35 - Forgive me
Capitolo 35
8 agosto 2021
Erano trascorsi quattro lunghi giorni da quando Namjoon fu sorpreso da Eve chiacchierare con MinHee nell'area ristoro dell'azienda.
A nulla valsero le parole del ragazzo che, una volta rimasti da soli la sera al rientro dal lavoro, le spiegò che si trattava di un enorme malinteso e che non poteva esporsi di fronte agli altri idol presenti nell'area comune.
La ragazza non rispose né reagì a quel lungo monologo costellato da patetiche scuse e, da quella sera, decise di punirlo con la peggiore delle torture: il silenzio.
Non si parlavano da allora e per lui, quella situazione, era più che snervante.
Namjoon continuava a lasciarle bigliettini e post-it carichi di frasi dolci, un'abitudine nata per caso quando erano semplici amici, ma lei non rispondeva, ignorandolo totalmente, in più KyungMin si era trasferita nell'appartamento del quarto piano dichiarandosi fuori dai giochi.
«Te la sei cercata, Oppa! Che ti aspettavi, un applauso?» lo schernì amaramente mentre riempiva alla rinfusa una borsa con tutti i suoi oggetti personali per rintanarsi nel nuovo alloggio.
In quei giorni, inaspettatamente, trovò in Baek un ottimo confidente.
In condizioni normali avrebbe trascinato Yoongi, Seokjin e Hoseok in un locale e bere fino ad ubriacarsi e perdere totalmente i sensi, ma non voleva turbare i ragazzi con i suoi problemi personali. Le agende erano fitte di impegni tra interviste, nuovi servizi fotografici per Vogue, GQ Korea e Dispatch senza contare il vario materiale da rendere disponibile su Weverse per gli Army e la lavorazione dei nuovi brani.
Erano tutti stanchi e si rifiutava di tediare i ragazzi riversando su di loro il suo malessere, soprattutto Yoongi, non dopo averlo visto uscire dal Genius Lab quel maledetto pomeriggio insieme ad Eve.
Gli si era chiuso lo stomaco.
«L'hai fatta bella grossa, amico!» lo derise Baek quella sera tra una birra e l'altra prima di strappargli dalle mani la sua quinta bottiglia.
«Bere non ti aiuterà a far pace con lei, alza il culo e torna a casa» lo riprese e Namjoon si trovava ora all'ingresso del proprio appartamento con il morale sotto i piedi e le viscere in fiamme.
Quando varcò la porta chiudendosela alle spalle non trovò il caloroso sorriso di Eve ad accoglierlo, ma solo buio e silenzio.
Era ormai quasi mezzanotte e la ragazza stava dormendo profondamente, avvolta nel lenzuolo in posizione fetale come un piccolo granchio rannicchiato dentro il proprio guscio.
Era il suo tenero e piccolo granchietto.
Namjoon la osservò a lungo prima di recarsi in bagno per lavarsi e cancellare dalla pelle ogni residuo di stanchezza, sudore e birra.
La vedeva tutti i giorni sia a casa che al lavoro, eppure, sentiva la sua mancanza. Aprì l'acqua della doccia e si infilò sotto il getto alla ricerca di un momentaneo ristoro, ma lui era stanco più mentalmente che fisicamente.
Le aveva promesso di proteggerla, di estirpare ogni spina che incontravano sul proprio cammino quando lui, in quel maledetto giorno, ci piantò un intero muro di rovi.
L'acqua tiepida gli lavò via le lacrime che cadevano senza controllo dai suoi occhi. Si morse il labbro, colpì la parete piastrellata con un forte pugno ferendosi alla mano, ma quel dolore era nulla rispetto a quello che albergava negli occhi di Eve: non riusciva a cancellare dalla propria mente il suo sguardo deluso.
Quel giorno lo stava osservando da chissà quanto tempo e lui era così assorto dalle parole di MinHee da non aver prestato attenzione all'orario e non essersi accorto del suo arrivo.
Si era comportato da perfetto idiota.
Uscì dalla doccia asciugandosi il più veloce possibile con l'accappatoio e il phon per i capelli. Era di fronte allo specchio del bagno, una superficie che solitamente rifletteva una coppia di innamorati che dividevano il medesimo lavandino per lavarsi i denti anche se l'appartamento offriva due bagni, ma da quattro giorni lo specchio rimandava l'immagine di un uomo stanco, afflitto e con il cuore a pezzi.
Come diamine avrebbe affrontato il pranzo a casa dei suoi genitori con quello stato d'animo?
Era riuscito a mandare un messaggio al padre avvisandolo della sua presenza chiedendogli di non organizzare incontri a sorpresa come l'ultima volta, ma in quel momento si pentì di aver programmato quella gita a Ilsan.
Raggiunse il letto e vi si infilò piano cercando di fare meno rumore possibile. Avrebbe evitato di respirare, se necessario, ma non voleva svegliare Eve per nessuna ragione al mondo.
Ai suoi occhi, era bella anche mentre dormiva. I capelli erano raccolti in quel morbido chignon che amava da impazzire, le labbra arricciate, un'espressione apparentemente rilassata dipinta in volto.
Quello era l'unico momento della giornata in cui poteva ammirarla senza incrociare il suo sguardo ferito, ma era stanco di quella situazione pesante, di sentirla così distante da sé e decise di gettare alle ortiche il suo stupido orgoglio.
Le cinse la vita con il braccio per stringerla a sé, posando il proprio mento nell'incavo del suo collo. Non gli importava che lei fosse ancora arrabbiata con lui, voleva solo abbattere quel muro invisibile tra loro.
«Perdonami» glielo sussurrò nell'orecchio. Ascoltò il suo respiro irregolare, i battiti del cuore leggermente accelerati: era sveglia.
Eve aprì gli occhi lentamente, gli rivolse quello sguardo deluso e Namjoon si sentì morire dentro.
La fissò senza quasi respirare e tremò quando lei – all'improvviso – gli accarezzò una guancia. Le prese la mano per intrecciare le dita con le sue per paura che lei scappasse via da un momento all'altro e azzerò del tutto la distanza tra loro baciandola.
