49 - Tribeca
New York, 21 settembre 2021
«Casa mia.»
Namjoon era rimasto immobile, incapace di compiere un singolo movimento, non riusciva a comprendere cosa stesse accadendo.
Fino a pochi minuti prima si trovava per le strade di Tribeca a divertirsi, a cercare un locale per trascorrere una serata tranquilla insieme alla propria ragazza, e invece era sull'uscio di un appartamento.
L'appartamento di Eve.
Stava sognando? Qualcuno aveva forse drogato il suo caffè?
Il caldo tocco della mano di lei lo fece rinsavire.
«Entra», lo invitò a seguirla e lui varcò l'ingresso.
Un passo verso l'ignoto.
Fu investito dall'odore dolce della vaniglia, del caramello e del sandalo, una fragranza che ormai aveva imparato a conoscere: il profumo di Eve.
Era tutto così surreale.
L'appartamento era accogliente e caloroso, proprio come lei.
La sala e la cucina formavano un unico ambiente, delineato da un bancone di legno che fungeva da tavolo. Dal soffitto, alcune lampadine di forme diverse l'una dall'altra pendevano da un supporto in legno.
Di fronte a lui, un divano azzurro era a ridosso di un'ampia finestra che occupava gran parte della parete in mattone rosso. A destra, su una piccola libreria bassa e ben fornita, un altoparlante bianco della Apple era mimetizzato in mezzo a delle candele profumate ornamentali.
Per un istante immaginò Eve seduta sul divano, immersa nella lettura ad ascoltare della musica.
Fece due passi, ammaliato da quell'ambiente in stile industriale così semplice e allo stesso tempo ricercato: ogni mobile, oggetto o quadro trasudavano l'essenza della ragazza.
Si sentiva come Alice nel Paese delle Meraviglie, attratto dal Bianconiglio: Eve lo aveva condotto nel suo mondo e lui voleva esplorarlo.
«Jagi, è davvero tua?» balbettò, la gola gli si seccò all'improvviso quando la vide annuire e lui sentì il battito del cuore accelerare per l'emozione.
«Vado a prendere qualcosa da bere. Fa' come se fossi a casa tua», gli scoccò un leggero bacio sulla guancia prima di allontanarsi e recarsi in cucina.
Rimasto solo, si ritrovò a guardarsi attorno.
Fu attratto da una parete bianca che ospitava diverse cornici e per un secondo gli parve di osservare una mostra: erano tutte fotografie.
Si avvicinò per osservarle e si intenerì quando vide una giovanissima Eve seduta su una roccia e il Gran Canyon sullo sfondo: era sorridente, la sua pelle era abbronzata e i capelli sciolti ricadevano sulle spalle nude. Namjoon accarezzò il vetro con un dito soffermandosi sul viso di lei.
Passò alla foto successiva. Il verde della prateria occupava quasi tutta la carta patinata.
Non c'erano persone o costruzioni, solo la natura incontaminata e un fiume che sfociava nel mare che rifletteva il cielo azzurro privo di nubi.
Era un'immagine bellissima.
"Chissà dove si trova", si chiese per poi continuare a curiosare tra quegli scatti.
Erano per la maggior parte paesaggi, frammenti di viaggi e vita privata, luoghi per lei sicuramente importanti: era un vero e proprio diario di bordo.
Sempre più curioso, arrivò all'ultima cornice e si bloccò.
Di fronte a lui, l'immagine ritraeva un cielo notturno privo di stelle e l'unico punto di luce era la luna piena avvolta da leggere nuvole.
Era ipnotica, gli trasmetteva un senso di tristezza, malinconia, ma quando si trovò a poca distanza dalla cornice, si accorse che non si trattava di una fotografia, ma di un quadro.
Gli mancò il respiro.
Allungò la mano, le pennellate impresse sulla tela gli solleticarono appena i polpastrelli e Namjoon ritrasse subito la mano quando vide la firma dell'artista.
Fece un passo indietro e la vista gli si offuscò dalle lacrime di commozione.
Aveva riconosciuto la grafia, tre semplici lettere che componevano la sigla Ade.
Era un quadro dipinto dalla sua Eve.
Con uno scatto, corse verso la cucina stando attento a non inciampare contro l'isola del divano e dovette quasi sostenersi al bancone per non cadere addosso a lei.
«Joon...?»
Non le diede tempo di aggiungere altro, la afferrò per un polso facendola voltare e la strinse forte tra le sue braccia.
