39 - Drifting

Capitolo 39

24 agosto 2021

Si stava mordicchiando il labbro inferiore, i grandi occhi da cerbiatto erano spalancati per la scena che si stava svolgendo di fronte a sé: il maestro di arti marziali di Taehyung era stato messo al tappeto per la seconda volta di fila.

«È terrificante» Jungkook si voltò verso Namjoon, seduto alla sua destra «ma Noona non era una principiante?»

Il rapper scosse il capo, la fissava piegata in avanti per aiutare il maestro ad alzarsi da terra «sapevo solo dell'autodifesa basi, non kung fu.»

«Credo sia tecnica mista o qualcosa di simile» Taehyung era estasiato, lo sguardo fisso sulla sua Noona che fletteva le braccia per riscaldare i muscoli «non segue una sola disciplina, ma le mescola tra loro. È bellissimo!»

«Non credo che Jimin sia dello stesso parere» Seokjin rise alla vista dell'amico che si trascinava come un condannato a morte verso Eve che, in pochi secondi, lo mandò al tappeto.

Namjoon non proferì parola, concentrato sulla sua piccola e fragile libellula che lo aveva stupito mostrando una estrema padronanza di quella disciplina.

La vide con un leggero sorriso sulle labbra, lo stesso di quando si annoiava, come se allenarsi con i ragazzi non fosse divertente o appagante.

Provò un brivido quando si voltò verso di lui e gli tese la mano per invitarlo a raggiungerla e mettere in pratica quelle nozioni base che gli aveva spiegato un'ora prima.

Si guardò intorno, i ragazzi sghignazzavano al pensiero di vederlo a gambe in aria, compreso Baek che, seduto accanto a Hoseok, lo scrutava con vivo interesse.

«Settemila won che Noona lo stende in due secondi!» esclamò Seokjin pregustando una vittoria più che assicurata.

«Facciamo dieci secondi, per me sarà più morbida col suo yeobo» Jimin si mise a sedere massaggiandosi una spalla per la caduta «non è forte, solo molto veloce.»

Namjoon si morse il labbro e si trascinò verso Eve che lo aspettava a braccia conserte.

Era arrabbiato e nervoso, non solo non voleva che i ragazzi si fossero presentati senza preavviso in palestra - ad esclusione di Taehyung e Jungkook invitati proprio dalla ragazza - ma si rifiutava di simulare un'aggressione nei confronti di una donna, soprattutto se si trattava della sua.

«Sei pronto?»

La voce di Eve era allegra, calda e si fermò qualche secondo per scrutare il suo viso.

«Jagi, non so se-»

«Ce la farai» si avvicinò a lui posando le mani sul petto «se non ti senti a tuo agio, simulo io l'attacco e tu tenti la difesa. Va bene?»

Namjoon annuì, le mani di lei gli strinsero forte le spalle e scesero verso le braccia. Pensò alle nozioni ricevute, alle basi per liberarsi da quella morsa, ma non fece in tempo a metterle in pratica che un intenso dolore si irradiò lungo la schiena mentre sentiva uno strano sull'addome.

Lo scoppio di risate di Jimin non tardò ad arrivare, Namjoon era sdraiato a terra con Eve seduta sopra di lui e si chiese come fosse finito a terra in un sol battito di ciglia.

«Ma cosa...?»

«Sei lento, Yeobo. Riproviamo.»

Dolorante e ancora frastornato, si rialzò per ritrovarsi, due minuti dopo, ancora steso sul pavimento.

Le risate incontrollate dei ragazzi lo infastidivano così come la frustrazione di Eve che sbuffava ad ogni suo fallimento.

Si sentiva un perfetto idiota.

«Devi essere più deciso» lo ammonì Eve, ma Namjoon scosse la testa.

«Ho paura di farti male.»

«Ci stiamo solo allenando, non preoccuparti» lo aggirò e gli afferrò le braccia portandogliele dietro la schiena, ma il rapper non se la sentiva di metterle le mani addosso anche se si trattava di una simulazione.

Non riuscì ad aprire bocca che, per la terza volta, si ritrovò col culo a terra.

Osservò Eve che si riportava indietro una ciocca di capelli. Si mordeva il labbro inferiore e rivolse uno sguardo implorante a Baek, seduto poco distante da loro.

«Ti stai annoiando?»

«Sì, Oppa» si legò i capelli in una coda alta e fissò l'amico che si avvicinava a loro pronto ad allenarsi con lei.

«Non sarò clemente, tesoro.»

«Non chiedo di meglio» ghignò Eve e Namjoon si sentì a disagio, escluso dai due ragazzi che – puntualmente – si rifugiavano in una bolla tutta loro.

Raggiunse il resto dei Bangtan e, scocciato, si mise a sedere fulminando con lo sguardo la propria ragazza che era scoppiata a ridere dopo una battuta dell'uomo.

Non era nemmeno riuscito a sostenere dieci minuti di allenamento che lei lo aveva rimpiazzato con Baek.

«Mi stai ascoltando?»

Namjoon sollevò il capo. Eve gli era di fronte con le mani ai fianchi che lo fissava dall'alto.

«Ero distratto, scusami.»

La vide scuotere il capo e inginocchiarsi di fronte a lui «voglio che tu osservi bene i nostri movimenti. Non ti chiedo di arrivare al nostro livello, ma forse potrà entrare in questa bella testolina qualche nozione che ti sarà utile in futuro.»

«Vostro livello?»

«Ho parlato con il sensei, vuole assistere a un combattimento vero» gli diede un rapido bacio sulle labbra e lui tremò per un istante.

Combattimento vero?

La seguì con lo sguardo mentre raggiungeva il tatami e prendere dalle mani di Baek quelli che sembravano essere dei bastoncini di legno e posarli in un angolo insieme ad altri oggetti.

Si strinse le spalle, gli occhi fissi su di lei che si preparava all'allenamento ed era seriamente preoccupato, al contrario dei ragazzi eccitati nel vedere un combattimento di arti marziali.

«Sono davvero curioso» esclamò Jungkook, impaziente di scoprire le vere capacità di quei due e cercò di coinvolgere nella sua euforia anche Namjoon, ottenendo in cambio solo un'occhiataccia.

«Secondo voi sarà solo una simulazione o-» il maknae non fece in tempo a terminare la frase che il sordo rumore di un corpo schiantato a terra lo fece sobbalzare.

Eve era sdraiata a terra con Baek sopra l'addome, una mano premuta contro la sua gola e una ferma su un polso.

L'istinto di Namjoon lo spinse ad alzarsi, pronto a spingere via l'uomo per liberarla da quella morsa, ma Eve riuscì a svincolarsi con un rapido movimento del bacino mettendosi in piedi.

