47 - Dosirak
CAPITOLO 47
14 settembre 2021
Blue House, la residenza del Presidente della Repubblica di Corea.
La sala era gremita di giornalisti pronti a immortalare ogni singolo istante della cerimonia che si sarebbe tenuta a breve, le telecamere puntate sul podio in attesa dell'arrivo delle più alte cariche presidenziali e degli artisti più famosi al mondo.
Nella stanza accanto, Namjoon stava fissando il proprio orologio da polso da diversi minuti.
Era stanco, i giorni precedenti avevano messo a dura prova i suoi nervi e nonostante avesse chiarito ogni dubbio con Eve, qualcosa dentro di sé lo logorava lentamente: si sentiva tradito dai suoi stessi fratelli.
Accanto a lui, i ragazzi parlavano tra loro di quella cerimonia. Era un evento importante sia come cittadino coreano che artista globale, ed erano tutti nervosi, soprattutto il piccolo Jungkook e Hoseok.
Continuò a fissare il regalo ricevuto da Eve, mentalmente alienato dalla discussione dei suoi amici.
«Namjoon-hyung!»
Alzò gli occhi, di fronte a sé Jimin gli rivolgeva uno sguardo imbronciato.
«Non hai detto nemmeno una parola.»
Namjoon inarcò un sopracciglio «Le risparmio per l'incontro con il Presidente Moon.»
Il ragazzo gonfiò appena le guance, infilò le mani nella tasca dei pantaloni. «Da quando hai litigato con Noona sei diventato intrattabile.»
«Non è per colpa sua», lo prese delicatamente dal gomito per isolarsi dal resto del gruppo «Sei tu che mi hai deluso e sai anche la motivazione.»
«Io?»
«Sì», lo fissò a distanza ravvicinata «perché non mi hai detto di aver trascorso la notte con Eve?»
Jimin spalancò la bocca, il volto aveva perso colorito in un battito di ciglia.
«Non è quello che pensi, hyung», annaspò nervoso e gesticolava, con lo sguardo cercava gli altri ragazzi che erano impegnati a ridere e scherzare tra loro «eravate entrambi ingestibili e quando Yoongi hyung ha trovato Noona non sapevo se avvisarti o meno.»
Namjoon raccolse fece appello al suo autocontrollo per non esplodere. Respirò a fondo e tornò su di lui «Hai idea di come sono stato quella notte?»
«E tu sai quanto è stata male lei a causa tua?» gli sputò addosso quelle parole alzando di poco la voce.
Ripresosi dall'iniziale smarrimento, lo stava fulminando con lo sguardo, la mascella era contratta dalla rabbia. «L'abbiamo trovata sull'altalena di un parco giochi, era zuppa di pioggia e non si era nemmeno accorta della nostra presenza. Sembrava un'altra persona. Scusa se ho pensato prima alla sua salute che a te.»
Jimin si passò appena le dita tra i capelli per non rovinare il lavoro delle stylist, chiuse gli occhi quando la mano di Namjoon si posò sulla sua spalla.
Era una situazione e un momento delicato per entrambi. Di tutti i giorni disponibili, lui aveva scelto di affrontare quel discorso spinoso a pochi minuti da una cerimonia importante, ma aveva bisogno di ricevere delle risposte, di riporre ancora fiducia nel suo gruppo altrimenti sarebbe impazzito.
«Ti va di raccontarmi di quella notte?»
«E se non volessi?»
«Per favore», quasi lo implorò, disperato.
Jimin sospirò, si guardò attorno per essere certo di non essere udito dagli altri e da eventuali altri ospiti della Blue House.
«Eravamo a casa dello hyung. Le stavo preparando una tisana, Yoongi era con Noona in soggiorno. Stavano discutendo anche se parlava solo lui» era molto nervoso e si torturava le mani. «Non sapevo cosa fare, continuava a dirle che tu eri uno stronzo, che aveva scelto l'uomo sbagliato e che non era felice con te.»
Namjoon si morse l'interno della guancia e si massaggiò il ponte del naso con due dita per calmarsi. Era quella l'immagine che mostrava agli altri? Un uomo che rendeva infelice la propria donna?
Picchiettò il pavimento con il tacco della scarpa, doveva scaricare la tensione e di fronte a quel gesto, l'amico cercò di allontanarsi da lui e tornare dagli altri, ma Namjoon lo fermò.
«Continua, Chim.»