Era felice, gli occhi pizzicavano per le lacrime pronte a rigargli il volto.
«Grazie» mormorò con voce tremante e si abbandonò del tutto in una risata liberatoria.
Affondò il viso tra i suoi lunghi capelli, si inebriò di quel profumo che amava da impazzire.
Rimasero a lungo abbracciati, in silenzio, ad ascoltare i propri respiri.
Eve gli accarezzò il viso, gli baciò una guancia e si allontanò quel poco che bastava per fissarlo negli occhi «Piaciuta la sorpresa?»
Namjoon annuì col capo. «Allora la visita alla caserma era solo una scusa?»
«Chiedo venia», lo prese per mano e lo portò in sala «non sapevo cosa inventarmi per trascinarti qui.»
Scoppiarono a ridere, il ragazzo ne approfittò per rubarle un bacio.
Continuò a guardarsi attorno, voleva esplorare ogni singolo centimetro di quella casa.
«Stento ancora a crederci, Jagi. Non so cosa dire.»
«Io sì», Eve sistemò sul tavolino delle bevande e qualche snack «guai a te se ne fai parola con i ragazzi.»
«Perché?»
«È il mio rifugio personale, il luogo dove mi rintano quando voglio stare tranquilla e lontano da tutti», gli accarezzò una guancia e lo fissò negli occhi «Sei l'unico a conoscerlo. Né Baek, né mio fratello sanno l'esistenza di questo posto.»
Namjoon rimase senza parole, il suo cuore perse un battito.
Eve si sedette sul divano, era nervosa, le guance arrossate mostravano il suo imbarazzo e lui non riusciva a capire cosa le stesse accadendo.
«Perché io?»
La vide stappare le bottiglie di birra e offrirgliene una.
«Non hanno trovato il soju», Eve cambiò rapidamente discorso e si versò da bere «Però devo dire che l'impresa di pulizia ha fatto un ottimo lavoro.»
Namjoon posò la bottiglia sul tavolino e si mise accanto a lei. Le prese il viso tra le mani costringendola a guardarlo negli occhi.
«Perché io?», chiese una seconda volta e lei provò a distogliere lo sguardo per rivolgerlo altrove, senza successo.
Era tesa, si umettò più volte le labbra, ma di fronte all'insistenza del ragazzo, si abbandonò ad un profondo sospiro.
«Volevo parlarti di tante cose, di noi e ho pensato che ti avrebbe fatto piacere vedere coi tuoi occhi il mio mondo.»
«Io... stai dicendo sul serio?»
«Sì, Joon. Basta segreti» Eve si sporse verso di lui, gli gettò le braccia al collo e lo baciò.
Namjoon la strinse a sua volta, con una mano le accarezzò il capo, passò le dita tra i lunghi capelli stringendoli appena.
«Eve, amore», le leccò appena le labbra prima di farvi scivolare la lingua attraverso, alla ricerca della sua.
Ci giocò lentamente, ne gustò il sapore, il calore. Insinuò una mano sotto la maglietta di lei, la pelle bruciava e continuò ad accarezzarle la base della schiena per risalire lentamente lungo la colonna vertebrale.
La sentì tremare al suo tocco.
«Yeobo», si allontanò da lui. Sorrideva imbarazzata e si morse appena il labbro, gesto che fece impazzire Namjoon che voleva riprendere a baciarla, ma Eve sciolse l'abbraccio «ti va di vedere il resto della casa?»
«Me lo chiedi?», Namjoon rise, le rubò un ultimo bacio «Voglio sapere tutto.»
Fu preso per mano e trascinato per ogni stanza dell'appartamento.
Non era grande. Oltre al soggiorno, erano presenti uno studio, due bagni e una camera da letto con una grande vetrata.
Namjoon osservò con meraviglia ogni singolo dettaglio dell'arredamento con la medesima curiosità di quando visitava un museo d'arte moderna.
Eve era un fiume di parole e lui la ascoltava rapito, come un piccolo topolino attirato dalla musica del pifferaio magico.
Gli parlò di quando, anni addietro durante il master, aveva acquistato l'immobile all'insaputa di tutti.
«Volevo un luogo dove sparire per stare da sola senza scocciatori, un po' come il tuo Rkive».
Risero insieme a quella battuta ed Eve continuò a parlare del suo piccolo rifugio e di come lo aveva ristrutturato curando ogni minimo dettaglio.
Namjoon era felice, non smetteva di sorridere.
