45 - Blue & Grey

10 settembre 2021

La stagione delle piogge stava volgendo al termine.

Le strade di Seoul erano dei piccoli ruscelli in piena a causa dei temporali, ma nessuno di essi era paragonabile al fiume di lacrime versate da Namjoon.

Non si era mosso dalla stanza di Eve per tutta la notte.

L'aveva implorata di non lasciarlo, continuato a colpire la porta fino ad addormentarsi, stremato.

Quando si era svegliato ancora seduto sul pavimento, c'era un plaid a coprirgli le spalle.

Aveva il profumo di Eve e a lui era sfuggito un singhiozzo seguito da nuove lacrime.

Sperava di aver vissuto un terribile incubo e di risvegliarsi nel proprio letto abbracciato a lei pronto a darle il consueto bacio del buongiorno e fare colazione insieme, invece la casa era vuota, fredda ed Eve era uscita senza farsi sentire.

Stava guardando la tazza di caffè americano da oltre un quarto d'ora.

Seduto sulla panca dello spogliatoio, Namjoon era così immerso nei propri pensieri da non accorgersi della presenza di Jimin al suo fianco.

«Joon-hyung, parlami» gli accarezzò una spalla sperando di ottenere una risposta da lui, ma il ragazzo sembrava in trance.

Quando Taehyung e Seokjin fecero la loro comparsa, fissarono negli occhi Jimin sperando di vederlo accennare un sorriso, ma trovarono soltanto uno sguardo profondamente triste.

«Allora è vero...» sussurrò Taehyung al maggiore e si sedette su un'altra panca pronto a cambiarsi per affrontare il duro allenamento in palestra.

Di fronte a lui, Yoongi si applicava un cerotto medico sulla spalla sinistra.

«Sarai contento, hyung» sibilò senza più contenere la propria rabbia e la delusione.

Lo adorava così come amava gli altri ragazzi e la sua Noona, ma quella situazione lo aveva destabilizzato. Non riusciva ad accettare che Eve avesse lasciato Namjoon, e Yoongi potesse avere la strada libera con lei.

Lo fissò ancora per qualche secondo prima di dedicarsi alle stringhe delle scarpe quando la mano di Yoongi gli si posò sul ginocchio.

«Non sono felice» mormorò a bassa voce e inspirò l'aria cercando di calmarsi «non volevo che si lasciassero.»

Taehyung si morse il labbro, scoccò furtivo un'occhiata al leader per tornare su di lui «E allora dacci un taglio con Noona.»

All'improvviso, Namjoon si alzò in piedi e senza dire una parola uscì dallo spogliatoio sbattendo violentemente la porta alle spalle.

Aveva sentito quello scambio di battute e odiava quella condizione: essersi lasciati.

Non accettava l'idea che tra loro due fosse finita in quel modo, ma non voleva nemmeno obbligarla a stare con lui.

Con la schiena poggiata contro la parete, si portò una mano sul petto ispirando più aria possibile per scoppiare in una crisi. Se nel proprio studio o appartamento poteva dar libero sfogo al proprio dolore, in agenzia doveva cercare di mantenere un atteggiamento il più professionale possibile per non peggiorare la situazione, ma non ce la faceva più.

Voleva vederla, parlarle.

Guardò l'orologio al polso che segnava le dieci del mattino, l'ora in cui Eve si concedeva una pausa.

Si fiondò verso le scale, saltò i gradini a due a due fino ad arrivare al piano e quando aprì il portellone antipanico che dava sul corridoio principale, la vide allontanarsi dal suo ufficio.

Fece una corsa lungo il corridoio fino a raggiungere l'area break dove, chinata a recuperare il caffè caldo dalla macchinetta, Eve stava parlando con una giovane collega.

Era nervoso oltre misura.

«Oh, buongiorno signor Kim» lo salutò la stagista con un profondo inchino, ma lui la ignorò totalmente concentrato su Eve, immobile davanti a lui.

«Mi puoi concedere cinque minuti?» chiese trattenendo il respiro.

Attorno a lui, alcuni impiegati e collaboratori mormoravano tra loro.

Le voci sul litigio avvenuto tra i due si erano diffuse a macchia d'olio e Namjoon sentì la rabbia scorrere nelle vene: li odiava come non mai.

Le parole di rimprovero di SiHyuk tornarono a martellargli il cervello e quando incrociò gli sguardi curiosi e i sorrisi malevoli dei presenti, comprese a pieno la reale situazione che la ragazza era costretta ad affrontare quotidianamente.

«Per favore, poss-»

«Seguimi» gli ordinò Eve rivolgendogli uno sguardo così intimidatorio che la stagista al suo fianco si allontanò da loro velocemente per raggiungere i colleghi al tavolino.

Namjoon deglutì a vuoto e per un secondo si sentì smarrito.

La seguì in silenzio rimanendo a due passi dietro di lei fino all'ascensore. Eve non parlò per tutto il tempo e il viaggio nell'abitacolo verso l'ultimo piano era per lui interminabile.

------- 💜 -------

Non avrebbe mai immaginato di trovarsi in totale disagio in sua compagnia.

Eve osservava la città dall'alto dei diciannove piani del complesso Hybe attraverso la rete di protezione installato sul parapetto.

Erano presenti solo loro due e i motori dell'areazione.

Aveva caldo. Namjoon stava sudando più per la situazione in cui versava che per l'umidità della giornata uggiosa e anche Eve sembrava fortemente a disagio anche se non muoveva un solo dito.

Sospirò e si morse il labbro inferiore raccogliendo tutto il proprio coraggio per rompere quell'assordante silenzio tra loro.

«Mi dispiace se ti ho messo in imbarazzo di fronte ai tuoi colleghi, ma ho bisogno di parlarti» con le mani infilate nelle tasche dei pantaloni, si unì a lei nella contemplazione della città.

Seoul era grigia, scura. Le polveri sottili che appesantivano l'aria avevano tinto la città di un leggero blu causato da un bizzarro gioco di luci che riflettevano lo smog.

Blu e grigio, i medesimi colori della canzone che aveva scritto per l'album BE.

"Non dire di star bene perché non è vero. Ti prego, non lasciarmi solo. Fa troppo male."

La strofa di Blue & Grey risuonò nella sua mente e per un momento la vista gli si annebbiò.

«Non andartene» disse all'improvviso.

Eve si voltò verso di lui.

«Non voglio impedirti di andare via, ti chiedo solo di non agire d'impulso» Namjoon fece fatica a sostenere il suo sguardo freddo e dovette ricorrere a tutte le energie possibili per non crollare «Ti lascerò in pace e non invaderò la tua privacy, ma pensaci su. Ok?»

La vide abbassare lo sguardo sul caffè che stringeva.

Sospirò profondamente quando, senza avviso, gli porse il bicchiere di carta «Tieni, non mi va più.»

Namjoon lo prese: era ancora caldo e non ne aveva bevuto nemmeno un sorso, ma quello che attirò la sua attenzione fu il braccialetto che lei indossava ancora accuratamente nascosto sotto la manica del maglioncino.

Si morse la guancia e tornò a guardarla.

Eve fissava la città senza particolare interesse, con le mani teneva fermi i capelli mossi dal vento che si era improvvisamente alzato.

Era lì, a pochi centimetri da lui, eppure la sentiva distante.

Non credeva di provare una tale solitudine stando al fianco della persona che più amava.