La vide ridere, eccitata, e scorse nei suoi occhi uno strano bagliore «tutto qui, Oppa?»

«Mi sto solo riscaldando» la schernì e con uno scatto felino provò a darle un pugno all'altezza dello stomaco che venne scansato per un soffio.

A Yoongi andò di traverso l'acqua che stava bevendo. Osservò i due ragazzi con occhi sgranati seguendo con enorme fatica i vari movimenti.

Se il punto di forza di Baek era la resistenza fisica, Eve vantava di un'enorme agilità e velocità dei movimenti. Digrignò i denti quando la ragazza fu lanciata a terra con un forte schianto e si chiese se si fosse rotta qualche osso. La vide alzarsi lentamente, toccarsi il labbro insanguinato e si voltò verso Namjoon che fissava inerme la scena mentre stritolava una bottiglietta d'acqua vuota.

Era nervoso e quella situazione non gli piaceva per nulla.

Sapeva della gelosia che l'amico nutriva nei confronti di Baek ed era più che consapevole che il disturbo psichiatrico di Eve potesse riemergere da un momento all'altro, ma in quel frangente lei stava riversando nelle arti marziali tutto lo stress accumulato nell'ultimo periodo.

«Taehyung-ssi, posso farti una domanda personale sui tuoi amici?»

Il ragazzo annuì al suo maestro. Notò l'entusiasmo nel volto dell'uomo che, sorridente, seguiva con vivo interesse i due combattenti sul tatami.

«Come mai hanno imparato questa tecnica di combattimento?»

«Non lo so, Eve-ssi ci ha raccontato di aver preso lezioni di autodifesa personale perché lavorava in luoghi poco sicuri.»

Il rumore secco di due oggetti che si scontravano catturò la sua attenzione.

Baek stringeva un bastone di legno come un'arma portandolo dietro di sé, pronto a colpire quello della ragazza.

Sobbalzò all'ennesimo tonfo sul tatami e di Baek a terra con Eve sopra al suo petto a bloccarlo con il bastone premuto contro la gola.

«Autodifesa personale?» il maestro rise a bassa voce, incrociò le braccia e fissò Taehyung «Quella che vedi è una disciplina nata nell'esercito israeliano, si chiama Krav Maga. È tanto affascinante quanto letale.»

A quelle parole, Namjoon smise di respirare.

Guardò Eve impugnare il bastone di legno facendolo roteare con una semplicità disarmante e pensò a quel pomeriggio prima della loro vacanza a Jeju, quando rincasò in anticipo trovandola cantare mentre puliva in pavimento.

In quell'occasione l'aveva spaventata piombandole alle spalle e lei si era subito messa sulla difensiva puntandogli la scopa come un'arma, proprio come in quel combattimento con Baek.

«Mi scusi sensei» la voce gli uscì strozzata «Cosa intende per letale?»

Lo sentì ridere e in lui il nervosismo aumentò a dismisura.

«Possono causare la morte dell'avversario e quei due sono di un altissimo livello» il maestro si strofinò le mani sulle gambe, si leccò le labbra e sorrise «mi piacerebbe averli come istruttori nella mia scuola.»

Il rapper spalancò la bocca, sconcertato da quella rivelazione e tornò a fissare la sua ragazza che continuava ad allenarsi con Baek.

Tremò fino al midollo.

I loro movimenti erano calcolati, puliti, molto veloci e utilizzavano ogni parte del proprio corpo per attaccare e difendersi, dai pugni bloccati prontamente dalle braccia fino ai calci diretti verso lo stomaco o altri punti vitali.

Eve, la sua dolce e delicata libellula, aveva mutato forma.

Era violenta, rideva ad ogni mossa e sembrava quasi dipendente da quella violenza che si stava consumando in quell'allenamento, e Baek la seguiva a sua volta.

«Quanti anni sono passati dall'ultima volta, tesoro?»

La voce profonda e baritonale del fotografo catturò l'attenzione dei Bangtan.

Jimin sobbalzò quando Eve lo fece crollare con un calcio al ventre e per un secondo incrociò il suo sguardo: era carico di ira, truce e il sorriso che le curvava le labbra non era rassicurante, ma sinistro.

Non sembrava più lei.

«Noona mi fa paura» pigolò a bassa voce trovando approvazione da Seokjin che annuì lentamente.

Un altro rumore sordo e il maggiore saltò sul posto.

Eve si trovava a tre metri di distanza da lui in ginocchio, le braccia bloccate dietro la schiena con una mano e una corda stretta al collo.

«Ma cos-»

Il maestro lo zittì con il gesto di un dito e lo invitò ad osservare in silenzio.

Il viso della ragazza era arrossato, imperlato di sudore e le labbra socchiuse alla ricerca di ossigeno.

Baek strinse la presa sulla corda arrotolando un'estremità a un polso, si avvicinò all'orecchio di Eve quasi a sfiorarlo con le labbra.

«Ti ricordi la safe word?»

Non rispose. Chiuse gli occhi e con un movimento secco del capo colpì Baek al naso facendolo sanguinare.

La corda scivolò a terra, Eve tossì alla ricerca di ossigeno e si mise seduta a terra regalando all'uomo un enorme sorriso.

«Certo che me la ricordo» rispose. Si leccò il labbro insanguinato e lo fissò con uno sguardo pregno di eccitazione, come se quella sessione violenta avesse scatenato in lei una malsana lussuria «origami!»

L'uomo scoppiò a ridere, le porse una mano aiutandola ad alzarsi e le diede un bacio sulla guancia e a quella scena Namjoon si sentì escluso di nuovo.

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«Hai lasciato il National Geographic? Come farai con il visto?»

EunJoo si era presa una pausa dal lavoro.

A quell'ora della sera la caffetteria era sempre deserta, salvo per qualche impiegato che si era attardato in azienda.

Controllò per l'ennesima volta il bancone e trattenne il respiro quando vide Yoongi prendere una bottiglia di whisky direttamente dalla parete degli alcolici.

«Tranquilla, non è impacciato come Joonie» Eve bevve un sorso di Talisker e rise quando il povero rapper fu preso d'assalto da Jimin e Hoseok con i bicchieri in mano pronti a soffiargli la bottiglia «se rompono qualcosa mettilo pure in conto.»

I ragazzi avevano deciso di concedersi una serata tutti insieme subito dopo la palestra scegliendo come luogo d'incontro il locale di EunJoo.

Eve li guardò con amore, sorrise quando Taehyung pizzicò il sedere di Jungkook e si morse il labbro alla vista di Jimin che cadeva dallo sgabello.

Quando la sua attenzione si posò su Namjoon, notò che il ragazzo la stava osservando con un enorme sorriso e lo vide alzarsi dalla sedia per raggiungerla.

«Cosa stai bevendo, Jagi?» chiese annusando il liquido ambrato dal bicchiere ancora stretto tra le dita di Eve.