La strinse forte, si inebriò del suo profumo, del suo sapore, gli sfuggì un ansimo quando Eve dischiuse le labbra per permettergli di approfondire il loro bacio e infilò le mani sotto la maglietta per accarezzargli la schiena.
«Perdonami» mormorò ancora tra un bacio e l'altro, continuò a implorarla mentre lei gli levava la maglietta per spogliarsi a sua volta.
Si ritrovarono abbracciati ad accarezzarsi, a consumarsi di baci, a far l'amore lentamente ascoltando solo i loro respiri e gemiti.
Namjoon si cibò del sapore di quella pelle morbida, profumata e strinse forte Eve guidandola in quell'orgasmo così intenso senza distogliere lo sguardo da quegli occhi appannati dalla lussuria.
Perso totalmente dentro di lei, gemette sulle sue labbra quando raggiunse l'apice del piacere liberandosi del tutto, sdraiandosi su quel corpo caldo e sudato.
Rimasero stretti l'uno tra le braccia dell'altra. Ansimanti, Eve accarezzava il capo di Namjoon poggiato sul suo petto e lui diede un leggero bacio sulla pelle, all'altezza del cuore.
«Ho letto il testo di Stay Alive» gli si strinse lo stomaco quando sentì la voce della ragazza incrinarsi.
«L'ombra diventa sempre più grande, ma va bene perché tu sei la mia immensa luce» continuò, le sfuggì un singhiozzo e fu in quel momento che Namjoon alzò il capo e notò che Eve piangeva.
«Perché tu sei la ragione per cui continuo a vivere» terminò e finalmente posò la sua attenzione su di lui. Le labbra tremarono e trattenne tra i denti quello inferiore per frenare le lacrime che continuavano a rigarle il viso.
Il rapper si sollevò per accoglierla tra le braccia, gli si mozzò il respiro quando Eve esplose del tutto riversando in quel pianto liberatorio tutta la tensione accumulata in quei giorni.
Le baciò le guance, bevve tutte le sue lacrime e si maledisse per essere lui stesso la causa di quella sofferenza «Perdonami, amore mio.»
Non rispose, nascose il volto premendolo contro il petto del ragazzo artigliandolo alla schiena con le unghie, non riusciva a fermarsi e singhiozzava ad ogni carezza e bacio che riceveva.
Era definitivamente crollata e aveva gettato la maschera mostrandogli per la prima volta il suo lato più fragile, più intimo svelando così la sua vera natura: una donna ferita, insicura e piena di paure.
Eve consumò tutte le sue lacrime fino allo stremo, addormentandosi infine tra le braccia di Namjoon che la strinse a sé per tutta la notte.
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«Gesú Cristo!» sgranò gli occhi, le mani strette al volante.
Aveva accostato l'auto inserendo le quattro frecce e non riusciva a distogliere lo sguardo da quella che, a detta di molti, era un'opera d'arte.
Si trovava nei pressi della stazione di Ilsan e di fronte a lei si stagliava un coloratissimo e gigantesco ritratto di Namjoon che ricopriva l'intera parete del Centro Informazioni Turistico, un edificio di tre piani.
«Mi sono dimenticato di avvisarti di questo omaggio. Lo hanno realizzato per i miei prossimi ventotto anni.»
«È inquietante...»
Il rapper rise, imbarazzato. Se da un lato era lusingato di essere il soggetto di quell'enorme murales da poco ultimato, dall'altro si sentiva totalmente a disagio al punto di allungare la strada per evitare di passarvi di fronte.
«Ti piace davvero questo scempio? Tecnicamente è anche ben fatto, ma-» la smorfia schifata di Eve portò Namjoon a ridere fino alle lacrime «Cazzo ridi? Ti rendi conto che sicuramente di notte ci sarà gente che ci piscerà sopra?»
«Lo so, è solo che sei troppo buffa.»
Namjoon le punzecchiò la guancia destra puntellando con l'indice la fossetta. Non riusciva a smettere di sorridere, ancora incredulo per essersi riappacificati la notte scorsa.
Eve guardò un'ultima volta quell'orribile murales e si girò verso di lui.
«Che si tengano quel disegno, io ho l'originale» scoppiò a ridere e si sporse in avanti per strappargli un bacio e tornare sul volante.
Namjoon la vide inserire la marcia e ripartire immettendosi sulla strada principale. Era da tanto che non trascorrevano del tempo da soli in auto a viaggiare. Gli mancavano quei momenti quando, all'inizio della loro amicizia, la ragazza lo trascinava da qualche parte dopo cena per permettergli di respirare in po' di libertà.
Il luogo che preferiva in assoluto era il parco sottostante il ponte Banpo, teatro del loro primo appuntamento di un ormai lontano aprile, il primo di una lunga serie. Adorava sedersi sui gradini di pietra immersi nel buio, con i giochi di luci e acqua sulle rive del fiume Han. Parlavano di qualsiasi cosa, di libri, musica, viaggi per poi spostare quei loro appuntamenti sui divani delle rispettive case a guardare la televisione o commentare gli ultimi titoli letti, ritrovandosi – senza sapere come – abbracciati.
Namjoon la osservò concentrata sulla strada con le dita che tamburellavano sul volante seguendo il ritmo di una canzone.
Era tutto come la prima volta, quando lo aiutò a sfuggire dalle sasaeng che si erano appostate di fronte l'ingresso di The Hill: il giorno in cui il loro gioco ebbe inizio.
«A che pensi?» chiese Eve sentendosi osservata.
«A nulla» mentì e finse di leggere il titolo del brano sul display della radio «Non sei nervosa?»
«Dovrei?»
«Incontrerai i miei genitori.»
«È solo un pranzo» Eve rise, gli accarezzò la coscia e lui colse al volo l'occasione per prenderle la mano.
«Forse non hai capito, Jagiya. Ho intenzione di presentarti alla mia famiglia. Ufficialmente.»
La ragazza abbozzò un sorriso. Anche se non lo dava a vedere era tesa e Namjoon se ne accorse da come si mordicchiava il labbro.