«Dovrò partire per il servizio militare.» sbottò all'improvviso senza pensarci. Si appoggiò alla balaustra del terrazzo e chiuse per un secondo gli occhi prima di riprendere a parlare.

«L'arruolamento è previsto entro massimo tre anni, ma PDnim ci ha suggerito di partire tutti insieme e limitare i danni economici per l'inattività dei BTS.» Fissava le nubi scure correre rapide sopra la città e respirò a fondo l'aria umida e fredda «Forse cambieranno la legge oppure ci faranno fare il servizio ridotto di diciotto mesi, ma anche in caso di esonero siamo obbligati ad arruolarci per una questione di immagine e Jin-hyung dovrà partire entro dicembre del prossimo anno.»

Eve era rimasta in silenzio al suo fianco. Non aveva battuto ciglio né distolto lo sguardo dalla città che si stagliava davanti a loro fino a quando, senza dire una sola parola, si allontanò da lui per raggiungere la porta, ma Namjoon la fermò afferrandola da un polso pentendosi all'istante quando lei lo fulminò con lo sguardo.

«Dimmi-» deglutì a vuoto e cercò di mantenere una calma apparente «dimmi se mi hai almeno ascoltato.»

Il silenzio che calò era pesante come un macigno. Namjoon si diede mentalmente dell'idiota per averla fermata in quel modo, ma era riuscito ad ottenere per un secondo la sua attenzione.

«Buona partenza» la sentì rispondere atona e priva di qualsiasi emozione. Con uno strattone si liberò dalla presa e si allontanò fino a scomparire dietro la porta di sicurezza.

E Namjoon realizzò quello che fino a quel momento aveva negato a sé stesso: era realmente finita.

------- 💜 -------

EunJoo era seduta al tavolino insieme a Jimin ed Eve.

Dietro ad una colonna, Namjoon si sentiva al pari di uno stalker, un povero disperato costretto a spiare la donna che amava.

Il vociare della clientela era fastidiosamente alto e non riusciva a sentirli bene, ma aveva notato l'espressione distrutta di Eve.

Jimin la stava consolando, la teneva per mano e le massaggiava la schiena mentre EunJoo cercava di farle mangiare qualcosa, ma la ragazza non reagiva.

Sembrava svuotata, spenta, priva di ogni energia e lui voleva uscire allo scoperto, ma sapeva che se lo avesse fatto avrebbe solo peggiorato la situazione.

«Hai davvero lasciato lo Hyung?»

Eve fissava il piattino di fronte a sé. La panna montata sopra la fetta di torta si stava sciogliendo e lei sembrava più interessata al rapido deterioramento del dolce che alle parole di Jimin.

«Unnie, lo sai che stai dando Namjoon-ssi in pasto a quella stronza di MinHee?»

«EunJoo-ssi!»

«Cos'ho detto di male?» sbuffò incrociando le braccia al petto e tornò a fissare Eve «si è messa di mezzo dal primo giorno fino a quando è saltata addosso a Joon Oppa.»

«Aish! Accidenti a Jin hyung e alla sua lingua lunga!» imprecò Jimin passandosi le mani tra i capelli. Guardò di sottecchi Eve che continuava a fissare la panna ormai quasi del tutto sciolta.

Allungò la mano per prendere nuovamente la sua e stringerla forte «Ascoltami, Noona. Non voglio intromettermi tra voi due né intercedere a favore di Joon Hyung però non lasciarlo per colpa di MinHee.»

Con uno strattone, Eve si liberò dalla sua presa e fece per alzarsi, ma lui la fermò di nuovo.

«Lo ami?» chiese all'improvviso, ma lei rimase ferma senza dire una sola parola. Fissava inerme un punto indefinito del locale senza interesse.

A quella domanda, Namjoon trasalì.

Si sporse appena per sbirciare meglio la donna ancora ferma al tavolino quando, all'improvviso, la vide afferrare la borsa e giacca per dirigersi a grandi passi verso l'uscita della caffetteria.

Si portò una mano sul petto, gli mancava l'aria e in quel momento ringraziò la presenza della mascherina e berretto che gli celavano l'espressione stravolta del suo viso. Non voleva farsi vedere da lei in quello stato nel caso in cui lo avesse scoperto lì nascosto, ma fortunatamente Eve non si era accorta della sua presenza quando gli passò accanto, impegnata a scappare via dal locale.

La vide fermarsi oltre la vetrata, infilarsi la giacca e sistemarsi rapida i capelli raccogliendoli in una coda. Era lì immobile sul marciapiede, con lo sguardo fisso sulle proprie scarpe quando, all'improvviso, si asciugò gli occhi con le dita.

Stava piangendo e Namjoon voleva correre da lei, uscire allo scoperto e stringerla tra le sue braccia, ma Eve riprese a camminare e si mescolò insieme agli altri impiegati della Hybe pronti a riprendere il proprio lavoro.

Diede un pugno contro la colonna. Il dolore si irradiò rapido fino al polso, ma non era paragonabile a quello che lui stava provando.

Si sentiva un inetto, un uomo inutile, un cretino che aveva spezzato il cuore della propria ragazza.

Raggiunse la porta, la mano stretta attorno alla maniglia.

Alzò lo sguardo. Oltre il vetro, la vita scorreva veloce di fronte ai suoi occhi: impiegati di ogni età camminavano a passo spedito, giovani studenti cercavano riparo dalla pioggia infilandosi nei conbini o al primo fast food.

Tutti vivevano, ma lui si sentiva in pausa, completamente fermo.

Il cellulare vibrò. Lo sfilò dalla tasca e lesse il display: la sveglia impostata gli ricordava il suo prossimo impegno lavorativo.

Chiuse gli occhi e sospirò.

Aprì la porta e uscì dalla caffetteria, pronto a recarsi nel suo inferno.

------- 💜 -------

11 settembre 2021

Aveva appena riposto la bicicletta nel parcheggio interrato.

Si appoggiò al manubrio e alzò lo sguardo verso l'insegna verde posta vicino le scale di sicurezza.

L'omino bianco indicava una via di fuga, ma per Namjoon quella direzione rappresentava l'inferno.

La sera precedente sperava di instaurare un minimo di dialogo con Eve, rompere quel muro di silenzio, ma lei non gli aveva rivolto la parola e non aveva nemmeno aspettato che lui terminasse la cena che si era alzata e rifugiata nella propria stanza.

E fu così anche per la mattina successiva: si erano ignorati a vicenda.

Prese il cellulare, erano appena le tre del pomeriggio. Poteva trascorrere il resto della giornata in agenzia e attendere la sera per il collegamento su VLive, ma non aveva intenzione di chiudersi nel proprio studio.

Con ampie falcate, raggiunse l'ascensore e vi entrò.

Il display indicava i piani e più si avvicinava al decimo e più Namjoon scivolava nel baratro.

Non c'era stato il bisogno di altre parole per rimarcare che tra loro due si era aperta una profonda ferita, una voragine che li stava allontanando sempre di più.

E la consapevolezza che la loro storia era ormai finita, lo aveva svuotato del tutto.

Arrivato a casa e varcata la porta d'ingresso, si levò le scarpe e lanciò senza cura la borsa nel guardaroba.

Era stanco, aveva bisogno di una doccia, ma si fermò appena entrato in soggiorno: Eve era seduta al pianoforte, immobile.

Non stava suonando, né componendo musica o altro, ma fissava le proprie mani posate sulla tastiera.

