42 - Odi et Amo

Capitolo 42

7 settembre 2021

Gli era crollato il mondo addosso.

La scoperta di quel certificato di matrimonio segnava per lui la fine di tutto.

Del suo amore, della totale fiducia che riponeva in Eve, dei suoi progetti futuri.

Si era dovuto appoggiare al tavolino da caffè per non cadere a terra, la vista si era offuscata e le dita continuavano a stringere quel dannato documento fino quasi a strapparlo.

Sperava di aver frainteso, di essersi sbagliato come aveva fatto con la gravidanza. Forse apparteneva a Baek e basta, ma la grafia dei dati che riempivano i campi relativi la moglie era di Eve.

Non aveva avuto il coraggio di leggerlo fino in fondo, non voleva scoprire il vero nome della ragazza in quel modo, ma ne aveva riconosciuto la grafia ordinata e pulita, quell'inconfondibile ricciolino posto sopra la iəng che lui adorava.

Eve era sposata con Baek.

Aveva fatto in tempo a cacciare il documento dentro la tesi e infilarlo alla rinfusa nella libreria prima di portarsi una mano alla bocca per frenare un conato di vomito e correre in bagno a rigettare l'anima con la testa infilata nel gabinetto.

Era così isolato dal mondo esterno da non essersi accorto dell'arrivo di Eve che, trovandolo in quelle condizioni, si era precipitata su di lui, spaventata a morte.

Appena vista, il cuore di Namjoon aveva cominciato a battere all'impazzata e lui era entrato nel panico più totale.

Le aveva mentito dicendole di aver preparato uno spuntino e di essere stato male, una scusa utile per fuggire in camera da letto e infilarsi subito sotto le coperte.

Quella notte non aveva chiuso occhio. Con Eve al suo fianco, abbracciata a lui col capo sopra il suo petto come di consuetudine, Namjoon aveva pensato a quei sei mesi di frequentazione con lei.

Si sentiva tradito, raggirato, ma non riusciva a odiarla.

Era fottutamente innamorato di quella donna.

Aveva litigato pesantemente con sua madre, con Yoongi, con PDnim e messo a rischio la propria carriera e quella dei suoi fratelli.

Tutto solo e unicamente per lei.

Per la moglie di Baek.

E in quella notte, decise di tornare nel dormitorio fino a quando non avrebbe riordinato le proprie idee.

Non voleva cacciarla di casa, non voleva cedere ancora una volta all'istinto e scelse la soluzione più rapida: la fuga.

Erano trascorsi due giorni, e rintanato nel proprio studio stava fissando con poco interesse il monitor del computer che riportava la lista degli appuntamenti fissati durante il soggiorno a New York e i nominativi dei partecipanti.

Gli cadde l'occhio sul nome di MinHee e gli sfuggì una risata amara.

«Chi lo avrebbe mai detto» soffiò all'improvviso gettando la testa all'indietro per fissare il soffitto.

MinHee non gli aveva mentito.

Per una volta che si era mostrata sincera, non era stata creduta.

Aveva più volte insinuato che Eve non fosse del tutto cristallina con lui, ma non gli aveva dato ascolto fidandosi invece della sua ragazza.

Chiuse gli occhi per calmare il mal di testa che durava ormai dalla sera precedente e si massaggiò le tempie quando, all'improvviso, sentì la porta dello studio aprirsi.

Alzò il capo e appena Eve varcò l'ingresso, sentì un nodo alla gola.

«Sei qui, mi stavo preoccupando» lo raggiunse sedendosi sulle sue gambe e posando un lieve bacio sulle labbra «Non rispondi al cellulare. Hai dimenticato di togliere la modalità silenziosa?»

«Sì», mentì spudoratamente. Non voleva dirle di aver volutamente ignorato le sue telefonate.

Ufficialmente era stato costretto a rientrare nel dormitorio per motivi di lavoro e sicurezza, una bugia bianca per stare fisicamente lontano da lei e far chiarezza nella confusione che regnava sovrana nella sua testa, ma lavoravano insieme ed era impossibile non incontrarsi proprio come in quel momento.

Eve gli accarezzava i capelli scendendo lentamente verso il collo e Namjoon non seppe cosa fare quando lo baciò sulle labbra.

Erano morbide, calde e per un istante si abbandonò a quel dolce contatto, ma la mente gli riportò a galla la triste realtà: Eve era una donna sposata.

La prese per le spalle allontanandola da sé e si sforzò di non guardarla in quegli occhi carichi di incredulità e preoccupazione.

«Amore, cos'hai?»

«Non ho nulla» rispose secco, ma quando le mani calde di Eve gli accarezzarono il viso, socchiuse gli occhi.

La sentì posare il capo sul suo petto, stringersi a lui alla ricerca di un abbraccio che non arrivò.

