29 - Signiel Hotel
27 luglio 2021
Aveva ignorato la sveglia, spegnendo del tutto il cellulare. Voleva restare a letto, abbracciato ad Eve che dormiva profondamente tra le sue braccia. La stava osservando da qualche minuto soffermandosi su quelle labbra arricciate che aveva baciato per quasi tutta la notte.
La sera precedente, dopo la corsa in moto, si erano recati in un piccolo ristorante a conduzione famigliare per mangiare tteokbokki e hotteok. Avevano parlato di tutto senza smettere di tenersi per mano come due adolescenti al primo amore. Namjoon era sereno, felice di trascorrere una serata come un semplice ragazzo senza doversi nascondere dietro mascherine o camuffamenti vari. Si divertì quando la proprietaria del locale, un'arzilla signora di quasi ottant'anni, si sedette con loro raccontando aneddoti sulla propria giovinezza. Uscirono da quel locale con lo stomaco pieno, il morale alle stelle e due talismani porta fortuna per coppie in mano ricevuti in dono dalla ristoratrice.
Namjoon giocò con uno dei suoi ricci senza svegliarla. Non riusciva a smettere di sorridere, ebbro di felicità per quella serata così intensa, ricca di avvenimenti. Alzò la testa dal cuscino, lanciò un'occhiata su quei cimeli posati sul comodino e tornò a stringerla prima di baciarla appena sulle labbra sentendola mugugnare.
«Buongiorno, amore.»
Eve aprì pigramente un occhio, sorrise e stiracchiò le braccia prima di portarle attorno al collo di Namjoon. «Ci stai prendendo gusto.» mormorò con voce profonda e assonnata.
«Gusto per cosa?» rise strofinando il naso vicino il suo orecchio per tempestare di leggeri baci l'incavo del collo.
«A chiamarmi amore.»
«Non mi sembravi dispiaciuta quando ti chiamavo così stanotte.» Le morse una spalla, si sistemò tra le sue gambe rubandole un piccolo ansito quando strusciò la propria erezione mattutina contro la sua intimità, calda e umida.
La sentì ridere, divertita. «Conserva le energie per il gala di stasera.»
«Non ho voglia di andarci.»
«Piantala di fare i capricci.» gli diede un bacio sulle labbra «Ci alziamo, facciamo colazione e poi finisci di fare la valigia.»
Namjoon sbuffò e affondò il viso nel seno di lei. «Dammi altri cinque minuti.» bofonchiò cominciando a baciarle avido la pelle, voglioso di iniziare quella giornata nel migliore dei modi.
«Dai, sono già le nove e ah-» non riuscì a trattenere un gemito quando Namjoon la penetrò con un'unica e secca spinta e buttò la testa indietro, sprofondando nel cuscino. Gli conficcò le unghie negli avambracci e lo fissò intensamente negli occhi, lasciandosi sfuggire dalle labbra un ansito ad ogni colpo di fianchi ricevuto.
«Che incantesimo mi hai fatto?» ringhiò lui con un brontolio gutturale e le disegnò la linea della mandibola con la lingua, raggiungendo l'orecchio. «Mi rendi totalmente pazzo.»
Eve lo strinse dalle spalle e gli cinse la vita con le proprie gambe, attirandolo a sé e cercando di seguire i movimenti del ragazzo. «Io non ho fatto -ah!»
Namjoon le soffocò un gemito baciandola, le morse il labbro inferiore, succhiandolo e solleticandolo con la punta della lingua. Sciolse l'abbraccio e si mise in ginocchio sul letto, prese saldamente Eve per i fianchi e la tirò a sé entrando una seconda volta in lei, muovendosi con più forza. Le strappò un singulto e rise compiaciuto quando la vide mordersi le labbra per trattenere i gemiti.
Nonostante avessero fatto l'amore più volte quella notte fino ad addormentarsi nudi tra le lenzuola, aveva ancora voglia di sentirla sua completamente. La accarezzò con lo sguardo soffermandosi sul petto ansimante e i fianchi che si muovevano sinuosi in perfetta armonia con i suoi. Si chinò per baciarle un seno, catturarlo nella sua bocca, succhiarlo e quando sentì le mani di Eve accarezzargli la nuca e infilare le dita tra i capelli corti, aumentò i movimenti dei suoi fianchi facendosi sempre più strada in lei.
«Ragazzi! Siete svegli?»
La voce squillante di KyungMin dietro la porta della camera da letto chiusa a chiave interruppe quell'amplesso. Si guardarono negli occhi e soffocarono una risata.
«Sì!» rispose Namjoon cercando di modulare la voce.
«Ok, vi aspetto per la colazione... e piantatela di scopare!»
A quell'esternazione, Eve scoppiò a ridere mentre cercava di abbracciare Namjoon che non voleva altro che sprofondare dalla vergogna.
«La odio.»
«No, tu l'adori.» si mise seduta e gli prese il viso tra le mani per dargli un profondo bacio carico di passione. «Dai, andiamo a fare colazione?»
Namjoon rise, si alzò dal letto e la prese per mano, camminando insieme verso il bagno. «Sì, ma ho voglia di farla sotto la doccia.»
***
Era di fronte al frigorifero aperto con la mente ferma nella camera da letto, nel suo bagno, in quell'amplesso intenso e passionale sotto il getto d'acqua tiepida della doccia. Avrebbe tanto voluto tornare in camera, sotto le lenzuola a rotolarsi con Eve, ma doveva affrontare quella giornata e arrivare fresco e riposato per il gala degli sponsor organizzato per quella stessa sera.
Vide le ragazze parlottare tra di loro e sorrise nel vederle andare d'amore e d'accordo.
Da quando aveva litigato con i propri genitori a causa del pranzo a scopo matrimoniale, KyungMin si era trasferita momentaneamente a casa sua.
Le sentì ridere di gusto. «Di cosa state parlando?»
La sorella alzò lo sguardo. «Di questa sera e dell'abito che indosserà Unnie per il gala.» allungò le braccia lungo il bancone, stiracchiandole. «Ah, mi piacerebbe tanto partecipare! Oppa, posso venire anch'io?»
«No, è riservato solo agli azionisti.» prese dal frigorifero il latte e il kimchi da unire ai ramen. «Ed Eve ci farà da tramite con gli sponsor stranieri.»
KyungMin appoggiò il viso sulle proprie mani a coppa, con i gomiti puntati sul marmo. «State cominciando una convivenza e la chiami ancora così. Come mai continuate il vostro gioco?»
La ragazza prese le stoviglie dal cassetto per apparecchiare la tavola. «Tuo fratello teme di rovinare la nostra relazione e poi sono abituata a farmi chiamare Eve.» arrossì quando pensò al significato di quel nome svelato da Namjoon la sera del suo compleanno. «Però ho deciso di porre fine al gioco a Natale, dopo le festività.»
«Come mai proprio Natale?» chiese KyungMin sempre più curiosa.
«Perché saranno trascorsi sei mesi dalla nostra nuova vita insieme e vorrei cominciare il duemila ventidue senza segreti o altro.» Eve guardò con amore Namjoon. «E forse sarò davvero pronta per raccontarvi tutta la mia vita.»
«Se vuoi farlo prima non mi offendo.» Il ragazzo rise, le diede un buffetto sulla guancia prima di tornare alla preparazione dei ramen istantanei.