Tornati in soggiorno, si appoggiò al bancone divisorio della cucina e continuò a guardare l'ambiente attorno a sé.
«Amore, mi togli una curiosità?»
Eve aprì un pacchetto di patatine per versarle in una ciotola «Certo.»
«Come hai fatto a comprarti un appartamento a New York? In fondo eri un'universitaria.»
Eve divenne improvvisamente seria, trattenne per un attimo il respiro e si appoggiò sul balcone. «Fare la puttana in un club è molto redditizio.»
«Che cosa?» esclamò Namjoon balzando in piedi e cominciò a balbettare parole sconnesse. Era sbiancato all'improvviso.
A quel punto Eve non riuscì più a trattenersi e scoppiò a ridere fino alle lacrime.
«Certo che sei proprio un idiota», gli lanciò addosso una patatina «è troppo divertente prenderti per il culo!»
«Cretina!», il ragazzo, sollevato, rise a sua volta e tornò a sedersi sullo sgabello. «Dai, ti va di rispondermi seriamente?»
Era curioso. In quel breve tour era così preso dai racconti di lei da non aver pensato inizialmente al valore dell'immobile.
New York era notoriamente una delle città più care al mondo e un semplice studente non poteva di certo permettersi quell'acquisto, soprattutto in un quartiere così famoso ed esclusivo come Tribeca.
Eve si leccò le dita dopo aver mangiato una patatina e fissò un punto indefinito della cucina.
«Ero qui con una borsa di studio e ho messo da parte tutti i soldi che avrei dovuto spendere per il master, in più lavoravo come cameriera qui sotto, al Tribeca Tavern», prese un sorso di birra direttamente dalla bottiglia «Una sera ho ascoltato il dialogo tra il mio capo e il vecchio proprietario di questo appartamento. Lo aveva messo in vendita, ma nessuno voleva comprarlo perché era stato incendiato, in più dopo il crollo delle Torri Gemelle, Tribeca aveva perso valore.»
«Hai un ottimo senso per gli affari, e anche buon gusto», disse Namjoon guardandosi attorno «al tuo posto avrei dato fuoco all'appartamento per una seconda volta.»
Risero entrambi.
Continuarono a bere birra e mangiare patatine scambiandosi di tanto in tanto qualche battuta.
Si sentiva a proprio agio.
A poca distanza da lui, il quadro con la luna piena sembrava brillare di luce propria.
«Lo hai dipinto tu, vero?» le indicò la tela con un cenno del mento e la vide annuire.
«È un acrilico», Eve si guardò le unghie smaltate di un rosa tenue e cominciò a tamburellare le dita contro il piano di marmo.
Namjoon le accarezzò la mano e catturò la sua attenzione.
«Mi piace. Sei veramente brava», cominciò a baciarle delicatamente la punta delle dita «Vorrei tanto un tuo quadro nel mio studio.»
«Ho smesso di dipingere, lo sai.»
«E quello?»
«L'ho realizzato dopo aver ascoltato una canzone», chiuse gli occhi e si abbandonò ad un profondo sospiro «Stavo attraversando un periodo molto difficile della mia vita. Mi ero rifugiata qui, volevo stare da sola, lontana da tutto e tutti.»
Lui continuò a baciarle la mano e se la portò sulla propria guancia senza staccarle gli occhi di dosso.
«Una sera avevo messo della musica dal cellulare quando ho sentito una canzone. Mi aveva colpito molto e ho pianto fino allo stremo. Non conoscevo il titolo, né l'artista. L'ho cercata a lungo per poi arrendermi, ma quella melodia mi era rimasta dentro, proprio qui» si toccò il petto più volte e si morse il labbro inferiore come se volesse placare una crisi di pianto.
A Namjoon gli si strinse il cuore vederla in quello stato. Eve gli stava mostrando apertamente il suo lato più fragile, più sensibile e voleva chiederle cosa le fosse successo, ma temeva di ferirla e rievocare brutti ricordi.
La ragazza prese un profondo respiro e si alzò dallo sgabello per recuperare qualcosa dalla borsetta.
«Sai, qualche giorno fa l'ho risentita e mi ha suscitato le stesse emozioni. È una canzone molto triste, malinconica, ma mi ha aiutato a vedere la luce.»
«La luce?»
«Sì, a trovare me stessa e capire cosa voglio davvero dalla vita», tornò da lui con un ampio sorriso sulle labbra. Gli prese la mano e gli consegnò una piccola confezione. «Tieni, è per te.»