Messo alle strette, Jimin prese un profondo respiro e annuì col capo «Ero stanco di sentirlo, lei era sconvolta e stava davvero male. Stavo per intervenire, ma ho fatto solo in tempo a vedere lo hyung prendere Noona dalle spalle e baciarla», gli sfuggì un sorriso amaro «Non ho mai visto una donna mollare uno schiaffo così forte...»
Calò il silenzio tra loro, in lontananza si sentiva la risata di Jungkook che scherzava con Taehyung e Yoongi.
Namjoon guardò verso il gruppo. Sospirò profondamente.
«Quella notte mi sono umiliato andando da Baek-ssi e l'ho implorato di aiutarmi», stirò le labbra in una linea sottile e cercò di non crollare emotivamente «Se tu mi avessi detto subito la verità, avrei agito diversamente. Non sono arrabbiato con voi per aver ospitato Eve, ma per avermelo nascosto.»
«E con Yoongi?» Jimin gli strinse una spalla ottenendo così la sua attenzione «come ti comporterai con lui?»
A quella domanda, Namjoon scosse il capo e rise.
«Non posso impedirgli di amare una persona anche se si tratta della mia compagna. È inutile essere gelosi, si rischia solo di peggiorare la situazione e gettare nel cesso undici anni di amicizia e stima reciproca. Spero si riprenda il prima possibile» osservò i ragazzi che cercavano di scaricare la tensione di quel momento.
Seokjin era incollato al cellulare e stava inviando dei messaggi a EunJoo. Era sorridente, felice e completamente assorto da non accorgersi di Taehyung che lo canzonava alle sue spalle, mentre Hoseok scherzava con Yoongi e Jungkook.
«Vi siete riappacificati, vero?»
Namjoon trattenne il fiato e cercò di mantenere un'espressione impassibile, ma quando Jimin si sporse per fissarlo negli occhi, scoppiò a ridere.
«Io non...aish, sono così trasparente?»
«Ti sei tradito quando hai definito Noona come 'tua compagna' e poi non hai inveito contro lo hyung come al solito», gli diede una pacca sulla spalla «però potevi anche dircelo! Sono tremendamente offeso.»
Si grattò il capo, imbarazzato «Volevamo un po' di privacy e-», si interruppe alla vista della portavoce che faceva loro segno di entrare nella sala dei ricevimenti per incontrare il Presidente.
Era giunto il momento tanto atteso dai media, dagli Army e soprattutto da loro.
Namjoon fece un rapido controllo alla propria giacca, sentì la tensione prendere improvvisamente possesso del proprio corpo.
Volse un rapido sguardo ai suoi amici e gli venne da ridere quando notò la giacca allacciata male di Yoongi e la cravatta storta di Seokjin.
«Andiamo prima che ci chiamino una seconda volta», venne esortato da Jimin pronto a raggiungere gli altri.
Namjoon gli accarezzò la schiena, un gesto che fece sussultare l'amico.
«Grazie per esserle stato vicino.»
«Lo farei altre mille volte, hyung» gli mostrò un ampio sorriso prima di indossare la mascherina nera e unirsi al resto del gruppo e dare finalmente inizio alla cerimonia.
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Era al suo quarto bicchiere di champagne.
Osservava senza interesse le bollicine risalire verso la superficie.
Soffocò uno sbadiglio.
Lo staff aveva organizzato un ricevimento privato per festeggiare la consegna dei passaporti diplomatici.
Erano presenti collaboratori, manager, altri artisti di Hybe come Zico, i TXT, le SSerafim e alcuni trainee pronti al debutto.
La musica era fastidiosamente alta. In pista, Jungkook stava ballando insieme a Jimin, Hoseok, Yeonjun e Woozi.
In altre occasioni si sarebbe lanciato in pista, trascinato dai più piccoli del gruppo, ma l'unica cosa che voleva fare in quel preciso momento era solo fuggire via.
Appena usciti dalla Blue House, i ragazzi erano stati impegnati tutta la giornata in conferenze stampa, interviste e servizi fotografici vari e, soprattutto, riprese per la Bangtan Bomb.
Nessuno di loro sette aveva avuto il tempo di respirare.
Namjoon si avvicinò all'ampia finestra della sala.
Di fronte e sotto di lui, Seoul era tinta dalle tonalità violastre del tramonto e il fiume Han rifletteva quelle luci: gli sfuggì una leggera risata.