«Sei forse teso per New York?»

«Come?»

La ragazza fece cenno col capo verso il monitor acceso del computer dove, a caratteri cubitali, riportava il nome della città.

«L'email che ci ha inviato Sejin» con un dito risalì gli disegnò la linea del naso fino alla bocca carnosa, gli accarezzò con l'indice il piccolo solco in mezzo al labbro inferiore, quella piccola linea che amava mordicchiare. Si sollevò appena per baciarlo, per solleticarlo con la punta della lingua e gli cinse le braccia al collo.

Fu forse per la sorpresa o per istinto che Namjoon dischiuse le labbra per lasciarsi coinvolgere da quel bacio.

Le accarezzò i fianchi, la schiena e si ritrovò emotivamente prigioniero di quella donna che, fin dal primo giorno, lo aveva stregato.

L'amava e l'odiava allo stesso istante. La mente gli ordinava di allontanarsi da lei, cacciarla dalla sua vita, ma il suo cuore lo spingeva sempre di più a buttarsi tra le sue braccia.

Col fiato sempre più corto, aumentò l'irruenza del bacio, le morse il labbro inferiore e immerse le dita nei suoi capelli.

«Mi manchi, amore» gli sussurrò Eve nell'orecchio e le mani vagarono sul petto insinuandosi sotto la maglietta.

Namjoon avrebbe voluto risponderle che anche lui sentiva la mancanza di tante cose, della sua ragazza, di quei giorni in cui credeva di essere l'unico uomo del suo presente.

Raccolse tutto il proprio coraggio e la guardò negli occhi trovando in esse due luminose pozze nocciola cariche di passione.

Chissà se quelle iridi brillavano così solo per lui o per un altro uomo.

Eve lo baciò ancora e Namjoon assaporò il calore delle labbra morbide e per un momento si chiese se lei baciasse in quel modo anche Baek, suo marito.

Gli si contorse lo stomaco dai nervi e si voltò dall'altra parte allontanandosi da lei.

Di fronte a quel gesto, Eve rimase interdetta per qualche secondo.

Con le mani posate sull'ampio petto, lo guardò con gli occhi carichi di incredulità e tristezza.

Namjoon la vide abbassare il viso e stirare nervosamente con le mani il tessuto della maglietta.

«È tutta stropicciata» Eve trattenne un singhiozzo e gli si strinse il cuore vederla così, ma aveva bisogno di prendersi del tempo, calmare quello tsunami emotivo che lo stava portando alla deriva.

Le accarezzò appena un braccio, la sentì tremare sotto le dita. Era nervosa, inquieta e avrebbe voluto solo abbracciarla e rassicurarla, ma si sentiva in parte bloccato.

Non voleva cedere al suo istinto, al desiderio di afferrarla, sbatterla sulla scrivania per fare l'amore fino allo sfinimento e urlarle che lei era solo e unicamente sua e di nessun altro.

«Sono due giorni che non rincasi.»

«Sto ultimando il discorso per le Nazioni Unite» rispose cercando di ignorare lo sguardo triste della ragazza.

«Capisco, ma perché farlo qui e non a casa nostra? Potrei aiutarti a scriverlo.»

«Preferisco così, non ho distrazioni.»

A quelle parole, Eve incassò il colpo e gli rivolse uno sguardo ferito.

«Allora...ti lascio da solo e non ti disturbo più» si alzò per raggiungere la porta dello studio e si fermò un attimo per osservare un'ultima volta il ragazzo «Cerca di mangiare adeguatamente in questi giorni e non indossare abiti sciupati.»

Namjoon, con la schiena rivolta alla porta, la sentì uscire e quando il rumore della serratura che si chiudeva riecheggiò nella stanza, si lasciò andare del tutto.

Con la testa tra le mani e i gomiti puntellati alla scrivania, strinse tra le dita i capelli con forza.

Era disperato, confuso, fissò il proprio cellulare: aveva disperatamente bisogno di avere delle risposte e c'era una sola persona in grado di aiutarlo.

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Bussò contro la porta del Hope World e al terzo colpo si aprì, rivelando il viso arrabbiato di Hoseok.

Senza dire una parola, Namjoon varcò l'ingresso e si mise a sedere sul divano di pelle nera. Era nervoso, si torturava le dita e gli mancava l'aria, ma non aveva altra scelta se non chiedere aiuto al suo hyung.

Hoseok era rimasto vicino alla porta, le braccia incrociate al petto e lo guardava con astio.

«Che ci fai qui?»

«Parlarti» sibilò senza alzare il capo.

«Non ho intenzione di litigare» stizzito, il maggiore si mise a sedere sulla poltrona girevole e tornò a lavorare al computer «Ti ho già detto che KyungMin non è una scopata. Non sono così bastardo da fottermi le vostre sorelle per gioco.»

