43 - What I am to you

Capitolo 43

7 settembre 2021

Lo aveva trovato vicino alla Hyundai turchese in ginocchio che piangeva disperato con la testa tra le mani.

Hoseok lo prese dalle spalle facendolo alzare e si ritrovò l'amico tra le braccia, completamente distrutto: Namjoon era inconsolabile, devastato al punto da non reggersi in piedi.

Ancora scosso per quanto visto nello studio, Hoseok lo trascinò nella propria auto e avviò il motore senza proferire parola alcuna.

Eve era scappata via e Namjoon aveva tentato di fermarla in ogni modo creando scompiglio nell'azienda.

Con le mani strette al volante, il rapper lo guardava fissare con occhi vacui la città che scorreva veloce dal finestrino.

«Hai idea di dove sia andata?» provò a chiedere, ma lui si limitò a scuotere il capo.

«Ti porto a casa?»

«Non lo so» la voce gli uscì bassa e rauca, un singhiozzo lo fece sussultare «non so più nulla, hyung.»

Hoseok immise la freccia per svoltare verso Hannam e controllare ogni singola strada sperando di trovare la ragazza.

«Joon...» picchiettò nervoso il dito sul volante e rallentò in prossimità di un incrocio «cosa stavi facendo con quella bastarda?»

Namjoon continuò a fissare fuori dal finestrino, chiuso nel suo mutismo. Non voleva pensare a quanto accaduto nel Rkive e soprattutto non voleva ricordare quello sguardo vuoto di Eve.

«Sei consapevole che potrebbe lasciarti, vero?»

«Sono stato un coglione, hyung» mormorò con voce spezzata «si è presentata nel mio studio per sapere come stessi, ma poi me la sono ritrovata addosso senza accorgermene.»

«Spero tu non racconterai una simile cazzata ad Eve che ti stacca la testa a mani nude.»

«Ma è la verità!» urlò nervoso «ho preso un'aspirina, mi sono addormentato e me la sono vista nello studio. Non so cosa diamine sia successo dopo, ero in dormiveglia e lei mi è saltata addosso.»

Hoseok assottigliò le labbra e scosse la testa in segno di disapprovazione e tornò a concentrarsi sulla guida.

La Porsche sfrecciava per le strade di Hannam rallentando ogni volta che il rapper avvistava una donna passeggiare da sola sul marciapiede, ma dopo quasi un'ora di giri a vuoto, la speranza di trovare Eve svanì del tutto.

Il sole era calato da un bel pezzo e il quartiere, per quanto fosse illuminato dalle insegne e dai lampioni, era lentamente scivolato nel buio della sera rendendo più difficoltose le ricerche.

Spazientito, svoltò verso il complesso residenziale The Hill raggiungendo in pochi minuti il parcheggio e nella penombra del piano interrato, Hoseok riuscì a vedere una lacrima che rigava il viso dell'amico.

«È inutile piangere ora. Ti ho dato un consiglio e non l'hai seguito» gli slacciò la cintura di sicurezza e si allungò per aprirgli la portiera «ascoltami almeno per ora. Vai a casa e fatti una doccia. Devi essere lucido per quanto tornerà a casa.»

«Hyung» mormorò appena e fissò senza attenzione l'indicazione luminosa dell'uscita di sicurezza installata sopra le porte dell'ascensore «credi che mi perdonerà?»

«Non lo so.»

E Namjoon prese un profondo respiro e si rassegnò di tornare nel proprio appartamento consapevole di trovarlo vuoto.

------- 💜 -------

Appena varcata la porta di casa venne assalito dall'angoscia e dai sensi di colpa.

Si trascinò a peso morto verso la sala raggiungendo il tavolo vicino la vetrata dove, a tre metri di distanza, si ergeva il pianoforte a coda bianco.

Il coperchio era sollevato e la tastiera brillava sotto la fioca luce della lampada che aveva acceso.

Seduto sullo sgabello accarezzò quei tasti bianchi e neri immaginando Eve al pianoforte che suonava chissà quale brano in piena solitudine.

Sollevò lo sguardo. Sul leggio c'era lo spartito del valzer dei fiori del compositore russo Tchaikovsky, uno dei suoi preferiti dopo Strauss e Vivaldi.

Pigiò un do diesis, il suono si propagò nella sala e una lacrima gli rigò la guancia.

«Mi piacerebbe fare un duetto. Io al pianoforte e tu canti.»

«Sono un rapper, Jagi.»

«E quindi?» Eve gli scoccò un bacio sulla guancia e sorrise «posso tranquillamente adattarmi seguendo la tua voce, che problema c'è?»

Non erano riusciti a sperimentare quel duetto e Namjoon si rese conto di non aver mai avuto l'occasione di vedere Eve al pianoforte, ad esclusione di quell'unica volta nel Golden Closet.

Il lavoro lo aveva assorbito completamente e le poche ore libere le dedicava alla coppia, a cenare insieme, raccontarsi le proprie giornate, fare l'amore e coccolarsi.

E il pianoforte passato in secondo piano.

Sfogliò lo spartito senza prestare attenzione e prese pigramente un quaderno nero appoggiato sul pianoforte.