Namjoon si sporse in avanti, incuriosito da quell'atteggiamento insolito.

Vide che le mani tremavano e lui si allarmò credendo che le stesse arrivando una delle sue crisi.

L'ansia gli opprimeva il petto e corse da lei afferrandola da una spalla, pronto a stringerla e calmarla, ma lo sguardo cadde sulla sua mano destra: era insanguinata.

«Ma cosa...?» Spaventato, notò in un secondo momento la tastiera sporca di sangue e una nuova goccia scarlatta uscì dalla ferita cadendo su un tasto.

Namjoon trasalì: Eve aveva suonato il pianoforte fino a farsi sanguinare le dita.

«Stai ferma qui e non muoverti» la fece sedere sul divano e corse in bagno a recuperare la cassetta del pronto soccorso per ritornare in soggiorno subito dopo.

Eve non reagiva e non disse nulla nemmeno quando Namjoon le si avvicinò per medicarla.

Le teneva salda la mano destra e lui si rilassò quando vide che si trattava di una piccola ferita ad un dito.

L'indice sanguinava ancora nonostante il taglio fosse di piccola entità e Namjoon la tamponò delicatamente con un dischetto di cotone imbevuto di disinfettante.

«Devi essere più cauta, rischi che si infetti.»

«È solo un graffio.»

Alzò lo sguardo incrociando quello gelido di lei. Rise appena. «Finalmente mi rivolgi la parola.»

Continuò a medicarla, le pulì il palmo della mano dalle tracce ematiche e strinse appena la mano nella sua.

«Non sto dicendo che dobbiamo parlare come prima, ma cerchiamo almeno di mantenere un rapporto civile» le fasciò il dito con un cerotto «Credo che possiamo scambiarci due parole quando ci passiamo l'acqua o il sale a tavola, non trovi?»

Eve abbassò appena il capo, lo sguardo rivolto verso la confezione di cerotti marcata BT21 e tornò ad osservarsi il dito: un tenero RJ con un palloncino rosso le rivolgeva un dolce sorriso.

Riposta la cassetta di primo soccorso, Namjoon tornò con un rotolo di carta e del disinfettante, si mise seduto sullo sgabello del pianoforte e cominciò a pulire i tasti sporchi di sangue.

Guardò le impronte rosse, su alcuni tasti le macchie erano più copiose e si chiese quanto fosse intenso il brano che Eve aveva suonato in sua assenza.

Rimosse l'ultima goccia, accarezzò un mi seguito da un fa e un sol.

Non era bravo a suonare il pianoforte, ma ricordava quelle poche lezioni di musica tenute al liceo.

Pigiò un tasto con il pollice e un altro con l'indice creando un suono armonico per poi riprodurre una terza nota ed altre ancora.

Non conosceva gli accordi né era in grado di suonare a due mani, ma sapeva leggere uno spartito e ormai conosceva a memoria la rivisitazione di Moonchild scritta da Eve.

Avrebbe voluto che fosse lei a suonarla e lui cantarla, ma ormai era troppo tardi e non sapeva nemmeno perché si trovasse lì seduto al pianoforte.

Continuò a pigiare i tasti, il ritmo era incerto e poco armonico, ma Namjoon non riusciva a fermarsi continuando così a suonare fino a quando non toccò una nota sbagliata.

Allontanò la mano dalla tastiera poggiandola sul proprio ginocchio e si voltò lentamente verso Eve che lo guardava con gli occhi lucidi.

Qualcosa si era forse mosso in lei, ma non voleva illudersi e frenò del tutto il suo istinto di abbracciarla.

Tra loro si era eretto un muro invisibile, una barriera che Eve non voleva venisse violata e lui aveva tacitamente acconsentito a quell'assurda situazione.

Abbassò il coperchio sulla tastiera e il rumore che ne seguì fece sobbalzare appena Eve.

«Questa sera torno in Hybe e non rientrerò per cena. Dovrò fare la live a mezzanotte» si alzò in piedi voltandosi verso di lei «te lo dico solo per non spaventarti nel caso dovessi svegliarti per errore rincasando.»

La vide annuire con capo, mordersi il labbro inferiore e lui cercò di reprimere l'istinto di fiondarsi su di lei e baciarla.

Con le mani infilate nelle tasche della felpa, strinse le dita a pugno fino a conficcare le unghie della carne e senza aggiungere altro si diresse verso il bagno, consapevole che avrebbe consumato le ultime lacrime rimaste sotto il getto della doccia.

------- 💜 -------

sera del 11 settembre 2021

«Tieni» Seokjin gli porgeva un bicchiere di caffè americano caldo «va meglio oggi?»

Namjoon scosse il capo e si portò la cannuccia alle labbra. Ne bevve un sorso e tornò a guardare l'amico.

«Non mi parla, sono un fantasma per lei» sospirò e posò il bicchiere sulla scrivania, accanto al supporto della telecamera «Ho provato di tutto, le ho accennato della leva militare, ho tentato di scambiare un paio di battute, ma mi considera al pari di un estraneo. Non sembra più la Eve che conosco.»

«Oppure questa è la sua vera natura» Seokjin si stravaccò sulla poltrona. Si guardò intorno, le statuette Kaws occupavano diverse mensole e i grandi quadri dell'artista Yun Hyong-keun completavano l'arredamento «Mi è sempre piaciuto il tuo Rkive, però manca qualcosa.»

Namjoon lo guardò, alzò un sopracciglio.

«Una fotografia di voi due» gli rivolse un sorrisino «tutta Hybe sa di voi due, tanto vale mettere in chiaro come stanno le cose e poi chi vuole che entri nel tuo studio?»

«Hyung, cerca di essere serio.»

«Sono sempre serio, io» il maggiore borbottò, scocciato. Si appoggiò con i gomiti sulle ginocchia e lo fissò negli occhi.

Di fronte a lui, Namjoon mordicchiava la cannuccia.

«Senti, posso capire il lato romantico, il mistero e la voglia di conoscersi a poco a poco, ma questa follia del gioco ti è sfuggita completamente di mano» gli strinse un ginocchio «Noona è estremamente riservata e tu tendi a tenerti dentro tutto e poi...aish, c'è pure quella stronza di MinHee che non ho capito cosa cazzo vuole da noi!»

«Non so cosa dire, hyung...»

«Oh, io sì invece» prese una sedia per posizionarsi di fronte l'amico e gli requisì il bicchiere per avere la sua totale attenzione «ho taciuto l'altro giorno per evitare uno scontro tra voi due, ma Yoongi non ha torto. Sei un pessimo fidanzato.»

«Grazie mille...»

«Ascoltami, Joon. Non voglio ricordarti di quanto successo.»

«Lo sai come sono andate realmente le cose» si alzò dalla poltrona girevole e camminò nervoso per lo studio.

Era ormai passata la mezzanotte e a breve avrebbe dovuto collegarsi sulla piattaforma Vlive per la diretta sul suo compleanno.

Fissò il talismano portafortuna appeso alla mensola, quello ricevuto in dono dall'ajumma del ristorante.

Lo sfiorò con un dito e lo vide muoversi appena «Ho fatto una cazzata, ho tradito la sua fiducia e lei mi ha lasciato.»

«Il vostro errore è stato quello di chiudervi in voi stessi» Seokjin si alzò dal divano, gli passò una mano sulla schiena «E tu che volevi attendere di partire per New York per dirle che l'ami. Questa sì che è una vera cazzata.»

