5 - Che il gioco abbia inizio

10 aprile 2021

«Guardate che espressione da idiota.»

«Hoba, ti sento.» Namjoon aprì un occhio per poi richiuderlo, rilassandosi completamente sulla poltrona Bodyfriend.

Hoseok ridacchiò insieme a Taehyung, il quale stava sfogliando con interesse un libro fotografico su paesaggi notturni. «Adoro questi scatti. Namjoon-ah, dove l'hai presto questo? Puoi prestarmelo?»

«Tae, non toccare cose che non sono tue.» Yoongi borbottò scocciato, digitando velocemente sullo schermo del cellulare. «Sicuramente glielo avrà prestato Eve. Namjoon legge solo mattoni.»

«Whoa! Hyung, voglio conoscerla! Questo libro è fuori commercio e se è una fan di Dew magari ne avrà altri.» Taehyung si soffermò sulla foto di un paesaggio di montagna dove la luna, alta e luminosa in cielo, si rifletteva sulla superficie di un lago. «Questo scatto è pura poesia.»

«Dew? Non l'ho mai sentito nominare.» Jungkook appoggiò il mento sulla spalla di Taehyung. Sgranocchiava lentamente delle patatine al formaggio leccandosi, di tanto in tanto, la punta delle dita sporche di briciole.

«Era un fotografo emergente di grande talento. È un peccato che sia morto.»

«Che bella questa!» il libro gli fu soffiato da Jimin, sordo di fronte le lamentele dei due ragazzi più giovani. Namjoon sbirciò pigramente i suoi amici che quella mattina gli avevano invaso casa senza alcun preavviso. Non sapeva se maledirsi o meno per aver dato loro la copia della tessera magnetica e il pin dell'appartamento, era abituato a condividere ogni frammento della propria vita con i Bangtan, ma voleva tenere per sé gli eventi della sera precedente.

Le aveva proposto quel folle gioco e lei non era fuggita. Avevano trascorso il resto della cena parlando dei numerosi testi che occupavano quella grande libreria continuando a discutere seduti sul divano. Eve era una divoratrice di libri, soprattutto in lingua originale per assaporarli al meglio senza inciampare in pessime traduzioni. Quando scoprì che Namjoon era fluente in inglese, smise di parlargli in coreano e lui si perse in quell'accento puramente britannico.

«E questo cos'è?»

«Fammi vedere, Jimin-sshi!»

«No Jin-hyung, l'ho trovata io!»

Stavano litigando, come sempre. Esasperato si voltò verso Jin che aveva sottratto qualcosa a Jimin, Taehyung stringeva al petto il libro fotografico di Eve mentre Hoseok e Jungkook ridevano fino alle lacrime. L'unico escluso dalla comica scenetta era Yoongi, incollato al cellulare intento a scrivere pezzi rap da inserire in qualche nuovo testo.

«Avete rotto il cazzo voi due.» Yoongi abbandonò lo smartphone sul divano e raggiunse Jin e Jimin, ancora intenti a discutere animatamente. Si allungò e requisì quel pezzo di carta che i due si stavano contendendo. Si rigirò il trofeo tra le dita soffermandosi sul soggetto di quell'immagine, fece scoccare la lingua prima di leccarsi lentamente le labbra e puntò i suoi occhi felini verso il leader «E così volevi nasconderci questa meraviglia, Joonie?»

Namjoon si sporse leggermente verso Yoongi. Non riusciva a capire il perché lo stesse guardando in quel modo, ma quando vide ciò che Yoongi passò ai ragazzi, rabbrividì.

«Whoa! Ma hai visto che roba?» Hoseok analizzava con chirurgica attenzione l'immagine mentre cercava di non farsela sottrarre da Jungkook e Taehyung che si erano avventati su di lui come due falchi.

«Ma questa non è la divisa della SNU?» Jimin cercò di sbirciare mentre si dimenava per sfuggire dalla stretta di Jin. «Non era straniera?»

Namjoon balzò subito in piedi e corse verso il gruppetto che si contendeva quel ghiotto bottino. Con uno scatto fulmineo allungò il braccio, strappò dalle mani di Hoseok la fotografia e la guardò.