«Talisker, un whiskey. Vuoi assaggiare?»

«No grazie, preferisco la mia birra» Namjoon prese posto al fianco della ragazza, allungò il braccio sulla sua schiena per accarezzarla, sentirla vicino a sé.

Era seriamente preoccupato per Eve e della sua decisione nel licenziarsi al National Geographic per dedicarsi interamente alla Hybe.

«Dovevo fare una scelta. O te o il lavoro e ho scelto te» ed Eve aveva messo in pratica quella decisione così importante il giorno dopo con una semplice telefonata alla redazione.

Avrebbe lavorato solo e unicamente per la Hybe, condiviso i suoi medesimi spazi e avrebbe avuto la possibilità di vederla sempre e – cosa fondamentale –allentato il cordone ombelicale che la legava a Baek.

Erano tutti aspetti più che positivi, ma Namjoon era ugualmente triste. Non voleva che Eve si annullasse per lui rinunciando a un impiego che, nonostante fosse stancante, era la sua vera passione.

Giocò con un ricciolo arrotolando al suo indice e fu attratto dai riflessi rossi di quei lunghi capelli profumati di erbe.

Senza rendersene conto, si trovò a fissare il profilo di Eve.

Nonostante fosse dimagrita e il viso più pallido del solito, brillava di una luce propria e, d'istinto, le accarezzò una guancia.

«... il gioco.»

Namjoon sbatté le palpebre e si ritrovò EunJoo a fissarlo in attesa di una sua risposta.

«Scusa, puoi ripetere?»

«Jin Oppa mi ha parlato del vostro gioco» la giovane puntellò i gomiti sul tavolino, sorresse il capo con le mani e osservò la coppia con vivo interesse «fatico a credere che Namjoon-ssi sia fidanzato, per me è stato uno shock.»

«Perché? In fin dei conti stai frequentando Jin, cosa c'è di diverso tra voi e noi due?» chiese Eve mentre vuotava il bicchiere.

«Forse perché tra tutti e sette lui è quello più puro, è asessuato come gli angeli...»

«Asessuato e puro? Lui?» Eve sgranò gli occhi e scoppiò a ridere fino alle lacrime «Ma se mi inchioda su qualunque superficie e mi sbatte come un tappeto persia-»

Con le orecchie bordeaux dall'imbarazzo, Namjoon le tappò la bocca impedendole di andare oltre «non credo che a EunJoo interessino certi particolari.»

La barista osservò la scena, le guance si erano tinte di un tenue rossore e nascose il viso tra le mani. Era una situazione per lei così nuova, insolita e nonostante stesse frequentando da poco Seokjin, non era abituata ad accostare la figura di uno dei BTS ad una donna.

Namjoon trascinò via Eve da EunJoo portandola dall'altra parte del locale. La strinse forte a sé, lontano dagli occhi e orecchie indiscrete dei suoi amici e cercò la sua bocca per un bacio leggero. La sentì mugugnare appena per il dolore e si staccò per accarezzarle il labbro inferiore.

«Ti fa male?» chiese preoccupato continuando ad accarezzarla.

«È solo un graffio» Eve rise appena, il taglio bruciava ancora.

Namjoon aumentò la stretta dell'abbraccio, affondò una mano tra i suoi lunghi capelli e provò una profonda angoscia.

L'allenamento tenutosi quel pomeriggio lo aveva destabilizzato. La sua piccola e fragile libellula non era così delicata come credeva, ma era forte e veloce come una tigre.

«Possono causare la morte dell'avversario e quei due sono di un altissimo livello»

Le parole del maestro di judo di Taehyung lo tormentavano da quel pomeriggio. Accarezzava il viso di Eve specchiandosi in quegli occhi luminosi e carichi d'amore. Era rilassata, allegra e tutto lo stress degli ultimi giorni svanito come d'incanto e si chiese come fosse possibile che una ragazza per lui così sensibile praticasse uno sport estremo e violento come il krav maga.

«Perché non me ne hai parlato?» chiese incrociando la sua espressione incuriosita «Non sono semplici arti marziali.»

«Avevo smesso di praticarlo» Eve nascose il viso contro il suo petto per sfuggire al suo sguardo indagatore.

«Jagi, guardami. Non c'è nulla di male praticare una disciplina» le prese il mento con due dita obbligandola a sollevarlo «Mi hai solo stupito e, lo ammetto, mi sono spaventato quando ho visto il tuo labbro sanguinare e la corda attorno al collo.»

«Te lo ripeto, è solo un graffio.»

«Come questa?» le accarezzò la cicatrice sulla spalla, vicino la clavicola. Seguì quella piccola pennellata ambrata con il pollice sentendola tremare al suo tocco.

Eve non rispose, limitandosi ad osservarlo con gli occhi lucidi e notò in lei un velo di tristezza.

«Ti va di parlarne?»

La vide chiudere le palpebre e respirare a fondo, con un dito torturò un povero ricciolo e si accorse che le tremavano le mani.

«Non mi sono ferita praticando il krav maga se vuoi sapere questo» mormorò con lo sguardo puntato altrove e Namjoon la obbligò di nuovo a voltarsi verso di sé.

«E con Doyoon? Sei praticamente cintura nera se non di più e non hai mosso un dito contro quel viscido entrando in panico» le asciugò una lacrima che le rigava il viso «Eri arrabbiata e spaventata, ma oggi ti sei trasformata in un'altra persona. Cosa è cambiato da allora?»

In tutta risposta, le labbra di Eve si posarono sulle proprie per un bacio lento, dolce e sensuale.

Non capì quel suo gesto, ma si ritrovò ubriaco di quel contatto.

«Non posso dirtelo» gli confessò fissandolo intensamente negli occhi «ti chiedo solo di fidarti di me.»

Namjoon si arrese del tutto e si lasciò cullare dal suo abbraccio. Posò il mento sul capo respirando a fondo il suo profumo e chiuse gli occhi assaporando quel momento intimo.

«Almeno ti ha scaricato un po' di stress. Se dovessimo mai litigare furiosamente ricordati di non spedirmi al pronto soccorso» le strappò una risata e si unì a lei.

Si sentì in qualche modo sollevato, il suo sorriso era per lui contagioso quasi come quello di Jimin e quando vide comparire sulla sua guancia la piccola fossetta, si divertì a punzecchiarla con la punta dell'indice.

«Ragazzi, siete ancora dei nostri?» Hoseok sbucò da dietro l'angolo con una lattina di birra stretta in mano «Ho forse interrotto qualcosa?»

«No, stavamo solo parlando» rispose Eve allontanandosi da Namjoon, pronta a raggiungere i ragazzi nell'altra stanza, ma lui la fermò prendendola per un polso.