«Hyung, non ricominciare...»

«Lo sanno tutti che sei cotto di lei fin dal primo giorno. State insieme da quanto, tre mesi?» Seokjin guardò il talismano che Namjoon aveva toccato poco prima.

Si abbandonò ad un profondo sospiro.

«Joon, è possibile che tu sia innamorato dell'idea che ti sei fatto di Eve? In fin dei conti, non sai nulla di lei.»

Il rapper strinse tra le dita il bicchiere di caffè. Fissò il liquido nero incresparsi.

«No», scosse la testa, il caffè si mosse con lui «amo lei.»

«Allora facciamolo noi un gioco» Seokjin si sedette insieme a lui sul divano «Prova a chiudere gli occhi e dimmi la prima cosa che ti viene in mente pensando a Noona.»

Seguì il consiglio dell'amico e li chiuse per un momento.

Pensò ai primi momenti della loro frequentazione, alle scuse più banali per instaurare un dialogo con lei e trascorrere del tempo insieme.

«I post-it» gli sfuggì una risata amara «quando eravamo solo amici ci scambiavamo dei bigliettini dentro i libri che ci prestavamo. Li scriviamo ancora oggi, lei attacca il suo sul frigorifero o sul tavolo, io sul comodino.»

«È una cosa molto romantica.»

Namjoon annuì, riprese a torturarsi le mani «li conserviamo in un vaso di vetro, sono tutti li.»

Sospirò, l'orologio di fronte a loro segnava già mezzanotte e cinque minuti. Era in ritardo per la diretta su Vlive e gli Army stavano intasando i vari social network in attesa della diretta, ma non voleva ancora collegarsi.

«Abbiamo interessi simili. Ha una propensione per l'arte, ama il pianoforte, i musei e una volta dipingeva» alzò lo sguardo su Seokjin che lo ascoltava con interesse «e ho scoperto che scrive molto bene...ho letto la sua tesi di laurea ed era bella...»

La voce divenne sempre più tremula, la gola gli si chiuse per un singulto.

Seokjin gli strinse una spalla «Joon, non fare così.»

«Non gliel'ho mai detto, ma sono curioso di vederla dipingere, immersa nel suo mondo...vorrei-» si strinse la punta del naso per soffocare il pianto.

Era distrutto sia fisicamente che emotivamente.

Seokjin lo accolse in un abbraccio, lo strinse così forte come se volesse assorbire completamente il suo dolore.

«E allora parlarle» gli suggerì dandogli delle leggere pacche sulla schiena «lasciati andare, Joon.»

«Non ci riesco» singhiozzò e si asciugò gli occhi col dorso di una mano «ho paura di rovinare tutto, di accelerare i tempi.»

Era inconsolabile. Seokjin si allungò per prendergli una bottiglietta d'acqua e Namjoon ne bevve metà in un unico sorso.

La gola era arsa, dolorante. Guardò Seokjin che fissava l'orologio: mezzanotte e mezza.

Doveva tornare al lavoro e fare quella maledetta live.

------- 💜 -------

notte del 12/09/2022

Le labbra erano stirate in un sorriso forzato.

Guardava le luci disposte sulla scrivania, ma più spostava la telecamera e impostava filtri, più aumentava la sua insoddisfazione.

Per la prima volta in vita sua aveva atteso il giorno del suo compleanno con impazienza non per l'odiosa live a cui era obbligato, ma per scoprire cosa avesse preparato Eve per lui.

Era tutto svanito come una bolla di sapone.

L'obiettivo era puntato sul suo viso, i filtri gli levigavano la pelle fino a nascondere la leggera ricrescita della barba mentre le labbra si curvavano in un sorriso falso e ben impostato.

Non voleva starsene lì seduto con una torta posata sulla poltrona pronta per essere decorata con candeline e poi riposta sulla scrivania in bella mostra per il pubblico.

Era ancora scosso per quanto accaduto prima.

Seokjin lo aveva aiutato ad aprire gli occhi, a scavare dentro di sé ed erano bastate poche parole per realizzare quanti errori aveva commesso insieme a Eve.

Parlare. Si erano ripromessi di parlarsi, confidarsi e per un breve periodo Eve era propensa al dialogo, ma qualcosa l'aveva spinta a chiudersi a riccio.

«Scusate se non mi avvicino troppo, ma non mi sono rasato in questi giorni e si vedono i baffi»

La chat scorreva impazzita come al solito.

Migliaia di cuori digitati da ogni parte del mondo, messaggi uguali costellati da "I love you!", "saranghe, Oppa!" e altre dediche d'amore melense.

Si afferrò le ginocchia con entrambe le mani fino a conficcarsi le unghie nella carne.

Gli piaceva ricevere frasi d'amore, messaggi di conforto e affetto, ma avrebbe voluto riceverli da Eve e non da nickname sconosciuti provenienti da ogni angolo del pianeta.

«Happy BDay, Mr. President!»
«Let me touch your dimples!»

«JoonieDay! Sii felice!»

Sorrise appena, parlò del più e del meno per riempire quei trenta minuti di live.

Odiava da sempre festeggiare il suo compleanno, lo considerava una giornata inutile e che non era nulla di speciale, ma da quando stava con Eve ogni cosa attorno a lui aveva cambiato forma.

Aveva organizzato una festa per Eve a luglio nei minimi particolari, cercato quello che per lui era il "regalo perfetto" e da settimane fremeva di festeggiare il proprio.

Era la prima volta che aspettava con impazienza il dodici settembre, curioso di scoprire cosa avesse preparato Eve per lui.

E quel giorno era giunto.

Si trovava come sempre nel suo Rkive, da solo, a parlare di fronte a una telecamera e intrattenere milioni di sconosciuti.

A fargli compagnia, una scatola bianca con all'interno la sua torta di compleanno, anch'essa bianca.

Aprì la confezione, lesse la scritta "I believe in your Galaxy, RM" che spiccava sullo strato di crema. Si sentì morire dentro.

La frase estrapolata dalla sua strofa di Magic Shop aveva assunto un altro sapore. Pensò a Eve, a tutte le volte che l'aveva sorpresa ad osservare il cielo notturno persa nei suoi pensieri.

Uno scenario che non avrebbe più visto.

«La torta ha delle candeline, ce ne sono tre...»

Tre. Come la durata della sua relazione con Eve «Significa che...tra poco avrò trent'anni» concluse trattenendo a fatica un magone.

Prese la torta appoggiata sul bracciolo della poltrona e fu solo per un miracolo se non gli scivolò dalle mani.

Guardò per qualche secondo le candeline prima di girare su sé stesso. Le fiamme danzavano lente e lui si mosse piano, ma quando terminò il giro con la poltrona e vide che si erano spente, qualcosa dentro di lui si ruppe.

La chat era impazzita ed era presente una mole smisurata di risate, commenti ironici e divertenti, ma Namjoon dovette trattenere le lacrime e si sforzò si sorridere alla telecamera.

«Si sono spente perché ho girato troppo forte, ma il mio desiderio...spero sempre nella salute e nella felicità dei BTS e degli ARMY. Spero sappiate cosa provo»

Cazzate. Stava raccontando un sacco di stronzate per intrattenere il pubblico e il sorriso che mostrava di fronte la telecamera era così finto che anche un cieco se ne sarebbe accorto, ma i fan erano troppo concentrati a scrivere migliaia di cuori viola accompagnati da varie bandierine e dichiarazioni d'amore.