La carta patinata ritraeva Eve raggiante, sorridente, che mostrava al fotografo l'attestato di laurea. Sotto la toga azzurra accademica volutamente slacciata, indossava un elegante pantalone nero e una morbida blusa rossa con uno scollo a V che sottolineava la generosità del suo seno. Era stata scattata all'Università Nazionale di Seoul. Namjoon voltò la foto sperando di trovare qualche indizio scritto sul retro, una data, un nome, ma quello che vi lesse gli causò solo una forte morsa allo stomaco: "Festa di laurea del mio grande amore".

Una frase corta, scritta in coreano con una grafia diversa da quella di Eve.

«Da dove salta fuori?» sibilò a denti stretti.

«È scivolato dal libro di Dew.» biascicò Taehyung che si era avvicinato al maggiore.

«Forse veniva usata come segnalibro. È una vecchia foto, quella frase può non voler dire nulla.» aggiunse Jin che, notando l'espressione corrucciata di Namjoon, gli requisì l'oggetto della discordia dalle sue mani fingendo di analizzarla «Non credi sia ora di raccontarci della tua serata di ieri e di cosa ti passa realmente per la testa?»

Il ragazzo si passò una mano tra i capelli, scocciato. Ciondolò lentamente verso il divano, lasciandosi cadere pesantemente. «Sinceramente...» reclinò la testa all'indietro e fissò un punto vuoto del soffitto. Sospirò, di nuovo. «Non lo so. Ho dovuto concentrarmi al massimo per non saltarle addosso e trascinarla in camera da letto.»

«Sentito? Poi sarei io il pervertito del gruppo.»

«Hobi, aveva una cazzo di canotta, bianca e aderente. Fottutamente aderente.» incrociò e braccia al petto. «Però, qualcosa è scattato in me quando mi ha confessato di sentirsi sola, non ha nessuno qui in Corea e così le ho detto che vorrei diventare suo amico.»

I ragazzi lo fissarono con espressioni esterrefatte. Hoseok e Jungjoook spalancarono la bocca, incapaci di elaborare una sillaba, Yoongi scosse il capo.

«Vuoi solo amicizia o speri che la situazione si evolva in altro?»

«Jin, non credo che lei mi possa interessare in quel senso, non nego che non mi sia indifferente. Sarà il fascino per una cultura lontana dalla nostra. Per ora le ho proposto un gioco, conoscersi senza rivelare nomi, nazionalità, età.»

Jimin si mise seduto accanto al suo hyung, lo guardava con ammirazione. Relazionarsi con una persona senza dar peso al ceto sociale, senza pregiudizi razziali, di genere o di età. Niente fama, niente BTS, solo l'essere umano.

«Mi ricordi molto Eddie Murphy nel film "Il principe cerca moglie". Lui voleva sposare una donna che lo amasse per quello che era, non per lo stato sociale.» Jimin si appoggiò sulla spalla di Namjoon, prese la fotografia, la osservò per qualche secondo girandola più volte per rileggere quella dedica scritta sul retro. «Partite entrambi con uno svantaggio. Lei sa che sei famoso e tu hai lo spettro di questo spasimante. Hyung, puoi farmi una promessa?»

Il maggiore annuì con il capo e osservò i ragazzi seduti di fronte a lui per soffermarsi infine su Jimin.

«Quando avrai terminato la partita con Eve, ce la presenti? Credo che sia io che Tae non siamo gli unici a volerla conoscere.»

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Avevano pranzato tutti insieme ordinando, come di consuetudine, il cibo a domicilio dal ristorante di fiducia.

"Non riusciamo a stare separati per oltre 24 ore" pensò Namjoon mentre, con mascherina e cappello calato sul viso, raggiungeva la cassetta della posta installata nell'atrio del lussuoso condominio.

Ritirò due depliant, la solita pubblicità che invitava l'utente all'ennesima inaugurazione di un'attività commerciale prossima all'apertura. Accartocciò quell'inutile carta e si avviò verso l'uscita.