Bevve un altro sorso. Era incantato dal panorama, ma la sua mente era completamente dedita ad Eve.
Si erano appena ritrovati e faticavano a stare insieme a causa del lavoro.
"Tre giorni e partiremo per New York", si morse l'interno della guancia.
Come avrebbe dovuto comportarsi una volta arrivato in America? Come semplici collaboratori? Amici?
Eve non voleva esporsi, non dopo gli ultimi avvenimenti e la sfuriata di Si-Hyuk aveva completamente rafforzato la sua idea di vivere nell'ombra, ma lui voleva evadere, vivere la propria relazione come un uomo comune almeno all'interno di Hybe.
Con le dita sfiorò il cinturino in pelle dell'orologio.
Nonostante fossero trascorsi solo due giorni, il suo compleanno era ormai un ricordo lontano.
I vari impegni lavorativi si erano soprapposti uno sull'altro, le agende di tutti loro erano impazzite in vista del viaggio ormai alle porte e quando Namjoon rientrava a casa, era Eve stessa assente perché inchiodata in ufficio.
Con le dita sfiorò il cinturino in pelle dell'orologio.
Pensò alla breve gita al villaggio Hanok, a Eve compiaciuta nell'essere riuscita a sorprenderlo con quel regalo inaspettato.
Le mancava tremendamente e voleva averla con sé al suo fianco, a ridere e scherzare.
Si sentiva incompleto senza di lei.
Spostò la propria attenzione al centro della sala: i ragazzi si stavano divertendo.
Taehyung, ubriaco e senza freni inibitori, si era legato la cravatta attorno alla testa e ballava in modo scoordinato insieme a Yoongi mentre Seokjin – sul divanetto – scriveva compulsivamente sul proprio cellulare.
Scosse il capo, divertito, e si portò alle labbra il flûte di champagne per concedersi un altro sorso, ma in secondo piano vide una figura a lui sgradita: dalla parte opposta della sala, MinHee chiacchierava con una giovane trainee e si tanto in tanto gli lanciava delle occhiate languide.
Sentì le viscere contorcersi dalla rabbia.
Con un ultimo sorso, terminò lo champagne e uscì dalla sala per cercare rifugio nel corridoio.
Gli mancava l'aria e allentò appena la cravatta per respirare meglio.
Detestava quella donna e non sopportava l'idea di trovarsela tra i piedi anche in America.
Si incamminò rapido verso gli ascensori e tirò un sospiro di sollievo quando le porte scorrevoli si aprirono pochi secondi dopo.
Da solo all'interno dell'abitacolo, contava i secondi che lo separavano dagli uffici relazioni estere.
Aveva un disperato bisogno di vederla e quando l'ascensore si fermò al piano, uscì di corsa per raggiungere la sua libellula.
Con il fiatone e il cuore in gola, Namjoon si fermò all'ingresso dell'ufficio: Eve era seduta alla propria scrivania, concentrata sul proprio computer.
Era per lui una boccata d'ossigeno.
«È permesso?» annunciò la propria presenza, sollevato nel trovare l'ufficio deserto.
«Joonie?» Eve si voltò verso di lui, piacevolmente stupita «Cosa di fai qui?»
«Volevo farti una sorpresa. A quanto pare ci sono riuscito» la vide ridere e lui ne approfittò per raggiungerla e sedersi sulla sua scrivania «sei rimasta solo tu?»
«Già, sto controllando gli ultimi documenti.» giocava con la sua cravatta, ripassava tra le dita la seta nera e si allontanò velocemente quando due collaboratori passarono accanto alla porta dell'ufficio.
Namjoon voleva tornare a casa il prima possibile, spogliarsi dei panni di RM dei BTS e rilassarsi sul divano, abbracciato a lei e con Netflix in televisione.
Era stanco di quella situazione per lui assurda, ma doveva e soprattutto voleva rispettare i tempi di Eve.
Rimasti di nuovo soli, le accarezzò furtivamente il viso e le rivolse un sorriso quando vide la collana di Cartier allacciata attorno al suo collo.
«Dopo il lavoro, ti va di unirti alla festa?» giocò con il ciondolo che le aveva donato.
«Non posso. È riservata solo per voi artisti.»
«Ma-»
«Niente "ma". La mia presenza non è giustificata. Sono solo la vostra interprete, non un idol.»
«Lo so e sei anche una dei responsabili del tuo team.»