La live proseguì senza intoppi.

Mostrò la nuova mountain-bike che Seokjin gli aveva regalato e rise di gusto quando il suo hyung scrisse in diretta su Weverse che si era limitato solo a montargli il cestino e non l'intera bicicletta.

Con lo sguardo indugiò sul bigliettino che aveva trovato legato al manubrio.

"Il cesto è per la borsa di tua moglie, per il resto pensaci tu!" riportava la scritta di Seokjin e Namjoon per un secondo aveva sognato ad occhi aperti.

Avrebbe montato, nei giorni a seguire, un supporto per portare con sé Eve e pedalare insieme lungo il fiume Han dopo il lavoro.

Moglie. Il solito burlone.

Solitamente avrebbe riso alla battuta del suo hyung, ma quella situazione lo aveva gettato nello sconforto.

Di sistemò il cappuccio della felpa sul capo e colse l'occasione per guardare l'orologio al suo polso: era quasi l'una.

Altri dieci minuti e avrebbe posto la parola fine a quella tortura mediatica.

------- 💜 -------

Si era chiuso la porta del suo Rkive alle spalle: era stata la live più lunga della sua vita.

Sfibrato ed emotivamente distrutto, Namjoon afferrò la bicicletta regalata da Seokjin e levò il freno per portarla con sé, ma una figura fin troppo famigliare gli si palesò di fronte.

«Buon compleanno, Oppa!»

MinHee.

Era bellissima e allegra, un enorme sorriso raggiante le curvava le labbra piene e truccate di un leggero rosa e i capelli lunghi ricadevano morbidi su un seno fin troppo esposto e insolitamente più pieno del solito.

«Grazie» si limitò a rispondere Namjoon posando la propria attenzione sulla bicicletta.

Era la prima volta che la rivedeva da quel pomeriggio, da quando lei lo baciò nello studio.

«Ho visto che eri in diretta su Vlive dal tuo studio e sono passata per darti un pensierino» cinguettò allegra.

Aprì la borsa e recuperò una piccola scatola di plastica trasparente con al suo interno un muffin con diverse decorazioni in pasta di zucchero.

Il nastro verde della confezione riportava il nome della catena Paris Baguette, ma quello che aveva colpito Namjoon era il tema marino del dolce.

Il top era ricco di zuccherini a forma di conchiglie, ma lo sguardo di lui era fisso sul piccolo granchio posto vicino a una candelina azzurra.

Pensò a Eve, la sua Little Crab.

«Perché...» la gola gli si seccò all'improvviso «perché hai quel muffin?»

«Oh, ero con una collega e ho visto questi dolcetti. Ti piacciono i granchi, ho pensato subito a te» MinHee gli tendeva il braccio, la scatolina rifletteva le luci dei faretti led «È al pistacchio, il tuo preferito.»

Namjoon rimase in silenzio. Osservava il granchio di zucchero: era grazioso, una deliziosa versione kawaii con le guance rosse e un buffo sorriso.

Per quanto amasse i muffin, la visione di quel dolce gli faceva ribaltare lo stomaco.

«Ti ringrazio, ma sono a dieta» aumentò la stretta al manubrio e mosse un passo verso l'ascensore, ma MinHee lo trattenne dalla manica della felpa.

«Accettalo come segno di pace» gli sorrise e mise il pacchetto nel cestino della bicicletta, accanto alla borsa del ragazzo «se vuoi potresti venire da me e mangiarlo. Ne ho altri a casa mia.»

Con fare lascivo, MinHee giocò con un laccio della felpa di lui, lo arrotolò più volte al dito e in quel gesto Namjoon vide il tic nervoso di Eve.

«Jagi...» sussurrò tra sé e il boato di un tuono riecheggiò nel corridoio.

Ne aveva abbastanza di tutto e tutti.

Della Hybe, di MinHee, di quella situazione di merda.

Con un gesto brusco, Namjoon allontanò la ragazza da lui e cominciò a sistemarsi il berretto e mascherina.

«Stammi lontano» si tirò su il cappuccio della felpa e senza aggiungere altro raggiunse l'ascensore alla volta dei sotterranei, sordo ai lamenti di MinHee alle sue spalle.

------- 💜 -------

L'aria era mostruosamente umida e le ultime giornate di pioggia avevano solo peggiorato la situazione.

Namjoon pedalava lungo la ciclabile che lo conduceva verso casa, la mascherina abbassata sotto il mento per respirare meglio: era tutta sera che si sentiva soffocare.

Non vedeva l'ora di tornare a casa, ma allo stesso tempo quel luogo che per lui rappresentava un rifugio sicuro si era trasformato in un vero inferno.

Non c'era più Eve ad accoglierlo sorridente, pronta ad abbracciarlo, ma solo un assordante silenzio.

Al suo fianco, il fiume Han scorreva limpido. Le luci della città si riflettevano sull'acqua e Namjoon le fissò a lungo.

Viola, azzurro, rosso, giallo. I colori erano brillanti di fronte ai suoi occhi, ma in quelle luci lui vide solo il ricordo della sua prima fuga notturna insieme ad Eve.

In lontananza, il ponte Banpo era spento, totalmente al buio, come il suo animo.

Era da solo insieme alla bicicletta appena ricevuta in dono da Seokjin e con il muffin di MinHee, ancora riposto nel cestino.

Chiuse gli occhi pensando agli ultimi avvenimenti, a Eve emotivamente spenta proprio come il ponte.

Per un insolito motivo, gli venne in mente lo snack al caramello salato che aveva comprato solo dieci giorni prima alla caffetteria di EunJoo, quando aveva ritrovato il certificato di matrimonio nascosto tra le pagine della tesi.

Sbarrò gli occhi e per un soffio non perse l'equilibrio.

«Sto seguendo un corso. Inizialmente volevo chiedere a Unnie di darmi lezioni, ma temevo di farvi arrabbiare.»
«Eve è professionale, è perfettamente in grado di separare la vita privata da quella lavorativa. Ti avrebbe aiutato più che volentieri.»

«A casa vostra? Non credo che tu avresti gradito la mia presenza. Ti ho causato fin troppi problemi.»

Casa vostra. Nessuno, ad esclusione dei ragazzi, SiHyuk e Sejin era a conoscenza della sua convivenza con Eve.

Un carosello di varie immagini scorse nella sua mente: il primo avvicinamento alla sala break quando MinHee gli strinse la mano, l'irruzione nello studio subito dopo il fine settimana a Jeju, i vari messaggi, fotografie fino al bacio nel Rkive.

Ed infine tutte le frecciatine e i pettegolezzi in Hybe di dubbio gusto rivolti contro Eve.

«Maledetta stronza!» ringhiò e si colpì la coscia con un pugno.

Un idiota. Era stato raggirato fin dal primo giorno.

Erano troppe le coincidenze per attribuirle alla casualità, al destino. MinHee sapeva di loro fin dal primo giorno e aveva cercato in modo subdolo di seminare discordia nella coppia.

Colpì di nuovo la gamba. Il dolore che si irradiava lungo la coscia era nulla confronto al peso che gli opprimeva il petto.