Namjoon guardò l'oggetto, incuriosito.
Era avvolto da una semplice carta da pacchi marrone fermato con un comune spago annodato in un grazioso fiocco.
Rimase senza parole. Non si aspettava di ricevere un regalo da lei, non dopo quello strano discorso e per qualche istante la fissò negli occhi, ma Eve sembrava essere impaziente.
Scartò il pacchetto sciogliendo il fiocco e si ritrovò tra le dita una piccola scatola bianca anonima priva di logo o marca.
Sollevò il coperchio e quando vide il contenuto, balzò in piedi e guardò Eve.
«Jagi, ma questi-»
«Sono in ritardo di qualche ora, ma eri impegnato con l'Onu, gli eventi e la conferenza stampa», gli accarezzò un braccio e le guance divennero rosse «e so anche quanto tu sia legato alle tue tradizioni.»
Namjoon tornò ad osservare la scatola. Il cuscinetto di velluto nero sorreggeva due anelli di coppia in oro bianco.
Erano semplici, nulla di pretenzioso. Non avevano pietre o decorazioni, ad eccezione di un leggero intreccio sulla superficie.
Non era la prima volta che scambiava gli anelli dei primi cento giorni e in entrambi i casi era stato lui a comprarli in gioielleria, ma c'era qualcosa di nuovo in quel momento.
Prese la mano sinistra di Eve, la strinse appena e le accarezzò col pollice l'anulare.
Provò un'emozione unica quando le mise la fedina al dito. Era nervoso, agitato, eppure quel gesto così semplice sembrava rappresentare la profondità dei sentimenti che lo legava a lei, un amore che non riusciva a descrivere con semplici parole.
Dimenticò quasi di respirare quando fu il turno di Eve e la vide prendere l'altro anello.
«Ti amo.»
Namjoon sgranò gli occhi e per un soffio non gli cedettero le ginocchia.
«C-cosa hai detto?», chiese con voce tremante, sopraffatto dall'emozione.
Eve rise imbarazzata. Gli strinse la mano sinistra e, lentamente, gli infilò la fedina all'anulare per tornare a guardarlo negli occhi.
«Ti amo, Namjoon.»
Frastornato, incredulo e totalmente incapace di parlare, si ritrovò a intrecciare le proprie dita con quelle di lei e fu in quel momento che realizzò quanto appena udito.
Lo amava.
Si fiondò sulla sua bocca per baciarla, per suggellare quelle parole cariche d'amore e le prese il volto tra le mani.
Non aveva mai provato un sentimento così intenso.
Lasciò la presa dal viso per scivolare verso i fianchi e la sollevò da terra. Eve gli cinse la vita con le gambe e rise quando lui cominciò a girare in tondo.
Namjoon era l'uomo più felice del mondo.
Non gli interessavano i milioni di dollari sul proprio conto corrente, il successo e la carriera. Erano traguardi importantissimi, ma nulla aveva più valore di quella donna che stringeva tra le braccia.
«Ripetilo», mormorò mentre si beava della risata allegra di lei.
«Poi ti abitui a sentirtelo dire.»
«No, amore. Non è mai abbastanza.»
Caddero sul divano. La sovrastò col corpo e si abbassò per baciarla ancora, ma fu fermato da lei.
Eve lo guardò a lungo negli occhi, gli sfiorò una guancia con le dita per soffermarsi sulla bocca di lui. Si limitò a fissarlo e Namjoon perse sé stesso per un istante, quando la vide sollevarsi e baciarlo.
Voleva fermare il tempo, rimanere per sempre abbracciato a lei e assaporare ogni singolo respiro.
Si liberarono dei propri vestiti per abbandonarsi del tutto alla passione.
Sopra di lui, Eve si muoveva sinuosa e Namjoon le accarezzò i fianchi seguendo il suo ritmo.
Fu forse a causa della penombra o dalle luci che provenivano dall'esterno, ma non riusciva a distogliere lo sguardo dal corpo nudo di lei.
Era bellissima ai suoi occhi, una tavolozza di colori riflessi: era il suo meraviglioso caleidoscopio.
Con un colpo di reni, si mise seduto per baciarla con ardore, le mani vagarono lungo la sua schiena e tastò la pelle rovente.
«Ti amo» ansimò tra un bacio e l'altro.
Eve si allontanò appena, il tempo di guardarlo negli occhi «Ti amo anch'io, non sai quanto.»