Una canzone appena lanciata sul mercato aleggiò nell'abitacolo, i ragazzi ascoltavano la melodia parlando del più e del meno intervallata dalla voce robotica del navigatore che, dopo alcuni minuti, annunciò l'arrivo a destinazione.
Eve guardò il complesso condominiale di fronte a loro. Era semplice, quasi anonimo, un agglomerato di palazzi di venti piani identici, tanti blocchi di cemento immersi nel verde.
Ilsan era molto diversa da Seoul nonostante fosse quasi inglobata da essa. Era più a misura d'uomo, ricca di parchi, alberi, laghi e i cittadini erano rilassati, immuni dalla frenesia della capitale.
La mano di Namjoon le accarezzò le spalle, scuotendola leggermente.
«Tutto bene?»
«È così strano» si voltò verso di lui per qualche secondo e tornare a osservare l'ambiente intorno «Vedere la città, il quartiere dove sei cresciuto mi fa un certo effetto.»
Namjoon vide che le tremavano le mani, la tirò a sé per darle un bacio sulla fronte «Stai tranquilla e andiamo, su. Ti adoreranno.»
«Bugiardo» si guardò attorno per assicurarsi di non essere stati osservati da curiosi e tornò sul ragazzo «Ti ricordo che avevano trovato una moglie su misura per te. Era molto bella, giovane e-»
«Coreana?» Namjoon la zittì premendole un dito sulla bocca «Deiji era solo un bell'involucro e basta. Io voglio solo e unicamente te.»
«Sì, ma-»
Venne interrotta, di nuovo. Il ragazzo la baciò sulle labbra che sapevano ancora di caffè. Erano dolci, inebrianti e le solleticò appena con la lingua prima di insinuarla in quella bocca invitante. Non gli importava nulla se qualcuno del luogo potesse riconoscerlo.
Nel profondo sperava di incrociare la proprietaria della lavanderia dove si recava sempre sua madre e vederla passare di fronte l'auto, oppure quella ragazza che ai tempi delle medie lo aveva rifiutato definendolo uno sfigato perdente per poi cercare di riallacciare i rapporti anni dopo, quando lo sfigato divenne il famoso Rap Monster dei BTS.
«Un mese fa eravamo all'acquario per il tuo compleanno» le baciò la mano sinistra per scendere verso il bracciale di Cartier che le cingeva il polso «Abbiamo scelto di conoscerci, di frequentarci e di diventare un noi.»
«Lo so» Eve abbozzò un sorriso e le guance assunsero un lieve rossore «Mi hai dedicato delle parole bellissime, non potrei mai dimenticarle.»
Namjoon le diede un altro bacio sulle labbra per tornare a fissarla negli occhi «Non voglio la loro approvazione, solo che ti conoscano e basta.»
Annuì e il ragazzo le strinse la mano.
Erano entrambi nervosi, lui di più e si sentì in colpa per averle mentito. In cuor suo, il rapper sperava di ricevere la benedizione da parte dei suoi genitori. Era pur sempre un coreano legato alle proprie tradizioni, e le relazioni, soprattutto se volte ad un progetto di vita insieme come il matrimonio, dovevano essere in qualche modo approvate dalla famiglia.
Non aveva mai dato peso a quel particolare, in fin dei conti era diventato una star internazionale e sua madre fu l'unica ad appoggiarlo fin dal primo giorno. Credeva che i propri genitori fossero di mentalità aperta, più cosmopoliti, ma l'incontro prematrimoniale organizzato con la famiglia Choi fu per lui una vera pugnalata dietro la schiena.
Aprì la portiera della macchina e prese un profondo respiro prima di fissare il complesso condominiale di fronte a lui.
Avrebbe fatto di tutto per far andare a gonfie vele quell'incontro.
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«Aigo, è arrivata la nostra star mondiale!» Hyunsu abbracciò il figlio accogliendolo con un enorme sorriso.
Namjoon si lasciò stringere da quell'uomo che, al suo fianco, sembrava così esile e minuscolo. Si rese conto che gli era mancato quel calore familiare, il profumo pungente del dopobarba del padre, lo stesso che da bambino rubava quando voleva imitarlo e correva per casa con il viso imbrattato di schiuma.
Ricambiò l'abbraccio, gli diede una leggera pacca sulla spalla e si allontanò quel poco per guardarlo in viso.
«Non ho ancora detto nulla a tua madre» fece schioccare la lingua e si guardò attorno «Allora? Dov'è questa famosa ragazza?»
«Ha ricevuto una telefonata mentre stava parcheggiando, dovrebbe arrivare a momenti.»
«Oh, almeno c'è qualcuno che guida nella coppia» Hyunsu ridacchiò.
Il giorno precedente Namjoon lo aveva contattato per confermargli la sua presenza e raccolse tutto il suo coraggio parlandogli di Eve, che l'avrebbe portata con sé per presentarla ufficialmente.
Inizialmente il padre non reagì positivamente quando il figlio gli confessò di essersi impegnato con una ragazza più grande di lui e straniera, ma Namjoon gli ricordò che proprio loro volevano farlo sposare con una perfetta sconosciuta di cui non sapevano nulla, se non che fosse la figlia di un'amica della madre.
Rimasero fermi nell'atrio del condominio, sull'uscio del portone di vetro, in attesa della ragazza. Hyunsu era seriamente preoccupato per la reazione di Sunhi, così come Namjoon.
La moglie non avrebbe mai accettato una straniera come nuora.
«Non mi hai ancora detto di come vi siete conosciuti.»
Namjoon si mordicchiò il labbro inferiore, ridendo al ricordo del loro primo incontro «Le sono caduto addosso mentre tentavo di prendere al volo l'ascensore. Non me la sono levata più dalla testa.»
«Deve essere davvero speciale per averti fatto perdere il nume della ragione in questo modo.»
«Lo è» alzò lo sguardo e vide Eve che stava percorrendo con passo rapido il vialetto condominiale. Curvò le labbra in un enorme sorriso tutto fossette che attirò l'attenzione dell'uomo.
La ragazza entrò nello stabile e Namjoon la raggiunse subito per tenerle la porta aperta e prenderle dalle mani la scatola di pasticcini che avevano comprato insieme per l'occasione.