Gli era sorto da tempo io sospetto che la sua ex volesse entrare nelle sue grazie per motivi ancora ignoti, ma mai avrebbe immaginato che per farlo avrebbe colpito Eve, il suo vero punto debole: l'aveva ferita, umiliata a lungo ed infine distrutta con quel dannato bacio nello studio.

Lo sguardo gli cadde di nuovo sul cestino della bicicletta.

Prese la confezione, guardò il dolce e con un gesto brusco lo gettò nella pattumiera lì accanto.

MinHee era riuscita nel suo intento e lui aveva perso Eve.

«Perdonami, amore.»

Gli mancava tremendamente e non gli importava più nulla che lei lo avesse lasciato: gli bastava vederla e assicurarsi che stesse bene per sentirsi sereno.

Una goccia d'acqua gli bagnò il dorso della mano, stretta attorno al manubrio.

La guardò bagnare la pelle, scivolare via e non capiva se quella goccia fosse una delle lacrime che gli rigavano il viso o la pioggia che stava riprendendo a cadere.

Un tuono lo fece ridestare, il vento freddo si era alzato infiltrandosi sotto i suoi vestiti.

Tolse il freno della bicicletta e corse lungo la ciclabile a velocità sostenuta.

Doveva tornare da lei, dalla sua libellula.

------- 💜 -------

Appena varcata la porta di casa, venne accolto dal silenzio e dal buio.

Ad illuminare il soggiorno vi era solo la televisione accesa.

Eve si era addormentata sul divano.

Rannicchiata sul lato, il braccio destro era teso a penzoloni verso il pavimento.

Namjoon raccolse il cellulare e il telecomando scivolati a terra e spense il televisore sintonizzato su un talk show con il volume disattivato.

Erano quasi le due di notte, il temporale imperversava sulla città e le gocce di pioggia colpivano con violenza l'ampia vetrata del soggiorno.

Un tuono fece tremare le pareti e il fulmine che ne seguì illuminò l'appartamento per una frazione di secondo per farlo ripiombare nel buio.

Eve si mosse appena, infastidita dal rumore del temporale.

Namjoon accese la lampada e prese il plaid posato sull'isola del divano.

Si piegò per coprirle le spalle, per non farle prendere freddo e fu in quel momento che si accorse della traccia di lacrime, ormai asciutte, che le avevano rigato le guance.

All'improvviso, lo sguardo cadde sul cellulare appena raccolto da terra: era sbloccato e l'applicazione VLive riportava l'immagine della sua diretta dedicata al proprio compleanno.

Eve lo aveva guardato e pianto fino ad addormentarsi e lui perse la pazienza: non le avrebbe permesso di dormire sul divano, da sola e soprattutto lontano da lui.

Fece scivolare le braccia sotto le ginocchia e dietro le spalle cercando di non far troppo rumore, e la sollevò per stringerla al petto e portarla a letto.

Un secondo boato, più potente del primo, squarciò il cielo ed Eve aprì gli occhi.

Confusa, alzò lo sguardo e incontrò quello scuro e profondo di Namjoon.

«Cos'è stato?»

«Il temporale» rispose lui con voce bassa e roca. Aumentò la stretta per tenerla salda a sé e percorse con ampi passi il corridoio che portava alle camere.

«So camminare da sola» la sentì muoversi tra le sue braccia per svincolarsi «non ho bisogno di essere accompagnata nella mia-»

«Non esiste tua o mia» sbottò e con una spallata aprì la porta della propria camera da letto per chiuderla con un piccolo calcio «C'è solo la nostra e voglio che tu torni a dormire con me.»

Allentò la presa per permetterle di posare i piedi a terra «E non hai bisogno di cercare un altro posto dove vivere. Questa è casa tua.» concluse.

Immaginava già di ricevere uno spintone o uno schiaffo in pieno viso, ma la vide allontanarsi da lui per raggiungere il comodino dal lato destro del letto.

Gli stava volutamente dando le spalle.

«Non c'è più un noi...» sospirò Eve.

Alzò il capo. La sua attenzione fu catturata dall'elastico azzurro di Koya appoggiato vicino la lampada, lo stesso che il ragazzo ogni sera stringeva tra le mani per sentirla vicina a sé e quando lo prese per rigirarlo tra le dita, Namjoon notò che le sue spalle cominciarono a tremare.

Stava piangendo in silenzio e lui decise di porre fine a quella situazione che stava lentamente trascinando entrambi nel baratro.

Le si avvicinò con due soli passi, la strinse da dietro e posò il mento su una sua spalla.

«Invece sì, siamo ancora un noi» quella frase abbandonò le sue labbra come una supplica e Namjoon le asciugò le lacrime con le dita «Siamo un noi

Si sedettero sul letto, il suo braccio le cingeva la vita.

Eve continuava a ignorarlo nonostante le lacrime non smettevano di rigarle il volto. Si portò la mano con la quale teneva l'elastico di Koya alla bocca e cercò di soffocare inutilmente un singhiozzo. Namjoon provò una fitta al petto nel vederla in quelle condizioni.

«Non lasciarmi» le prese l'elastico per appoggiarlo sul letto e cercò di stringere la sua mano «Sono stato un perfetto idiota, un coglione, puoi insultarmi come preferisci, ma ciò non cambia quello che provo per te» si passò la lingua sull'interno della guancia e cercò di osservare Eve che, a quel contatto, tornò a fissare il pavimento.

«Non c'è più nulla tra noi, non mi interessa quello che fai.»

«Se non vuoi più saperne di me, perché mi stavi guardando su Vlive?»

La vide mordersi il labbro e voltarsi appena dalla parte opposta. Le prese delicatamente il mento per farla girare verso di lui, con il pollice le accarezzò la guancia.

«Non voglio perderti, Jagi.»

Eve fissò il pavimento, con le dita si torturava un povero ricciolo.

«Sono stanca, vado a dormire» si alzò dal letto per raggiungere la porta e rintanarsi nella stanza degli ospiti, ma venne trattenuta per un polso.

«Ascoltami, ti prego» Namjoon fece appello a tutte le sue forze per non cedere. Strinse appena le dita attorno all'esile braccio consapevole che, una volta uscita da quella stanza, l'avrebbe sicuramente persa per sempre «Non ho mai pensato di tradirti con un'altra donna.»

«Ne abbiamo già parlato, è una questione di-»

«Fiducia? Lo so perfettamente, ma mettiti nei miei panni. Come credi mi sia sentito quando ho trovato quel certificato? Pensavo tu fossi sposata con Baek e sono impazzito» le prese il volto tra i palmi delle mani per obbligarla ad alzare il capo «Sono davvero stanco di tutte queste bugie o mezze verità. Abbiamo sbagliato entrambi. Non facciamo altro che mentirci a vicenda per proteggerci, ma alla fine ci facciamo solo del male.»

Eve soffocò un singulto. Si portò la mano libera alla bocca e Namjoon la fece sedere di nuovo sul letto.

«Vorrei che tu mi parlassi apertamente, che ti appoggiassi a me per qualsiasi cosa, che ti lasciassi andare» le diede un leggero bacio sulla fronte e gli mancò per un attimo il respiro quando riuscì ad abbracciarla.

Eve tremava, le labbra serrate per soffocare il pianto.

Erano entrambi distrutti sia psicologicamente che fisicamente.

E lui era giunto al limite.

«Non sei l'unica a vivere un inferno...» la osservò a lungo e si specchiò in quegli occhi lucidi di lacrime. Chiuse i suoi e prese un profondo respiro.