«Hyung, per favore.»

«Per favore un cazzo!» ringhiò girandosi per guardarlo in viso «Mi hai aggredito senza darmi la possibilità di parlare. Cerca di essere maturo per una volta e-»

Si interruppe quando notò gli occhi gonfi e rossi dell'amico.

«Cos'è successo?»

«Devo parlare con mia sorella, ma non mi risponde» si morse il labbro e fissò il pavimento «ho provato a chiamarla per oltre un'ora a vuoto.»

Il tono di voce di Namjoon aveva spaventato Hoseok. Era pregna di angoscia, tristezza e il ragazzo aveva subito capito che era successo qualcosa di grave.

«Usa il mio» si sfilò il cellulare dalla tasca dei pantaloni e glielo porse. «È ancora arrabbiata con te.»

Namjoon lo ringraziò con un cenno del capo. Compose il numero di telefono di KyungMin e fissò il display quando vide che Hoseok l'aveva salvata in rubrica come "Miny Moe".

«Carino» si abbandonò ad una risatina amara «Sei stato più originale di me.»

«Anche Little Crab lo è» Hoseok sospirò, infilò le mani in tasca e fissò il soffitto «Prima o poi dobbiamo parlare, Joon.»

«Non c'è molto da dire. Tu e Minnie state insieme, fine della storia» avviò la videochiamata e attese con impazienza.

Voleva vedere il viso di sua sorella, l'unica persona della quale si fidava ciecamente nonostante gli ultimi eventi.

Quando rispose, Namjoon si innervosì e le mani ripresero a tremare.

«Che ci fai col telefono di Hobi?» la voce acuta di KyungMin riecheggiò nello studio e Hoseok si avvicinò all'amico per rientrare nell'inquadratura della videochiamata.

«Gliel'ho prestato io» rispose e lanciò una fugace occhiata verso l'amico «Non dovresti ignorare le chiamate di tuo fratello.»

«Ma io-»

«Ascoltalo, credo abbia qualcosa di importante da dirti» si allontanò per lasciargli un po' di privacy, ma si sentì tirare dalla maglietta e notò Namjoon trattenerlo.

Non ci furono bisogno di altre parole tra loro: aveva notato uno strano turbamento nell'amico, un qualcosa che andava al di là di una semplice scazzottata o gelosia verso la sorella e il suo continuo mordersi l'interno delle guance fu l'ennesima conferma.

«Minnie» Namjoon si passò la lingua sulle labbra divenute all'improvviso secche «quando mi chiedesti un consiglio per la tua amica innamorata di un uomo sposato, ti riferivi a me ed Eve?»

A quella domanda, KyungMin sbiancò all'improvviso così come Hoseok che, temendo di aver capito male, sgranò gli occhi.

«Oppa, io...»

«Ho trovato il suo certificato di matrimonio.»

«Scusami» con le lacrime agli occhi, la ragazza si passò nervosamente una mano tra i capelli «Ho provato a dirtelo, ma ho voluto seguire il tuo consiglio e non creare falsi allarmismi.»

«Io-» un singhiozzo gli mozzò la voce. La presa sul telefono venne meno e Hoseok riuscì a prenderlo per un soffio.

Non riusciva a capire cosa stesse accadendo.

«Minnie, cos'è questa storia?» chiese fissando la propria ragazza attraverso il monitor che, in lacrime, si asciugava gli occhi con la manica della felpa.

«Ho trovato un certificato di matrimonio tra Unnie e Baek Oppa.»

«Cosa?!» urlò voltandosi subito verso Namjoon «È uno scherzo?»

«Vorrei che lo fosse» sussurrò lui con un tono di voce così basso che fece fatica a sentire sé stesso «sono sposati. Lei è la moglie di-»

Si tappò la bocca per bloccare un conato di vomito, prese al volo la bottiglietta d'acqua posata sulla scrivania e la bevve tutta d'un fiato per calmare la nausea e ingoiare la propria disperazione.

Eve era sposata con Baek e lui era il suo amante.

Alle sue spalle sentiva le voci concitate dei due ragazzi che continuavano a discutere di quella situazione surreale.

«Ma non ha senso! Come può essere sua moglie se doveva sposarsi con un altro?» Hoseok si passò la mano tra i capelli «Forse hanno divorziato qualche anno fa.»

«O forse lo hanno rinnovato» Namjoon trattenne un singhiozzo e il rapper, vedendolo in quello stato, salutò KyungMin e chiuse la videochiamata.

Era amareggiato ed estremamente preoccupato per lui.

Si sedette al suo fianco massaggiandogli la schiena.

«Joon, ascoltami. Dovresti parlare con lei. Non puoi arrovellarti il cervello in questo modo.»