«Scusa l'attesa, ma era l'avvocato. Ti racconterò più tardi» cercò di prendere fiato per la breve corsa che aveva fatto lungo il viale. Odiava tardare agli appuntamenti soprattutto se uno di questi era con i genitori del proprio compagno.
«Non preoccuparti» le diede un buffetto sulla guancia e la cinse dalle spalle. Era nervoso e non poteva più tornare indietro. Si voltò verso il padre e non smise di sorridere «Ti presento mio padre.»
Hyunsu chinò il capo, allungò il braccio per stringerle la mano sorprendendo Eve, già pronta a salutarlo con l'inchino e a Namjoon gli venne da ridere nel vedere suo padre comportarsi da occidentale.
Era un buon inizio.
«Piacere, mi chiamo Kim Hyunsu e sono il papà di Namjoon» sillabò lentamente e all'espressione stranita della ragazza, il rapper scoppiò a ridere fino alle lacrime.
«Parla perfettamente coreano.»
«Ah, mi scusi! Che figuraccia!»
«Non si preoccupi, non è successo nulla» Eve si morse la lingua per non ridere e lanciò un'occhiata divertita verso il ragazzo prima di tornare sull'uomo «Suo figlio mi parlò direttamente in inglese quando ci incontrammo la prima volta.»
«Mi ha accennato di un incidente in ascensore» ridacchiò Hyunsu.
Namjoon finalmente si rilassò. Anche se breve, l'incontro tra Eve e suo padre sembrava aver dato un riscontro più che positivo, ma quello che più lo preoccupava era la reazione di sua madre.
Entrarono nell'ascensore e mentre suo padre si dilungava in ringraziamenti per i pasticcini che Eve aveva portato loro, il ragazzo sentiva l'ansia crescere sempre di più. Si passò nervosamente le mani sudate sui pantaloni e l'interno della guancia cominciava a dolergli per i morsi inferti.
Di fronte a lui Eve e Hyunsu chiacchieravano tranquillamente del più e del meno, il display segnava i piani raggiunti diminuendo sempre più la distanza tra loro e l'appartamento fino quando l'abitacolo arrestò la sua corsa e le porte scorrevoli si aprirono.
Deglutì la saliva a vuoto.
Prese per mano la ragazza, stringendola forte. Era nervoso, il sudore gli colava lungo il collo e la gola era arsa, secca come il deserto.
Quando il padre aprì la porta, Namjoon fu travolto dal profumo del kalguksu, il suo piatto preferito.
"Forse è di buon umore, reagirà come papà e adorerà Eve" pensò in cuor suo e per un secondo tremò quando udì la voce della madre in lontananza seguita da rumore di stoviglie e vederla, pochi secondi dopo, far capolino dalla cucina.
«Finalmente sei arrivato, come mai hai-» Sunhi si fermò a pochi passi da lui bloccandosi in mezzo alla stanza. Con un canovaccio stretto tra le mani, squadrò incuriosita la ragazza che era al fianco del figlio. Non l'aveva mai vista prima d'ora e non le sembrava avere l'aspetto di una delle tante guardie del corpo assunte dalla Hybe.
«Ciao, mamma» Namjoon richiamò l'attenzione della genitrice, guardò furtivamente il padre sperando di avere il giusto sostegno e si apprestò a sganciare quella bomba. Cinse la vita della ragazza al suo fianco e rivolse alla madre un enorme sorriso pregno di felicità «Lei è Eve, la mia fidanzata.»
A Sunhi cadde il canovaccio a terra e il sorriso di Namjoon si spense.
Non era un buon segno.
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Stavano pranzando tutti insieme in soggiorno. Sunhi non era riuscita a scambiare una sola parola con Eve e fissava di tanto in tanto il figlio. Era arrabbiata, delusa e non capiva cosa ci trovasse Namjoon in quella donna così diversa da loro.
Guardò il marito che, al contrario, sembrava aver trovato un'armonia tempestandola di stupide domande su come si trovasse in Corea e altre assurdità.
«Questo testone non ci ha mai parlato di te» Hyunsu le versò del makgeolli «Come è nata la vostra frequentazione?»
«Per gioco» Eve rise, si voltò verso Namjoon che si strozzò con un boccone di kalguksu e la guardò sconvolto «È inciampato in ascensore cadendomi addosso, ci siamo ritrovati a incrociarci spesso in atrio. Poi una sera si è presentato a casa mia con una bottiglia di vino e una scatola di cioccolatini.»
«Erano dei pasticcini» il rapper scoppiò a ridere e guardò il padre, visibilmente divertito «Sai, quando gli ho detto di essere un membro dei BTS, mi chiese "BTS? Che azienda è?" Sono rimasto senza parole.»
Hyunsu spalancò la bocca e sgranò gli occhi «Com'è possibile? Sono ovunque, anche sui fazzolettini di carta!»
Il viso di Eve divenne rosso per l'imbarazzo «Non sono un'amante del kpop, in più ho viaggiato a lungo in questi anni e non mi sono dedicata alla musica e all'intrattenimento in generale.»
«Viaggiare non implica isolarsi dal mondo intero» Sunhi ruppe il silenzio parlando per la prima volta «Anche i non amanti del kpop conoscono i BTS.»
«Mamma, per favore.»
«Cosa c'è? Poteva non conoscere i nomi, ma i vostri visi sono ovunque.»
Namjoon sentì il sangue seccarsi nelle vene e lo stomaco attorcigliarsi. Se c'era una cosa che sua madre non riusciva a tenere a freno era proprio la lingua. Spostò l'attenzione dalla donna a suo padre - a disagio come lui - fino ad Eve.
«Signora Kim, capisco a pieno i suoi dubbi» puntò Sunhi negli occhi e Namjoon sentì la tensione attanagliargli sempre di più le viscere. Conosceva quello sguardo e, istintivamente, le strinse il posto.
«Forse quando vivevo ancora a New York ho sbagliato a non aggiornarmi sul mondo musicale ma ho preferito studiare per il master tra un lavoro e l'altro. Conducevo un altro stile di vita e, senza offesa alcuna, la musica e il gossip non rientravano nei miei interessi.»
