27 - Family

Sera del 19 luglio 2021


«Vuoi vivere con me?»

Eve lo guardò in silenzio, meravigliata.

Erano rimasti seduti sul divano, ancora abbracciati. «Puoi ripetere, scusa?»

Namjoon le prese il viso con entrambe le mani, le posò un bacio a stampo sulle labbra e tornò a fissarla negli occhi. «Ti sto chiedendo di convivere con me, jagiya.»

La ragazza si raddrizzò sulla schiena, si passò più volte una mano tra i capelli, perplessa. «Te ne rendi conto che è prematuro?»

«Lo so.» si morse il labbro inferiore, le prese il mento obbligandola a voltarsi verso di lui. «E so anche cosa pensi di noi coreani, che siamo precipitosi, che acceleriamo gli eventi e-»

Eve lo zitti premendogli l'indice sulla bocca. «Non stai affrettando i tempi, Joonie. Li stai letteralmente azzerando. Stiamo insieme da nemmeno un mese.»

«Veramente il nostro primo mese è stato il dodici luglio.» rise quando la vide accasciarsi sullo schienale del divano borbottando a bassa voce mischiando più lingue, sicuramente degli insulti rivolti a lui. La tirò a sé e si divertì a scompigliarle ulteriormente i capelli «Ci vediamo ogni volta che possiamo, dormiamo, ceniamo e facciamo colazione insieme. Cosa c'è di diverso rispetto alla situazione attuale? Praticamente abbiamo già iniziato una sorta di convivenza senza rendercene conto.»

Le pizzicò il fianco destro per strapparle un sorriso e continuò a solleticarla fino a quando non la vide in lacrime, piegata dalle risate e con il fiato corto. Namjoon si mise a cavalcioni sopra di lei, sdraiata sul divano, con le dita che le solleticavano i fianchi, sotto le braccia, l'incavo del collo. «Allora? Me la vuoi dare una risposta?»

«Dammi tregua!» rise cercando di recuperare ossigeno. Lo guardò in viso, con un dito gli accarezzò la fronte, il naso, la linea delle labbra. «La convivenza è un passo molto importante, dovresti saperlo.»

«Ne sono consapevole.»

Eve sospirò. «Joonie, sarò sincera. È presto, decisamente presto. Ammetto che non mi dispiacerebbe l'idea di vivere insieme e so perfettamente il motivo di questa tua fretta.» Gli accarezzò le guance con entrambe le mani. «Sei geloso che divida la casa con Baek.»

Namjoon nascose il viso tra i palmi di Eve. Era stato beccato in pieno o almeno in parte.

Si sentì tirare verso il basso dal colletto della maglietta trovandosi le labbra di lei poggiate sulle sue. «Prometto però che ci penserò. Possiamo provare a procedere gradualmente.»

«Il lato destro del letto è già tuo.» strofinò il naso contro l'incavo del collo della ragazza. «Anche il comodino. Ci ho messo tutte le cose che dissemini per casa.»

«Se è per questo tu mi hai rubato il primo cassetto del comò. I tuoi vestiti occupano troppo spazio.»

Risero insieme. Namjoon le accarezzò i capelli, giocando con quei morbidi ricci arrotolandoli tra le dita. «Ammetto che mi infastidisce alzarmi dal letto e trovarmi Baek in soggiorno o in bagno quando mi fermo da te. Vorrei un luogo tutto nostro e l'unica opzione è casa mia, inoltre...mi manchi tremendamente quando sono obbligato a fermarmi in dormitorio e quando sono a casa, ti vorrei tutta per me. Forse sono solo un egoista e-»

«Basta. Ti ho promesso che ci penserò su.» Eve gli accarezzò il collo, tirandolo a sé per dargli un bacio «Piuttosto, riprendiamo il discorso di prima?» chiese languida infilando lentamente una mano dentro i joggers neri, oltre il tessuto dei boxer per accarezzargli la carne rovente e pulsante al suo tocco.

Namjoon si abbandonò ad un verso gutturale, le morse il labbro e si sistemò meglio tra le sue gambe facendo scivolare le mani sotto il vestito. «Volentieri, signora Kim

***

24 luglio 2021

«Accidenti a te che non hai la patente. Mi sono dovuta svegliare all'alba!» KyungMin era concentrata al volante, alla guida della sua piccola Hyundai Kona che sfrecciava lungo la Gangbyeonbuk. «Potevi almeno farmi salire da te, Oppa.»

«Tempo sprecato, Hobi ha dormito fuori.» Namjoon osservava la città scorrere veloce dal finestrino. «E non insistere. Tra voi due non funzionerà mai.»

«Questo lo dici tu!» La ragazza gonfiò le guance e arricciò le labbra in una smorfia infantile. «Sei solo geloso.»