All'improvviso, Moonie saltò giù dal divano, corse verso la porta d'ingresso e cominciò ad annusarla, scodinzolando come un matto prima di abbaiare.
KyungMin si alzò dallo sgabello per controllare quella palla di pelo e il campanello suonò. «Vado io, tranquilli.»
La ragazza si sistemò rapida i capelli, fermandoli con una pinza trovata a caso sul mobile posto all'ingresso e allontanò il cane. Doveva essere sicuramente il portiere, l'unico ad avere la tessera magnetica che sbloccava l'accesso al decimo piano.
Aprì la porta e quando si trovò Hoseok di fronte a sé, per poco non svenne.
«O-O-Oppa?» biascicò, in panico. Il rapper era lì, che la osservava sorpreso. Era bello come un dio greco, luminoso come il sole d'estate e quello sguardo incuriosito le stava prosciugando l'anima.
«KyungMin? Sei tu?»
"Sì, sono io e ora prendimi!" Avrebbe voluto rispondere in quel modo, ma il cervello decise di abbandonarla e la ragazza si limitò ad annuire, spostandosi di lato per farlo entrare in casa.
Hoseok entrò, seguito dagli altri cinque ragazzi che erano dietro di lui. «Ehi, Jooni-ah, Noona!»
Eve si affacciò e guardò i ragazzi prendere posto sul divano. «Ciao, che ci fate qui?»
«Abbiamo portato la colazione!» Trillò il rapper allegro mostrando ai ragazzi una grande confezione bianca e blu firmata Paris Baguette.
«E anche i caffè.» aggiunse Taehyung porgendo a Eve un cappuccino senza zucchero.
Namjoon si grattò la testa, confuso. I ragazzi erano abituati a piombargli in casa senza preavviso, ormai erano parte della sua famiglia, ma da quando Eve aveva cominciato a fermarsi sempre di più a dormire da lui, le incursioni a sorpresa erano cessate.
«É successo qualcosa?» chiese, prendendo un caffè americano dalla confezione posata sul tavolino.
«No, a dire il vero siamo qui per Noona.» Jimin si sedette sul divano a fianco della ragazza, abbracciandola. «È da tanto che non passiamo del tempo insieme.»
«Piccolo Mochi, ma se mi vedi tutti i giorni al lavoro.»
«Sì, ma nei panni di Eva-ssi e quando sei libera o lavori per il National Geographic o Joonie-hyung ti tiene tutta per sé.» si voltò verso il maggiore e gli rivolse un'occhiata maliziosa. «Non sei tornato in dormitorio. Dov'eri sparito?»
«Colpa mia, l'ho rapito io.» intervenne rapida Eve. «Abbiamo fatto un giro in moto fino a tarda notte, tutto qui.»
Alla parola moto, gli occhi di Jungkook si allargarono, colmi di eccitazione. «Whoa? Sul serio? Ne hai una? Che modello? Posso vederla?»
«È una Kawasaki Ninja.» rise di fronte a quell'euforia «Se mi prometti di comportarti bene e di non ammazzarti, ti insegno a guidarla.»
«Davvero?» balzò in piedi, con un enorme sorriso stampato sul viso, ebbro di felicità. «Prometto, farò il bravo!»
I ragazzi risero di fronte a quell'esplosione genuina di pura gioia di Jungkook. Per loro, il maknae era il piccolino di casa, il cucciolo spaurito che piangeva i primi tempi in dormitorio quando aveva appena tredici anni, lontano dalla propria famiglia così come il resto della band.
Namjoon lo guardò con lo stesso amore di un padre ed era felice che, nonostante i primi screzi e quel terribile incidente, sia lui che i ragazzi avevano trovato una perfetta armonia con Eve.
Jungkook si era buttato tra le braccia della sua Noona, felice come un bambino, e lo vide tempestarla di domande come il colore della carrozzeria, la cilindrata, la velocità massima raggiunta, quesiti ai quali Eve rispondeva pazientemente.
KyungMin era seduta in un angolo del divano in silenzio. Si sentiva a disagio di fronte quel quadretto familiare.
Nonostante li conoscesse da oltre dieci anni, non era mai riuscita ad instaurare un vero rapporto di amicizia con gli amici del fratello a causa delle loro agende più che fitte di impegni, inoltre Namjoon era riuscito a tenerla alla larga dal mondo mediatico per proteggere la sua privacy e quella della propria famiglia.
Sperava di stringere amicizia almeno con i loro fratelli e condividere insieme le gioie e i dolori nell'essere i parenti di star mondiali, ma Seokjung, Geumjae e Jiwoo erano troppo impegnati nelle proprie attività lavorative, mentre gli altri li incontrava solo nelle occasioni ufficiali come i concerti, seduti nell'area Vip insieme ai propri genitori.
Invidiò Eve in lato buono, in pochi mesi era riuscita a instaurare con tutti loro un ottimo rapporto ancora prima della sua relazione con il fratello ottenendo anche il benestare di Bang Si-Hyuk.
Si torturò le dita delle mani, intrecciandole forte tra loro e sentì un calore intenso vicino al proprio viso. Alzò lo sguardo e vide una tazza fumante di caffè americano di fronte a lei.
«Questo è tuo, prendilo.» Hoseok le sorrise mentre le porgeva il bicchiere marchiato Starbucks. «Spero ti piaccia, non conosciamo i tuoi gusti.»
«Oh.» arrossì appena, accettando il caffè «È perfetto, grazie Hoseok-ssi.»
«Ancora gli onorifici? Chiamami Hobi!» rise, facendole un occhiolino e si allontanò per raggiungere Yoongi seduto dalla parte opposta del soggiorno mentre sfogliava un dépliant.
«Cos'è?» chiese il rapper inclinando la testa di lato per leggerne il contenuto.
«Un catalogo di pianoforti.» mormorò a bassa voce. «Immagino che Joonie ne voglia comprare uno per Eve.»
«Comprensibile, ieri mi ha emozionato.»
«Già.» Yoongi ne osservò uno a coda, bianco come la neve. «È la scelta migliore per il suo disturbo.»
«Come scusa?»
«No, nulla.» il ragazzo fissò ancora una volta quella pagina e rivolse uno sguardo ad Eve, seduta sul divano insieme a Jungkook e Taehyung che scherzavano tranquillamente e canzonavano il povero Jimin. La sera precedente, quando Namjoon li aveva avvisati di rincasare senza aspettarlo, si era fermato con i ragazzi qualche minuto in più al Genius Lab quando si udì il suono di un pianoforte.
Erano usciti dallo studio, curiosi, scoprirono che la melodia proveniva dal Golden Closet e si appostarono sull'uscio, aprendo di poco la porta senza farsi beccare.
Spiarono Eve suonare al pianoforte e Namjoon seduto vicino a lei che la guardava estasiato. Yoongi notò l'espressione innamorata dell'amico, assorto in quella cover di Halo e gli venne un groppo alla gola quando Eve prese il volto del ragazzo tra le mani e baciarlo con passione.
La sentì chiedergli di non fermarsi al dormitorio, di stare con lei e chiuse la porta quando vide la coppia abbracciarsi e lasciarsi andare a effusioni.
Nonostante Eve e Namjoon evitassero di baciarsi o altro di fronte a tutti, era consapevole della loro più che attiva vita sessuale a giudicare dai graffi sulla schiena dell'amico, ma un conto era immaginarlo, dedurlo, un altro era vederli - o meglio spiarli - avvinghiati all'interno dello studio.