«Non capisci, hyung» si torturava le dita riprendendo a grattare la pellicina del pollice fino a sanguinare «mi ha mentito su tante cose. Su te e Minnie, sull'assunzione di MinHee e ora su... non riesco neanche a dirlo.»

Frustrato, si colpì la coscia con un pugno ignorando totalmente il dolore che, rapidamente, si stava irradiando.

Senza rendersene conto, una lacrima sfuggì dai suoi occhi seguite da molte altre e Namjoon, all'improvviso, scoppiò in un pianto disperato.

Con la testa fra le mani e piegato su sé stesso, diede finalmente sfogo a quel dolore che covava da oltre due giorni e non sentì il caldo abbraccio di Hoseok che, preoccupato per la situazione, lo aveva stretto a sé.

«Joon, per favore. Cerca di calmarti.»

«Non ce la faccio» con la voce rotta dal pianto, continuò a singhiozzare contro la spalla dell'amico «e non riesco a odiarla. Cazzo, l'amo da morire.»

«E allora parlale!» con enorme fatica, Hoseok lo prese dalle spalle per guardarlo in viso «Non fare come tuo solito. Sappiamo tutti quanto sia riservata Eve sul suo passato e che non parla mai apertamente di sé. Devi farti coraggio e chiederle spiegazioni su quel documento.»

«C'erano le loro firme, hyung.»

«E quindi? Può non voler dir nulla! Avranno divorziato ed essere rimasti in ottimi rapporti, ma non potrai mai saperlo se non glielo chiederai mai!»

Si allungò verso il tavolino per recuperare un pacchetto di fazzoletti e porgerli a Namjoon che, lentamente, stava riprendendo fiato.

«Promettimi che stasera parlerai con Noona.»

E Hoseok inspirò profondamente quando lo vide annuire con il capo.

------- 💜 ------

Si stava trascinando lungo il corridoio che lo conduceva verso il suo studio.

Frastornato e con i muscoli a pezzi per l'intensa sessione in palestra, Namjoon sperava di sfogare la propria frustrazione allenandosi fino allo sfinimento, ma nella sua testa era piantato un unico pensiero: Eve.

Alzò il capo e, accanto alla porta del Rkive, vide la causa del suo malessere appoggiata alla parete mentre leggeva qualcosa sullo smartphone.

Si fermò ad osservarla: sembrava stanca e preoccupata, assorta nella lettura di chissà quale messaggio o articolo e si mordicchiava il labbro quando, all'improvviso, si accorse della sua presenza.

«Ciao, amore» Eve infilò il cellulare in tasca e gli corse incontro buttandogli le braccia al collo «ti stavo aspettando. Dov'eri finito?»

Namjoon non rispose né ricambiò il bacio che lei gli aveva appena dato, ma si limitò a rivolgerle un timido sorriso senza guardarla in viso.

«Ero in palestra» si giustificò, infine, e aprì la porta dello studio seguito dalla ragazza.

Era esausto, nervoso e cercò di mascherare il tremore del proprio corpo quando lei lo abbracciò da dietro.

Chiuse gli occhi, schiavo del calore di Eve, un tepore che amava da impazzire ma che in quel momento odiava.

«Joon, mi vuoi dire cos'hai? Sei strano» sussurrò posandogli un leggero bacio sulla guancia.

«Sono solo stanco» rispose e, con enorme fatica, si liberò dalla sua stretta «e poi dobbiamo stare attenti. Ricordi le parole di PDnim?»

Eve annuì lentamente, si guardò intorno e sospirò «siamo chiusi a chiave nel tuo studio e abbiamo fatto ben altro di un semplice abbraccio. Non credo che-»

«Non importa» tuonò all'improvviso rendendosi conto di aver alzato la voce quando la vide sobbalzare.

«Quello che voglio dire» tossì e cercò di calmarsi «siamo nell'occhio del ciclone. Dobbiamo essere prudenti e comportarci come due semplici colleghi di lavoro come facevano i primi tempi.»

«Capisco» Eve si passò una mano tra i capelli e torturò una cioccia arrotolandola al dito.

Namjoon avrebbe voluto prenderla per mano, calmarla e abbracciarla, ma qualcosa lo bloccava e non mosse un dito quando notò un velo di tristezza nei suoi occhi.

«Sarà difficile quando saremo a New York visto che divideremo la stessa camera» sorrise appena senza mascherare il profondo disagio che provava in quell'istante «Ne parliamo oggi pomeriggio durante la riunione, ok?»

«Va bene» la liquidò sedendosi sulla propria poltrona e concentrandosi ad accendere il computer per distogliere lo sguardo da lei.

«Allora... ci vediamo più tardi.»

Eve si passò di nuovo i capelli tra le dita e li raccolse in una coda bassa. Regalò a Namjoon un timido sorriso tirato e uscì dallo studio.