«Dacci solo due minuti e vi raggiungiamo, hyung.»

Hoseok annuì col capo e gli rivolse un sorriso malizioso. Fischiettando e più allegro del solito, si allontanò da loro lasciandogli un po' di privacy.

Namjoon rise tra sé, felice per il buonumore del suo amico e tornò su di Eve.

«Sei libera domani sera?»

«Sì, non dovrei avere impegni.»

Un enorme sorriso mise in evidenza le fossette del ragazzo che, euforico, la prese in braccio.

«Perfetto!» Le sfiorò le labbra con le sue «Tieni la tua agenda libera. Domani usciamo insieme.»

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25 agosto 2021

Namjoon stava controllando l'orologio ogni cinque minuti.

Eve era leggermente in ritardo e lui fremeva nel vederla arrivare al luogo designato per il loro appuntamento stupidamente da loro denominato alla coreana.

Non avevano idee su come trascorrere la serata, per lui l'importante era stare insieme, lontano dal proprio appartamento e liberi di passeggiare tenendosi per mano come una comune coppia di fidanzati.

Erano quasi le undici di sera, i negozi ormai chiusi salvo qualche karaoke nei quartieri dediti alla movida notturna come Hongdae o Itaewon, ma Namjoon aveva un solo ed unico obiettivo: far divertire Eve.

Udì alcuni passi che rimbombavano nella piazzetta deserta e Namjoon, seduto sui gradini del padiglione Palgakjeong, si sciolse in un enorme sorriso quando vide Eve raggiungerlo con ampie falcate.

«Di tutti i luoghi di Seoul dovevi scegliere proprio la Namsan Tower?» chiese portandosi una mano al petto «il taxi mi ha lasciata in fondo alla salita, si è rifiutato di andare oltre sostenendo che il parco era chiuso al pubblico.»

«Scusa Jagi, ma c'è ancora troppa gente per strada. Dobbiamo attendere un po'» si alzò in piedi e la avvolse in un abbraccio prima di posarle un leggero bacio sulle labbra «posso fare qualcosa per farmi perdonare?»

Eve si guardò attorno, scosse il capo «visto che siamo solo noi e forse il guardiano notturno, possiamo andare sulla terrazza panoramica. Dici che ci faranno entrare ugualmente?»

«Non lo so, però possiamo tentare.»

La prese per mano e la guardò per qualche secondo. Le aveva proposto di incontrarsi in un luogo lontano dalla propria abitazione, indossare la medesima felpa grigia col cappuccio e rise quando incrociò l'espressione contrariata di Eve.

«Sei carina.»

«Me lo auguro, perché sarà la prima e ultima volta che indosseremo gli stessi abiti.»

Rise soddisfatto. Con la mano di lei stretta nella sua, si avviarono verso la terrazza panoramica adornata da migliaia di lucchetti dell'amore di ogni dimensione, molti venduti dal distributore automatico posto all'ingresso.

«Non ti azzardare a prenderne uno» lo ammonì Eve quando Namjoon si fermò di fronte la macchinetta con vivo interesse.

«Sono carini.»

«Portano sfiga» incrociò le braccia e gli rivolse un sorriso a mezza bocca «saranno esposti alle intemperie del tempo, si ricopriranno di ruggine e sicuramente cadranno nel dirupo dopo l'erosione della plastica andando così a inquinare e danneggiare il terreno. Vuoi davvero comprarne uno e contribuire alla contaminazione dell'ambiente?»

A quell'esternazione, Namjoon sgranò inizialmente gli occhi e scoppiò a ridere. La prese tra le braccia posando il mento sulla sua spalla «mi mancava questa tua vena romantica.»

«Non prendermi in giro.»

Risero insieme e scrutarono il panorama notturno della città che, dalla torre, sembrava un mare di piccole stelle.

«Quello deve essere il Museo Nazionale» indicò Eve col braccio teso studiando dall'alto la capitale.

«Se vuoi, appena siamo liberi possiamo andarci. È da un po' che non lo visito.»

Eve annuì senza distogliere lo sguardo dal panorama notturno.

Vagò con lo sguardo attento ogni singola luce, seguì il percorso del fiume Han e corrucciò le labbra in una smorfia di disappunto quando una collina oscurò in parte il paesaggio.

«Non si vede casa nostra» borbottò scocciata e Namjoon perse un battito cardiaco dalla gioia.

Era rilassata, serena e lui si sentì finalmente sollevato.

Lo spettro del disturbo psichiatrico della ragazza era la sua preoccupazione quotidiana e in quegli ultimi giorni l'aveva vista nervosa.

Era ancora vivo in lui il ricordo del combattimento di arti marziali in palestra, si era sfogata con Baek e quella sua strana espressione lo aveva fatto tremare: era diversa, aggressiva ed eccitata alla violenza.

Le accarezzò i capelli e quando si voltò verso di lui, la scrutò in viso. La sua Eve era tornata la ragazza dolce di cui era innamorato, la sua piccola peste infagottata in quella felpa enorme identica alla sua.

«Cosa c'è?» chiese e Namjoon scosse il capo.

«Nulla» rispose senza smettere di accarezzarle la chioma. Le sfiorò una guancia e le strappò un sorriso «Ti va di fare qualche foto ricordo prima di cambiare zona?»

«Dove vuoi andare?»

«A Hongdae. Non dovrebbe esserci più nessuno.»

Eve sollevò un sopracciglio «Il quartiere universitario? È pieno di club, la gente fa nottata e rincasa all'alba.»

«Hai qualche suggerimento?»

La vide prendere il cellulare e guardare Naver Map. Erano distanti dai quartieri tranquilli e la metropolitana, a breve, avrebbe terminato il servizio.

«Escluderei Itaewon e Gangnam.»

«E Mapo? È da una vita che non ci vado e poi è deserto a quest'ora.»

«Ci vorrà una vita e bisogna per forza prendere un taxi» sbuffò, ma l'espressione infantile di Namjoon la intenerì. Sorrise e si arrese ai suoi capricci «E va bene, hai vinto però non ci sarà nulla se non un paio di pub.»

«A me va bene tutto, mi basta solo stare con te.»

L'abbracciò forte e la baciò con delicatezza. Era felice al suo fianco, su quella terrazza e la città ai loro piedi.

Trascorsero gran parte della serata a passeggiare per i ballatoi della Namsan Tower scattando diverse fotografie e scoppiarono a ridere quando, chiusi in un photobox, si fecero immortalare indossando cerchietti dalle varie forme.

Namjoon aveva scelto un copricapo con Pikachu al centro mentre Eve, stranamente propensa a indossare quegli accessori, si era fatta fotografare con un paio di orecchie da coniglio rosa impreziosito da una coroncina di fiori tra i capelli.