Lanciò un'ultima occhiata al catalogo. Il pianoforte, una valvola di sfogo.
Yoongi pensò ancora a quella pagina di Wikipedia e gli salì in gola la bile per la rabbia. Si erano ripromessi si raccontarsi tutto, di non nascondere informazioni importanti, ma Namjoon gli stava omettendo una cazzo di condizione psichiatrica come il PTSD.
Aveva effettuato delle ricerche e scoprì che il soggetto affetto da tale disturbo doveva evitare momenti di stress, situazioni ansiogene e altro. Finalmente capì il perché Namjoon, negli ultimi tempi, era più protettivo del solito verso Eve, quasi maniacale, attento a non farla arrabbiare o stressare.
Fanculo. Dovevano assolutamente parlarne e decise di farlo in quel fine settimana, a Gangwon durante le riprese per In the Soop2.
«Yoongi-ah, vieni?» Il rapper alzò il capo e vide Seokjin sbracciarsi con un cornetto caldo in mano. «Manchi solo tu, muoviti!»
Masticò a bassa voce qualche insulto e raggiunse il gruppo al divano.
Quella mattina Seokjin era più rompicoglioni del solito. Era euforico, allegro e si chiese se fosse finito a letto con la barista della caffetteria di fronte al dormitorio.
«Ho un annuncio importante da fare!» Si mise in piedi in mezzo al salotto come un candidato politico pronto ad ammaliare i propri elettori durante la campagna elettorale.
«Ti sei fatto la barista!» urlò Jimin attirando l'attenzione delle ragazze.
«Chi?» chiese Eve in un sussurro.
«Lo hyung è innamorato, te lo spiego dopo.»
Seokjin si mise le mani sui fianchi, il petto gonfio e un enorme sorriso stampato in faccia. «Diventerò zio!»
«Che cosa?» urlarono all'unisono con le bocche e occhi spalancati per la sorpresa.
«Sì!» mostrò ai ragazzi le immagini di un'ecografia ricevuta tramite KakaoTalk. «Mia cognata è incinta!»
«Oddio, congratulazioni!» Eve fu la prima ad alzarsi per correre ad abbracciarlo e dargli un bacio sulla guancia. Seokjin la strinse forte in vita e la sollevò da terra, facendo un giro completo su sé stesso e cominciò a ridere come un matto.
«Un nipote! Sarò un bravo zio?» si chiese con le lacrime agli occhi, visivamente emozionato.
«Che domande ti fai? Certo! E tu sarai Worldwide Handsome Uncle e lui un bambino fortunato!» cinguettò Eve divertita e si allontanò dal ragazzo per permettere agli altri di abbracciarlo e congratularsi.
Prese tra le mani il telefono di Seokjin e osservò l'ecografia. Sorrise dolcemente a quella piccola vita, un piccolo fagiolo racchiuso in una bolla e istintivamente pensò al suo secondo nipote, un altro esserino in attesa di venire al mondo.
Sentì le braccia di Namjoon avvolgerla da dietro, stringerle la vita. «È incredibile. Quel puntino bianco sarà un bambino in pochi mesi.» si appoggiò col mento sulla spalla destra di Eve e osservò con sguardo sognante l'immagine.
«Già.» rispose accarezzando lo schermo.
«Ehi, piccioncini! Non starete mica pensando di fare un figlio, vero?» Hoseok fece vertere l'attenzione del gruppo sulla coppia, ancora abbracciata, e scoppiò a ridere insieme a tutti gli altri.
KyungMin si unì alla risata del rapper. «Se non vi date un freno, rischio di diventare zia molto presto. Siete peggio dei conigli!» esclamò per tapparsi subito la bocca quando incrociò lo sguardo accigliato di Namjoon, ma ormai era troppo tardi e si rese conto di aver attirato del tutto l'attenzione di Hoseok, al suo fianco.
«Whoa? Jooni-ah, con tua sorella in casa? Sei un pervertito!» lo canzonò, abbassando subito il capo per evitare di essere colpito da un cuscino lanciato dalla stessa Eve, rossa in viso.
«La finiamo o no questa colazione?» ringhiò Namjoon, imbarazzato da tutta quella situazione e si cacciò in bocca il primo pasticcino capitato tra le mani. Alzò lo sguardo e vide KyungMin scherzare con Eve, ridere fino alle lacrime insieme ai ragazzi, anch'essi rilassati.
Rise. Si sentì finalmente sereno, perché la loro felicità era anche la sua.
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Eve osservava le luci della città dal finestrino dell'auto, in silenzio.
«Sei nervosa?» Namjoon le prese la mano, stringendola piano.
«No, stavo solo pensando.» gli rivolse un sorriso tirato. «Non vorrei che si creassero problemi visto che arriveremo insieme al Signiel Hotel.»
«Entreremo da un ingresso secondario e poi sei ufficialmente la nostra interprete, non preoccuparti.» le sfiorò la linea del collo, giocando con due morbide ciocche che ricadevano sulle spalle nude. Namjoon la osservò languido in tutta la sua figura. Eve indossava un lungo abito a sirena con una scollatura a cuore non particolarmente profonda e una sola spallina sinistra che le scivolava morbida sul braccio, ma la sua attenzione era focalizzata sulle gambe che si intravedevano dallo spacco centrale dell'abito e sulle Louboutin nere laccate.
«Sei bellissima.» Le accarezzò il viso, avvicinandosi per baciarla ed Eve gettò uno sguardo preoccupato all'autista che, sorridente, li osservava dallo specchietto retrovisore.
Lo ringraziò col pensiero quando l'uomo azionò il pannello divisorio per dare alla coppia la dovuta privacy.
«Joonie, devi stare attento. Per fortuna SeoJoon-ssi sa di-»
Namjoon le posò un dito sulle labbra, interrompendola. «Dovrò ignorarti per tutta la sera e trattarti come una dipendente dell'agenzia.» La fece voltare leggermente di spalle, accarezzandole la schiena nuda ed Eve sentì qualcosa di freddo posarsi sulla propria pelle. Si toccò la gola e si trovò tra le dita un ciondolo, un piccolo anello piatto sostenuto da una sottile catenina argentea.
«Concedimi questi pochi minuti per essere il tuo semplice Namjoon prima di calarmi nei panni di RM dei BTS.» Le diede un leggero bacio sul collo e rise. «Sono nervoso, è la prima volta che partecipiamo ad un evento insieme.»
«Già.» sussurrò Eve. Osservò il gioiello che le era stato appena allacciato al collo e quando lesse la scritta Love sul ciondolo con due piccoli diamanti incastonati, sbiancò. «Ma sei impazzito?»
«Sì.» rise, slacciando ad entrambi la cintura di sicurezza pronto per scendere dall'auto, appena parcheggiata nei sotterranei del Signiel Hotel. «Sono pazzo di te, non l'hai ancora capito?»
Aprì la portiera e uscì rapido per raggiungere l'altro lato dell'automobile e porgere la mano ad Eve per aiutarla a scendere. «E poi quel bracciale si sentiva solo senza il suo compagno.»
Fecero in tempo a scambiarsi un rapido bacio a fior di labbra che lo stridio di pneumatici annunciò l'arrivo delle altre vetture occupate dagli altri membri dello staff e invitati illustri.