«Master? Oh, allora sei laureata» Hyunsu fulminò con un'occhiataccia alla moglie e cercò di salvare quella discussione che aveva assunto una strana piega «Cosa hai studiato di interessante?»
«Lingue e Culture orientali con specializzazione in interpretato, poi mi sono trasferita a Seoul e mi sono laureata in Lingua e Letteratura coreana.»
«Due lauree?» sul viso di Hyunsu comparve un enorme sorriso e guardò il figlio facendogli un occhiolino. Era felice che il proprio ragazzo avesse trovato una donna studiosa come lui.
«Devo ancora finire il mio di master e la signorina qui presente ha due lauree con il massimo di voti e la lode» Namjoon la guardò con orgoglio ed Eve divenne rossa in viso. Non amava mettersi in mostra e non gli parlava mai dei suoi studi accademici salvo qualche piccolo aneddoto. Le prese la mano per stringerla e si sciolse in un sorriso enorme «Parla fluentemente sette lingue e PDnim l'ha voluta assumere come nostra interprete ufficiale. Verrà con noi in America sia a settembre che per il tour invernale.»
Sunhi stirò le labbra in una smorfia riducendole in una linea sottile e fissò il figlio senza dire una parola.
Continuò a mangiare mentre i due uomini di casa parlavano del viaggio in America e della partecipazione all'ONU.
Namjoon era in qualche modo rilassato e leggero. Sua madre non sembrava aver accettato Eve, diversamente dal padre, ma l'averla lì con sé insieme ai suoi genitori lo rendeva estremamente felice.
Hyunsu continuava a tempestare di domande entrambi i ragazzi e scoppiò a ridere quando il figlio gli rivelò di aver imparato a preparare la colazione senza avvelenare la gente.
«Lei preferisce le cose dolci la mattina, allora le faccio trovare il cappuccino. È semplice, metto il caffè espresso nella tazza quella grande e poi aggiungo il latte con quella cosa che... com'è che si chiama, amore?» gli sfuggì quel nomignolo affettuoso e Sunhi, sentendolo, si accigliò.
«Si chiama montalatte. La vera sfida non è stata in cucina, ma in auto. Credevo di morire!»
«Auto?» Hyunsu alternò lo sguardo tra i due ragazzi.
«Ho provato a dargli lezioni di guida e stava per schiantarsi contro l'unico lampione del parcheggio. Era anche bello grande e deserto visto che ci trovavamo nel centro commerciale in piena notte» Eve scoppiò a ridere e si voltò verso Namjoon che si finse offeso «Per fortuna che non ti ho fatto guidare la moto come volevi, l'avresti fatta a pezzi alla prima curva!»
«Wow, una moto? Che modello?»
«Una Kawasaki, è la mia bambina!»
Hyunsu ed Eve si immersero in un lungo discorso sui motori, moto da corsa e automobili. Namjoon ascoltò divertito il padre ricordare aneddoti sulla sua gioventù costellate da folli corse con la fedele Triumph Boneville ed Eve gli raccontò dei viaggi in Africa quando era alla guida della Jeep sulle strade dissestate della savana con Baek, al suo fianco, durante le riprese di un documentario.
Sunhi si alzò da tavola in direzione della cucina e, una volta da sola, aprì il rubinetto dell'acqua.
Cominciò a lavare compulsivamente le stoviglie, le pentole che aveva usato per preparare il kalguksu per il figlio e si passò rapida il dorso della mano sugli occhi per asciugare le lacrime. Era profondamente delusa.
«Mamma, stai bene?» Namjoon era appoggiato contro lo stipite della porta, Sunhi non rispose e continuò a dargli le spalle.
La raggiunse, chiuse il rubinetto, le asciugò le mani rese gelide dall'acqua fredda «È per via di Eve?»
La madre alzò lo sguardo, si accigliò di nuovo e si dedicò a riordinare la cucina «Ci sono tante brave ragazze lì fuori. Educate, rispettose, molto belle e tu hai scelto quella.»
«Ha un nome ed è sia educata che rispettosa e per me è bellissima» esalò, scocciato.
«Ti sei fatto solo abbagliare dai suoi occhioni e dalle curve.»
Namjoon spiò verso il soggiorno, a tavola suo padre stava ridendo insieme alla ragazza.
«Cos'è che non ti piace di lei?»
«Tutto» Sunhi lanciò uno sguardo alle spalle del figlio per poi puntare i suoi occhi arrossati su di lui «La conosci da cinque mesi e si è già piazzata a casa tua. Come posso accettare che tu frequenti una che si è subito infilata nel tuo letto?»
«Però la figlia dei Choi andava bene, giusto?» Namjoon serrò la mascella e si morse il labbro inferiore. Non voleva litigare con sua madre né alzare la voce col rischio di farsi sentire da Eve, ma non riusciva a trattenere la propria rabbia «Se avessi accettato Deiji come moglie, avrei dovuto sposarla tra meno di un mese. In quell'occasione andava bene mettermi nel letto una perfetta estranea?»
«È la figlia di Jaehwa, non è una sconosciuta come la tua interprete!»
«Oh, certo! Di lei so solo il suo nome e che è una mia fan» il rapper si appoggiò con la schiena contro il frigorifero per osservare al meglio l'ingresso della cucina e controllare Eve da lontano «Deiji è una bella ragazza, ma non mi interessa. Ho avuto la fortuna di conoscere una donna che non è interessata a me come idol, ma come essere umano. Dici che è prematuro essere già andati a convivere e posso darti ragione, ma voi mi stavate organizzando un matrimonio.»
«È la nostra cultura, lo sai!»
«Ma non la sua!» Namjoon prese la madre per le spalle per obbligarla a guardarlo in faccia «Ci siamo frequentati per tre mesi interi vedendoci quasi tutti i giorni, ci vogliamo bene e riusciamo a convivere nonostante apparteniamo a culture diverse.»
Il rumore di alcuni passi fece voltare madre e figlio verso l'ingresso della cucina: Hyunsu era sull'uscio della porta e rivolse loro uno sguardo severo.