Lo aprì e gli occhi gli si riempirono di nuove lacrime: era uno spartito scritto a mano e le note segnate inizialmente con una matita e ripassate con una penna blu danzavano su quel pentagramma.

I fogli erano ricchi di cancellazioni con gomma e correttore bianco e alcune annotazioni a lato, ma ciò che aveva colpito Namjoon era la melodia impressa su quello spartito: Eve aveva trascritto il suo singolo Moonchild adattandolo al suono del pianoforte.

Eve aveva appena terminato di passare lo smalto bordeaux sulle unghie.

Soffiava sulle dita per asciugarle prima di rimirare con una certa soddisfazione il proprio operato.

«Come mai quel sorriso?»

Namjoon era comparso alle sue spalle e quando lei si voltò le rubò un bacio.

«Sono riuscita a metterlo senza sbavare al primo colpo!» gli mostrò le unghie laccate e lui trattenne una risata «Sembrano fatte dall'estetista.»

«Ti dona quel colore.»

«Grazie! Volevo essere in ordine per stasera.»

«Hai impegni? Non dovevamo cenare insieme a casa?»

«Certo» rideva e continuava a soffiare sulle mani «è un'occasione speciale, finalmente trascorriamo un'intera serata da soli.»

A quell'esternazione Namjoon si era sciolto in un enorme sorriso e si era fiondato su di lei per riempirla di baci.

Gli bruciava lo stomaco e sentiva il sapore acido invadergli la bocca.

Corse in bagno per rigettare quel poco cibo che aveva ingerito nel pomeriggio, il caffè americano e il tè bevuti poco prima dell'incontro con MinHee.

Pochi minuti prima della fine.

Con il lavandino pieno di acqua gelida, Namjoon si sciacquava più volte il viso per riprendersi, per lavare via il proprio dolore e riacquistare la lucidità che lo aveva abbandonato da ore.

Prese il primo asciugamano a portata di mano e vide in un secondo momento il colore rosa del tessuto.

Era quello di Eve.

Stava cantando a squarciagola la versione beta di Serendipity stonandola completamente mentre si lavava i capelli dallo shampoo.

«E tu saresti un cantante?»

Eve lo fissava attraverso il vetro appannato della doccia e Namjoon, d'istinto, si coprì le zone intime con le mani.

«Che fai, ti vergogni di me?» si leccava il labbro inferiore e gli puntava uno sguardo malizioso «conosco a memoria il tuo corpo nudo.»

Non aveva fatto in tempo a replicare che lei si era liberata al volo della maglietta extralarge e degli slip per infilarsi sotto la doccia.

«Jagi, ma cosa-» aveva balbettato sorpreso per essere poi interrotto dalle labbra di Eve premute sulle proprie e spinto contro le piastrelle.

«Hai perso la voglia di cantare, Yeobo?» lo schernì, soddisfatta di vederlo ansimare al tocco delle sue dita attorno al membro eretto.

«Assolutamente no» le prese il viso con entrambe le mani e la baciò con bramosia, mordendole appena il labbro inferiore «però ora sono io a voler sentire te.»

Gettò l'asciugamano nel lavandino e uscì di corsa dal bagno.

Si sentiva soffocare, il pensiero di Eve da sola in chissà quale angolo della città lo stava portando alla follia.

Doveva riposare, pensare sul da farsi, ma non riusciva a concentrarsi su nulla se non sullo sguardo vuoto e deluso della ragazza.

Con il cellulare stretto in una mano, selezionò il suo numero e si mordicchiò il pollice sperando di sentirla rispondere.

Non gli importava se lo mandava al diavolo o insultato, doveva sentirla, ma al posto della voce dell'amata sentì quella robotica dell'operatore telefonico.

Con il cellulare attaccato all'orecchio, percorse lentamente il corridoio per dirigersi verso le camere da letto, ma all'ennesima risposta della segreteria, si appoggiò alla parete di fronte a sé.

Davanti a lui, il quadro con istallate due pietre legate da uno spago nero, rifletteva la fioca luce che entrava dalla finestra.

Osservava il suo ultimo acquisto e attendeva il responso di Eve che, in silenzio, fissava l'opera d'arte appesa in soggiorno.

«Allora?»

La vide spostare lo sguardo su di lui e sollevare un sopracciglio.

«Sembra un cazzo.»

«Jagi!» urlò sconcertato da quell'uscita «È arte moderna!»

«Ah, quindi due sassi raccolti chissà dove legati da un laccio è arte?» Eve sospirò, si portò indietro una ciocca di capelli «mi devi forse dire qualcosa?»

«In che senso?»

«Hai comprato tre pesci di rame da appendere al soffitto, poi un manichino di legno con un pene rettangolare, un quadro con dei pettirossi realizzati pure male ed infine questo obbrobrio» lo guardò negli occhi e lui si sentì in soggezione «Joonie...»

«Dimmi, amore.»

«Non è che ti piace il cazzo?»