Namjoon le rivolse un sorriso cordiale, lo stesso che sfoggiava durante le interviste o conferenze stampa. «Allora, è pronta per la serata signorina Hartmann?»
«Sì, signor Kim.»
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La sala era gremita di personaggi illustri appartenenti all'alta società coreana.
Yoongi stava sorseggiando con lentezza il suo terzo calice di champagne. Era annoiato a morte e odiava quel mondo di miliardari, borghesi e gente snob con la puzza sotto il naso.
Nonostante fosse diventato schifosamente ricco, forse più degli stessi partecipanti di quel gala privato, era rimasto il semplice ragazzo di Daegu che sognava di comporre musica.
Sorrise educatamente alla cameriera che gli prese il bicchiere vuoto per porgerne uno pieno e tornò ad osservare la sala alla ricerca dei suoi compagni. Vide Seokjin al bancone del buffet con un piatto in mano pieno di vari stuzzichini mentre parlava con suo padre, anch'egli invitato in qualità di investitore. Il suo hyung era nervoso, lo notava da come arricciava le labbra e immaginava già il tema di quella discussione, ovvero il matrimonio.
Bevve un sorso di quello champagne che gli solleticava la gola e spostò lo sguardo su Jimin, Taehyung e Jungkook che regalavano luminosi sorrisi a delle giovani ragazze, sicuramente figlie di qualche chaebol e speranzose di trovare un futuro marito in quel mare di gente illustre.
La sua attenzione, però, fu catturata da una figura che lo aveva colpito non appena mise piede in quell'hotel. Eve era distante pochi metri da lui, fasciata in quell'elegante abito nero di Ralph & Russo che le valorizzava ogni sua curva, un corpo fuori da ogni canone di bellezza coreana che aveva attirato l'attenzione di più di un invitato, donne comprese, curiosi soprattutto per la presenza di una straniera al fianco di Si-Hyuk. Stava parlando con i rappresentanti di Louis Vuitton, atterrati a Seoul direttamente dalla Francia e a giudicare dall'espressione soddisfatta del suo capo, la collaborazione con il noto marchio si sarebbe protratta per un altro anno.
Yoongi non riusciva a staccare gli occhi da Eve. Quando la vide nel parcheggio sotterraneo insieme a Namjoon subito dopo essere arrivati al Signiel Hotel, gli si mozzò il fiato. Era dannatamente affascinante, elegante e si perse nel suo viso quando gli passò accanto insieme al suo amico.
Jimin non era riuscito a trattenere una smorfia di disapprovazione quando notò che lei, con i tacchi, era alta quasi quanto Namjoon.
«Dovevi indossare le ballerine. Non è giusto, sei già alta di tuo, Noona.» aveva pigolato il minore e Yoongi dovette mordersi la lingua quando Eve gli rivolse uno sguardo tagliente per ammonirlo sulla confidenza mostrata in quell'ambiente.
Da quando aveva delle ciglia così lunghe? Le sue labbra truccate di rosso erano da sempre così invitanti?
«Finirai per consumarla.»
La voce di Hoseok lo riportò alla realtà. Si girò verso di lui trovandolo appoggiato alla parete con un calice di champagne in mano.
«Sto solo bevendo.»
«No, ti stai facendo del male.» sospirò vuotando in un unico sorso il bicchiere. «Stanno iniziando una convivenza. Sai cosa vuoi dire, vero?»
Yoongi stirò le labbra riducendole in una linea sottile.
«Vivranno come marito e moglie.» concluse Hoseok.
«Lo so, Hobi. Vorrei ricordarti che sono stato io a dare un calcio in culo a Namjoon per sistemare le cose con Eve.» guardò il calice ancora pieno tra le mani, si focalizzò sulle bollicine che, lentamente, si staccavano dal fondo di vetro per risalire rapide in superficie. «A volte mi pento di averlo aiutato.»
Hoseok gli si mise di fronte, gli coprì la visuale sugli ospiti in sala e lo fissò negli occhi. «Hyung. Si sarebbero ritrovati con o senza il nostro aiuto.»
«Non vi credevo così pettegoli.»
Hoseok si guardò alle spalle e si ritrovò Eve che li guardava, divertita. Ma quando era arrivata?
«Ah, Noona...cioè, Eva-ssi. Scusa, ma noi non-.»
Inarcò in sopracciglio, sospettosa. «Farò finta di non avervi sentito.» rubò il bicchiere di Yoongi e bevve lo champagne, trovando sollievo alla gola. «Finalmente! Sto parlando da un'ora senza sosta.»
«Direi che te la stai cavando bene. Temevo andassi in panico.»
«Ti svelerò un segreto, Hobi. Non è il primo ricevimento a cui partecipo.» Eve rise e guardò gli ospiti al centro dell'enorme salone. «Sono tutti uguali. Luoghi eleganti, persone illustre tirate a lucido, stessa noia.»
Restituì il bicchiere a Yoongi e li salutò col capo prima di ritornare in mezzo agli invitati.
I ragazzi la videro avvicinarsi a Namjoon con una scusa, uno scambio di informazioni e Hoseok diede una gomitata a Yoongi quando scorse uno sguardo carico d'amore della coppia della durata di due secondi per poi tornare a conversare con due ospiti.
«Vedi, riescono sempre a ritrovarsi anche nelle situazioni più complicate, come ora.»
Il maggiore si rigirò il bicchiere tra le mani, fissò l'impronta del rossetto sul vetro e alzò il viso per guardare nuovamente la coppia.
Il calice gli scivolò tra le mani, cadendo a terra frantumandosi in mille pezzi.
«Hyung, ti sei fatto male?»
«Hoba, guarda.» boccheggiò Yoongi, insolitamente nervoso. «Cosa ci fa lei qui?»
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Cominciava a sentire la stanchezza di quell'interminabile ed inutile serata. Aveva lo stomaco vuoto ed era riuscito a mangiare qualche tartina per puro miracolo, il giusto quantitativo per far cessare il brontolio del suo stomaco.
Un cameriere gli porse un calice di champagne che accettò più che volentieri. Gli bruciava la gola, aveva parlato per tutto il tempo intrattenendosi con diversi ospiti illustri quali i rappresentati della Samsung, Hyundai e Fila Korea.
Alzò lo sguardo e osservò Eve al fianco di Si-Hyuk dialogare con l'amministratore di Louis Vuitton. Si era avvicinato di qualche passo per captare qualche parola e la sentì parlare fluentemente in francese, una lingua per lui speciale che gli ricordava Prévert, l'autore di quella bellissima poesia d'amore sui tre fiammiferi.
Notò con orgoglio l'espressione compiaciuta del suo capo e degli ospiti, felici di poter interagire direttamente con la Hybe abbattendo ogni barriera linguistica senza dover ricorrere all'inglese. Avrebbe tanto voluto avvicinarsi, presentarsi a loro non solo come artista e azionista dell'agenzia, ma anche come compagno di quella splendida donna che gli illuminava la vita, ma non poteva perché lui era un maledetto idol.
In quell'elegante salone c'era quasi tutto il salotto della Seoul bene, uomini importanti accompagnati dalle proprie mogli, figli e alcuni dalle giovani nipoti. Provò una profonda gelosia quando, pochi minuti prima, un azionista della Coway gli presentò la moglie fresca di nozze.
Odiava quel mondo, detestava l'ipocrisia dell'industria musicale che obbligava i propri artisti ad una vita reclusa priva di alcuni diritti umani, come la libertà di espressione, di amare o relazionarsi con il prossimo.