«Preferisco attendere stasera, ho prenotato al nostro ristorante preferito e poi...» si avvicinò al suo orecchio «Ein Vergnügen erwarten ist auch ein Vergnüge»
Namjoon alzò le sopracciglia, la voce bassa di Eve e quella frase in tedesco lo avevano stranamente eccitato.
«Cosa significa?»
La vide sorridere in modo malizioso «L'attesa del piacere è essa stessa il piacere».
A quella provocazione, Namjoon spense il cervello.
La prese dai fianchi per stringerla a sé, con le labbra le solleticò il collo «Altro che attendere. Sono tentato di trascinarti in studio e levarti gli abiti di dosso.»
«Oh, e non nei bagni come nei film di serie B?», gli diede un colpetto sul petto e trattenne una risata.
Si guardò attorno, erano soli e il corridoio era deserto «Sono serio. Se vuoi possiamo andarci anche adesso oppure chiudere a chiave questo ufficio e prenderti qui, sulla tua postazione.»
Le guance di Eve avvamparono, gli occhi erano carichi di lussuria e Namjoon ne approfittò ad accarezzarle una coscia e insinuare una mano sotto la gonna.
«Allora, Jagi?», con le dita seguì il bordo delle mutandine e le provocò un brivido.
«Ecco, io-»
Il chiacchiericcio di alcuni impiegati rimasti al piano li fece sobbalzare.
Namjoon si voltò verso la porta rimasta ancora aperta e si allontanò da lei, ma Eve lo trattenne dalla cravatta.
«Joonie» sussurrò sfiorandogli le labbra con le sue «portami via da qui.»
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Appena varcata la porta di casa, spinse Eve contro il muro dell'ingresso e la baciò con ardore.
Le morse il labbro, le esplorò la bocca con la lingua e si eccitò nel sentire le dita di lei insinuarsi sotto la sua giacca per levargliela.
«Non resistevo più», ansimò. Con una mano cercò di slacciarsi la cintura di pelle, i denti affondarono nel collo di Eve che gemeva dal piacere.
«Nemmeno io», sollevò una gamba per cingerla attorno alla sua vita e Namjoon le artigliò la coscia.
La cintura cadde a terra con un rumore sordo.
«Lo sai che mi fai impazzire in tailleur?»
«E tu in completo» lo tirò a sé strattonandolo dalla cravatta.
Erano fuggiti via da Hybe e si erano dovuti trattenere per tutto il tragitto verso Hannam, sorbendosi il traffico cittadino.
Namjoon era arrivato al massimo del piacere ed erano state numerose le volte che le aveva infilato la mano tra le gambe col rischio di distrarla dalla guida.
E in quel momento erano finalmente da soli.
«Annulla il ristorante» con voce rauca, tornò a lambirle il collo e spinse il proprio bacino contro quello di lei schiacciandola ulteriormente contro la parete «stasera divoro te.»
«Sai, ho una mezza idea...», Eve gli morse il labbro inferiore, lo succhiò e lui si eccitò maggiormente.
Venne trascinato in soggiorno, le mani strette sui fianchi di lei e dovette lottare contro sé stesso per non sollevarla da terra e buttarla a tradimento sull'isola del divano.
Sentiva le dita di Eve tremare dall'eccitazione mentre gli slacciava la camicia e lui ansimò quando si ritrovò le sue labbra sul proprio petto nudo.
«Jagi, ti voglio. Ora.»
«E invece dovrai aspettare» rise, con la lingua seguiva la linea della sua mandibola fino all'orecchio «Non volevi usare il pianoforte con me?»
La vide allontanarsi da lui e raggiungere lo strumento. Eve si sedette sulla coda e aprì lentamente le gambe.
A quella vista, Namjoon perse completamente il nume della ragione.
Si fiondò su di lei per catturarle le labbra in un bacio passionale, con un rapido movimento le sfilò la camicetta e le mutandine.
Non resisteva più, voleva possederla seduta stante e le spalancò del tutto le gambe, ma diversamente da quanto pensato poco prima, non voleva concludere così in fretta e godersi invece ogni singolo istante.
Le morse il collo, con la lingua saggiò ogni centimetro di pelle soffermandosi sul suo seno.
Lo adorava.
Appena prese tra i denti un capezzolo, Eve inarcò la schiena dal piacere e Namjoon rise, soddisfatto.
Il respiro accelerato e gli ansiti di lei erano musica per le sue orecchie.