Era rimasto senza parole. Spalancò la bocca per quella domanda e la fissava inebetito senza riuscire a formulare una frase di senso compiuto, ma appena il suo cervello elaborò quanto sentito, la prese per i polsi e la spinse sulla penisola del divano.

«Ehi, cosa fai?»

«Semplice» si mise a cavalcioni su di lei e le slacciò rapido la camicetta «ti dimostro che non mi piace affatto il cazzo.»

Sospirò a fondo. Ogni singolo angolo dell'appartamento parlava di Eve. Di loro due.

Un semplice asciugamano, il divano, un quadro.

Si apprestò ad aprire la porta della camera da letto e strinse forte la maniglia cercando di prendere coraggio perché era consapevole che, una volta entrato, sarebbe stato travolto da uno tsunami emotivo.

Prese un profondo respiro e varcò la porta.

Accese la lampada e guardò ogni singolo oggetto presente nella stanza: la loro fotografia che li ritraeva al parco era su comò e lui dovette trattenere un magone che gli attanagliava la gola.

Si voltò verso il centro della camera e lo vide: in mezzo al letto, il pupazzo versione baby di Koya lo fissava quasi a schernirlo, a burlarsi di lui nell'avergli soffiato il posto.

«Porta a casa Koya, così dormo abbracciata a lui quando non ci sei.»

Si sedette sul lato destro, il posto di Eve.

Accarezzò le lenzuola profumate, sicuramente fresche di bucato, e sentì un dolore corrodergli il petto come lava incandescente.

Un idiota. Si era comportato da perfetto idiota.

Non solo l'aveva lasciata da sola scappando come un codardo perché aveva paura di chiederle spiegazioni su quel maledetto certificato di matrimonio, ma l'aveva tradita anche se non direttamente.

La chiamò per l'ennesima volta, il vivavoce fece riecheggiare la robotica voce della compagnia telefonica. Di nuovo.

«Il cliente da lei selezionato non è al momento raggiungibile. Si prega di lasciare un messag-» Namjoon riagganciò.

Con il cellulare stretto in mano, aprì KakaoTalk selezionando il contatto di Eve.

La sua ultima connessione risaliva a quasi quattro ore prima.

«Amore» si portò il cellulare vicino le labbra, il dito premuto sul tasto di registrazione audio «Non vorrei parlarti tramite una stupida applicazione, ma non ho altra scelta. Quello che ho fatto è imperdonabile, ma credimi se ti dico che non è affatto come sembra. Puoi insultarmi, maledirmi, tutto quello che vuoi, ma ti prego... torna a casa.»

Devastato nell'animo, lanciò il cellulare contro il letto che, di rimbalzo, colpì il muso di Koya cadendo di lato.

Con la testa completamente vuota, rimase a fissare il koala per qualche secondo prima di allungare il braccio e prenderlo tra le mani.

Chiuse gli occhi prima di avvicinarlo al naso e respirò a fondo il profumo vanigliato di Eve.

Gli mancava e lui si sentiva smarrito senza di lei.

«Jagi...» scoppiò a piangere, terrorizzato di averla persa per sempre.

Strinse a sé Koya che per due lunghe notti aveva fatto compagnia alla sua ragazza.

Erano avvinghiati a letto con il fiatone.

Avevano appena finito di fare l'amore e Namjoon non smetteva di stringerla a sé e di baciarla con fervore.

«Sei bellissima, Jagi.»

«Anche tu» gli accarezzava il capo, sorrideva e le guance erano ancora arrossate «come fai ad essere così dannatamente sexy?»

Avevano litigato per futili motivi, una stupida discussione nata da un momento di gelosia di Eve: la stylist di Namjoon si era dilungata fin troppo a sistemare il tessuto della camicia e lei non aveva molto gradito quelle attenzioni non richieste, soprattutto se erano dei veri e propri palpeggiamenti lascivi sui pettorali scolpiti di lui.

«Odio litigare con te.»

«È colpa tua» gli diede le spalle e rise quando lui le solleticò l'orecchio con la lingua.

«Lo sai che mi fai impazzire quando sei gelosa?» gli morse il lobo e riuscì a voltarla verso di lui «non mi interessa la stylist...non so nemmeno come si chiama. Sei tu quella che voglio.»

«Anche se lei è carina ed è più giovane di te?»

«Sì, amore. L'età è solo un numero e poi lo sai. Sei la mia piccola e unica libellula.»

Si toccò le labbra, sentì ancora il sapore di quelle di MinHee.

Gli venne da vomitare.

Corse di nuovo in bagno per sciacquarsi la bocca, per cancellare quel disgustoso sapore al costo di usare un intero tubetto di dentifricio e si guardò allo specchio.

Il riflesso mostrava il ritratto di un uomo distrutto, devastato e per un istante Namjoon pensò al loro primo litigio causato sempre da MinHee.

Lei lo aveva colto mentre una ragazza "giovane e carina" era tra le sue braccia a baciarlo: aveva materializzato una delle sue paure.

Non se la sarebbe cavata con un semplice "scusami".

Eve era fuggita in lacrime e spento il cellulare, e con esso si era volatilizzata la speranza di essere perdonato.