Relazioni. Namjoon fissò il bicchiere stretto tra le sue dita e pensò ad Eve, alla loro convivenza ormai prossima, al continuo nascondersi dal mondo intero e si chiese se sarebbe mai riuscito a renderla felice.
«Buonasera, Namjoon-ssi.»
Sobbalzò appena e riuscì a non far cadere a terra lo champagne. Alle sue spalle, Choi Kangdae lo stava osservando con vivo interesse insieme alla moglie.
«Buonasera...» chinò il capo salutandoli.
Cosa diavolo ci fanno qui? Gli sudarono le mani.
Erano trascorsi pochi giorni dalla prima e ultima volta che li aveva incontrati a Ilsan, in quel maledetto pranzo organizzato insieme ai propri genitori.
Si guardò furtivo in giro prima di tornare sul signor Kangdae e gli mostrò il classico sorriso di cortesia.
«Rilassati, mia figlia non è presente. Ha rifiutato l'invito. Non voleva incontrarti.»
«Mi dispiace per l'altro giorno, non era mia intenzione offendere la vostra famiglia.»
La signora Choi Jaehwa stirò le labbra in un sorriso stentato. «Non è assolutamente colpa tua, SunHi non conosce le tue frequentazioni. Dovresti aggiornarla prima di creare simili incidenti. Mia figlia si è illusa per nulla, ha pianto per giorni.»
«Avrei ugualmente rifiutato di sposare Deiji anche se non avessi avuto alcuna relazione.» Si grattò il capo, imbarazzato da quell'incontro inaspettato. «Vedete, lei merita un uomo che la ami sul serio e che la renda felice, non uno che la compri a tavolino.»
Jaehwa storse le labbra in una smorfia di disappunto. «Mia figlia stravede per te. Sarebbe stato un matrimonio sicuramente felice.»
«Le avrei reso la vita un inferno.» Namjoon sospirò, affranto. Guardò in lontananza Eve ancora impegnata con le trattative di Louis Vuitton e strinse forte il calice che teneva ancora in mano. «Vedete, molti dei nostri ospiti qui sono accompagnati dai propri partner, mariti, mogli e fidanzate. Noi dobbiamo nasconderci nell'ombra come criminali, comportarci come perfetti estranei come se l'amare qualcuno fosse per noi idol una colpa.»
«È un lato negativo della vostra industria, ne siamo più che consapevoli.» affermò Kangdae.
«Deiji non potrà mai sopravvivere nel nostro mondo, è fragile e verrebbe distrutta dai nostri fan. Basta vedere come è crollata sabato scorso.» Tornò a guardare i coniugi Choi mostrando un sorriso triste. «Volete davvero che vostra figlia conduca una vita del genere?»
«Lei è innamorata di te.» rispose piccata la donna.
«No, signora. Il suo è solo l'amore di un fan verso il proprio artista preferito.»
Jaehwa fissò intensamente Namjoon negli occhi, socchiuse le labbra per chiedergli cosa avesse questa fantomatica fidanzata, ammesso che esistesse sul serio, più della sua adorata bambina. Deiji era bellissima, intelligente, ben educata e nonostante quell'idol fosse il figlio di una delle sue più care amiche, non riusciva a perdonarlo.
Si bloccò quando una donna si avvicinò a loro, catturando completamente l'attenzione di Namjoon.
«Scusate il disturbo.» Eve fece un inchino verso i signori Choi e mostrò loro uno splendido sorriso prima di rivolgersi al ragazzo. «Signor Kim, le ricordo che tra mezz'ora deve contattare il dottor Braun della Hybe America.»
«La ringrazio.» Non riuscì a trattenere un sorriso sincero.
«Perfetto, spero di non aver interrotto qualcosa di importante.»
«Oh, stia tranquilla. Namjoon è il figlio di una mia carissima amica, stavamo solo chiacchierando.» la donna puntò lo sguardo in quello di Eve. «Che maleducata, lasci che mi presenti. Choi Jaehwa, piacere. Lei è?»
«Eve Hartmann, la loro interprete. Lieta di conoscerla.» rispose con un ampio e caloroso sorriso.
«Ah, dev'essere dura lavorare con questi ragazzi dalla vita frenetica. Spesso SunHi si sfoga con me perché lui non la chiama più come prima.»
«È un periodo molto intenso per tutti, ma sono certa che nei prossimi giorni sia lui che gli altri riusciranno ad avere tempo libero per i propri cari.»
Namjoon sentì un brivido percorrergli schiena. Cercò di mantenere il controllo delle proprie emozioni e si meravigliò della disinvoltura con cui Eve si intratteneva in quel dialogo surreale.
Jaehwa rise «Sempre che non dedichino quel poco tempo alle loro fidanzate, vero Joon?»
Namjoon smise di respirare. Maledetta stronza!
«Non ho alcuna relazione, attualmente. Né io, né gli altri.» rispose col sorriso più falso del mondo e nello stesso istante si sentì una merda. Non aveva problemi nel mentire riguardo la sua vita sentimentale, ormai il "siamo single, ma abbiamo l'amore dei nostri Army" era un copione più che consolidato, ma il negare l'esistenza di Eve con lei al suo fianco, era al pari di una tortura.
Con la coda dell'occhio sbirciò la ragazza che, impassibile, manteneva il contatto visivo con Kangdae che la stava osservando fin dal primo istante, curioso.
«Così è un'interprete. Quante lingue conosce?» chiese infine l'uomo.
«Sette, compresa la mia.»
Jaehwa alzò le sopracciglia, sorpresa. «Interessante. Dà anche lezioni private per caso? Mia figlia Deiji dovrebbe migliorare il suo inglese.»
Deiji. Eve scosse il capo. «No, mi dispiace. Il lavoro alla Hybe assorbe totalmente il mio tempo.»
La signora rise. «Spero che lei ne abbia almeno per suo marito. Cerchi di non trascurarlo troppo.»
Namjoon si morse la guancia a sangue e aveva una grande voglia di insultarla. Strinse il bicchiere fino a rendere bianche le unghie e continuò a mantenere un'espressione impassibile con enorme fatica.
«Non si preoccupi, il mio compagno è un uomo intelligente e comprensivo.» Rispose con un sorriso rilassato sulle labbra e lui si chiese dove trovasse il sangue freddo per non tradirsi e continuare quella recita.
La vide scambiarsi qualche altra battuta con i coniugi Choi riguardo il suo lavoro di interpretato e Kangdae provò ad offrirle un posto nella sua filiale per la gestione dei clienti stranieri, offerta che Eve rifiutò immediatamente.
«Mi dispiace, ma devo assentarmi.» Chinò il capo per salutare gli ospiti e si rivolse a Namjoon, fissandolo dritto negli occhi. «Le ricordo ancora una volta la videoconferenza con il signor Braun. Mi avvisi se ha bisogno di aiuto.»
Salutò ancora i coniugi Choi e si allontanò.
Jaehwa sospirò. «Hai ragione, Namjoon. Nostra figlia non è adatta a questo mondo.»
Il ragazzo la guardò, stranito. «Come, scusi?»
«La signorina Eve.» gli rivolse un sorriso dolce e sincero. «È lei, vero?»