Era una bellissima giornata di sole, finalmente il cielo era tinto di un azzurro intenso, sgombro dalla coltre di smog perenne spazzata via dagli ultimi due giorni di vento. Infilò le mani in tasca e si avviò verso il vialetto che attraversava il parco condominiale. Voleva evadere, gli mancava l'aria e pensò che una breve passeggiata nei pressi del complesso condominiale potesse essere un'ottima idea, ma non appena raggiunse la parte opposta del giardino e ormai prossimo all'ultima uscita, si bloccò.

L'area residenziale era composta da diverse costruzioni uguali tra loro, alternati da giardinetti per bambini o aree comuni, piccole pozzanghere di verde in un oceano di cemento il cui accesso era riservato solo e unicamente ai residenti e agli ospiti autorizzati. Eppure, contro ogni regola, loro erano lì.

Namjoon vide una macchina nera appostata a pochi metri da lui, assottigliò gli occhi e vide due ragazze che occupavano l'abitacolo. Erano delle sasaeng.

«Porca puttana, hanno scoperto pure questo indirizzo.» imprecò a denti stretti. Si voltò lentamente, senza far notare l'angoscia che gli stava attanagliando il petto, e tornò sui suoi passi per rincasare.

«Possibile che non abbiano una vita quelle pazze?»

Sentì il rumore della portiera dell'auto chiudersi e l'eco di un chiacchiericcio alle sue spalle. Capì che erano uscite allo scoperto e che, probabilmente, avevano deciso di approcciarsi a lui fisicamente.

Accelerò il passo ritrovandosi a correre lungo il vialetto per scappare dalle sasaeng che, a loro volta, avevano cominciato a correre. Namjoon recuperò veloce la tessera magnetica dalla tasca dei jeans sperando di trovare l'ascensore al piano terra per infilarsi, lanciò uno sguardo furtivo dietro le proprie spalle, ma quando era in procinto di entrare nell'atrio qualcosa lo urtò violentemente facendolo rovinare a terra.

«Namjoon, sei forse impazzito?» La voce ovattata di Eve raggiunse le sue orecchie. La vide a terra a massaggiarsi la spalla sinistra e con una smorfia di dolore dipinta in viso. «Perché stai correndo in questo modo?»

Le voci delle due stalker si fecero più vicine e il display dell'ascensore indicava una chiamata attiva verso il nono piano.

Maledizione!

Si rialzò di scatto e prese Eve per il braccio, doveva trovare un rifugio al più presto possibile e lo sgabuzzino delle scope del portiere era l'opzione migliore, ma la ragazza fece resistenza.

«Si può sapere cosa ti prende?»

Merda! «Sasaeng, ci sono due pazze che mi stanno inseguendo.»

Vide Eve corrucciarsi e guardare in direzione del giardino condominiale. «Giù al parcheggio interrato.»

«Eve, ma cos-»

«Muovi quel culo!» Fu Eve ad afferrarlo per il polso e condurlo giù per le scale che portavano al parcheggio sotterraneo. Un bip riecheggiò in mezzo alle varie macchine, Namjoon la vide aprire la portiera posteriore di una Hyundai i10 turchese e l'unico pensiero che gli scorse per la mente fu che quello era un colore decisamente di merda.

«Nasconditi dietro e buttati il plaid sopra.»

Il ragazzo si infilò in auto e cercò di sdraiarsi. Quella dannata macchina era troppo stretta per uno della sua stazza. Si sdraiò di lato portandosi al petto le ginocchia in una posizione poco naturale. Tentò di cambiare strategia e scivolò a terra, incastrandosi tra i sedili posteriori e anteriori.

Sentì il motore avviarsi e la macchina risalì la rampa per uscire dal parcheggio.

«Stai giù e copriti bene.» Eve inserì la marcia e si immise nel traffico di Seoul.

Passarono diversi minuti e il collo di Namjoon cominciava a implorare pietà. Ogni sussulto dell'auto, ogni cambio marcia era una sprangata su quelle povere vertebre.

«Non è una macchina, è una trappola!»

«Scusami se non mi escono i miliardi dal culo, eh?» La replica di Eve gli mandò in tilt il cervello. Come poteva una frase così volgare uscire dalla bocca di una donna? Alzò di pochi centimetri il plaid e la sbirciò. Dalla posizione in cui si trovava riusciva a scorgere dal basso la mano di Eve posata sul cambio delle marce e parte dei capelli sciolti.