E ne voleva sentire ancora.
Fece scivolare la mano libera tra le sue gambe, la trovò rovente e mostruosamente bagnata.
«Tesoro, sei così impaziente?»
La fissò negli occhi incrociando il suo sguardo languido. Le strappò un versetto carico di eccitazione quando, senza preavviso, la penetrò con un dito.
Eve mugolava di piacere e lui, con il cuore a mille e l'erezione pronta ad esplodere nei pantaloni ancora allacciati, la torturava con totale dedizione ed estrema lentezza.
Il soggiorno si riempì dei loro gemiti, dei respiri affannati. Namjoon era tornato a torturarle il collo e il seno con baci, morsi e non gli importava nulla di lasciarle dei segni sulla pelle.
Lei era sua e se non poteva mostrarlo apertamente, lo avrebbe fatto con lividi, succhiotti, qualsiasi cosa che urlava "è mia e di nessun altro".
Il ventre di Eve cominciò a tremare, le unghie gli graffiavano la schiena nuda e lui non ce la faceva più, ma voleva portarla oltre ogni limite.
«Ti arrendi, amore?» inserì un secondo dito e ridacchiò nel sentirla gemere «non mi fermerò fin quando non mi implorerai.»
Eve rise, si sollevò appena col capo per guardarlo in viso.
Lo prese saldamente dalle spalle e lo spinse con forza verso il basso «Non volevi divorarmi?»
Namjoon rimase in silenzio, si limitò a baciarle il petto, l'addome fino a giungere al suo inguine.
L'odore del suo sesso gli solleticava le narici, era fin troppo afrodisiaco.
Con la lingua le lambì la pelle, le stuzzicò il clitoride mentre le dita continuavano a farsi strada in lei.
La trovava deliziosa.
Seguì il ritmo impostato da Eve che aumentava ad ogni ansito.
La sbirciò oltre il monte di Venere: era in balìa dell'orgasmo pronto ad esplodere, il seno nudo era turgido e l'espressione del suo viso era per lui meraviglioso.
Aumentò l'intensità con la quale la stava torturando e le strappò un urlo arrochito di piacere.
«Amore, ti prego...»
Namjoon rise, si rialzò appena per dedicarsi al suo seno mentre con la mano libera le accarezzava il viso.
«Ti prego, cosa?» le passò il pollice sul labbro inferiore per spingerlo dentro la sua bocca «Non volevi fare le cose con calma?»
«Io-» mormorò eccitata e cominciò a succhiargli il dito quando, all'improvviso, il cellulare di Namjoon squillò.
La coppia ignorò la suoneria.
Eve gli strinse con forza i capelli e si fiondò sulle sue labbra carnose, ma il cellulare riprese a suonare una seconda volta.
«Non è possibile» si lamentò Namjoon rialzandosi, frustrato.
Non voleva fermarsi per nulla al mondo, ma era insolito ricevere due telefonate di seguito sullo smartphone aziendale e la suoneria personalizzata dedicata a Si-Hyuk – lo Squalo di Steven Spielberg – aveva completamente rovinato l'atmosfera.
Infastidito, frugò tra le tasche della giacca e rispose.
Camminava con passi lenti, raggiunse Eve ancora seduta sulla coda del pianoforte.
Le rivolse un sorriso, con una mano le accarezzò i capelli.
Si sentiva tremendamente in colpa.
Ancora una volta il lavoro aveva interferito con la loro vita di coppia.
Era stanco di doversi accontentare di brevi incontri, senza contare il litigio che li aveva separati per una lunghissima settimana.
Appoggiato al pianoforte, annuiva in silenzio.
"Scusa" mimò appena con la speranza di farsi perdonare, ma lei si accigliò e – senza dire nulla – gli cinse la vita con le braccia.
Trasalì quando la lingua di Eve cominciò a lambirgli il lobo dell'orecchio per essere trattenuto con i denti.
Maledizione. Quella stronza aveva deciso di torturarlo.
Eve gli morse il collo e lui dovette concentrarsi al massimo per non gemere: dall'altra parte del telefono Si-Hyuk lo stava aggiornando sulle ultime direttive lavorative.
«Quando?», la voce gli uscì tremula, quasi acuta.
Deglutì a vuoto, Eve gli rivolse uno sguardo languido e lui trattenne il respiro quando lei cominciò a percorrere la linea dei suoi pettorali con la punta della lingua e abbassarsi sempre più.