Namjoon si bloccò. Per la prima volta non sapeva come comportarsi in quella situazione. I signori Choi erano dei cari amici dei propri genitori e per quanto fossero in confidenza con la propria famiglia e sicuramente abituati alla massima riservatezza nella quale tutti loro vivevano ormai da anni, non sapeva se potesse fidarsi o meno, ma ormai era troppo tardi. Lo avevano scoperto.
«Come lo avete capito?» mormorò in panico.
«Da come la guardavi.» la donna si appoggiò al braccio del marito. «Dovete stare più attenti se volete sopravvivere in questo mondo di squali.»
La vide chinare il capo per salutarlo e, insieme a Kangdae, si allontanò per raggiungere il buffet.
Namjoon espirò sonoramente. Si passò una mano sul volto, stravolto da quell'incontro. Pensò ad Eve, a come era riuscita a mantenere il sangue freddo in quello che più che un dialogo conoscitivo sembrava più un interrogatorio in piena regola. I coniugi Choi avevano subito capito che fosse Eve la donna che amava da uno semplice sguardo, ma quando è avvenuto?
Sentì dei passi dietro di lui, doveva essere una delle cameriere che giravano per la sala con un vassoio di bicchieri di champagne. Vuotò in un sorso il calice che aveva già in mano, schifandosi del liquido divenuto caldo e fece schiocchiare la lingua per mandare via quel saporaccio quando sentì una presenza dietro di sé.
«Ciao, Namjoon.»
Quella voce. Un brivido gli percorse tutta la schiena, partendo dal capo fino alla spina dorsale. Si voltò lentamente e lo stomaco si contorse in una morsa dolorosa quando vide quella ragazza che un tempo, ormai molto lontano, aveva amato.
«MinHee. Cosa ci fai qui?»
Era a due passi da lui che lo guardava con i suoi grandi occhi profondi, dal sensuale taglio felino. L'attenzione gli cadde su due anelli d'argento legati a una sottile catenina. Namjoon li riconobbe e sentì l'alcool appena ingerito risalirgli in gola come quel ricordo doloroso, quando lui si sfilò la fedina comprata in occasione dei cento giorni di coppia per gettarla schifato sul tavolo quando pose definitivamente la parola fine tra loro.
«Perché sei qui?» Riformulò con un sibilo.
«Sono stata invitata da Vogue Korea.» rise serena, portandosi dietro l'orecchio una ciocca di capelli lunghi corvini scoprendo parte del suo collo diafano. «Volevo solo salutarti, sapere come stavi. È passato tanto tempo dal nostro ultimo incontro.»
«Tre anni, quando i nostri avvocati ti chiusero la bocca con un assegno.» ringhiò e fece per allontanarsi, ma la ragazza lo fermò per un braccio.
«Mi vergogno per quello che ho fatto in passato, ma ero disperata. Ho agito solo per amore.»
Namjoon rise. «Amore? Ti ho trovato con uno dei produttori della JYP, nel mio letto, a casa mia.» consegnò il bicchiere vuoto di spumante a un cameriere e puntò uno sguardo tagliente verso la ragazza, in lacrime. «Sono stato costretto a vendere l'appartamento perché rivivevo quella notte, a causa tua. Non hai la minima idea dell'inferno che mi hai fatto passare.»
«Ti chiedo perdono.» MinHee si inchinò formalmente, strinse forte le mani in grembo e si lasciò sfuggire un singhiozzo. «Sono sinceramente dispiaciuta per quanto successo e credimi se ti dico che ho cercato di contattarti in tutti i modi per parlarti, scusarmi, ma la tua agenzia mi ha impedito di avvicinarmi a te.»
Non riuscì a fermare le lacrime che le rigarono il viso, arricciò quella bellissima e carnosa bocca a cuore che un tempo Namjoon aveva consumato di baci e lui si vide costretto a offrirle un fazzoletto di carta per non attirare troppo l'attenzione.
«Vorrei tanto poter tornare indietro nel tempo. Credimi.»
«È troppo tardi.»
«Lo so perfettamente.» Alzò il viso per guardarlo, dedicandogli un dolce sorriso. «Ho accettato l'invito perché era la mia unica possibilità di incontrarti. Non ti chiedo nulla, se non quella di ascoltarmi e poi, se vorrai, sparirò completamente dalla tua vita.»
Namjoon si morse la lingua, nervoso. Anni addietro l'avrebbe perdonata, accolta tra le sue braccia e trascinata lontano per baciarla, consolarla, abbandonarsi totalmente a lei, ma in quel momento l'unico sentimento che provava per la sua ex fidanzata era solo pura compassione se non addirittura indifferenza.
«Ti prego, ti chiedo solo cinque minuti.» lo implorò, afferrandolo dalla manica, scendendo lentamente con le dita cercando la mano del ragazzo.
«Sta bene, signorina?»
Namjoon si voltò alla sua sinistra, Eve li stava guardando con apprensione.
Terrore. Un senso di vuoto prese possesso della sua mente: si sentì estraniato dalla realtà, come se fosse un mero spettatore di quella situazione che si stava svolgendo di fronte a lui.
La sua ex era in lacrime e lo guardava con espressione affranta, con gli occhi colmi di speranza mentre lo tratteneva dalla manica della giacca.
Eve era al suo fianco, posava l'attenzione su quella sconosciuta per poi ritornare su di lui. Era fredda, inespressiva e con una mano afferrò delicatamente il polso della ragazza per farle mollare la presa dal tessuto.
«La prego di mantenere il distanziamento, signorina...»
«MinHee. Mi chiamo Lee MinHee.»
«Eve Hartmann, piacere.» le rivolse un sorriso educato e le lasciò libero il polso. «Ha bisogno di qualcosa?»
«No, la ringrazio.» singhiozzò senza distogliere lo sguardo da Namjoon.
«Capisco.» Eve si umettò le labbra e tornò sul ragazzo. «Signor Kim, è in ritardo. La stanno aspettando per quella videoconferenza. Mi può seguire, per favore?»
Il rapper annuì senza degnare di uno sguardo MinHee e si allontanò rapidamente insieme ad Eve mentre discutevano della "videoconferenza urgente", una riunione inesistente usata come scusa per allontanarlo dalle conversazioni spiacevoli.
Entrarono nel foyer, fortunatamente poco affollato e si sedettero a un tavolino fingendo di parlare di lavoro.
«Sono distrutto, non vedo l'ora di-»
«Cosa ci facevi con la tua ex?»
Namjoon rimase a bocca aperta. La vide accigliarsi e torturarsi le dita delle mani. Era forse gelosa? «Mi ha cercato lei, non sapevo nemmeno che fosse tra gli invitati.»
Si guardò intorno per accertarsi di essere abbastanza lontani dai pochi ospiti presenti nel foyer e le prese le mani tra le due. Stava rischiando grosso, ne era consapevole, ma era stanco di tutta quella farsa.
«Jagiya, giuro che-»
«Cosa voleva?» Eve lo guardò dritto negli occhi e per la prima volta si sentì in soggezione.
«Parlarmi.» mormorò, affranto. «Voleva chiedermi scusa, ma non voglio sapere nulla.»
Abbassò il capo per nascondersi da lei. Quell'incontro lo aveva in qualche modo destabilizzato riportando a galla una serie di ricordi sepolti nei meandri del suo cervello. Erano trascorsi tre maledetti anni dall'ultima volta che si erano visti, in uno studio legale con gli avvocati personali di Si-Hyuk seduti ad un tavolo per trattare il prezzo del suo silenzio.