Risero come due adolescenti nell'impostare i vari filtri e Namjoon, approfittando di un momento di distrazione di Eve, le rubò un bacio che fu immortalato sulla carta patinata.

«Così posso tenerla nel portafoglio» si giustificò quando incrociò il suo sguardo corrucciato in una smorfia di rimprovero.

«Possono vederla.»

«L'unica persona che può metterci mano sei tu, Jagi. Chi vuoi che la veda?» rispose e nascose l'istantanea nel taschino dietro le carte di credito prima di prenderla per mano «E ora basta stare qui, andiamo a Mapo.»

Eve sbirciò il cellulare, notando l'orario e rivolse al ragazzo uno sguardo dispiaciuto.

«Joonie, sono le due e domani dobbiamo essere in agenzia.»

«E il nostro appuntamento?» annaspò. Voleva fare tante altre cose come passeggiare per le strade di un qualsiasi quartiere, fermarsi a vedere le vetrine dei negozi chiusi, camminare come una coppia normale.

Eve gli si avvicinò per accarezzargli il volto freddo a causa della brezza notturna. Era dispiaciuta quanto lui, ma si erano dilungati sulla Namsan Tower fino a perdere la cognizione del tempo.

«Ho visto che ci sono delle biciclette a noleggio qui fuori» sussurrò alzandogli il cappuccio fin sopra il capo «Se vuoi, possiamo tornare a casa in bici, attraversare tutto il parco e se abbiamo tempo, fare un salto al fiume Han. Che ne dici?»

Gli occhi di Nam si allargarono di gioia. Le schioccò un bacio sulla guancia e la prese per mano, pronto per precipitarsi in strada e correre lungo la discesa verso la fermata degli autobus, deserta per l'orario notturno.

Eve scoppiò a ridere trascinata dall'euforia del ragazzo e lui non riusciva a contenere la propria gioia.

Era spensierato, la mente leggera e finalmente si sentiva un ragazzo comune lontano dai problemi che quotidianamente lo assillavano.

La stampa, i fan, i giornalisti ed ipotetici scandali, negatività varie tutte momentaneamente relegate nel dimenticatoio.

Sbloccarono due biciclette e pedalarono lungo la discesa raggiungendo in pochi minuti il quartiere Hannam.

L'appartamento distava solo un chilometro e Namjoon di rabbuiò per qualche istante.

Tornare a casa, in quel momento, segnava la fine del loro appuntamento e, di conseguenza, il rientro alla routine.

Guardava Eve pedalare al suo fianco, i capelli danzavano al vento e anche se il viso era parzialmente nascosto dalla mascherina nera, Namjoon riusciva a scorgere il suo sorriso.

«Mi fermo un minuto al konbini, ho la gola in fiamme. Vuoi dell'acqua?» chiese accostandosi al marciapiede per smontare dalla bicicletta.

«Sì, grazie. Ti aspetto qui» si appoggiò con le braccia sul manubrio e la vide entrare nel negozio.

Guardò l'insegna azzurra che riportava a caratteri cubitali la sigla GS25 e la tristezza gli attanagliò la gola per qualche istante.

Avrebbe voluto entrare nel minimarket con lei, comprare l'acqua e piazzarsi di fronte lo scaffale dei cibi istantanei e scegliere insieme il ramen da consumare direttamente nel negozio.

Passarono meno di tre minuti, la ragazza uscì con un sacchettino tra le mani e corse verso di lui pronta a salire in sella.

«Sei stata velocissima.»

«Te l'avevo detto» gli porse una bottiglietta d'acqua «ah, ti ho comprato una cosa, ma non azzardarti a condividerla su Weverse o Twitter che rischia di andare in sold-out in poche ore.»

Curioso come un bambino, Namjoon si allungò verso il sacchettino nero e spalancò gli occhi dalla sorpresa quando gli mostrò sette piccole confezioni di dolcetti.

«Li ho visti per caso alla cassa e so quanto ti piacciano i Pokémon, li hanno messi sul marcato oggi» Eve lesse l'etichetta di una confezione blu «Questo dev'essere quello al cioccolato. Ah, ma ci sono delle card al loro interno!»

Scoppiò a ridere e gli mostrò l'immagine di Charmander «Che carino, tu cos'hai trovato?»

La fissò inebetito, completamente perso nel suo mondo. Guardò l'involucro verde della merendina e si sentì al settimo cielo. Era un semplice spuntino di poco conto e forse non era nemmeno buono, ma per lui aveva un enorme valore: Eve si era ricordata della sua passione per i Pokémon e lui amava quei piccoli e semplici gesti come l'acquisto di una stupida merendina.

«Ho trovato te» rispose con una card di Krabby tra le dita, abbassò la mascherina e le rubò un bacio sulle labbra «domani non andare in agenzia. Rimaniamo chiusi a casa.»

«Perché?»

Namjoon non rispose. Si ricompose e le accarezzò i capelli prima di raccoglierli e alzarle il cappuccio della felpa.

«Voglio poltrire tutto il giorno sul divano» scoppiò a ridere e guardò un'ultima volta la card che aveva trovato all'interno della merendina «e poi voglio scegliere con te un raccoglitore. Mi piacerebbe collezionarle tutte.»

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27 agosto 2021

Era riuscito a convincere Eve nel socializzare con i propri colleghi.

«Dovresti passare più tempo con loro. Perché non vai alla cena aziendale?» gli aveva suggerito quella mattina e in quel momento, a sera inoltrata, si ritrovava chiuso nel suo Rkive ad annoiarsi.

Le aveva promesso di aspettarla nello studio in modo da rincasare insieme, ma aveva terminato il suo lavoro in anticipo e fissava l'orologio ogni cinque minuti: erano quasi le venti e trenta.

E aveva fame.

Decise di recarsi all'area break alla ricerca di qualcosa di commestibile alla macchinetta che non fosse il solito orribile tramezzino farcito con una disgustosa salsa all'avocado, ma si bloccò quando scorse la figura di Eve in fondo al corridoio.

Era immobile, appoggiata alla parete con una mano e il pensiero che stesse avendo un malore o che fosse troppo ubriaca da reggersi in piedi lo fece correre come un fulmine verso di lei.

«Che ci fai già qui? Stai bene?» le prese il viso tra le mani scrutando i suoi occhi lucidi.

Una profonda angoscia si impadronì di lui. La sua piccola libellula luminosa si era spenta e quel maledetto velo di tristezza era tornato a offuscarle lo sguardo.

«Guardami. Cosa è successo?»

Eve non riusciva a parlare e cercò rifugio tra le braccia di Namjoon che, interdetto, si limitò a stringerla a sé.