------- 💜 -------

Erano trascorsi meno di cinque secondi da quando aveva suonato il campanello che Baek aveva aperto la porta di casa e, appena incrociato il suo sguardo sorpreso, si pentì nell'essere piombato in quell'appartamento.

«Ehi, Nam! Come mai qui?» lo invitò ad entrare con un cenno del capo e Namjoon si trascinò verso la sala.

«Vuoi qualcosa? Una birra, soju...» chiese di fronte al frigorifero aperto.

«No, grazie» biascicò e si passò una mano tra i capelli

Aveva raggiunto un livello così alto di nervosismo che aveva paura di respirare in presenza di quell'uomo.

Il marito di Eve.

La sua Eve.

Per un secondo si chiese cosa diamine ci facesse lì seduto con il fotografo sulla poltrona davanti a lui, ma aveva bisogno di alcune risposte.

Doveva trovare la sua ragazza il prima possibile e lui era l'unico che poteva concretamente aiutarlo.

«Tutto ok? Sembri pallido. È forse successo qualcosa?»

«Ecco, io» la gola gli divenne subito secca «Ho avuto un litigio con Eve.»

«Non vorrei essere nei tuoi panni» Baek bevve un sorso di birra e guardò la vecchia fotografia che lo ritrae a insieme alla ragazza «è dolcissima, ma quando si arrabbia subisce una vera e propria trasformazione.»

Namjoon si ammutolì.

Conosceva perfettamente il carattere di Eve: uno tsunami di emozioni contrastanti tra loro.

«Allora, cosa è successo da farti piombare qui?»

Ed ecco la fatidica domanda, diretta e scontata e lui sentì il terrore prendere il sopravvento.

Aveva avuto una pessima idea.

Baek si era sempre dimostrato estremamente protettivo nei confronti di Eve e dopo averlo visto in azione sul tatami in palestra durante il combattimento di krav maga, la possibilità di essere pestato da lui poteva concretizzarsi a breve.

«C'è stato un fraintendimento, non l'ha presa bene e se ne è andata via» mormorò poco convinto sperando che quelle poche e confuse informazioni fossero utili per trovare la sua ragazza.

«Sarà andata a fare una passeggiata per sbollire la rabbia. Solitamente rincasa dopo un'oretta.»

Un'ora. Namjoon si voltò verso la vetrata e si morse un labbro quando notò il cielo completamente nero. Eve era fuggita dalla Hybe nel pomeriggio con il sole ancora alto e la preoccupazione crebbe a livello esponenziale.

Aveva subìto uno shock, non riusciva a dimenticare quello sguardo assente e automaticamente pensò al disturbo psichico a cui era soggetta.

«È fuori da un po'...» gli sfuggì di bocca senza pensarci e realizzò di essere nei guai quando vide l'espressione di Baek mutare all'improvviso.

Erano rare le volte che si ritrovavano da soli a parlare di Eve. Solitamente le loro serate erano incentrate sulla visione di qualche evento sportivo oppure parlavano dei relativi workout in palestra e si scambiavano consigli su nuovi esercizi per migliorare la resistenza fisica o massa muscolare.

L'unica eccezione fu la discussione avvenuta a causa di MinHee, qualche giorno prima di presentarla ai suoi genitori.

«Odio i giri di parole, Joon. Perché sei qui?» il tono di volce di Baek era molto simile al ringhio di una tigre feroce «cosa è successo?»

«Noi...» si torturò le mani e prese un profondo respiro «la mia ex mi è saltata addosso ed Eve ci ha visto.»

«Che cosa hai detto?»

Namjoon lo vide alzarsi di scatto dalla poltrona e per puro istinto di sopravvivenza, lo imitò e tentò di mantenere una distanza di sicurezza da lui.

«Non so cosa abbia visto realmente, è stato tutto così veloce. Lei è-» una fitta allo stomaco lo fece piegare in due e per qualche secondo non riusciva a respirare.

Baek lo aveva colpito con un pugno e non fece in tempo a realizzare quanto accaduto che fu afferrato dal bavero della felpa e spinto violentemente contro il muro.

Digrignò i denti per il dolore che si stava irradiando per tutta la schiena e boccheggiò alla ricerca di ossigeno, ma l'uomo si scagliò di nuovo su di lui.

«Dimmi dove si trova» ringhiò fissandolo con uno sguardo così tagliente che Namjoon temette per un secondo alla propria vita.

«Non ne ho la più pallida idea. Credevo che tu mi potessi aiutare.»

«Ti avviso, ragazzino. Se le è successo qualcosa, ti faccio a pezzi.»

«Non riesco a trovarla» strinse le dita attorno ai polsi di Baek per liberarsi da quella morsa, ma non riusciva «il suo cellulare è spento, non riesco a trovarla.»

A quelle parole il fotografo allentò la presa e Namjoon poté tornare a respirare regolarmente.

«Da quanto non hai sue notizie?»

«Cinque ore...credo» sobbalzò quando Baek prese il primo oggetto sottomano e lo scagliò violentemente contro il muro a pochi centimetri dal suo viso.

