollevato nel saperlo rientrato a Seoul dal suo viaggio di lavoro, ma quando vide uno sconosciuto entrare in soggiorno, si irrigidì.
Lo squadrò per alcuni secondi che parvero eterni.
Era molto alto, piazzato e la giacca che indossava non riusciva a nascondere un fisico ben scolpito e possente.
Ad Eve sfuggì un piccolo singulto. Una nuova lacrima le rigò il viso e senza dire una parola si alzò dal divano per correre incontro verso l'uomo che l'accolse tra le sue braccia per stringerla a sé e baciarle dolcemente la fronte.
A quella scena, Kyungmin si voltò verso il fratello sconvolta, ma lui non le prestò attenzione e rimase impietrito.
Lo sguardo che lo sconosciuto gli stava rivolgendo era più che intimidatorio e Namjoon si sentì estremamente piccolo.
Eve alzò il capo e chiuse appena gli occhi quando le dita di lui le accarezzarono il labbro ferito.
«Chi è stato?» tuonò all'improvviso l'uomo in perfetto coreano «Chi ha osato toccare mia sorella?»
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Angolo autrice
E dopo oltre 50 capitoli, ecco che fa il suo ingresso il fratellone di Eve. Ve lo aspettavate?
Lo ammetto, non vedevo l'ora di pubblicare questa scena scritta e custodita nel mio drive da oltre un anno e finalmente, eccola qui!
Cosa succederà ora con la stampa impazzita, le sasaeng sul piede di guerra e le famiglie di entrambi coinvolte in questo scandalo a luci rosse?
A presto!
Borahae 😊 💜
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