«Ho picchiato Yoongi e litigato con PDnim. Sto mettendo in gioco la mia intera carriera e rischiando quella dei ragazzi. Tutto questo solo e unicamente per te» esausto, posò la fronte su quella di lei «Possibile che non capisci quanto tu sia importante?»

Le accarezzò la guancia con il pollice. Eve lo guardava in silenzio, le sfuggì una lacrima che lui le asciugò con le dita.

«Io-» le tremò la voce. Incapace di proseguire, si aggrappò alla felpa del ragazzo che continuava ad accarezzarla.

Namjoon si avvicinò al suo volto sfiorandole la punta del naso col proprio. Il respiro caldo di Eve si infranse sulla pelle e lui la guardò ancora una volta negli occhi.

«Ti amo» sussurrò e azzerò la distanza tra loro baciandola sulle labbra.

Il cuore martellava prepotente nel suo petto così come l'ansia che prese il sopravvento quando la vide allontanarsi da lui. Gli si strinse la gola e sentì un nodo allo stomaco. Si era dichiarato, ma era troppo tardi.

«Dillo ancora.»

La voce incrinata di Eve lo fece tremare Lo stava fissando con gli occhi pieni di lacrime e perse un battito quando lo prese dal colletto della felpa per tenerlo più vicino a sé.

«Ti prego Joonie...dillo ancora.»

«Eve, amore» le passò una mano tra i capelli «Amo te, solo e unicamente te.»

«Allora...» singhiozzò aggrappata al tessuto senza smettere di fissarlo «non permettere a nessun'altra donna di toccarti...»

«E io non voglio che parli ancora di Yoongi» ingoiò un magone incastrato in gola «non voglio che pensi ad un altro uomo.»

Con le mani premute sul suo viso, la baciò così intensamente da spezzarle il fiato.

«Ci sei solo tu» ansimò Eve sulle sue labbra e si lasciò completamente travolgere dalla passione.

Sdraiati sul letto, Namjoon sospirò al tocco della sua pelle morbida e calda, prigioniero di quella bocca che da troppo tempo non assaporava.

Le accarezzò la schiena da sotto la maglietta sentendola tremare, gli sfuggì un gemito quando Eve gli cinse il collo con le braccia e approfondire il bacio.

«Ti amo» soffiò Namjoon lambendole l'incavo del collo e credette di toccare il cielo con un dito quando la sentì ripetere tra gli ansimi quel "dillo ancora".

Si spogliarono dei propri indumenti, con le mani che accarezzavano ogni centimetro della loro pelle nuda e il desiderio di amarsi aumentare sempre più.

Namjoon si sciolse nello sguardo carico d'amore che Eve gli rivolse quando entrò in lei.

Sorrisero tra un bacio e l'altro, respirarono i propri gemiti ad ogni spinta e carezza e lui temette che il cuore potesse esplodere da un momento all'altro per l'intensa gioia.

Non ricordava quanto fosse meraviglioso fare l'amore con lei, consumarsi fino allo stremo.

Gli era mancata come l'ossigeno.

Seduto sul letto e con Eve sul suo grembo, la avvolse del tutto con le proprie braccia.

Le accarezzò la schiena, le gambe strette attorno alla propria vita e la fissò negli occhi perdendosi di nuovo in lei.

Era così diversa, fragile e in quelle iridi vide un profondo vortice di emozioni e la osservò a lungo mentre lei si lasciava trasportare dall'orgasmo che la fece tremare.

Artigliata alle spalle, Eve si abbandonò del tutto e il suo gemito fu catturato dalle labbra di Namjoon che la baciò con estrema dolcezza.

Erano di nuovo persi l'uno nell'altra, isolati dal mondo circostante e quando anche lui raggiunse il culmine, rimasero abbracciati a lungo.

Con il naso tuffato tra i lunghi capelli scompigliati sul cuscino, Namjoon respirò a pieni polmoni il suo profumo e aumentò la stretta delle braccia per paura di vederla fuggire via.

«Mi sei mancata» sussurrò appena.

«Anche tu, Yeobo.»

Sdraiato su di lei, le tempestava il collo con leggeri baci. Non aveva mai provato una felicità così intensa e averle confessato apertamente il proprio amore lo aveva alleggerito di un peso enorme.

Era incredulo al punto da pensare che quello fosse solo un bellissimo sogno dal quale si sarebbe presto svegliato, ma la sua ragazza era lì, che lo stringeva a sé.

«Amore mio» la voce di Eve era bassa, un sussurro e quando lui alzò il capo, si perse in quelle pozze chiari cariche di dolcezza «Scusami.»

Ancora frastornato, la guardò a lungo negli occhi senza smettere di accarezzarle i capelli «Sono io a dovermi scusare con te, Jagi.»

Sorrise appena quando Eve si avvicinò alla ricerca di un bacio.

«Sono il solito guastafeste, ho rovinato tutto» si mordicchiò il labbro inferiore, leggermente sconsolato «volevo portarti sull'Empire e dichiararmi.»

«Sull'Empire? A New York?»

Namjoon annuì «sarà pure un cliché, ma volevo mettere a nudo i miei sentimenti lì, con la Grande Mela ai nostri piedi e regalarti un meraviglioso panorama notturno.»

A quelle parole, Eve si mise a ridere.

«Ho detto qualcosa di male?»

«No, amore» gli rubò un bacio leggero «Dovresti scegliere un altro luogo, è molto gettonato come la Namsan Tower o la Tour Eiffel.»

«Dici?» chiese e la vide annuire.

«Beh, il mio ex mi ha chiesto di sposarlo sull'Empire. Non era stato originale come Oppa.»

Eve giocherellò con un suo ricciolo. Si umettò appena le labbra e fissò un punto indefinito della camera da letto.

«A proposito del matrimonio...» mormorò, nervosa «Eravamo a Tokyo quando Baek mi chiese di sposarlo.»

Namjoon strinse la presa sulle sue spalle e la guardò, stupito.

Eve gli solleticava il petto con le dita e sorrideva appena «Abbiamo avuto dei problemi, non ce la siamo sentita di compiere quel passo. Tempo dopo mi ha presentato quello che in teoria sarebbe diventato mio marito, ma sai già come è andata a finire.»

Namjoon annuì, le baciò il capo.

«Quel modulo lo hai ugualmente compilato. Perché non lo avete fatto validare?»

Eve alzò il capo, gli sorrise appena «Come posso sposare un uomo quando penso ad un altro?»

A quella confessione, Namjoon credette di vivere un sogno. Si diede un morso all'interno della guancia, ma il dolore era intenso e si propagò rapidamente.

Sentì un calore leggero sulla guancia, Eve lo stava accarezzando e si era soffermata sulle labbra.

«Jagi, a chi pensavi?»

«A te» confessò guardandolo dritto negli occhi «Ci sei sempre stato tu nei miei pensieri anche se lo negavo a me stessa.»

Rimase senza parole. Eve si era stretta a lui e gli rivolgeva un sorriso imbarazzato.

«Jagi io-» venne zittito da un leggero bacio.

«Non aggiungere altro, ho perso anche dei soldi per colpa tua.»

Spiazzato da quella risposta fuori luogo, la vide nascondere di nuovo il viso contro il suo petto.

Non riusciva a non ridere di fronte a quel lato così buffo e tenero di Eve.