"Oh, cazzo!" pensò, il suo cervello non registrava più la voce dell'uomo dall'altra parte della linea.
Si morse il labbro quasi a sangue, allontanò per due secondi il cellulare dal proprio orecchio per timore di essere udito e provò a concentrarsi di nuovo sulla telefonata, ma sentì le dita di Eve aprirgli la zip del pantalone e – d'istinto – guardò verso il basso.
Artigliato al bordo del pianoforte, cercò di respirare regolarmente con poco successo: vedere e sentire le labbra della propria ragazza avvolgergli il membro era una tortura.
Con Si-Hyuk al telefono ed Eve in ginocchio che lo prendeva in bocca, si era creata una situazione altamente erotica.
E lo faceva impazzire.
Con una presa decisa, la afferrò per i capelli e la spinse contro di sé.
«È-è proprio necessario?» cercò di concentrarsi sulla telefonata, invano.
Sentiva le unghie graffiargli le cosce, risalire verso l'alto per artigliarsi saldamente ai fianchi mentre la lingua lo solleticava dalla base fino in punta.
Namjoon soffocò un gemito e la risatina di Eve gli provocò un intenso brivido lungo la schiena.
Il suo membro pulsava, la bocca di lei era rovente e lo accoglieva fino quasi in gola.
Non avrebbe retto a lungo.
Quando Si-Hyuk lo salutò terminando così la telefonata, Namjoon bloccò il cellulare e si abbandonò ad un profondo e liberatorio gemito roco.
«Dio, Jagi-aah!» gettò la testa all'indietro, la bocca spalancata alla ricerca di ossigeno.
L'eccitazione era così intensa da essere quasi dolorosa, il calore gli si accumulò nei lombi e -senza rendersene conto – cominciò a muovere il bacino aumentando così il piacere.
Eve continuava a muoversi rapida e a fissarlo con quegli occhi carichi di lussuria.
Era per lui meravigliosa e dannatamente ipnotica.
Il calore aumentò nel suo ventre, il formicolio che preannunciava l'orgasmo arrivò veloce e lui fece in tempo a reggersi con una mano al bordo del pianoforte quando la tensione sessuale accumulata fino a quel momento, esplose del tutto.
Una, due ondate. Scosso dalla terza contrazione, strizzò le palpebre e cercò di respirare a fondo.
Il sudore gli imperlava la fronte e il viso, il petto si alzava e abbassava ritmicamente.
Non aveva fatto in tempo a fermarla e le era venuto in bocca.
Allentò la presa sulla sua testa, i lunghi capelli gli scivolarono tra le dita.
Aprì lentamente gli occhi, Eve era di fronte a lui che si stava umettando le labbra.
«Jagi, perdonami. Io-»
Venne zittito dalle sue dita premute sulla bocca.
Senza dire una parola, lo abbracciò, la testa poggiata sul petto.
«Devi tornare al lavoro, vero?»
Colpito e affondato.
Annuì con capo, la strinse forte in vita e le baciò una guancia. «Perdonami.»
«Non è colpa tua.»
«Invece sì e temo di non renderti felice.»
«Non dirlo nemmeno per scherzo» la voce di Eve era dolce, confortevole. Gli accarezzò il volto con entrambe le mani «Non voglio che ti faccia strane paranoie. È il tuo lavoro, la vita che hai scelto.»
«Ma-»
Eve lo baciò appena sulle labbra «Sei un personaggio famoso, avevo messo in conto questi problemi quando ho deciso di stare al tuo fianco. Ora vai a prepararti, farai tardi.»
Sciolse l'abbraccio, la vide raccogliere i propri indumenti e dirigersi verso il bagno.
Sospirò, si passò una mano tra i capelli ed era tentato di raggiungerla sotto la doccia e mandare tutti al diavolo, ma il cellulare riprese a squillare.
Il display indicava la telefonata in entrata di Seokjin e la notifica di un messaggio di Hoseok.
Corse in camera per recuperare la prima tuta disponibile.
Il lavoro stava chiamando.
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15 settembre 2021
Quando era rincasato, aveva trovato Eve profondamente addormentata e quella mattina si era dovuto alzare molto presto per recarsi in Hybe.
«Una volta finita la registrazione in sala conferenze, dobbiamo spostarci per le riprese al parco. Domande?», Hoseok mostrava ai ragazzi le modifiche apportate alla coreografia di Permission to Dance.