«E ti presenti qui dopo cinque fottutissime ore?» urlò con tutto il fiato in corpo e gli strinse la gola con una sola mano «Se torna con un solo graffio, ti spedisco al Creatore e non sto scherzando.»

Mosso forse dalla paura di perdere del tutto Eve o dalla gelosia che nutriva a causa di quel rapporto malsano tra quei due, Namjoon reagì e lo spinse con fatica lontano da sé.

«Dovrei essere io quello incazzato, non tu» si sistemò meglio la felpa e tornò a fissarlo con rabbia «lei è la mia ragazza, che ti piaccia o no.»

«Allora vedi di trattarla come tale perché non si merita un idiota come te al suo fianco!»

«A sì? E si meriterebbe qualcuno come te?»

«Sì.»

Glielo aveva soffiato a pochi centimetri dal viso senza smettere di guardarlo negli occhi.

E a lui ribolliva il sangue nelle vene.

«C'è un problema di base, hyung. La amiamo entrambi, ma lei ha scelto me.»

Si guardarono con astio senza scambiarsi una singola parola fino a quando Baek non si gli rivolse di nuovo un'espressione truce.

«Senti, ragazzino. Questa è l'ultima volta che ti aiuto, ma ricordati che lo faccio per lei.»

Namjoon si allontanò da lui per raggiungere la porta d'ingresso.

«Se sono venuto da te è perché speravo mi aiutassi» con la mano premuta contro lo stomaco dolorante, gli rivolse un ultimo sguardo prima di uscire dall'appartamento e chiudersi alle spalle la blindata.

Rimasto solo, Baek corse verso la propria camera da letto per prendere il cellulare usa e getta nascosto nello zaino e tentò di contattare Eve sul secondo numero, invano.

Sempre più preoccupato, compose rapido uno dei due numeri di telefono memorizzati in rubrica e attese con impazienza fino a quando non sentì una voce profonda rispondere dall'altro capo della linea.

«È successo qualcosa?»

«Sì» Baek si sedette sul letto. Toccò con un dito lo schermo dello smartphone privato e la fotografia di Eve sorridente, in mezzo alla neve con un piumino e cappuccio bianco col pelo alzato sul capo, illuminò il display.

«Ha litigato con quel coglione ed è scappata via.»

Una risata risuonò nella cornetta del cellulare «Ti sembro forse un consulente della linea rosa?»

«Non c'è nulla da ridere, Loki! Calipso è scomparsa» Baek digrignò i denti e fissò di nuovo il blocco schermo dello smartphone privato «Entrambi i suoi cellulari risultano spenti e non ho la più pallida idea di dove sia finita.»

Si sentì uno sbuffo «Da quanto non hai più sue notizie?»

«Quattro ore, forse cinque. Non so cosa sia successo, ma a quanto pare c'entra quell'attrice da quattro soldi.»

Si udirono delle voci di sottofondo e Baek sentì l'uomo imprecare «Attivo il geo localizzatore, ma se non dovessi trovarla e trascorrono più di ventiquattro ore...»

«Non voglio neanche prendere in considerazione una simile idea!» sbraitò frustrato cercando di non farsi prendere dal panico «La troverò e se scopro che tua sorella ha spento i telefoni di proposito giuro che le darò una lezione che non scorderà più per tutta la vita.»

Chiuse la comunicazione e posò il telefono sul comodino.

Era seriamente preoccupato. D'istinto, si toccò il petto sentendo sotto le dita il freddo metallo di quel vecchio ciondolo nero, la metà nera di uno Yin Yang il cui compagno bianco era da sempre allacciato attorno al collo di Eve.

Un pegno d'amore che lei non indossava più da mesi, da quando aveva scoperto di nutrire dei profondi sentimenti per Namjoon.

«Maledizione» ringhiò frustrato e con un rapido gesto rimosse l'ultimo cassetto del comò di fronte a lui che celava un doppio fondo.

Al suo interno, una valigetta nera chiusa con una combinazione venne riportata alla luce e Baek prese un profondo respiro quando la aprì.

Controllò il contenuto accertandosi che non mancasse nemmeno uno dei passaporti falsi custoditi in una busta di carta gialla e cominciò a sudare freddo al pensiero di Eve svanita nel nulla.

Spostò di lato i documenti e con un dito accarezzò la superficie fredda di una pistola, una Glock semiautomatica.

Non avrebbe mai immaginato di doverla riutilizzare dopo tutti quegli anni.

La prese tra le mani caricandola coi proiettili per riporla nella fondina e recuperare le chiavi di scorta della moto.

«Aspettami, amore mio. Sto arrivando.»

------- 💜 -------

Pomeriggio del 8 settembre 2021

"Sta tornando casa."

Baek gli aveva scritto da oltre mezz'ora: Eve era sana e salva, stava tornando da lui e Namjoon si era precipitato a The Hill per accoglierla.

Era seduto sul divano quando la sentì rincasare.

Balzò subito in piedi per dirigersi verso l'ingresso, chiederle scusa per quanto accaduto e di perdonarlo, ma le parole gli morirono in gola quando Eve gli passò accanto senza degnarlo di uno sguardo.

Non la vedeva da ventiquattro ore, ma per lui quel lasso di tempo fu un'eternità.