«Potevi tenerlo o venderlo» rise, le scostò i capelli dal volto e le prese la mano intrecciando tra loro le dita.

«Oh, non era nulla di così eclatante.»

Namjoon la osservò incuriosito.

«Era una nuvola di tulle e lustrini. Faceva schifo» si lasciò andare ad una risata liberatoria «era senza spalline, tutto aderente a sirena fino a metà coscia per poi aprirsi in un trionfo di balze di tulle. Ovviamente avevo lo strascico e il velo su ordine di mia suocera. Ci teneva a regalarmelo e quindi ho seguito tutte le sue direttive.»

Era la prima volta che gli parlava apertamente di quel capitolo della sua vita.

Eve si morse appena il labbro, guardò il soffitto per riprendere il fiato e continuò a stringere la mano di lui «Era osceno. Quando l'ho distrutto mi sono sentita libera.»

Namjoon le baciò il dorso della mano «Secondo me saresti stata benissimo e poi non è importante l'abito.»

«Ne sei proprio sicuro?»

«Sì», rispose serio e la fissò dritto negli occhi «Io ti sposerei anche in tuta.»

Le guance di Eve divennero rosse. Namjoon sorrise nel vederla nascondersi sotto il lenzuolo «Jagi...non ti sto chiedendo di sposarmi, almeno per ora.»

«Idiota!» la voce gli giunse soffocata.

Divertito, agganciò il tessuto con un dito e lo abbassò per scoprirle il volto.

Amava vederla imbronciata, con le guance e labbra rosse e i capelli spettinati.

Le diede un bacio e sospirò. Si rigirò nel letto, il volto di Eve a poca distanza dal suo.

Gli era mancava quella loro intimità, il guardarsi per minuti interi senza scambiarsi una parola e ascoltare i propri respiri.

«Avevi ragione, Jagi. Lo ha fatto apposta.»

Namjoon si morse il labbro e digrignò i denti. Era arrabbiato, deluso da sé stesso e la paura di essere lasciato da lei albergava ancora nel suo petto.

«MinHee. Non so come, ma sicuramente sapeva dell'appuntamento con voi nello studio.»

Eve sospirò, gli baciò la guancia e affondò le dita tra i capelli corti «non pensarci più.»

«Come faccio? Per colpa della mia stupidità ho rischiato di perderti» respirò a fondo per calmarsi, senza successo «Ti amo da morire, non sai quanto.»

«Anche se non conosci il mio passato ed Eve tecnicamente non esiste?»

A quella frase, Namjoon rise mettendo in evidenza le sue fossette. L'ansia che gli stava scavando il petto si era volatilizzata del tutto.

«Sono follemente innamorato di te a prescindere dal tuo nome e origini» rotolò sopra di lei cominciando a tempestarla di baci sul collo, sulle guance, sulle labbra «ti amo e non voglio più perderti.»

«Non mi hai persa. Sono qui con te.»

«Aish! Sono stato ugualmente un perfetto coglione» nascose il volto tra i suoi seni, la sentì tremare appena «Ho promesso di non lasciarti da sola e alla prima difficoltà sono fuggito via come un codardo. Mi hai chiesto di fidarmi di te e stare attento a quella stronza e invece sono cascato nella sua trappola come un demente.»

Prese un profondo respiro e la guardò negli occhi «sono un pessimo fidanzato. Avrei potuto parlarti quella stessa sera senza causare tutto questo casino, ma ho fatto di testa mia.»

«Anch'io ho sbagliato a non raccontarti fin dall'inizio del certificato o di quello che è successo con Yoongi.»

«Non addossarti colpe che non hai. È successo prima della nostra storia e-» fu zittito dall'indice di Eve premuto sulle labbra.

«Basta così, amore» gli sorrise e tornò ad accarezzargli i capelli.

Namjoon tornò a posare il capo sul petto, a bearsi del calore e profumo del suo corpo. Con gli occhi chiusi, ascoltò il battito del cuore di Eve.

Era regolare, confortante, un rumore che lo rilassava.

Odiava il contatto fisico con le altre persone, ma in quei mesi si era reso conto di essere totalmente dipendente da lei. Non riusciva a starle lontano, a non abbracciarla, accarezzarla.

Si alzò appena per posare il capo sul cuscino e tornare a rimirarla.

Amava tutto di lei.

Con una mano le accarezzò il viso, scese lentamente verso il collo, la spalla e con un dito le sfiorò la cicatrice che spiccava sulla pelle chiara.

«Mi è piaciuta fin dal primo momento» sorrise appena mettendo in evidenza le fossette.

«Lo so» Eve gli rivolse uno sguardo dolce «e io adoro questa piccola linea» gli sfiorò il solco in mezzo al labbro inferiore.

Namjoon le baciò le dita ancora premute sulla bocca.

«Sono belle anche queste altre cicatrici» continuò lui accarezzandole il fianco e la coscia sinistra «sono così piccole che ho fatto fatica a vederle.»

Eve rise. Il viso era nascosto per metà dai capelli sciolti e le guance erano ancora arrossate.

Si allungò verso di lei per baciarla, succhiare e leccare appena il labbro superiore prima di far scivolare la lingua nella sua bocca.

Era frastornato dalla felicità che provava in quel momento.

Cercò la sua mano per stringerla, intrecciarvi le dita e sospirò quando Eve gli accarezzò il capo con quella libera.

«E prima che tu aggiunga altro, sappi che amo tutto di te, da come arricci il naso quando ridi fino alle tue sfuriate che imprechi mescolando le lingue» col pollice le accarezzò il dorso della mano ancora stretta nella sua «mi piaci anche quando guidi perché sei dannatamente sexy e ti osserverei per ore intere senza mai stancarmi.»

Le guance di Eve avvamparono e divennero rosse «Anche tu lo sei, ma sembri non accorgertene.»

«Cosa?»

«Sei sexy» gli accarezzò appena la guancia «quando ridi di lato e ti mordi il labbro inferiore, la tua goffaggine, il modo in cui spalanchi la bocca perché sei sorpreso per qualcosa e poi la ruga che ti si forma qui sul mento quando sei concentrato o arrabbiato.»

«Non sono così attraente.»

«Per me sì» nascose il volto contro il cuscino per celare l'imbarazzo.

Namjoon rise, con la mano le scostò i capelli di lato.

«Jagi...»

Eve riemerse dal suo rifugio temporaneo e Namjoon ne approfittò per baciarle la fronte e scendere verso le guance e le labbra.

«Ti amo» sussurrò e quando la vide sorridere e avvicinarsi per baciarlo toccò il cielo con un dito.

Era finalmente felice.


Angolo Autrice

Finalmente sono arrivata alla fine di questa lunghissima fase.

Ammetto che, diversamente da quanto immaginato, il capitolo 45 è stato uno dei più difficili in assoluto da scrivere.
Il personaggio di Eve è complicato, intenso e mi sfugge letteralmente dalle dita e anche Namjoon non scherza.
Questi due testoni dovevano scontrarsi, confrontarsi e soprattutto instaurare un vero dialogo senza omissioni varie.
Namjoon prende coscienza di quanto sta accadendo attorno a lui a causa di MinHee, si confessa e si leva tutte le sue inutili paranoie mentre Eve, dopo ben 40 e passa capitoli, comincia ad aprirsi lentamente.

E con questo, spero di poter respirare un attimo e riprendere la scrittura dell'altro tiolo.

A presto!
Borahae😊 💜

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top