Taehyung alzò la mano «Quando dormiremo?»
«Non ne avremo tempo» Seokjin masticava pigramente degli orsetti gommosi alla Coca-Cola «Non so se ci permetteranno di fare il check-in in albergo dopo l'atterraggio.»
«Perfetto, mi cambierò preventivamente le mutande in aereo» la voce di Yoongi era impastata dalla sbornia della sera precedente.
Seduto a capotavola, Namjoon osservava i ragazzi.
Era stanco, aveva sonno ed era seriamente preoccupato per quel tour de force: loro erano quasi abituati a quei viaggi stressanti, ma Eve? Avrebbe sopportato quei ritmi massacranti?
Giocò svogliatamente con i suoi anelli. Pensava a lei, al continuo pallore del suo volto e ai soliti malesseri che, ultimamente, la svegliavano nel cuore della notte.
«Sembri distratto, hyung.»
Alzò lo sguardo incrociando quello di Jungkook.
«Sono in pensiero per Eve. Non mi sembra molto in forma.»
«Sarà stanca, è stato un periodo molto stressante e non solo per il lavoro», la frecciatina di Yoongi non tardò ad arrivare.
Namjoon lo sbirciò con la coda dell'occhio: il rapper era fermo, con le braccia incrociate al petto e un cappellino calato sul viso, ma la visiera non fu sufficiente a nascondere l'espressione triste dipinta in volto.
E lui era dispiaciuto per il suo hyung.
Quella mattina, poco prima di riunirsi in palestra, aveva comunicato ai ragazzi di essersi riappacificato con Eve.
Si era inchinato più volte per scusarsi, per aver causato disagi all'interno del gruppo ed era pronto a sorbirsi una severa ramanzina da Seokjin e Hoseok, ma quello che aveva ricevuto era uno dei loro famosi abbracci di gruppo.
Erano tutti felici per lui. Tranne Yoongi.
Continuarono a parlare delle coreografie, dei prossimi appuntamenti e del viaggio ormai alle porte quando si sentì un colpo di tosse alle loro spalle.
Namjoon si voltò e sorrise: all'ingresso Eve stava salutando il gruppo.
«Scusate se vi interrompo. Joonie, puoi venire con me?» Eve torturò nervosamente un ricciolo.
Sentitosi chiamato in causa, si indicò col dito, incuriosito «Ho combinato qualcosa?»
La ragazza si limitò a fargli segno di uscire dalla palestra e raggiungerla.
Sentì i ragazzi sghignazzare alle sue spalle quando si chiuse alle spalle la porta e corse verso di lei che, nel mentre, si era già avviata.
«Cosa c'è, amore? È successo qualcosa?»
Eve scosse il capo, gli rivolse un timido sorriso e mantenne la solita distanza fisica tra loro fino all'ascensore «Ho terminato i bagagli e messo il tuo passaporto in cassaforte. Come puoi lasciare in giro un documento così importante?»
«Veramente lo avevo posato alla sulla scrivania.»
«Era per terra, sotto la tv, vicino a quell'orribile cavallo di pietra.»
Namjoon la guardò il silenzio. L'ascensore arrivò e una volta saliti, Eve selezionò il piano riservato alla Lounge.
«È un'opera d'arte.»
«Fa cagare.»
«Jagi...» le punzecchiò una guancia con l'indice e sorrise quando le strappò una risata.
Gli era mancata la sua vena pungente, polemica e stava per infilare le dita tra i lunghi capelli quando le porte si aprirono e salirono altre persone.
Namjoon socchiuse le palpebre, si appoggiò con la schiena alla parete.
L'abitacolo si affollava sempre di più lasciando sempre meno spazio agli occupanti.
Si chiese il perché di quel via vai di persone e mal tollerava le occhiate di un paio di impiegati che li squadravano come bestie rare.
Sbirciò di sottecchi Eve, pigiata contro la parete e il suo braccio. Era assorta nei suoi pensieri, fissava senza battere ciglio il display che scalava il numero dei piani.
D'istinto, Namjoon le accarezzò la schiena, la mano nascosta tra i lunghi capelli e la borsa shopper di Kakao Friend che stringeva.
La vide voltarsi, volgergli uno sguardo stupito e credette di scorgere un sorriso quando la voce robotica dell'ascensore annunciò l'apertura delle porte automatiche.