«So com'è lui e tu sei mia sorella. Mi fa un po' senso immaginarvi insieme e comunque non sei il suo tipo.»

Namjoon rise all'ennesimo sbuffo di KyungMin. La osservò con la coda dell'occhio e si rese conto di quanto fosse cresciuta. Era diventata davvero bella, con un visino a v e grandi occhi da cerbiatto e si arrese di fronte all'evidenza: non era più una bambina e aveva già ventiquattro anni, la stessa età di Jungkook, una ragazza cotta di Hoseok da almeno tre anni che cercava in tutti i modi di corrompere il fratello per combinarle un incontro, da soli.

Poco prima della pandemia, durante una festa privata tra amici, Namjoon dovette recuperare dal bagno una KyungMin in lacrime, disperata perché il suo Hobi Oppa non solo non l'aveva degnata di uno sguardo, ma si era intrufolato in una camera da letto per fare sesso con una ragazza conosciuta la sera stessa e, purtroppo, lei ebbe la sfortuna di sorprenderli. Passò diversi giorni cercando di consolarla, farla ragionare e spiegarle che Hoseok le voleva sì bene, ma come una sorella minore.

«Oppa, sei sicuro di voler portare fino in fondo questa farsa?»

Namjoon ritornò alla realtà e si voltò verso di lei. «Sì, non capirebbero.»

«Per me è pura follia.» immise la freccia per sorpassare un camioncino di fronte la sua vettura. «Però ti vedo veramente felice. Mi parli un po' di questa Eve?»

Sorrise quando sentì KyungMin punzecchiargli con l'indice una sua fossetta per spronarlo a parlare.

«Lei ha tantissimi interessi, è curiosa ed è brava in molte cose proprio come Jungkook. Ha una passione spropositata per l'arte in ogni sua forma in più mi ha raccontato che una volta dipingeva, non so se per puro hobby o per lavoro.»

La ragazza rise, si passò una mano tra i capelli corvini e si concentrò sulla guida. «Avete molte cose in comune, ma io vorrei sapere com'è, cosa ti piace. Devo pur sapere qualcosa in più su questa donna del mistero dopo l'enorme menzogna che dobbiamo rifilare ai nostri genitori, non credi?»

«Ti ricordi cosa dobbiamo dire se mai dovessimo parlare di lei?»

«Sì.» roteò gli occhi, sbuffando sonoramente. «È un'interprete russa che vive sotto casa tua, ha quasi trentadue anni, avete avuto un colpo di fulmine e lavorate insieme. Ora, hai voglia di raccontarmi o no?»

Namjoon scoppiò a ridere. «Eve è come un caleidoscopio, ha un carattere particolare. A volte è dolce, romantica, quasi eterea, in altre occasioni si trasforma ed è aggressiva, sfrontata e direi anche stronza.»

«Quindi mi stai dicendo che la tua ragazza è bipolare. Ottimo.»

«Non è bipolare, ha solo un carattere forte e appartiene ad una cultura diversa dalla nostra.»

«Però non mi hai risposto. Cosa ti piace di lei?»

Il ragazzo tornò a guardare fuori dal finestrino. «Quando sono con lei mi sento...me stesso. Mi piace vederla lavorare al computer, spesso l'aiuto e le leggo i testi in inglese o in coreano mentre lei ne trascrive la traduzione. Prima di metterci insieme, passeggiavamo vicino il fiume Han di notte e parlavamo di tante cose, dal cinema all'attualità, dei suoi numerosi viaggi all'estero per lavoro. Potrei ascoltarla per ore senza stancarmi mai. A dire il vero, i momenti che attendevo di più erano quelli a casa mia, sul divano a guardare e commentare film o serie televisive.»

«Ah!» KyungMin guardò veloce il fratello prima di tornare sulla guida. «Quindi non avete seguito la regola dei tre giorni?»

Namjoon scoppiò a ridere. «No, ci siamo frequentati come fanno gli occidentali, conoscendoci anche se ci siamo basati sulle regole del nostro gioco.» si torturò le mani, con le unghie grattò via la pellicina del mignolo destro e guardò, divertito, la luce del sole riflettersi sul suo bracciale. «Tutto è nato perché avevo dimenticato il taccuino a casa.»

La ragazza lo sbirciò velocemente. «E ora le hai chiesto ufficialmente di convivere. Non credo che mamma e papà approvino, ma potrei aiutarti.»

Namjoon la ascoltò tutto orecchi. La vide ridere beffarda, mordersi il labbro e osservarlo negli occhi. «Non parlerò di Eve con loro fin quando non ti sentirai pronto, appoggerò questa mezza bugia e non citerò per nulla il gioco, ad una sola condizione. Voglio parlare con Hobi Oppa, da soli.»