«Dobbiamo parlare» tossì, strozzandosi con la sua stessa saliva.

Avevano diversi argomenti da chiarire, di MinHee, di quanto accaduto in azienda, del certificato di matrimonio.

Appoggiato contro il muretto divisorio della cucina, Namjoon la osservò armeggiare con il bollitore del thè.

Lo stava volutamente ignorando e a lui non sfuggì il tremolio delle sue mani così si avvicinò per aiutarla, per evitare che si ustionasse con l'acqua bollente, ma lei lo allontanò con una leggera spallata.

«Non mi toccare.»

«Jagi, io-»

«Jagi un cazzo!» ringhiò, piena di ira. Lanciò con violenza il cucchiaino d'acciaio dentro il lavandino per sfogare la rabbia, ma le mani continuavano a tremare.

Calò un pesante silenzio, Namjoon si torturava l'interno della guancia.

«Non provo nulla per lei, lo sai benissimo.»

Eve si voltò verso di lui, lo fulminò con lo sguardo e per un istante si sentì morire, ma non poteva perdere l'occasione di chiarirsi con lei «Ero incazzato nero e deluso, mi sono chiuso nello studio quando si è presentata nello studio e mi è saltata addosso.»

«Non osare insultare la mia intelligenza rifilandomi una simile stronzata» urlò piena di rabbia e lo spinse con forza quando lui si avvicinò per accarezzarle un braccio.

Namjoon urtò contro il frigorifero, si massaggiò la spalla.

«Sono giorni che mi ignori, che dormi dai ragazzi, mi saluti a stento in azienda. Credevo tu fossi pieno di lavoro e invece ti ho trovato insieme a quella troia!» Eve gli lanciò contro la tazza vuota che lui scansò per miracolo, si morse il labbro per non scoppiare a piangere e lo fissò negli occhi «Si può sapere che ti ho fatto per meritarmi questo da te?»

A quella domanda che sembrava quasi un'accusa, la mente di Namjoon rievocò tutte le omissioni che lei aveva commesso in quei mesi.

Gli aveva nascosto la relazione tra Hoseok e KyungMin e di come aveva aiutato la sorella, non aveva mai accennato di una possibile raccomandazione per MinHee in Hybe e soprattutto non gli aveva mai parlato di quel maledetto certificato di matrimonio con Baek.

E lo sguardo accusatorio che lei gli puntava in attesa di una risposta lo fece esplodere.

«Mi hai mentito» digrignò i denti dando un pugno contro il piano di marmo «Non sopporto le bugie, le menzogne e non parlo del nostro gioco, ma di te.»

Era furioso, deluso e il suo silenzio lo fece arrabbiare ancora di più.

«Perché hai fatto assumere MinHee alla Hybe?»

Eve non rispose. Si limitò a guardarlo con un'espressione colpevole dipinta in volto confermando così i suoi dubbi: per quanto la odiasse, la sua ex non gli aveva mentito.

«Lo sapevi quello che ha fatto, che sono stato male a causa sua e tu hai convinto PDnim ad assumerla. Hai finto di essere preoccupata per il suo arrivo in Hybe quando sapevi tutto fin dall'inizio e hai continuato la tua recita fino ad oggi» la rabbia prese il sopravvento e Namjoon non riusciva più a fermare quel fiume di parole.

La afferrò per le spalle per guardarla in faccia, per scrutare ogni singolo dettaglio dei suoi occhi e sperare di trovare in essi una risposta ai suoi dubbi trovando, invece, una profonda tristezza mescolata alla rabbia «Perché continui a mentirmi?»

«Non ti sto mentendo.»

«E invece sì» non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Amava quella donna, ne era follemente innamorato, ma qualcosa scattò in lui facendogli ribollire il sangue nelle vene.

«Mi hai preso in giro per tutto questo tempo» ringhiò ormai senza controllo «e in più ho dovuto sapere da Baek che stavi rientrando. Non ti sei nemmeno degnata di avvisarmi. Hai chiamato lui e non me che sarei il tuo compagno. Valgo così poco per te?»

Non ottenne alcuna risposta. Eve lo fissava con occhi sbarrati, confusi e lui arretrò di due passi.

Doveva calmarsi, ragionare, ma la realtà dei fatti era chiara come il sole.

Era sparita per ventiquattro ore rincasando con gli stessi abiti del giorno precedente, fatto sparire completamente le sue tracce e mentre lui si era dannato un'intera notte a cercarla mobilitando i suoi amici, lei aveva avvisato del suo rientro solamente Baek.

E lui si sentiva ancora una volta secondo rispetto al fotografo.

Colto da un momento di smarrimento, si abbandonò ad una risata amara e nervosa.

«A quanto pare le voci su di te in Hybe erano vere» si passò le mani tra i capelli stringendoli con le dita fino quasi a strapparli «che sono il tuo amante.»

«Cosa vorresti dire?»

«Dimmelo tu» si morse il labbro con una tale forza da rischiare di tagliarsi con i suoi stessi denti «ho trovato il tuo certificato di matrimonio.»