Namjoon la baciò intensamente fino a rubarle l'aria e la strinse forte quando raggiunsero l'orgasmo.
Sdraiati sul divano, rimasero abbracciati a guardarsi a lungo senza parlare.
Le prese la mano sinistra per osservarle l'anello per poi spostare l'attenzione sul proprio.
La vista si appannò di lacrime di gioia.
Che fosse questo l'amore che descriveva nelle sue canzoni?
«Se è un sogno, vorrei non svegliarmi.»
Chiuse gli occhi al tocco delle dita di Eve che gli accarezzavano delicatamente la guancia, il naso fino alla sua bocca.
Dischiuse appena le labbra ancora gonfie e arrossate, e sospirò quando lei vi posò sopra le sue per abbandonarsi in un bacio lento.
«Dicono che viviamo per essere felici...», Eve gli sorrise, si rannicchiò tra le sue braccia e con un dito gli solleticò il petto «ma che cos'è la felicità?»
Namjoon sollevò appena il capo.
Aveva appena citato Adrift, uno dei suoi brani pubblicati su Sound Cloud nel 2015.
Un brivido freddo serpeggiò sotto la sua pelle, il cuore cominciò a battere forte e d'istinto alzò lo sguardo sul quadro per tornare su di lei.
Le scostò un ricciolo portandoglielo dietro l'orecchio.
«La canzone che hai ascoltato anni fa, si chiamava forse Adrift?»
Quando la vide annuire, gli si mozzò il respiro dall'emozione.
«Mi hai guidato tu fuori dal buio», Eve continuò a solleticare il petto di lui «sembra quasi un gioco del destino. Forse ci siamo già incontrati in una vita passata per ritrovarci nel presente.»
Namjoon rise, le baciò il capo e la strinse forte a sé «Non sono abituato a vederti così romantica.»
«Sai, quando ho ascoltato di nuovo Adrift, ho pensato a noi», respirò a fondo prima di alzare lo sguardo su di lui «ho capito che non posso continuare a ignorare ciò che provo realmente per te.»
Le tremava la voce, tratteneva a stento il pianto.
«La verità è che ti amo da tanto», Eve gli accarezzò il viso con entrambe le mani «perdonami se ho nascosto i miei sentimenti fino ad ora.»
Il cuore di Namjoon batteva impazzito dentro il petto fino a sentirlo quasi in gola.
«Jagi», le sfiorò una guancia e la vide sorridere «da quanto tu mi...»
«Da ancor prima di divenire un noi», gli cinse il collo con le braccia, si appoggiò con la fronte contro la sua «Da quando ho ricominciato a vivere grazie a te.»
Namjoon rimase spiazzato da quella sua dichiarazione.
Si ritrovò in lacrime, commosso, e azzerò del tutto lo spazio tra loro per baciarla.
Voleva fermare il tempo, vivere per sempre quel momento così intenso, unico, e continuare a perdersi in lei.
Tornò a baciarle le guance, il collo per fermarsi all'orecchio.
«Lost in life, lost in life. Lost in you.»
La sentì trattenere il respiro per qualche secondo. Si sollevò per guardarla, per ammirare quegli occhi lucidi di lacrime.
Namjoon continuò a cantare Adrift ed Eve pianse in silenzio.
«Ti amo, Jagi», sussurrò a fior di labbra «ti amo perché anche tu hai dato un senso alla mia vita.»
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Angolo Autrice:
E anche la fase New York è giunta al termine.
Namjoon ha finalmente avuto la conferma dei sentimenti della sua Eve, in tutto a casa di lei.
Ho scelto come luogo degli eventi il Bryant Park e Tribeca perché sono posti che ho amato da morire, così come il pub Tribeca Tavern che ha realmente chiuso durante il lockdown (era bellissimo e i loro hamburger erano fantastici).
La casa di Eve ritratta nell'immagine sotto, l'ho fotografata nel 2019 e si trova a pochi metri dalla caserma dei Ghostbuster.
Inizialmente ero indecisa tra Hell's Kitchen, Greenwich Village o vicino il parco botanico di Brooklyn, ma quando ho rivisto le fotografie ho esclamato "Tribeca, la amo troppo!".
Spero di essere riuscita a trasmettervi sia l'amore che ho nutrito per la Grande Mela che i sentimenti di questi due testoni.
È un capitolo pieno di zucchero, cuori e arcobaleni, ma si sa...la gioia non dura per sempre!
A presto!
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