«Cercate di abbassare la voce che si sente tutto di là» si avvicinò al figlio per farlo spostare dal frigorifero per aprirlo e recuperare un paio di birre «Per fortuna ha ricevuto una telefonata e non vi ha sentito discutere.»
«Una telefonata?» chiese Namjoon.
Hyunsu annuì con la testa e aprì una lattina per portarsela alle labbra «Se ti può interessare sta parlando con un uomo, ho sentito una voce maschile anche se ho intravisto la foto di una bambina.»
«Sarà sicuramente suo fratello» il ragazzo si abbandonò ad una risata a mezza bocca e afferrò la lattina guardandola con poco interesse prima di tornare ad osservare la madre con astio.
«Non ti piace Eve perché è straniera, non è così?»
Sunhi non rispose. Incrociò le braccia e tornò a riordinare la cucina.
Calò un pesante silenzio, i rumori delle stoviglie si intervallavano con la voce ovattata in lontananza di Eve.
Il rapper chiuse gli occhi per cercare di calmarsi. La risata della ragazza lo fece tremare, adorava il suo accento britannico e si divertiva quando lei faceva le vocine per far divertire la nipotina proprio come in quel momento.
«I miss you too, my baby! Why don't you make me another drawing? You know I love them, and-»
Namjoon si morse il labbro e strinse con forza la lattina che teneva in mano.
Amore e famiglia.
La guardò in lontananza seduta sulla poltrona che continuava a parlare al cellulare. Giocava nervosamente con un ricciolo attorcigliandolo attorno all'indice fissando un punto nel vuoto quando, all'improvviso, si girò verso di lui e gli regalò un ampio sorriso.
E Namjoon ebbe l'ennesima conferma dei propri sentimenti.
«La mattina mangio ramen con kimchi, verdure e caffè americano con ghiaccio. Lei pane tostato con marmellata o burro d'arachidi e cappuccino senza zucchero» continuò a sorridere ad Eve che era tornata a parlare al telefono con la nipotina «Mi sgrida quando esco in ciabatte definendolo poco igienico, io la riprendo quando si lascia andare ad imprecazioni colorite o se si soffia il naso in pubblico.»
Sunhi si spostò verso la lavastoviglie per caricarla, impilando con estrema lentezza i piatti.
«È vero, ho avuto varie frequentazioni che sono fallite, compresa quella con MinHee, ma con Eve è tutto diverso» continuò rivolgendosi al padre, cercando in lui un supporto «È la prima volta che vi presento ufficialmente una ragazza, lei è davvero importante per me.»
Hyunsu sospirò, abbozzò un mezzo sorriso «Non nascondo che, all'inizio, avrei preferito vederti con Deiji. Conosciamo la sua famiglia da anni, lei è una bravissima ragazza però ti ho visto realmente sereno e felice sono oggi con Eve-ssi.»
«Deiji è perfetta per Namjoon, non quella là» sibilò Sunhi fulminando il marito.
«Oh, piantala! Non ci hai parlato per più di trenta secondi! Mi piace quella ragazza per nostro figlio. È intelligente, ha un enorme bagaglio culturale, lavorano insieme e soprattutto li vedo felici e in perfetta sintonia.»
«È straniera e poi è più grande di lui» prese lo strofinaccio umido e insaponato dal lavandino e cominciò a lavare il piano cottura.
Di fronte a quella chiusura, Hyunsu scosse il capo e tornò a guardare il figlio che, in silenzio, aveva ascoltato quel triste scambio di opinioni «Non capisco perché ti ostini a non accettarla per la sua nazionalità. Hai forse paura del giudizio della gente? Preferisci vederlo sposato con una ragazza scelta da noi per far contenta la tua amica? Nostro figlio è innamorato e a me basta questo.»
«Non la sposerà» lo azzerò Sunhi senza smettere di pulire in modo compulsivo i fornelli «Non voglio che il sangue dei Kim si mescoli con quello occidentale. Voglio dei nipotini coreani, non dei-» si interruppe quando il rumore metallico della lattina sbattuta dal figlio contro il bancone riecheggiò nella cucina.
Namjoon fissava con astio la madre e si morse il labbro quasi a sangue. Uscì senza dire una sola parola per raggiungere Eve che, notando l'espressione scura del ragazzo, interruppe la telefonata.
«Joonie, tutto bene?»
«Andiamo a casa» rispose con voce roca mentre indossava rapido l'inseparabile mascherina e cappello per rendersi irriconoscibile. La prese per mano trascinandola verso l'ingresso ignorando le parole del padre che cercava di trattenerlo.
Camminò a passo svelto lungo il corridoio condominiale fino all'ascensore e cercò di ricacciare le lacrime pronte a rigargli il viso.
Non riusciva ad ignorare le parole della madre: non voleva dei nipoti bastardi.
«Cosa è successo in cucina?» chiese Eve preoccupata per quel cambio repentino di umore, ma il ragazzo non rispose continuando a camminare in silenzio fino alla macchina per trovare, una volta entrato e seduto al lato passeggero, un lieve sollievo.
Era svuotato, la testa gli ronzava e la serenità ritrovata in quella giornata era svanita, volatilizzata come una bolla di sapone scoppiata perché era volata troppo in alto.
Fissava la strada di fronte a lui, le aiuole che costeggiavano il marciapiede e le persone che passeggiavano tranquille alla luce del sole: li invidiava.
Si chiese per quale motivo non riusciva ad essere pienamente felice come tutti. Quando decise di presentare Eve ai propri genitori sperava di trovare in loro un appoggio, un porto sicuro che trovò solo in suo padre.
SunHi si era categoricamente rifiutata di conoscerla chiudendosi a riccio e ignorandola per tutto il pranzo, salvo quell'unica battuta al vetriolo. Non le piaceva perché non era una ragazza coreana e come tale non l'avrebbe mai accettata.
La macchina sobbalzò quando Eve chiuse con forza la portiera sedendosi dal lato guidatore. Avviò il climatizzatore alla massima potenza per rinfrescare l'aria rovente dell'automobile parcheggiata, per ore, sotto il sole.
«Vuoi forse morire asfissiato? Ci saranno oltre quaranta gradi qui dentro!» strillò furiosa e aprì i finestrini per agevolare il cambio d'aria e risparmiare ad entrambi un collasso.