Uscirono di fretta, Eve percorse il breve corridoio che conduceva all'openspace dove ospitava l'area ristoro di tutta Hybe.
Era piena di gente, molti di loro osservavano straniti l'artista.
Namjoon gettò un occhio sull'orologio al polso: erano le undici e mezza, l'ora in cui i dipendenti si recavano al piano per il pranzo.
Si grattò il capo, confuso. Solitamente gli idol trascorrevano la pausa all'area ristoro a loro dedicata, in caffetteria di fronte l'azienda o nella stessa Lounge a orari diversi dagli impiegati.
«Jagi, come mai siamo qui? Ci stanno fissando tutti.»
«Sei in debito con me» si sedette a un tavolo, rivolse una breve occhiata scocciata alle persone attorno a loro «ieri sera non sei tornato e ho dovuto disdire il ristorante.»
Sensi di colpa. La frecciatina di lei gli aveva trafitto il petto.
«Ho fatto molto tardi, stanotte. Scusami.»
Eve rise appena «Sai, mi serviva una serata da sola. Mi è stato utile e non solo per ultimare le valigie.»
Namjoon non capì. La vide aprire la borsa ed estrarre due contenitori colorati con dei buffi disegni. Gliene porse uno.
Titubante, lo prese e lo aprì. Al suo interno c'erano frittelle di kimchi, verdure, riso e gimbap di bulgogi.
Era un dosirak.
Di fronte a lui, Eve aprì il suo e ne rivelò il contenuto: cibo occidentale.
Un brivido percorse la sua schiena e il cuore cominciò a pompare velocemente «Jagi, cosa significa questo?»
«Per quanto adori la vostra cucina, ho un po' nostalgia di casa» Eve si portò le bacchette di legno alle labbra «sai, mi piacerebbe che ti abituassi un po' ai miei di piatti.»
Namjoon notò la rapidità in cui le sue guance divennero rosse. Guardò il dosirak che stringeva tra le mani e tornò su di lei.
«Lo hai preparato tu?»
Eve annuì e si voltò dalla parte opposta con la scusa di aprire una bottiglia per sfuggire da eventuali altre domande.
«Non dovevi, amore. Potevamo ordinare qualcosa o-»
«È quello che fanno le coppie normali, no?» gli porse un bicchiere d'acqua «preparare il dosirak e pranzare insieme al lavoro.»
Rimase a bocca aperta.
Si guardò attorno e si rese conto in quell'istante che Eve si era seduta al tavolo centrale dell'openspace, incurante della malcelata curiosità dei dipendenti: lo aveva trascinato nell'area ristoro nell'orario di punta per la pausa pranzo di proposito.
«Jagi, cosa...»
«Te l'ho già detto. Ieri sera ho pensato a lungo», era visivamente nervosa, ma continuava a donargli uno splendido sorriso «e vorrei tanto farti assaggiare qualcosa del mio paese.»
Prese un tentacolo di calamari da quella pietanza di cui non conosceva il nome. Senza aggiungere altro, lo mise sopra una frittella di kimchi.
Il cuore di Namjoon cominciò a battere all'impazzata e lui, completamente sopraffatto dall'emozione per quel gesto così significativo, si sciolse in un enorme sorriso.
Afferrò le proprie bacchette, prese un pezzo di gimbap dal suo pranzo e glielo offrì, posandolo sull'insalata.
Si guardarono a lungo, in silenzio, sordi al continuo chiacchiericcio dei dipendenti attorno a loro.
Erano finalmente usciti allo scoperto.
Angolo Autrice:
Finalmente si chiude questo capitolo.
Non sapevo come mettere nero su bianco le emozioni di questa coppia che mi scivola letteralmente dalle dita.
Spero di non avervi deluso con il finale, avevo diverse idee, ma Eve è un personaggio riservato, che non parla e comunica solo con i gesti.
L'aver trascinato il ragazzo nella "fossa dei leoni" e offerto del cibo direttamente dal suo piatto credo sia il suo modo di dichiarare apertamente il proprio amore per Namjoon.
Spero davvero di aver reso la scena e le emozioni di queste due teste dure e, soprattutto, di aver fatto trasparire qualcosa di più del carattere di Eve.
Che succederà con il capitolo 48?
Semplice: si vola per New York!
A presto!
Borahae😊 💜
PS: scusate i ritardi di aggiornamento! Siate fiduciosi, sto già scrivendo il capitolo 48.
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