Rimase fermo fin quando non vide la porta chiudersi: l'aveva fatta fuggire una seconda volta nell'arco di poche ore.

Una lacrima gli solcò il viso.

Non sopportava stare così male.

Non sopportava vedere la sua donna triste.

Non sopportava quel suo stato d'animo.

Rimase chiuso nel suo studio per un tempo indefinito, la mente impegnata in mille congetture.

Forse Hoseok aveva ragione, Eve e Baek potevano essere stati sposati in passato e rimasti in ottimi rapporti dopo il divorzio, ma se così fosse, perché quei due erano così dannatamente intimi?

Per quale motivo il pomeriggio precedente aveva visto Baek nei pressi della Hybe abbracciato ad Eve mentre le baciava teneramente la fronte?

Perché il suo corpo rifiutata ogni singolo contatto con lei?

Nauseato, uscì di corsa dal Rkive. Aveva bisogno di distrarsi, di uscire dall'azienda e allontanarsi da quell'ambiente che lo stava soffocando.

Infagottato nella felpa, mascherina e berretto sfidando il caldo del clima settembrino, Namjoon si rifugiò nell'unico luogo sicuro: la caffetteria dove lavorava EunJoo.

Sperava di incontrare quella giovane studentessa di veterinaria, ma al suo posto era presente un ragazzo che non gli degnò di uno sguardo nemmeno quando gli servì il caffè americano con ghiaccio che aveva ordinato.

Con il morale sotto i piedi e la testa che esplodeva, cercò un minimo di intimità nel tavolino nascosto dietro il separé del locale, il medesimo dove – alcuni giorni prima – lui ed Eve avevano parlato degli allenamenti di arti marziali.

La sera in cui lei gli aveva chiesto di fidarsi.

«Dannazione!» ringhiò tra sé. Come poteva riporre fiducia nella stessa persona che gli aveva mentito per mesi?

Eve non aveva mai accennato a un matrimonio tra lei e Baek, non lo aveva messo a corrente di aver aiutato KyungMin a conquistare il cuore di Hoseok, non era a conoscenza delle sue alte abilità in una disciplina marziale così particolare come il Krav Maga.

Non era più sicuro di nulla e si chiese se le attenzioni che lei gli rivolgeva fossero vere o una recita degne di una premiazione Oscar.

Con il capo sorretto da una mano, si ritrovò a grattare la superficie laccata del tavolino con le chiavi di casa.

«Promettimi che stasera parlerai con Noona.»

Parlare. Doveva farlo, ma come avrebbe dovuto iniziare il discorso?

"Sai, ho trovato questo documento che hai nascosto nella tua tesi. Sei per caso sposata?"

Lo avrebbe ucciso a mani nude e soprattutto messo a repentaglio la fiducia che, apparentemente, lei riponeva in lui.

«Non capisco. Se è sposata a che le serve il visto lavorativo?» continuò a torturare la povera superficie del tavolino cercando un nesso logico tra i suoi pensieri, ma non riusciva a concentrarsi.

«Ciao, Namjoonie.»

Alzò lo sguardo verso quella voce acuta: MinHee gli era davanti con una bevanda stretta in una mano e la borsa nell'altra.

Non le rispose tornando a osservare il proprio caffè americano e non disse una sola parola nemmeno quando lei si mise a sedere al suo tavolino.

«Hai una brutta cera. Stai bene?»

A quella domanda, gli sfuggì una risata amara.

Non stava bene per nulla, anzi. Non sapeva nemmeno come identificare quel dolore al petto che provava da oltre due giorni.

Non riusciva più a dormire né a nutrirsi adeguatamente e il malumore si stava riversando sul lavoro.

«Ho mal di testa» rispose seccato.

Era poco incline al dialogo, voleva stare da solo col proprio turbamento interiore e non gradiva la compagnia di altre persone soprattutto se una di queste era la sua ex fidanzata.

Bevve un sorso di caffè guardando con poco interesse la strada trafficata al di là della vetrata oscurata al suo fianco.

Una coppietta passeggiava tenendosi per mano. Lei stringeva un sacchetto di plastica trasparente con all'interno una graziosa composizione floreale a forma di panda.

Era sorridente e si era alzata in punta dei piedi per scoccare un bacio sulla guancia del ragazzo.

Di fronte quel quadretto romantico, Namjoon sospirò.

Si era concesso pochi appuntamenti con Eve, la maggior parte di notte in luoghi appartati e l'unica passeggiata notturna avvenuta per le strade di Hannam, aveva creato uno scandalo in azienda.

"Se non fossi famoso, non avrei tutti questi problemi con Eve" masticò nervoso la cannuccia che gli avevano consegnato insieme al caffè.