«Ti vedo, sai? Siamo abbastanza lontani, salta pure davanti.»

"Un gioco da ragazzi, no?" pensò Namjoon mentre cercava di disincastrarsi da quella posizione degna di un contorsionista del circo russo. Si infilò tra i due sedili cercando di non urtare con il piede il cambio delle marce o peggio, colpire direttamente Eve.

Sospirò quando riuscì a sedersi al posto passeggero di quell'automobile per lui troppo minuscola. Si levò il cappello per scuotere il capo, aveva il collo indolenzito e i capelli fin troppo spettinati e si abbandonò ad una serie di imprecazioni colorite.

«È sempre così con i vostri fan?» Si erano fermati ad un semaforo, Eve si mise a trafficare nel vano contenitore della macchina per recuperare un pacchetto di sigarette e un accendino. Namjoon odiava il fumo in ogni sua forma, fissò quella sigaretta trattenuta dalle labbra di lei e gli montò la voglia di strappargliela via, di romperla in mille pezzi e darle fuoco.

«Sono sasaeng quelle, non Army.» ringhiò riaggiustandosi il cappello in testa.

«Che differenza c'è? Sono sempre fan.»

«I sasaeng sono dei fan... esagitati, ti seguono ovunque e nella loro testa sono convinti che tu sia di loro proprietà.»

Eve annuì. Tirò una boccata di nicotina, appoggiò il gomito sinistro sul bordo del finestrino abbassato ed espirò il fumo fuori dall'abitacolo. «Riassumendo, vi stanno incollati per sapere cosa fate nel vostro privato?»

Namjoon si tirò su la mascherina fin sopra la base del naso infastidito da quella sigaretta. «In aeroporto una ha cercato di baciare con la forza Yoongi, un'altra seguiva Jungkook in ogni dove quando lui aveva solo quindici anni, una ragazza invece aveva prenotato il nostro stesso volo e mi scattata fotografie di nascosto. Era distante da me di solo due fottutissimi posti.»

«Il prezzo della celebrità.» inspirò un'altra dose di nicotina e guardò lo specchietto retrovisore. «Non ci hanno seguito. The Hill è un complesso da sfondati di soldi, da VIP. Forse erano appostati per un'altra persona, non credi?»

«Già.» borbottò e si liberò della mascherina e cappello quando vide Eve alzare il finestrino, benedicendo la presenza dei vetri offuscati. «E tu come mai ci vivi?»

«Non è casa mia, ma di Baek Oppa.» si morse la lingua per trattenere una risata quando notò lo sguardo accigliato del ragazzo «So a cosa stai pensando, che è moralmente inaccettabile che una donna viva sotto lo stesso tetto di un uomo che non sia il marito.»

«Io non l'ho pensato per nulla.» balbettò voltandosi verso di lei, ancora concentrata sulla guida.

«È stato il mio primo fidanzato, ci siamo conosciuti al liceo durante uno scambio culturale, e ora è il mio migliore amico. Altre domande?»

«Che lavoro fai?» Namjoon si maledisse nell'esatto momento in cui il suo sguardo si incrociò con quello di Eve. Si sentì un perfetto coglione. Un impiccione e coglione.

«Sono una traduttrice e interprete. Senti, hai voglia di andare da qualche parte? È una così bella giornata.»

Le orecchie di Namjoon assunsero la tonalità più scura del rosso. Era un invito in piena regola quello? Si torturò la guancia mordendola dall'interno mentre pensava a cosa risponderle. C'erano centinaia di luoghi meravigliosi di Seoul che voleva visitare da tempo senza la presenza di guardie del corpo, di paparazzi pronti a riprendere ogni singola mossa o peggio, le sasaeng. Per visitare una comunissima mostra al museo doveva affittare l'intera struttura e organizzare il tour insieme ai suoi bodyguard, membri dello staff.

"Hai voglia di andare da qualche parte?" Sì, cazzo. Fare una semplice passeggiata, un giro attorno all'isolato senza il timore di essere sbattuto sulle copertine di chissà quale rivista, senza la presenza di qualche pazzo pronto a saltargli addosso o altro. Voleva solo fare una fottuta passeggiata.