Rivide nella sua mente il sorriso malevolo di MinHee, seduta di fronte a lui quel maledetto giorno quando firmò il contratto di riservatezza dopo aver incassato l'assegno.
«Perdonami.» sussurrò all'improvviso.
«Per cosa? Non hai fatto nulla di male.» gli sorrise, allontanando le mani da quelle di Namjoon quando alcune persone entrarono nel foyer.
«Ti chiedo scusa per questa vita, sempre all'erta. Guardaci, stiamo fingendo di lavorare pur di scambiarci due parole.»
Eve guardò il video montato ad hoc sul display del cellulare che simulava una videochiamata. «Non è colpa tua, ma dell'industria e per quanto riguarda Lee MinHee cerca di stare attento. Ho una brutta sensazione.»
«Già.» Namjoon fissò senza interesse il filmato e sbuffò, spazientito. Si massaggiò la base del collo, esausto. «Non vedo l'ora di andare a letto, sono veramente stanco.»
«Anch'io! Abbiamo fatto le ore piccole la scorsa notte.»
Si guardarono in viso e soffocarono una risata.
«Stanotte non ti tocco, promesso.»
«Vorrei ben vedere visto che dovrò dormire da voi!» lo colpì con una leggera spallata.
Il cellulare di Namjoon squillò, Si-Hyuk lo stava cercando. Sospirò. «Lo sapevo, dobbiamo rientrare.»
«Ti raggiungo più tardi, ho assolutamente bisogno della toilette.»
Il ragazzo si guardò in giro. Il foyer si era svuotato e il barista, un giovane ragazzo con un'espressione assonnata, era concentrato proprio cellulare.
Si avvicinò ad Eve e cercò rapido le sue labbra, baciandole.
«Allora a dopo. Buon lavoro, amore mio.»
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Eve osservava la propria immagine riflessa nell'ampio specchio di quel bagno fin troppo lussuoso per i suoi gusti, trovando pacchiane quelle decorazioni barocche dorate.
Fermò con delle forcine un paio di ciocche sfuggite dall'elegante acconciatura e, approfittando del locale vuoto, si sistemò al meglio il seno fasciato da quella scollatura a cuore snocciolando imprecazioni riguardo la scomodità delle coppe cucite al suo interno e si fermò quando vide la porta d'ingresso aprirsi.
Una ragazza minuta entrò nell'antibagno e le rivolse un cordiale inchino con il capo prima di rivolgere l'attenzione allo specchio.
Eve rispose al saluto e tornò a dedicarsi al suo trucco, frugando nella pochette alla ricerca del rossetto maledicendo la scomodità di quelle borse bellissime, ma poco praticabili. No, non era decisamente la sua serata. Era stanca e non vedeva l'ora di andare al dormitorio, levarsi le scarpe e svenire sul letto.
«Lei è la nuova interprete dei BTS?»
A quella domanda, la donna guardò attraverso lo specchio quella ragazzina, riconoscendola. «Sì, ci siamo presentate prima, non ricorda?»
«Certo.» MinHee si ripassò la cipria sulle guance. «Non sapevo che la Hybe assumesse le amanti dei propri artisti.»
Impassibile, Eve si dedicò alle labbra per aggiustare il rossetto leggermente rovinato. «La Hybe è un'azienda molto seria, seleziona accuratamente il proprio personale.»
La mora rise, beffarda. «Oh, giusto. Ha fatto solo uno strappo alla regola per la fidanzata di Namjoon, vero?»
«Nessuno dei BTS è impegnato in relazioni amorose.» continuò ad applicare il rossetto cercando di placare l'istinto di appenderla al muro e insultarla. Ripose il cosmetico nella pochette con estrema calma e sistemò una piccola sbavatura con l'angolo di un fazzolettino di carta.
La risata acuta di MinHee era fastidiosa, beffarda. «Sai, era da tanto che volevo conoscerti, ma non so come chiamarti e Unnie mi sembra eccessivo visto che non siamo in confidenza.»
«Appunto, non ci conosciamo eppure non sta usando alcun onorifico. Noto che non le hanno insegnato correttamente l'educazione.» sentenziò continuando a sistemarsi i capelli senza degnarla di uno sguardo.
MinHee arricciò le labbra in una smorfia di disappunto, non le piaceva essere ignorata e così si appoggiò con entrambe le mani sul bordo del lavabo in marmo e continuò a fissarla negli occhi attraverso lo specchio.
«Sai, mi chiedo come faccia Namjoon a stare con una come te, non sei assolutamente il suo tipo.»
Eve si lavò le mani, continuando a ignorarla.
«Chissà come hai fatto a convincere il grande PDnim ad assumerti. Quanti pompini hai distribuito per-»
«Non amo i giri di parole, Lee MinHee.» Eve chiuse l'acqua, si voltò lentamente e la fissò dritta negli occhi. «Mi può dire cosa vuole da me?»
Rise, soddisfatta per aver attirato la sua attenzione. «È semplice. Rivoglio Namjoon.»
La donna sentì una rabbia insormontabile percorrerle il corpo, dalla punta dei piedi fino ai capelli, ma riuscì a mantenere un mostruoso poker face. «Le ricordo nuovamente che Namjoon - e gli altri - non solo non ha relazioni, ma è una persona, non un oggetto da comprare e riporre sulla mensola dei giocattoli.»
«Finiscila di fare la finta tonta, so perfettamente chi sei.»
«Una semplice traduttrice.»
«E dimmi, lavori sempre in questo modo?» MinHee prese il proprio cellulare e glielo porse. «Illuminami, signorina Hartmann.»
Eve prese il telefono. Notò un filmato vuoto, completamente nero senza audio o immagini. Forse voleva spaventarla con uno di quegli stupidi scherzi dove compariva la faccia di IT o di uno zombie, ma quello che vide pochi secondi dopo fu decisamente più spaventoso di un jump scare.
L'inquadratura del video riprendeva una stanza fin troppo familiare e, anche se leggermente ovattato, si udivano degli inequivocabili gemiti. Eve sentì il sangue gelarsi nelle vene quando si riconobbe nel video mentre faceva sesso con Namjoon all'interno del Rkive. Cercò di non cedere, di controllare il tremore delle proprie mani che stringevano con forza quel maledetto cellulare e respirò a fondo per evitare di ammazzare quella stronza che, di fronte a lei, rideva compiaciuta.
Si morse la lingua. Quella sera risaliva alla scorsa settimana quando Namjoon le propose di convivere insieme. Cercò di pensare ad ogni dettaglio, rumore e ombra, ma non ricordò alcuna persona nascosta dietro quella porta di vetro satinato.
Il suono dei loro gemiti la riportò alla realtà e le venne la nausea, ma non poteva mostrarsi debole di fronte a MinHee. Il video terminò dopo qualche secondo fermandosi sull'ultimo frame che ritraeva Namjoon di spalle con i jogger abbassati che le teneva salde le gambe attorno alla sua vita.
«Stavo pensando di inviare una copia di questo filmato a qualche testata giornalistica. Secondo te che titolo metteranno sull'articolo?»
Eve rise, nervosa, e gli lanciò il cellulare sul mobile del lavabo. «Sprechi il tuo tempo, hai firmato un accordo di riservatezza anni fa. La Hybe ti farà a pezzi.»