Eve sbiancò all'improvviso. Si appoggiò al muro con una mano per sorreggersi, lo sguardo fisso su di lui «hai frugato tra le mie cose...»

«È stato accidentale, non volevo» si giustificò avvicinandosi rabbioso «stai tranquilla, non ho letto il tuo fottuto nome. Ho riconosciuto la tua grafia, signora Chang

«Piantala, per favore» tremò per un istante, chiuse gli occhi per calmarsi, per placare la rabbia che stava crescendo sempre di più in lei, ma quando Namjoon le rivolse un ultimo sguardo deluso chiamandola ancora con quel nominativo, esplose.

Lo prese dalle spalle e lo spinse lontano da sé facendolo cadere a terra.

Con la schiena dolorante, il ragazzo si mise lentamente a sedere massaggiandosi la parte colpita «sei forse impazzita?»

«Non hai idea dell'inferno che sto vivendo a causa tua, Joon!» urlò Eve afferrandolo dal colletto della maglietta per scagliarlo ancora lontano «Ti ho chiesto di fidarti di me, di avere pazienza e di non cedere ad alcuna provocazione, ma tu no! Corri, hai fretta e fai sempre di testa tua!»

«Fiducia? Sei sposata!»

Alzò il capo, Eve lo stava fissando con uno sguardo deluso, amareggiato e gli occhi prima lucidi di lacrime si erano riempiti di una rabbia così intensa al punto da sembrare posseduta da un'altra persona.

«Sei solo uno stupido idiota che si fa abbindolare dalla prima cazzata che gli rifilano» incrociò le braccia al petto conficcandosi le unghie nella propria carne cercando di sfogare in parte la sua ira su sé stessa «vuoi avere il controllo su tutto e tutti per colmare le tue insicurezze, pretendi che gli altri ripongano fiducia in te, ma appena vacilli sei il primo a tradirla.»

«Io? Sei stata tu la prima a nascondermi cose importanti come per esempio un marito e chissà quanti altri!»

«Mi stai dando forse della puttana?»

«No, io-» balbettò, incapace di aggiungere altro.

«Vuoi forse immolarti a un santo senza macchia? So come ti divertivi prima di conoscermi oppure credi davvero che non abbia visto quei faldoni nell'ufficio di Sejin?» la sua risata era fredda, bassa e Namjoon sentì un brivido percorrergli la schiena.

Eve lo fissava con quello sguardo tagliente, lo stesso che aveva durante gli allenamenti in palestra.

Lo stesso che usava per intimorire le persone attorno a sé prima di infliggere il colpo di grazia.

«Quei fogli appartengono al passato, lo sai.»

«Oh, lo so perfettamente, solo che le mie avventure passate non sono stipate in uno schedario per ricomparire dal nulla» gli si avvicinò lentamente, gli occhi torbidi di rabbia puntati nei suoi e le labbra curvate in un sorriso sinistro che lo fece tremare «Non sono una santa come credi, ma a differenza tua gli uomini che mi sono portata a letto non compaiono nel mio presente, ad eccezione del tuo amico e ti dirò che è un vero peccato perché-»

«Eve, non continuare.»

«Sai, Yoongi scopa da Dio.»

Namjoon sentì il suo cuore andare in mille pezzi, la conferma sibilata da Eve era stata una pugnalata.

E in quel momento, non ci vide più.

La spinse contro il frigo con una tale forza da farlo traballare, le strinse i polsi fino a sentirli scricchiolare tra le dita.

«Stai zitta!» urlò con tutto il fiato in gola dandole un secondo scossone e quando la sentì ridere quasi a schernirlo, gli ribollì il sangue fino al cervello e diede un pugno al frigorifero per non colpire lei.

«Non capisci che ti amo?» sbraitò fuori controllo e non le concesse nemmeno il tempo di fiatare che si trovò a divorarle le labbra.

Le mani, prima salde sui polsi, vagarono febbrili verso il seno, le dita agganciarono i bottoni della camicetta cominciando a sbottonarla con impazienza fino a strappare del tutto il tessuto.

Non sentiva nulla al di fuori del suo cuore che continuava a rimbombargli nelle orecchie, continuò a baciarla con foga, le invase la bocca con la lingua e soffocò ogni ansimo di Eve che, aggrappata alle sue spalle, annaspava alla ricerca di ossigeno.

Con un gesto secco, le tolse il reggiseno, le strinse con forza un seno nudo mentre i denti affondavano nella carne morbida di quel collo morbido e sottile.

Ad Eve sfuggì un gemito strozzato di dolore, ma al posto di spingerlo e allontanarlo da sé per fermarlo, gli afferrò il bordo della maglietta per levargliela di dosso, per mettere a nudo quella pelle ambrata rovente da mordere e graffiare con le unghie e i denti.

Le sfuggì una risatina bassa, roca e Namjoon, completamente senza controllo delle proprie facoltà, la interruppe e tornò a torturarle le labbra, ad affondare le dita nei fianchi, sul seno. Con una mano le tenne fermo il viso per bloccarle il capo contro il frigorifero ed esplorarle la bocca con la lingua e si abbandonò ad un verso gutturale quando le mani Eve scivolarono dentro i suoi pantaloni per insinuarsi sotto i boxer e stringere le dita attorno al suo membro eretto e pulsante.