Le accarezzò la schiena con una mano per calmarla e una miriade di pensieri negativi scorsero nella sua mente

Quella mattina era rilassata, serena e due ore prima l'aveva salutato col sorriso sulle labbra per uscire dall'azienda e raggiungere i colleghi a cena.

Pensò ad un'aggressione per strada, una tentata rapina o peggio, ma lei era in grado di difendersi.

«Calmati amore, ci sono io» le sollevò il viso cercando in quegli occhi lucidi e carichi di paura una risposta, ma si bloccò quando vide Sejin raggiungerlo a passo svelto.

«Si-Hyuk vuole vedervi. Ora» il tono serio che usò il manager fece attorcigliare le viscere al ragazzo che aumentò la presa sulle spalle tremanti di Eve.

Aveva un terribile presentimento.

------- 💜 -------

S

i stava torturando le mani, ansioso.

Non era la prima volta che Si-Hyuk lo convocava nel suo studio all'improvviso, ma la richiesta di portare con sé Eve lo preoccupava non poco.

L'uomo era seduto alla sua elegante scrivania. Si puliva compulsivamente gli occhiali, lo sguardo prima puntato su alcuni documenti si alzò verso Eve.

«Non so come esprimere la mia totale delusione.»

A Namjoon si seccò la gola. Non capiva cosa avesse fatto arrabbiare PDnim in quel modo e lo fissò mentre si alzava dalla sedia di pelle.

«Vi ho dato la mia più totale fiducia e voi cosa fate? La tradite!» lanciò con rabbia un plico di fogli pinzati sulla scrivania e puntò un dito contro un Namjoon alquanto smarrito «Eravamo rimasti d'accordo per gennaio, ma tu hai fretta e ora l'azienda non fa altro che parlare di voi due.»

Al rapper mancarono le parole «C-cosa?»

D'istinto si voltò verso Eve, visibilmente dispiaciuta e gli occhi ancora arrossati. Era strana, silenziosa e sembrava fosse prossima al pianto.

«Si dia il caso che l'altra sera una nostra dipendente vi abbia visto insieme per Hannam. Cosa vi è saltato in mente uscire come due fidanzatini come se nulla fosse?»

Namjoon sbiancò all'improvviso. Erano stati attenti, non avevano incontrato nessuno ad esclusione del guardiano della Namsan Tower e del cassiere del GS25 e non si capacitava di essere stato colto in flagrante da una dipendente a quell'ora della notte.

«Mi dispiace» la voce bassa e tremante di Eve lo fece trasalire. Sentì una stretta allo stomaco e la vide avvilita, lo sguardo basso e le labbra contratte in una strana smorfia.

Le accarezzò una spalla sentendola tremare sotto le proprie dita.

Non l'aveva mai vista così, triste e spaventata come una bambina ripresa dal proprio padre. Si era chiusa in sé stessa, si torturava un braccio conficcando le unghie nella carne.

«Eve-ssi, da te non mi aspettavo un simile errore» sibilò Si-Hyuk sempre più irato «hai idea delle conseguenze che ne deriveranno da oggi in poi? Come possiamo gestire una simile bufera?»

«Nello stesso modo in cui era stato pianificato per gennaio» Namjoon si morse subito il labbro. Era intervenuto senza rendersene conto.

Guardò di sfuggita Eve. Fece un piccolo passo avanti avvicinandosi all'uomo e pensò alle parole da utilizzare per stemperare l'atmosfera.

«Non so cosa sia accaduto, ma mi assumo tutta la responsabilità.»

«È abbastanza grande da rispondere da sola» lo azzerò Si-Hyuk che posò la propria attenzione sulla donna in attesa di un suo cenno «Allora?»

«Sono davvero mortificata» Eve chinò il capo, i lunghi capelli le coprirono il viso e a Namjoon parve di vedere una lacrima cadere a terra «cercherò una soluzione insieme a Sejin. Mi conceda del tempo.»

«E sia. Ne parleremo domani mattina insieme a Sejin. Ora, lasciami da solo con lui per favore.»

Eve chinò nuovamente il capo e senza rivolgere lo sguardo ai presenti, uscì dallo studio lasciando i due uomini da soli.

Il silenzio che riempiva lo studio era pesante, quasi soffocante.

Quattro mesi. Dovevano vivere nascosti nell'ombra per altri quattro fottutissimi mesi e la direzione avrebbe finalmente resa pubblica la relazione tra lui ed Eve tutelando la privacy di quest'ultima e invece aveva rovinato tutto.

Come sempre.

Deglutì a vuoto la saliva e prese un profondo respiro prima di dar voce ai propri pensieri.

«Sono stato io» Namjoon annaspò, era nervoso gli sudavano le mani.

Eve dipendeva totalmente dal contratto di lavoro stipulato con la Hybe e se Si-Hyuk lo avesse rescisso, lei sarebbe stata costretta a tornare al suo paese.

Gli si contrasse lo stomaco quando l'uomo lo fulminò con uno sguardo severo.

«Non difenderla, Joon.»

«Ma è vero» gli mancava l'aria, la paura di perderla aumentò a dismisura «non voleva uscire e ho dovuto insistere per trascinarla fuori. Ci siamo concessi una sola passeggiata e siamo stati più che attenti.»

«Ma non del tutto» Si-Hyuk gli sventolò sotto il naso un plico di fogli stampati, diverse e-mail accuratamente ordinate e pinzate «i nostri dipendenti parlano di voi due da giorni.»

Con il capo chino, fissò con astio quei fogli sentendo il sapore acido dei succhi gastrici che gli impastavano la bocca quando scorse la parola bastarda straniera tra le righe.

Odiava dover dare delle giustificazioni per essersi concesso una passeggiata notturna, odiava quella corrispondenza telematica tra i dipendenti, persone di cui non conosceva nemmeno il nome.

Odiava sé stesso per aver messo nei guai Eve.

«Non mandarla via» mormorò. Riprese a torturarsi le mani, gli mancava l'ossigeno e non riuscì a calmarsi nemmeno quando Si-Hyuk lo prese per le spalle.

«Per quale motivo dovrei licenziarla?» gli rivolse un sorriso paterno «è brava nel suo lavoro e mi serve. Dobbiamo solo arginare questa situazione che si è creata.»

Tornò a sedersi sulla poltrona di pelle, le dita premute sulle tempie e gli occhiali calati sul naso.

Aveva un aspetto orribile, stanco. Si-Hyuk si abbandonò ad un profondo respiro.

«Sono stato giovane anch'io e ti capisco, ma non siamo ancora pronti per rendere pubblica la vostra relazione.»