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«Oh, la nostra star è qui! Aigo!» Kim Hyun-Su allargò le braccia per accogliere il figlio. «Finalmente sei a casa. Ah, ormai non consideri più i tuoi vecchi genitori!»

Namjoon rise di gusto. «Non è vero, cerco sempre di sentirvi o vedervi appena ho un attimo libero in agenzia.»

Seguì il padre in soggiorno dove, ad attenderlo, c'era la madre Sun-Hi che non vedeva l'ora di stringerlo forte e riempirlo di baci sulle guance.

Lo raggiunse e gli circondò le spalle con le esili braccia. «Sembri dimagrito e sciupato. Stai mangiato adeguatamente?»

«Sì, mamma. Sto bene, solo stanco per le interviste, riprese e allenamenti. Lo sai, dai.» si mise a sedere sul divano, affiancato da KyungMin che gli pizzicava un angolo della coscia muscolosa.

Era da tanto tempo che non tornava a casa dei suoi genitori, a Ilsan. Completamente assorbito dal suo lavoro, da Seoul che con la sua frenesia risucchiava i cittadini nel suo vortice rendendo la vita un'infinita routine casa-lavoro che avrebbe accompagnato i coreani fino all'età pensionistica. Un vortice dove lui ne era sia l'artefice che la vittima.

Si mise comodo sul divano, giocando con Rapmon, quel povero eskimo americano bianco a cui fu dato un "nome di merda", citando l'esternazione di Eve quando scoprì il suo primo stage name.

La piccola palla di pelo gli saltò sulle ginocchia, leccandogli in viso e annusandolo con insistenza i capelli, i vestiti, il sedere.

«Ehi, Moonie! Non riconosci più il tuo padrone?»

«Forse sta annusando un odore nuovo, Oppa.» bisbigliò KyungMin e Namjoon raggelò.

Merda! I cani avevano un olfatto molto sviluppato, potevano captare l'odore di varie sostanze, di erbe e qualche specialista azzardò teorie fantascientifiche sulla loro capacità di rilevare malattie quali in cancro grazie al loro naso.

Moonie stava solo facendo il suo lavoro ovvero annusare un nuovo odore sui vestiti di Namjoon, bagnargli la pelle con quel tartufino nero umido per sbuffare, leccarsi il musetto e ricominciare da capo.

«Oggi Jungkookie ha portato Bam al dormitorio.» raccontò la prima stronzata che gli passò per la testa. «È cresciuto tantissimo. Solo lui poteva prendersi un dobermann. C'era anche Yeontan.»

Hyun-Su rise, divertito. Conosceva tutti i membri dei BTS e le rispettive famiglie, avevano stretto una profonda amicizia tra loro, soprattutto con Kim Nam-Jung, il padre di Seokjin, con il quale si sentiva quotidianamente.

«Allora, figliolo. Hai qualche novità da raccontarci?»

«A parte Butter che sta avendo un enorme successo, direi proprio di no. Ti ho raccontato tutto l'altro giorno.» Namjoon bevve del thè verde cercando di riempire la sua maledetta bocca. Di novità? Certo che ne aveva una ed era bella grossa, enorme, ingombrante. Come poteva raccontare ai propri genitori che aveva conosciuto una donna a fine marzo, che ne era mostruosamente folle al punto di chiederle di convivere? Voleva attendere altro tempo, vedere l'evoluzione della sua relazione prima di renderla pubblica in famiglia, ad esclusione di sua sorella, ma tutto stava procedendo veloce, fin troppo tanto che la stessa Eve faticava a frenarlo.

«Potrei quasi dire che con i guadagni dai diritti d'autore, potrei far dormire notti serene per cinque generazioni della nostra famiglia.»

Il padre scoppiò a ridere, felice.

Prese un biscotto allo zenzero e lo mangiò lentamente. Guardò il figlio, il petto pieno di orgoglio. Dieci anni prima si era dimostrato contrario alla sua scelta di intraprendere la carriera musicale. Sperava per lui un futuro migliore, sicuro, laureato in una prestigiosa università e inserito nel mondo del lavoro, magari in un'ottima azienda, sposato con una donna di una buona e ricca famiglia.

Non avrebbe mai immaginato che suo figlio, con un semplice microfono in mano da settantacinque dollari regalato di nascosto dalla moglie, sarebbe diventato una delle star più famose al mondo.

Parlarono di diverse cose, dalla causa giudiziaria di Megan che doveva duettare con loro per il remix di Butter, dei record raggiunti di Permission to Dance rilasciato due settimane prima e del viaggio a New York fissato per metà settembre in occasione del discorso sull'ambiente presso la sede delle Nazioni Unite.