Namjoon non rispose, rimase in silenzio a fissare le persone che passeggiavano placide di fronte a loro fino a quando notò una giovane coppietta che camminava tenendosi per mano mentre si scambiavano innocenti effusioni e la rabbia tornò a infiammargli il petto.
«Jagi» mormorò cercando l'attenzione di Eve. Si levò la mascherina ignorando il disappunto della ragazza per sporgersi verso di lei e baciarla.
«Ci possono vedere» provò a redarguirlo, ma Namjoon era ormai al limite e la strinse forte bloccandola contro il sedile.
Aprì gli occhi durante il bacio. La coppietta era ancora lì, sul marciapiede e la ragazzina rideva coprendosi gli occhi mentre l'altro adolescente cercava di rubarle un innocente bacio sulle labbra per poi guardare rapido l'automobile e tornare sulla propria compagna.
Lo avevano visto e forse riconosciuto, ma il quel momento non gli importava di nulla.
«Deiji è perfetta per Namjoon, non quella là!»
Quella frase continuava a tormentarlo. Sua madre si ostinava a chiamarla "quella là" come se Eve fosse un oggetto insignificante da gettare via dopo l'utilizzo quando per lui era tutto il suo mondo.
La rabbia tornò a impossessarsi di lui al punto che Namjoon non si accorse di averle accidentalmente morso il labbro fin quando non la sentì lamentarsi e allontanarsi da lui.
«Scusami.»
«Non preoccuparti» mormorò Eve riposizionandogli la mascherina nera sul viso e rimettersi comoda pronta per partire.
Seguì ogni suo movimento, le dita che scorrevano sul display del cellulare per spostarsi sul volante. Osservò la sua mano destra girare la chiave nel quadro elettrico, posarsi sulla leva del cambio e inserire la retromarcia per uscire dal parcheggio e tornare sul volante.
Eve era concentrata sulla guida e Namjoon continuò a guardarla mentre si passava le dita tra i capelli per portarli indietro e incastrarli nella sua molletta a forma di farfalla.
Voleva afferrarla quella mano, stringerla e baciarla, ma Eve fu più rapida di lui e gli strinse un ginocchio.
«Assomigli molto a tua madre» rise senza distogliere gli occhi dalla strada «Tuo padre invece è troppo simpatico. Ora capisco da chi hai ereditato la tua vena ironica.»
Namjoon rise a mezza bocca e cercò di nascondere il suo malumore. Eve sorrise, ignara di quelle critiche che la madre le aveva mosso contro, e gli scompigliò i capelli energicamente per dedicarsi al cellulare e impostare una playlist musicale da viaggio.
Il rapper cercò di rilassarsi facendosi cullare da quel brano jazz di cui non conosceva il titolo e si appuntò mentalmente di chiederlo a Taehyung. Accarezzò la mano della ragazza che era tornata a posarsi sul suo ginocchio, con il pollice disegnò dei cerchi sul dorso e si perse nel contemplare le vene che spiccavano su quella pelle chiara.
«Se vuoi, possiamo organizzare una cena a casa nostra sperando che Minnie non ci dia buca come oggi, che ne dici? Potrei rispolverare qualche ricetta di mia nonna per l'occasione.»
Il ragazzo annuì in silenzio, continuò ad osservare Eve e ad ascoltare quella musica jazz leggera, rilassante fino a quando le palpebre divennero pesanti e si chiusero, facendolo scivolare nel mondo onirico.
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Quando entrò in soggiorno dopo aver fatto una doccia rigenerante, trovò Eve sul divano a guardare un documentario scovato su Netflix ed era così assorta da non accorgersi della presenza del ragazzo. Nessuno dei due aveva fame e decisero di oziare per l'intera serata sdraiati comodamente sul divano.
«Cosa guardi di interessante?» chiese Namjoon stendendo il braccio per stringerle le spalle e tenerla vicino a sé.
«La notte sul pianeta Terra. Sono riprese notturne ad altissima risoluzione con telecamere di ultima generazione a sensibilità ultraelevata e termocamere.»
«Sembra interessante.»
Eve annuì e continuò a seguire il documentario insieme a Namjoon. Avevano entrambi steso le gambe con i piedi sopra il tavolino di legno, il rapper guardo quelle di lei, così chiare e snelle rispetto alle sue, decisamente più grosse e muscolose.
Erano lunghe quasi quanto le proprie, più in carne rispetto quelle delle ragazze coreane e più proporzionate al suo corpo.
"Non voglio che il sangue dei Kim si mescoli con quello occidentale. Voglio dei nipotini coreani!"
Nipotini. Bambini. Figli.
Era già la seconda volta che pensava seriamente ad un ipotetico figlio con Eve e non aveva mai preso in considerazione il fattore DNA ed etnia.
Osservò la ragazza al suo fianco, ne studiò la linea del profilo, la forma delle labbra, degli occhi, del naso.
Un figlio. Avrebbe ereditato quei ricci ribelli, l'altezza di entrambi, i suoi occhi che lei aveva battezzato in dragon eyes?
La ragazza cambiò leggermente posizione e rise quando un opossum cadde dal ramo.
Namjoon continuò a studiarla come un quadro, un'opera d'arte vivente. Quando rideva, sulla guancia destra compariva quella fossetta solitaria e il naso si arricciava leggermente.
Indugiò sul suo corpo soffermandosi sulle mani. Erano semplici, snelle e con le unghie smaltate di un rosa tenue. Si trovò a prenderle la sinistra e intrecciare le dita con le sue. Giocò con l'anello indossato sull'anulare, lo stesso che gli donò la sera in cui lei ebbe un attacco di panico, e lo fissò attentamente.
Portavano la stessa misura, un indizio per lui importante: non sarebbe impazzito nel ricordarsi la taglia per quando le avrebbe comprato uno vero.
"È meglio un solitario o un Trilogy? Cosa le potrà piacere di più?" Si chiese quando sentì un brivido alla realizzazione di quanto pensato, ma allo stesso tempo fremeva nel vederla indossare un anello di fidanzamento.