La coppia, ignara di essere fissata dall'idol oltre il vetro, amoreggiava nascondendosi dietro una siepe.

Namjoon sentì la risata della ragazza seguita da una tenera dichiarazione d'amore.

Li invidiava.

Un fastidioso ticchettio lo fece ripiombare coi piedi a terra e Namjoon smise di guardare quella coppia innamorata.

Di fronte a lui, MinHee stava cercando di attirare la sua attenzione.

«Devi dirmi qualcosa?» borbottò, stanco.

«Sì, volevo dirti che sono più tranquilla grazie ai tuoi consigli, Oppa» strinse il suo bubble tea tra le mani «sto studiando seriamente e credo di essere anche migliorata con l'inglese.»

Namjoon rise appena «Lo so. Ho visto i libri di testo nella tua borsa.»

La vide annuire mentre si portava alle labbra il bicchiere di carta «Sto seguendo un corso. Inizialmente volevo chiedere a Unnie di darmi lezioni, ma temevo di farvi arrabbiare.»

«Eve è professionale, è perfettamente in grado di separare la vita privata da quella lavorativa. Ti avrebbe aiutato più che volentieri.»

«A casa vostra?» MinHee bevve un altro sorso di quella bevanda arricciando il naso a causa del sapore aspro «Non credo che tu avresti gradito la mia presenza. Ti ho causato fin troppi problemi.»

Non rispose e rimase in silenzio per qualche minuto. Namjoon beveva il suo caffè americano controvoglia: il ghiaccio si era sciolto del tutto e aveva assunto un pessimo sapore.

La testa pulsava e l'emicrania che lo tormentava fin dalla mattina era aumentato.

Guardò l'orologio, mancavano ancora due ore all'arrivo dei ragazzi nel suo studio e sentiva la necessità di riposare.

Si alzò dal tavolino e salutò con un cenno del capo MinHee prima di dirigersi verso la cassa e comprare uno snack al caramello salato

Quando estrasse la carta di credito, notò la foto che aveva scattato di notte insieme ad Eve sbucare dal taschino.

Erano sorridenti, lui indossava il buffo copricapo di Pikachu e le rubava un bacio sulle labbra.

Si guardò la mano. Insieme alla carta di credito stringeva tra le dita quel dolcetto, il preferito di Eve.

Prese un profondo respiro. Glielo avrebbe consegnato quella stessa sera.

A casa loro.

------- 💜 ------

Chiuso nel suo studio, si massaggiò le tempie sperando di trovare un minimo sollievo, ma l'emicrania non voleva dargli tregua.

Prese un'aspirina e abbassò le luci. Doveva riprendersi, tornare lucido e affrontare quell'incontro senza far preoccupare i ragazzi.

Si mise comodo sulla poltrona girevole e chiuse gli occhi sperando di trovare un lieve ristoro, ma non riusciva a darsi pace.

«Ha ragione Hobi, devo parlarle e chiederle di quel maledetto certificato» biascicò, esausto.

La stanchezza accumulata e l'effetto dell'aspirina presero il sopravvento e si assopì sulla poltrona.

Scivolò in un sonno profondo, in un mondo onirico tranquillo dove non esistevano né dolori né affanni.

Sognò Eve accanto a lui che gli sorrideva, che lo prendeva a braccetto invitandolo a seguirla in una radura fiorita, piena di tulipani con una piccola chiesetta bianca.

Si trovava nel parco della Calma Mattutina, il paradiso terrestre che aveva scelto come luogo per dichiararsi a lei, fallendo miseramente.

Eve lo abbracciava, le mani intrecciate dietro il suo collo e si sporgeva per offrirgli la sua bocca.

«Ti amo» sussurrò al suo orecchio con voce vellutata e Namjoon sgranò gli occhi, commosso e felice «sei il mio unico e dolce amore, Joonie.»

La baciò sulle labbra stringendola forte a sé, le accarezzò i capelli e tornò a guardarla in quegli occhi più chiari del solito, resi verdi per i raggi del sole che illuminavano il suo bellissimo viso. Sembrava un angelo.

«Ti amo anch'io, amore.»

Eve sorrise, gli sfiorò il viso con una mano e gli baciò la punta del naso «sono così felice, oppa.»

«Oppa?»

Strizzò gli occhi per aprirli, lentamente.

Si trovava nel suo studio, seduto sulla poltrona e la testa reclinata all'indietro.

Si era destato da quel breve sonno e, di conseguenza, ripiombato nella dura realtà.

"Era solo un sogno" pensò mordendosi l'interno della guancia, ma qualcosa - o meglio qualcuno - lo aveva svegliato.

«Ciao, Oppa.»

Quella voce squillante gli fece venire la nausea.

Namjoon sollevò il capo e si massaggiò la fronte «Che ci fai qui?»