«L'importante è che non lo sappia la stampa. Siamo stati sempre attenti, ci concediamo qualche passeggiata di notte in luoghi deserti e-»

«Ti chiedo solo discrezione, soprattutto in questo periodo. Non vi vieto di uscire, potete andare dove vi pare, ma evitate luoghi turistici e affollati come Hannam che viene preso d'assalto dai fan» esausto, si passò una mano in viso e si abbandonò a un basso rantolio pregno di frustrazione «dobbiamo preparare nuovi documenti di riservatezza per i documenti e decidere eventuali sanzioni. Preparati al peggio, perché non so quanto riusciremo a zittire lo staff, soprattutto gli stagisti.»

------- 💜 -------

Non diede tempo alla porta di chiudersi alle sue spalle che Namjoon corse per il corridoio del piano.

Doveva trovarla, assicurarsi e non sapeva da che parte iniziare le sue ricerche. Forse aveva preso il taxi ed era tornata a casa oppure si era rinchiusa nel suo ufficio o Rkive.

Il cellulare vibrò e ringraziò il cielo quando lesse un messaggio di Jungkook che lo avvisava essere insieme ad Eve e di raggiungerlo subito all'area break.

In pochi minuti raggiunse il maknae trovandolo seduto al tavolino con lei.

Era in lacrime, le spalle sussultavano ad ogni singhiozzo e per un secondo si stupì nel vedere Soobin dei TXT seduto vicino a lei.

Jungkook gli liberò il posto e lui si sedette vicino a lei. Le accarezzò il viso bagnato di lacrime, le spalle e incurante della presenza di Soobin, la abbracciò stringendola forte.

«Calma, sistemeremo tutto» le sussurrò in un orecchio, ma Eve non rispose.

Era inerme, distrutta e lui non sapeva dare una spiegazione a quel crollo emotivo.

Alzò lo sguardo incrociando quello stupito di Soobin, ancora seduto al loro fianco con un pacchetto di fazzoletti stretti in una mano.

«Allora è vero» mormorò calamitando su di sé l'attenzione di Namjoon e Jungkook.

«Cosa?» chiese il più piccolo, lanciando sguardi allarmati al suo hyung.

«Di Eve-ssi e Namjoon-sunbaenim» la voce di Soobin divenne un sussurro. Si guardò attorno per accertarsi che non ci fossero altre persone ad esclusione di loro quattro e tornò sugli artisti «dicono che voi due siete amanti.»

A quelle parole, Jungkook smise di respirare e spalancò i suoi grandi occhi in un'espressione stupita, sconvolta. Si voltò verso Namjoon, arrabbiato oltre misura, che non smetteva di stringere a sé Eve.

Era una situazione spinosa, delicata e il minore non seppe come reagire se non chiudersi in silenzio e attendere una risposta dal suo hyung.

Non era aggiornato sulle voci di corridoio tra i dipendenti della Hybe, trascorreva intere giornate chiuse in palestra o nello studio - come gli altri membri - inoltre non amava dilettarsi nella "nobile arte di scambio di informazioni" come Seokjin.

Si mordicchiò il labbro continuando a spiare di sottecchi Namjoon, avvilito: il suo hyung si trovava in una situazione difficile.

«Junkookie, accompagni Eve nello studio?» la voce bassa e profonda del rapper lo fece sobbalzare.

Annuì in silenzio, come un bambino ubbidiente, cinse con un braccio la ragazza dalle spalle e uscì dall'area break.

Rimasti solo, Namjoon fece roteare il collo per rilassare i nervi contratti e il silenzio calato tra loro non fece altro che aumentare il disagio tra i due artisti.

«Mi puoi dire cos'altro hai sentito su Eve?»

Soobin si irrigidì «Ecco, non credo tu voglia saperle realmente.»

«Sono già a conoscenza delle voci su noi due, Si-Hyuk mi ha già aggiornato. Voglio sapere cosa sta accadendo in azienda e senza censure.»

Il ragazzo sospirò. Fece leva sui propri gomiti puntellati sulle ginocchia per sostenersi, fissò il pavimento incapace di guardare negli occhi Namjoon «Provengono dagli uffici di relazioni estere, dove lavora Eve-ssi e non sono molto gentili con lei.»

«Soobin, per favore. Arriva al punto»

«Dicono...ecco, le danno della puttana che tradisce il marito e che si è avvicinata a voi solo per puro interesse» il ragazzo prese un profondo respiro e si umettò le labbra prima di proseguire «sostengono che sia stata assunta solo perché va a letto con te e poi-»

Si fermò, imbarazzato per quella situazione per lui così surreale e incapace di continuare ad elencare tutte le offese che i dipendenti della Hybe dedicavano alla donna. Sentì le mani di Namjoon posarsi sulle proprie spalle, stringendole con delicatezza.

Alzò lo sguardo e di fronte a sé non vide uno degli artisti che più ammirava, ma un uomo stanco e distrutto.

«Mi dispiace, sunbaenim.»

«Non è colpa tua, anzi. Ti ringrazio» gli mostrò un sorriso nervoso prima di alzarsi pronto per raggiungere Eve quando Soobin, d'istinto, lo trattenne per il bordo della felpa.

«Non la licenzieranno, vero? Le vogliamo bene.»

Si morse l'interno della guancia prima di rispondere e calmare quel suo giovane collega in pensiero per la propria insegnante d'inglese «rimarrà con noi, non preoccuparti»

Uscì dalla stanza per correre verso il suo studio. Si chiese come fosse possibile che l'azienda pensasse quelle cose su Eve in così poco tempo.

Erano trascorsi solo due giorni dalla loro passeggiata notturna, quel momento di pura libertà che ora lei stava pagando a caro prezzo.

Si diede la colpa per quanto accaduto: aveva proposto lui di uscire senza scorta come una normalissima coppia di fidanzati.

Aprì la porta dello studio, Yoongi e Hoseok erano seduti sul divano con Jungkook che abbracciava Eve, apparentemente calma.

«Ci siete anche voi» e non fece in tempo a raggiungere la ragazza che la figura di Yoongi gli si parò davanti.

«Che cosa sta succedendo, Joon?»

Giusto. Cosa stava succedendo?

Lo invitò a seguirlo in corridoio, seguito da Hoseok e si appoggiò con la schiena al muro.

«Ci hanno scoperto.»

«Cosa?» Yoongi divenne più bianco dell'intonaco «Com'è possibile? Siete stati sempre attenti.»

«È colpa mia, eravamo di fronte al konbini vicino casa e mi sono abbassato la mascherina per-» si morse il labbro e fissò i propri piedi «Sono un coglione. PDnim si è incazzato con entrambi, ma ha puntato il dito contro Eve.»

«Non sai chi è stato?» gli occhi di Hoseok erano spalancati, la voce roca e sembrava più spaventato dello stesso Namjoon.

«Una dipendente» si abbandonò ad un ringhio «erano quasi le tre di giovedì notte, chi cazzo c'è in giro ad Hannam a parte noi?»