«A casa...» masticò quelle parole con l'amaro in bocca. Casa, non l'appartamento ad Hannam il cui indirizzo era stato sicuramente violato dai sasaeng, ma il dormitorio, l'unico luogo in cui si sentiva al sicuro. La prigione dorata dei BTS dove avrebbe fatto ritorno quella stessa sera.

Fermi al semaforo rosso, Eve trafficò col cellulare collegato all'auto con il bluetooth e fece partire una canzone. Il suono di chitarre elettriche accompagnate da una batteria riempì l'abitacolo. Era la prima volta che Namjoon sentiva quella canzone, il metal non era il suo genere ed era ben lontano dai brani pop e rap che componeva. Il display del cellulare riportava il titolo Deutschland dei Rammstein, il gruppo musicale che Eve aveva citato la sera precedente.

Il semaforo si illuminò di verde ed Eve imboccò la via del rientro verso The Hill. Picchiettava le dita sul volante seguendo il ritmo incalzante della musica mentre canticchiava, seppur stonando, parole tedesche il cui significato era incomprensibile per Namjoon. Prese una nuova sigaretta dal pacchetto, la tenne tra le labbra in attesa del prossimo semaforo per accenderla. «Ti lascio nel parcheggio sotterraneo, vai a casa, ti fai una doccia e ti riposi. Io esco per la spesa.»

Il ragazzo la guardò cercando di cogliere il significato delle sue parole.

Eve si voltò verso di lui per qualche secondo prima di volgere lo sguardo sulla strada. «Stasera sei ospite da me, basta autoinviti. Ti aspetto per le venti. Ceniamo, beviamo e dopo ti porto a fare un giro. Hai bisogno d'aria ragazzo mio, forse di notte non ci sono troppi scocciatori che ti ronzano attorno. Ti va o avevi altri programmi?»

Spiazzato, stravolto, sorpreso, felice. Non sapeva come descrivere il suo stato d'animo di fronte a quello che era un appuntamento vero e proprio. Come doveva vestirsi per l'occasione? Lo avrebbe chiesto a Jimin o Taehyung. Come doveva comportarsi? Si sarebbe affidato a Jin o a Yoongi. Ma soprattutto, perché si stava agitando per una cena insieme ad un'amica?

«Non ho programmi, ma solo una richiesta da farti.»

Eve frenò la macchina in procinto di una rotonda, con la sigaretta ancora ferma tra le labbra e la fiamma dell'accendino vicina al suo viso. «Dimmi pure.»

«Vorrei che mi spiegassi il significato di questa canzone e...» Namjoon allungò la mano verso la bocca di lei e prese quello che lui definiva uno strumento di morte. «...che tu smettessi con questa porcheria.»

Che il gioco abbia inizio.

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Angolo Autrice

Ecco qui che sono cominciate le danze! Come sempre stravolto le idee iniziali perché cerco di basarmi sugli eventi reali.

Sinceramente non so se iniziare a inserire i mesi ad ogni capitolo, ad ora questo capitolo è ambientato ad Aprile 2021 e prima delle riprese di Butter. Mi sto ripassando le varie live (che grande sacrificio!) e sto cominciando a segnarmi gli eventi, altrimenti non ne esco più fuori.

Ho introdotto la presenza delle sasaeng dopo un episodio che mi ha raccontato mia sorella (che vive a Seoul). Girando per non ricordo quale quartiere, è passata di fronte la sede della KQ Entertaiment, agenzia per la quale lavora il gruppo Ateez. Li di fronte era parcheggiata un'auto con tre ragazze, appostate in attesa dell'uscita di uno di loro dall'edificio. Che fossero fan sfegatate o sasaeng, il tutto ci ha trasmesso una tristezza infinita... ed ecco che alla fine l'ho inserita qui dentro.

E poi sì, mi sto ancora riprendendo dal concerto di ieri, e più li guardavo e più mi venivano idee, ma poi c'erano i primi piani di Namjoon che mi mandavano in confusione, così come quella giacca molesta di Jimin. Credo che dovrò studiarmi a menadito anche il replay...che sacrificio!!

A presto!

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