MinHee fece spallucce e guardò alcune delle statuine Kaws riposte sulla libreria «Volevo sapere del tuo mal di testa. Ho visto la porta aperta ed eccomi qua.»

Il ragazzo respirò a fondo per rilassarsi il più possibile.

«Sto meglio, ti ringrazio» rispose e fissò la libreria senza interesse.

Ancora frastornato dal brusco risveglio, si allungò per recuperare la bottiglia di thè alla pesca posata sulla scrivania.

Si sentiva a disagio con MinHee presente nel suo studio e avrebbe voluto invitarla ad uscire, ma aveva in parte gradito la sua gentilezza.

La osservò curiosare tra i suoi libri e oggetti ordinatamente riposti sulle mensole di legno, con un dito MinHee toccò il muso di una statuina Kaws nera.

«Ne hai collezionate davvero tante» le scappò un sorriso e si sporse per scrutarne ogni dettaglio «ricordo quando tu e Hobi Oppa ne avevate pochissime perché erano molto care.»

«E ora ce le regalano» Namjoon bevve un sorso di thè, ma non era abbastanza dolce da lavargli via l'amaro che - da troppo tempo - permeava nella sua bocca.

L'aria si era fatta pesante, si sentiva soffocare e la presenza della sua ex non lo aiutava per nulla.

«Che carino questo talismano!» la ragazza accarezzò con un dito il souvenir che l'anziana ristoratrice aveva regalato a lui ed Eve durante la cena a base di tteokbokki e hotteok, la notte in cui lei accettò la sua proposta di convivenza.

Lo prese in mano per vederlo più da vicino, ma Namjoon - con uno scatto fulmineo - glielo strappò via facendolo cadere accidentalmente a terra.

Il talismano si crepò in un angolo proprio come l'animo del ragazzo che, con gli occhi lucidi, fissava l'oggetto.

«Scusami Oppa! Non volevo romperlo» si portò le mani al petto dispiaciuta per quel piccolo incidente.

Namjoon si lasciò cadere sulla poltrona, fissava il souvenir incrinato e provò una strana sensazione.

Si sentiva come quell'oggetto per lui così importante, rotto, confuso per quell'assurda situazione che forse esisteva solo e unicamente nella sua testa.

Lo strinse tra le dita sentendo sotto i polpastrelli la crepa. Doveva parlare con Eve e lo avrebbe fatto subito dopo il breve incontro se non addirittura prima, anzi, lo avrebbe annullato per dedicarsi solo e unicamente a lei.

«Oppa?» MinHee gli si era avvicinata e lo scrutava preoccupata.

Namjoon era concentrato su quel talismano, quasi in trance. Voleva trovarsi ovunque tranne che in Hybe.

Avrebbe tanto voluto chiudere gli occhi, riaprirli e ritrovarsi a qualche giorno prima, a quella sera sul divano abbracciato ad Eve a baciarla, coccolarla, ridere insieme e rivivere la meravigliosa illusione di un bambino in arrivo.

Ripensò al calore dei suoi abbracci, alla risata contagiosa e alla voglia di stringerla a sé e quell'illusione sembrava così reale quando sentì qualcosa di caldo e morbido sulle proprie labbra.

Aprì gli occhi spalancandoli e per una frazione di secondo si sentì smarrito, confuso.

MinHee gli si era seduta sulle gambe e, con le braccia al collo, lo stava baciando con trasporto.

Sconcertato, dischiuse le labbra per dire qualcosa, ma lei ne approfittò per approfondire quel contatto e stringersi di più a lui.

Il sapore una volta così dolce e familiare di MinHee gli dava la nausea così come il calore del suo corpo.

La afferrò per le spalle stringendole per allontanarla da sé e cacciarla via dal suo studio, dalla sua vita e correre verso l'unica donna che amava realmente.

«Joon!»

La voce stupita e concitata di Hoseok gli colpì le orecchie e sentì un lungo brivido correre lungo la colonna vertebrale.

Era rimasto immobile, impietrito così come Yoongi che, incredulo e completamente senza parole, spostava lo sguardo da Namjoon e MinHee ad Eve, anche lei ferma sull'uscio della porta.

MinHee gli era ancora seduta in braccio con le braccia attorno al collo ed Eve non smetteva di fissarlo.

«Oh, ci hanno visti» sussurrò stringendosi di più, ma Namjoon era concentrato sulla propria ragazza che lo stava guardando senza proferire una parola.

Eve non mosse un dito, nemmeno quando l'Airpad che stringeva al petto le scivolò a terra, ma ciò che fece più paura a Namjoon furono gli occhi di lei completamente privi di vita.

La luce che tanto amava si era spenta nell'esatto momento in cui lo aveva visto baciare MinHee

«Cosa cazzo stai facendo?» Yoongi ruppe quel pesante silenzio facendo destare per un secondo Eve che, all'improvviso, cominciò a tremare e scuotere il capo.