Una scarica elettrica gli pervase il corpo concentrandosi nel basso ventre. Era così intensa che lui ansimò nella sua bocca, temporaneamente schiavo di quella mano che lo stava stimolando, ma all'improvviso la fermò e le prese il polso allontanandola da lui per spingerla contro il bancone della cucina al loro fianco.

Con la mano aperta in mezzo alle scapole, la obbligò a piegarsi contro il marmo e con la mano libera le alzò la gonna fin sopra i fianchi.

La pelle nuda di Eve era premuta contro il freddo marmo del piano, ma il brivido che lei provò era causato dal ragazzo che le allargava le gambe e trattenne un ansimo quando le scostò di lato le mutandine.

Con un colpo deciso e senza avviso, Namjoon si fece strada in lei e il calore di quella carne bagnata e bollente lo mandò fuori di testa.

Eve si abbandonò ad un urlo quando lui fece aderire completamente il proprio bacino col suo e lo fissò oltre la spalla con gli occhi appannati dal piacere e dalla rabbia.

Cercava inutilmente di muovere il proprio corpo, andargli incontro e dettare lei il ritmo di quell'amplesso, ma Namjoon la sovrastava, le aveva artigliato con forza i fianchi e continuava a muoversi spingendosi sempre più a fondo, e quando la sentì gemere intensamente la prese per i capelli per tirarla verso di sé ritrovandosi con il capo reclinato indietro.

«Sei mia» ringhiò rauco al suo orecchio per morderlo, si spinse più a fondo e tornò a invaderle prepotentemente la bocca con la lingua.

Si eccitò maggiormente nel sentirla gemere, così vicina all'orgasmo, le pareti del suo sesso che si contraevano attorno al proprio membro e tornò a morderle il collo e stringerle con forza il seno e fece scivolare una mano tra le sue cosce per stimolarle il clitoride.

Gli girava la testa dal piacere, dall'ira e più Eve urlava, più aumentava il ritmo delle spinte facendosi strada dentro di lei.

Le prese il mento tra le dita per voltarla verso di lui, per fiondarsi di nuovo su quella bocca turgida e gonfia, ma lei gli afferrò il polso e con un rapido movimento lo spinse dal petto facendolo cadere a terra.

Inciampando nei propri piedi con i pantaloni arrotolati alle caviglie, Namjoon sbatté violentemente la schiena contro il pavimento.

Alzò il capo, Eve era lì di fronte a lui che lo fulminava con uno sguardo carico d'ira.

Provò ad alzarsi, ma lei lo inchiodò a terra col piede premuto sullo sterno, spingendolo di nuovo contro il suolo.

Lo fissava con la medesima ferocia di un leone, si liberò del tutto degli slip e della gonna che ancora indossava per mettersi a cavalcioni su di lui e afferrargli il membro per farlo entrare nuovamente in lei.

Si muoveva sinuosa, decisa e Namjoon provò a liberarsi dalla sua morsa per invertire la posizione, ma lei gli strinse la gola con una mano e lo stava lentamente soffocando.

Si abbandonò ad un rantolo quando lei lo baciò mordendogli il labbro inferiore e non si accorse del sapore ferroso del sangue che fuoriusciva dal taglio provocato dai denti.

Vide tutto nero e voleva riprendere in mano la situazione. Le afferrò le natiche, affondò le dita nella carne fino a rendere bianche le unghie e cercò di impostare il ritmo delle spinte, ma l'orgasmo che colpì entrambi fu violento.

Le morse un seno quando Eve si lasciò andare in un intenso gemito che le mozzò il fiato e la fece ricadere su di lui.

Ansimanti, si guardarono per qualche secondo negli occhi senza scambiarsi una singola parola e calò nuovamente il silenzio intervallato dai loro respiri affannosi.

Il cuore di Namjoon martellava prepotente nel petto e la rabbia prese ancora il sopravvento.

«Sei una stronza.»

«Vaffanculo» ringhiò Eve. Si alzò in piedi e lasciandolo lì a terra, si diresse verso la camera degli ospiti chiudendosi la porta alle spalle con una tale violenza da far tremare i muri.

Fu in quel preciso istante che Namjoon realizzò quanto accaduto.

Era finita.

Angolo Autrice

Che fatica! E lo dico senza vergogna.

Ci sto lavorando da due mesi, ho cancellato, scritto e riscritto diverse parti perché non riuscivo a mostrare la rabbia che Namjoon provava.

Il suo "blackout" mentale è un mix di rabbia e gelosia, un vero e proprio "marcare il territorio", lo stesso di Eve.

Lui folle di gelosia a causa di Baek, lei incazzata nera per MinHee.

Direi che lo scontro tra queste due tigri era più che inevitabile e ammetto la fatica di quest'ultima scena che mi ha prosciugato!

E sì, ringrazio ConsueloRogue per avermi dato delle dritte per me preziose. Grazie 💜

A presto!
Borahae😊 💜

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top