Cacciò le mani in tasca per evitare di colpire il muro con un pugno e spaventare ulteriormente Eve al di là della parete.

Era stanco, sfibrato e soprattutto incazzato per le voci che stavano circolando tra i dipendenti, pettegolezzi che – rapidi – passavano da bocca in bocca arricchiti di nuovi particolari danneggiando solo e unicamente la reputazione della ragazza.

Allungò il collo verso il proprio studio. Jungkook stava vedendo un video sul cellulare insieme ad Eve, ma lei sembrava prosciugata di ogni forza vitale e lui si spaventò.

Doveva portarla via da lì, lontano da quel luogo per lei malsano e decise di concedersi un'ultima fuga prima di tornare nella propria prigione dorata.

------- 💜 -------

Erano seduti sugli scalini di pietra di un argine, le luci colorate del ponte Banpo si infrangevano sulle piccole onde del fiume Han.

Eve guardava i grattacieli di Yongsan sulla riva opposta e Namjoon osservava il suo profilo, illuminato dal riflesso della città sull'acqua e di un lampione nascosto tra le fronde di un albero.

Si erano appartati come due criminali in una zona remota del parco utilizzata solitamente dai pescatori, un angolo non frequentato alle due di notte diversamente dal resto del parco, assaltato dalla movida notturna di giovani universitari e coppiette.

Dopo l'incontro con Si-Hyuk, Eve si era chiusa in sé stessa, in quel mutismo che spaventava Namjoon, quel muro invisibile che - una volta crollato - avrebbe solo portato ulteriori problemi.

Le accarezzò il viso ancora celato dalla mascherina nera che, lentamente, le tolse per poterla ammirare completamente.

Un velo di tristezza albergava nei suoi occhi che, nonostante fossero da giorni più chiari del solito, erano spenti.

«Non è colpa tua» sussurrò Namjoon prendendola dal mento per farla voltare verso di sé «sono stato io a non prestare attenzione.»

«Sono un'adulta, dovevo avere più giudizio.»

«Lo siamo entrambi» con il pollice le sfiorò le labbra per risalire verso la guancia «avevamo bisogno di evadere.»

«Non possiamo, ha ragione PDnim» Eve tornò a osservare il fiume. Ingoiò un singhiozzo, le spalle tremarono appena e lui la osservò con la medesima intensità di quella notte lontana, del loro primo appuntamento poco prima di iniziare il folle gioco che li aveva portati ad innamorarsi.

Stesso parco, stessa intimità, ma lei era diversa, cambiata.

La Eve insolente, diretta e spudoratamente sfacciata si stava lentamente spegnendo lasciando il posto ad una donna fragile ed emotiva.

Le accarezzò i capelli affondando le dita nei lunghi e morbidi ricci che profumavano di erbe. Si portò una ciocca al viso per respirare a pieni polmoni il suo odore e per qualche strano e sconosciuto motivo, sentì le lacrime pungergli gli angoli degli occhi.

«Mi fa male vederti così» la voce gli uscì rauca, profonda e finalmente la ragazza gli rivolse l'attenzione.

«Scusami» soffiò in sussurrò e gli regalò un debole sorriso «credo che non potremo riprendere le nostre vecchie abitudini.»

«Amore, non dire così.»

«Lo sapevamo entrambi. Dobbiamo solo attendere gennaio, quando l'amministrazione pubblicherà il comunicato sul tuo stato sentimentale» strinse le dita attorno alle sue ginocchia fino a rendere bianche le unghie.

Abbassò lo sguardo per fissarsi i piedi, per interrompere il contatto visivo con Namjoon, ma lui le sollevò di nuovo il capo posando le labbra calde e carnose sulle sue.

Si abbandonarono ad un bacio lento, dolce e Namjoon le accarezzò il labbro superiore con la punta della lingua rubandole un profondo sospiro.

Inclinò il capo di lato per sciogliersi in quel bacio, approfondirlo e gli mancò l'aria quando Eve si lasciò coinvolgere da quel contatto, dalla lingua che cercava disperatamente la sua per accarezzarsi e ritrovarsi.

Non voleva staccarsi da lei, nemmeno quando udì la voce di alcuni universitari che transitavano sulla pista ciclabile a poca distanza da loro: in quel momento lui era un semplice ventisettenne appartato con la propria ragazza su un piccolo molo nascosto dalla vegetazione e dal buio.

Non gli importava più nulla della bufera in azienda, dell'ipotetico scandalo pronto ad esplodere nei prossimi giorni e, per lui, il possibile anticipo del comunicato su Twitter e Weverse era una liberazione.

Finalmente avrebbe potuto vivere alla luce del sole la sua vita insieme ad Eve senza più nascondersi.

E anche Seokjin con EunJoo e Hoseok con la sua misteriosa ragazza.

«Avrei tanto voluto tenerti così quella notte.»

Eve lo guardò con espressione confusa.

«Il Banpo, quando fui inseguito dalle sasaeng e ti chiesi il numero di telefono» si sciolse in un sorriso imbarazzato, le fossette comparvero sulle guance piene e posò la fronte su quella di Eve sperando di nascondere il suo viso imbarazzato «volevo stringerti a me e riempirti di baci e attenzioni. Anche al museo, sul divano, ogni volta che ci incontravamo fino a quando non mi sono fatto avanti e...aish, sono così felice ora che mi sento uno stupido per aver sprecato così tanto tempo.»

«E allora cerchiamo di riviverli, se possibile» Eve gli accarezzò una guancia e le sfuggì un singhiozzo «perché anch'io mi sono trattenuta per paura di rovinare quello che stava nascendo tra noi, tranne quella notte...»

«Quale?»

«Quando gettai il solitario nel lago, ti eri addormentato al mio fianco. Scelsi di essere egoista e prendermi quello che speravo tu mi donassi» cercò di mascherare un sorriso, ma le labbra si curvano verso l'alto e Namjoon osservò la sua fossetta e gli occhi finalmente luminosi «ti ho baciato mentre dormivi.»

A quella confessione, il rapper tremò dall'emozione.

Le prese il viso con entrambe le mani e si fiondò sulla sua bocca, le strappò un bacio passionale, intenso e smise di respirare quando Eve gli cinse il collo.

«Tutti quelli che vuoi, amore» ansimò senza staccarsi dalle sue labbra «Ti darò tutti quelli che non ci siamo mai dati a partire da ora.»

Angolo Autrice

Finalmente mi sono levata dalle scatole questo capitolo "anticlimax", uno di quelli per cui fremevo nel pubblicare dato che sarà l'apripista di una serie di eventi particolari.

Spero di aver creato il calo di tensione partendo da un inaspettato combattimento quasi letale di krav maga tra Baek ed Eve fino al crollo totale di lei che sembra turbata per qualcosa.

A presto! 😊 💜

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