Si voltò di nuovo verso lo specchio e sistemò la scollatura. Fissò la collana di Cartier che Namjoon le aveva regalato quella stessa sera. La sfiorò con le dita e strinse quel cerchio e sentì sotto i polpastrelli l'incisione Love. Amore. No, non avrebbe permesso a quella bastarda di rovinargli di nuovo la vita come tre anni prima.
«Oh, sei davvero carina a preoccuparti per me!» la risata di MinHee era acuta, fastidiosa come lo stridio delle unghie su una lavagna. «Tranquilla, il video sarà spedito a tuo nome.»
Non rispose a quella provocazione. Continuò a specchiarsi dando le spalle a quella vipera cercando di trovare una soluzione per quel maledetto video. Erano stati incastrati come dei principianti, un errore fatale dettato da un attimo di distrazione - o meglio passione - di Namjoon.
Quella fottuta porta socchiusa era stata sicuramente violata da qualcuno, lo stesso che li aveva filmati di nascosto. Non doveva essere un professionista, la qualità non era delle migliori e a causa di una pessima angolazione non aveva ripreso i loro volti, ma lo studio Rkive era ben visibile. Ogni soprammobile, penna, suppellettile e quelle orribili statuine Kaws erano più che riconoscibili da almeno quaranta milioni di Army sparsi per il mondo.
Erano fottuti.
«Devo però firmare la lettera di accompagnamento, non posso mandare un pacco anonimo a Korea Dispatch, non credi?» MinHee arricciò le labbra e si portò la punta dell'indice sul mento. «Cosa mi consigli, mi firmo come Eve o preferisci... Calipso?»
Calipso. Aumentò la presa sul ciondolo al punto da rendere bianche le nocche delle dita. Il viso di Eve mutò drasticamente lasciando spazio ad un'espressione fredda, truce e tagliente. Alzò lentamente gli occhi verso Minhee che, con un ghigno soddisfatto, la fissava con aria di sfida.
«Cosa vuoi?»
«Che sguardo minaccioso!» rise, divertita. «Ah, chissà come reagirà Joon Oppa quando scoprirà che la sua dolce fidanzata è in realtà un'assassina.»
«Non parlare di cose che non sai, ragazzina.»
«Altrimenti cosa fai? Mi uccidi?» MinHee le sventolò il cellulare di fronte il naso. «Hai ragione, non posso avvicinarmi a Namjoon per via del contratto, ma sarà lui a tornare da me quando saprà che la sua folle fidanzata lo ha venduto alla stampa.»
Eve perse la pazienza. La spinse con forza contro la parete, stringendole il collo con una sola mano. Vide i suoi occhi spalancarsi e la bocca aperta alla ricerca di ossigeno, ma non si impietosì. «Cosa cazzo vuoi da me?»
«Fallo.» boccheggiò curvando le labbra in una smorfia beffarda. «Mostra a tutti chi sei veramente.»
Si avvicinò a pochi centimetri dal viso MinHee, sentì il suo respiro sulla pelle e la fissò negli occhi «Ti ho chiesto cosa vuoi.»
«Fai annullare l'accordo.» continuò a guardarla con aria di sfida «Hai due mesi di tempo.»
Eve la fissò negli occhi con odio. «Stai lontana da Namjoon o giuro che sei morta.»
«Se mi torci un capello, il video finisce subito in rete e sei-» non riuscì a terminare la frase. Venne scaraventata con forza verso i lavandini di marmo e urtò violentemente la spalla contro l'erogatore dell'aria calda. Alzò lo sguardo verso Eve e quando fu afferrata dai capelli e obbligata ad alzarsi in piedi, tremò di paura. Non aveva calcolato una possibile reazione di quella donna e l'averla lì, su di sé mentre la stava quasi sollevando da terra tenendola per i capelli, la fece tremare di paura.
«Te lo ripeto una seconda ed ultima volta. Stai lontana dal mio uomo altrimenti...» Si avvicinò al suo viso fino quasi a sfiorarle le labbra. «Mostrerò a te e ai tuoi tirapiedi di cosa è capace Calipso.»
MinHee deglutì a vuoto. Annuì appena col capo e recuperò il proprio cellulare e borsetta prima di raggiungere la porta.
Eve rimase ferma in attesa di rimanere sola, seguendo con lo sguardo ogni movimento di quella ragazza che, terrorizzata, fuggì dal bagno.
Quando la porta di chiuse, si appoggiò al bordo del lavabo per non crollare a terra. Le tremarono le braccia, le mani e le gambe divennero gelatina.
Alzò lentamente il viso incontrando il proprio riflesso nello specchio. Il suo sguardo aveva una luce sinistra e le labbra si piegarono in una strana smorfia.
«Maledetta puttana.» sibilò rabbiosa tra i denti. Prese il cellulare dalla pochette e selezionò rapida un contatto, attendendo con impazienza di udire quella confortante e calda voce che non tardò ad arrivare.
«Hei tesoro! Come va la festa?»
«Ho un problema.» soffiò diretta senza distogliere lo sguardo dal suo riflesso nello specchio.
«Che succede?»
Eve si morse il labbro e le mani ripresero a tremare. Afferrò con forza il ciondolo di Cartier e chiuse gli occhi cercando di calmarsi. «Lee MinHee, la sua ex. Sa chi sono.»
Una risata spontanea riecheggiò nell'orecchio di Eve «E tu mi chiami oltreoceano perché una ragazzina rischia di rovinarti il gioco col tuo toyboy?»
«Smettila di chiamarlo così.»
«Oh, perdonami! Chi te lo tocca il tuo Namjoon!» rise ancora. «Fammi indovinare. Se lo vuole riprendere come nei più classici dei k-drama?»
«Mi sta ricattando.» si morse il labbro. «La voglio fuori dal cazzo.»
«Calma, piccola tigre. Non dirmi che ti fai mettere i piedi in testa da una bambina viziata. Cosa avrà mai fatto per farti esplodere?»
«Mi ha chiamato Calipso.» sibilò tra i denti. «Vuole sbattermi in prima pagina con Namjoon e ha un nostro video. Sai cosa significa questo?»
Silenzio. L'interlocutore sospirò. «Vedo di mandarvi due telefoni usa e getta, non usiamo questa linea. Avvisa Anubi e mi raccomando. State attenti.»
«Anche tu, Loki.» Eve fissò un'ultima volta il proprio riflesso nello specchio e strinse con forza il cellulare. «E fammi fuori quella puttana. La voglio fuori dai giochi.»
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Angolo Autrice
Sarò sincera. Ho provato a dividere il capitolo in due parti (8100 e passa parole non sono poche), ma non c'era un punto adatto inoltre avrei interrotto il climax e creato due parti sbilanciati.
Che dire, ecco a voi la vera natura di Eve, alias Calipso. Sarà il suo vero nome? E Loki e Anubi chi sono?
Inoltre, ci sono molte parentesi che si chiudono come il matrimonio organizzato con la famiglia Choi saltato, c'è ancora una finestra aperta su Yoongi, ma si apre un nuovo capitolo con KyungMin e MinHee.
Spero vi piaccia e che non risulti troppo noioso data la lunghezza, ma sul serio, non riuscivo a dividerlo a metà.
Come sempre, vi ringrazio del supporto e chiedo scusa in anticipo della presenza di eventuali errori, ma ammetto di essermi persa durante la revisione.
Borahae 😊 💜
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