«Jagi, io...» gli si mozzò il respiro quando la vide indietreggiare per allontanarsi dallo studio e scappare via.

D'impulso, spinse con forza MinHee gettandola a terra e, ignorando i lamenti dell'attrice, uscì di corsa dal suo studio travolgendo i due amici rimasti all'ingresso.

Doveva raggiungerla, fermarla ad ogni costo e non gli importava nulla delle conseguenze che sicuramente avrebbe pagato ad alto prezzo.

«Amore, fermati!» urlò disperato, infischiandosene dei dipendenti presenti nel corridoio, ma più aumentava il passo per rincorrerla più la vedeva scivolare via dalle sue mani. Impanicato, riuscì ad afferrarla per il bavero della giacca del completo girandola come una bambola di pezza senz'anima.

«Ti prego, ascoltami» la supplicò sull'orlo delle lacrime, ma non ottenne nessuna risposta.

Eve lo fissava senza vederlo realmente, riacquistò per qualche secondo coscienza di sé, e con gli occhi carichi di lacrime e delusione lo colpì in pieno viso facendogli girare la testa di lato tanto lo schiaffo era potente.

La guancia bruciava, pulsava, ma era nulla confronto al dolore che lo stava dilaniando dentro.

L'aveva delusa causandole una ferita che sapeva non si sarebbe mai rimarginata.

Sordo al chiacchiericcio della gente attorno a lui, si accorse in un secondo momento che Eve si era allontanata ed era riuscita a prendere l'ascensore.

Con il cuore in gola, corse per le scale saltando gli scalini a due o a tre col rischio di cadere e rompersi l'osso del collo.

Arrivò al parcheggio con il fiato corto e la gola secca.

Non gli importava di ricevere un secondo schiaffo da lei, di essere insultato o mandato direttamente al pronto soccorso.

Doveva fermarla, sequestrarle le chiavi dell'auto e parlarle di quanto successo, ma più si guardava attorno e più l'ansia gli attanagliava la gola.

Per una frazione di secondo, la speranza si accese in lui quando notò l'automobile azzurra che spiccava in quella moltitudine di SUV neri come il carbone.

Corse verso la vettura sperando di trovarla rintanata al suo interno in lacrime, ma quando la raggiunse il suo cuore si fermò: il portachiavi a forma di granchio che le aveva regalato era a terra insieme alle chiavi.

Eve era sparita e Namjoon si maledisse per quanto accaduto: aveva ferito la donna che amava.

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Era seduta sull'altalena all'interno dell'area giochi. Stringeva con forza le fredde catene metalliche e, lentamente, si dondolava da diversi minuti.

Il viso era bagnato di lacrime e le spalle tremavano per il pianto.

Eve non riusciva a smettere di singhiozzare, si morse il labbro quasi a sangue e per un istante vide tutto nero.

Era devastata, l'immagine di loro due si baciavano le lacerava il petto e più chiudeva gli occhi e più quella scena si conficcava nella sua testa.

Fuggita dall'azienda senza una meta precisa, aveva corso fino a sentire i polmoni bruciare e i piedi doloranti giungendo in quella piccola area verde.

Non poteva tornare a casa né rifugiarsi nel vecchio appartamento da Baek consapevole che Namjoon l'avrebbe cercata, inoltre aveva abbandonato l'auto nel parcheggio della Hybe perché non era in grado di guidare.

Le mancava l'aria e le mani ripresero a tremare, ma a lei non importava più nulla.

Namjoon l'aveva tradita con MinHee e una parte di lei aveva cessato di esistere.

Continuò a piangere nella solitudine di quel parchetto deserto e avvolta dal buio. Il sole era calato da oltre un'ora, ma per Eve il tempo sembrava essersi fermato quando aveva aperto la porta dello studio.

Completamente estraniata dalla realtà e dal mondo circostante, non si accorse della ghiaia che scricchiolava sotto il peso di alcuni passi fino a quando non vide due paia di scarpe entrare nel suo campo visivo.

Eve alzò lentamente il viso e puntò i suoi occhi lucidi e arrossati dal pianto in quelli scuri e profondi del ragazzo che, di fronte a lei, la osservava dall'alto.

«Finalmente ti ho trovata.»


Angolo Autrice

Ammetto che sto odiando Namjoon (e di conseguenza me stessa) mentre soffro per Eve.
MinHee ha finalmente mosso le pedine sulla propria scacchiera colpendo il tallone d'Achille di Namjoon: Eve
Siamo nel bel mezzo della bufera, in una delle fasi che credo essere una delle più importanti della storia.

Non so cos'altro aggiungere se non un "non odiatemi!"

A presto!

Borahae😊 💜

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