Gli piaceva tutto di quella donna, dalla forma degli occhi fino al modo in cui si portava indietro i capelli con le dita. Amava la sua risata, il vizio di mordicchiare la penna quando era concentrata su qualcosa, lo sguardo assorto e sognante durante la lettura di un libro.
Amava lei con ogni fibra del proprio corpo, ma non voleva affrettare gli eventi, non quella volta.
Settembre. Una lunga attesa di oltre un mese e glielo avrebbe detto sul tetto dell'Empire State Building come prefissato. L'avrebbe abbracciata, si sarebbe messo in ginocchio se necessario e dirle che era lei la donna che amava con tutto sé stesso.
«Tutto bene, Yeobo?»
La voce di Eve gli fece alzare il viso e si specchiò in quegli occhi cangianti.
«Sì, ero solo assorto nei miei pensieri.»
La ragazza lo fissò girandosi appena verso di lui.
Sentì i piedi nudi sfregarsi contro i suoi e d'istinto le afferrò una coscia per portarsi la gamba attorno alla propria vita. Voleva averla vicina il più possibile, avvinghiata a lui e posò la fronte su quella della ragazza.
«Pensavo a noi. A quello che è successo stanotte e nei giorni scorsi» mentì, ma non poteva nemmeno ignorare quanto accaduto in quella lunga settimana di silenzio tra loro.
Il viso di Eve si rabbuiò all'improvviso «Non mi va di parlarne.»
«Invece dobbiamo» le scostò una ciocca ribelle caduta in avanti e le accarezzò la guancia «Non è col sesso e un pianto liberatorio che si risolvono i problemi. Li abbiamo soltanto ignorati e riposti in un cassetto.»
«Lo so, ma non voglio tornare sull'argomento.»
«Io sì» le prese il mento con due dita obbligandola a sollevare il capo e guardarlo «Ci devo lavorare con quella stronza e purtroppo non posso ignorarla quando siamo in mezzo ad altra gente, soprattutto di fronte agli altri Idol.»
Eve sospirò, si mordicchiò nervosa il labbro e fissò un punto nel vuoto «Voglio solo che tu stia attento. Mi fido di te, ma non di lei.»
Un intenso senso di oppressione pervase il petto di Namjoon. Quella frase sulla fiducia lo fece sentire tremendamente in colpa.
"Un lupo travestito da agnello rimane sempre un lupo" glielo aveva sottolineato con quella metafora la sua diffidenza nei confronti di MinHee ritenendo una mera sceneggiata le sue scuse pubbliche di fronte tutta la band, Sejin e Si-Hyuk. Doveva mantenere le giuste distanze, un semplice rapporto lavorativo e invece, in meno di ventiquattrore, le aveva concesso il beneficio del dubbio.
Il verso di un gufo gli colpì le orecchie, le immagini del documentario venivano trasmesse sul grande schermo, ma nessuno dei due lo stava più seguendo.
Il ragazzo spense la televisione e il silenzio calò nuovamente tra di loro.
Si guardarono, stanchi di quella discussione che durava da giorni e distrutti per la gita a Ilsan. Namjoon si tranquillizzò quando scorse un leggero sorriso sulle labbra di Eve.
«Ah, vieni qui!» la tirò dai polsi facendola sdraiare su di sé. Scoppiarono entrambi a ridere quando lui la bloccò con braccia e gambe.
«Vuoi imitare un koala?» Eve cercò di divincolarsi con poca convinzione dalla morsa di Namjoon, arrendendosi quasi subito.
«Beh, non per nulla Koya è il mio personaggio!»
Le mancarono le parole, scosse il capo tornando a posarsi sull'ampio petto del ragazzo.
Rimasero in silenzio a godere di quel caldo abbraccio. Namjoon immerse le dita tra i capelli della ragazza. Gli piaceva la loro consistenza così morbida e sottile rispetto ai suoi, giocò con un ricciolo e voleva fermare il tempo in quel preciso istante.
Una pausa da tutto, dalla sua famiglia, dal lavoro, dalle agende sempre fitte e dai social network. Sentiva la necessità di fermare la sua pressante routine da idol per vivere come un uomo semplice insieme alla propria donna, rilassarsi sul divano come in quel momento per abbandonarsi a semplici effusioni o semplicemente dormire.
«Andiamo a Jeju.»
«Come?» Eve sollevò il capo, lo guardò confusa.
«Il nostro fine settimana insieme. Voglio portarti al mare, a Gwakji.»
«È lontano, ci vorrà almeno mezza giornata d'auto e-»
Namjoon la interruppe con un rapido bacio sulle labbra «Per il mezzo di trasporto ci penso io, non devi preoccuparti» prese il cellulare e le mostrò una serie di luoghi interessanti dell'isola come le cascate di Wonang, la foresta delle camelie, il museo d'arte di Jeju, il villaggio storico e altre attrazioni turistiche e culturali.
«Sarà la nostra prima vacanza insieme. Non vedo l'ora sai? Due giorni lontano da tutto e tutti» Namjoon aumentò la stretta delle braccia, era felice, esaltato come un bambino e non smetteva di baciare la fronte, le guance e la bocca di Eve che rideva di fronte a quella sua irrefrenabile euforia.
"Finalmente un weekend come una coppia normale" pensò il rapper. Non stava più nella pelle, impaziente di vivere quel fine settimana a ridosso di quella data che segnava il raggiungimento del secondo mese di relazione.
Angolo Autrice
Non ho mai fatto così tanta fatica a scrivere come in questo capitolo. Sarà forse la primavera, la stanchezza, ma lo avrò cancellato e riscritto non so quante volte (e la mia cara annacapozza1 ne sa ne sa qualcosa).
Bene, c'è stato il primo e sofferto incontro con la famiglia, appuntamento alla quale KyungMin se l'è scampata inventando una scusa per sfuggire a quello che è stato praticamente un disastro.
La signora Kim non vuole nipoti dal sangue misto, il signor Kim sembra tranquillo e intanto qualcuno vuole sfuggire dai propri problemi organizzando un weekend a Jeju.
Come sempre, vi ringrazio del vostro supporto.
A presto!
Borahae😊 💜
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