Hyun-Su guardò l'orologio al polso per controllare l'ora, allungò il collo per guardare la moglie ancora impegnata in cucina a preparare il pranzo e tornò ad osservare i suoi due figli, seduti sul divano a coccolare Moonie e parlottare tra loro. complici.

«Joonie, senti. Il mio amico ha una figlia che è una tua grandissima fan e-»

«E vuole che le autografi qualcosa, giusto?» Namjoon rise di gusto. Sia lui che Taehyung erano abituati a quelle richieste dei loro rispettivi padri. Una figlia, una nipotina, una cugina o addirittura una sorella di un loro amico o collega che, sfruttando l'occasione, chiedevano loro di ricevere un autografo con dedica da parte degli artisti.

«Oh no! Questa volta no!» Hyun-Su si rilassò sulla poltrona, raggiunto dalla moglie che gli appoggiò una mano sulla spalla. «Vorrebbe conoscerti.»

Namjoon sgranò gli occhi e si paralizzò. «C-Come? In che senso?»

«Semplice! È la figlia di un nostro carissimo amico, è molto bella, intelligente e ha ventitré anni.» Sun-Hi si mise a sedere sul poggiolo della poltrona, accarezzò le spalle del marito e tornò a rivolgersi al figlio. «Capisco la carriera, il contratto e tutto il resto, ma hai quasi trent'anni ed giunta l'ora che tu prenda in considerazione l'idea di sposarti.»

Si sentì mancare. Il ragazzo guardò sconvolto i genitori sperando di vederli piegati dal ridere ed esclamare "stiamo scherzando", ma le loro espressioni serie confermarono le parole pronunciate pochi istanti prima.

«Mi state forse organizzando un appuntamento al buio?» la voce gli tremò e si morse la lingua. No, non era possibile.

Sun-Hi prese il cellulare, lo sbloccò aprendo una fotografia e lo porse al figlio. «Eccola, si chiama Choi Deiji.»

Namjoon guardò l'immagine di quella sconosciuta sul display. Era senza dubbio una bellissima ragazza, il viso perfettamente ovale, le labbra a cuore e una meravigliosa pelle bianca come la porcellana priva di imperfezioni. Una delle tante bamboline imbellettate come prevedevano gli standard di bellezza coreana.

«È laureata in economia con i massimi voti, è brava a cucinare, ama i bambini e ovviamente conosce i BTS come tutti, ma tu sei il suo artista preferito.»

«Non mi interessa.» sbottò all'improvviso il ragazzo restituendo il cellulare alla madre. Sentì la bocca divenire amara, le viscere attorcigliarsi tra loro e la testa pesante. Guardò KyungMin, anche lei sconvolta dal comportamento dei propri genitori.

Lui era una star mondiale, aveva letteralmente girato il mondo e conosciuto persone provenienti da varie nazioni, uno scambio culturale incredibile ed era convinto che i suoi genitori avessero ormai aperto le loro menti, invece dovette ricredersi. Erano ancorati alle tradizioni.

Gli mancò l'aria, doveva assolutamente andare via, scappare e si alzò dal divano, pronto a prendere il guinzaglio ed uscire con Moonie per concedersi una lunghissima passeggiata.

Amava i suoi genitori, avrebbe dato la vita per loro e detestava litigare. In quegli anni le discussioni non erano di certo mancate, tutte legate alla sua sfera lavorativa, ma ora era completamente diverso. Gli stavano pianificando la sua vita sentimentale scegliendogli una dannata moglie.

«Rimani lì dove sei.» tuonò serio il padre. «So perfettamente che non ti mancano le donne. Siamo adulti e immagino che sia te che gli altri ragazzi vi sarete divertiti con molte delle vostre fan, ma è giunta ora di mettere le radici. Tra due anni compi trent'anni, sei un uomo adulto e hai l'età giusta per mettere su famiglia. Ovviamente ne parleremo anche con Bang Si-Hyuk per non creare problemi con il lavoro.»

«Papà, basta!» Namjoon si passò le mani tra i capelli, disperato. «Non c'è bisogno che mi cerchiate una moglie, non voglio conoscere questa ragazza. Discorso chiuso.»

«Se ti può consolare a breve anche Seokjin conoscerà la sua futura moglie. Ne ho parlato proprio ieri con Nam-Jung.»

Rimase in piedi, al centro della sala ancora sbigottito. Anche a Jin sarebbe toccata la sua stessa sorte? E gli altri? Sfogò la propria ira mordendosi quasi a sangue l'interno delle guance, puntò gli occhi al pavimento osservandosi i piedi.

Era preoccupato per la sorte dei Bangtan. Una moglie, una donna imposta dai propri genitori. Immaginava già le testate scandalistiche dove riportavano in prima pagina i loro matrimoni combinati, uno dietro l'altro, creando una reazione di pianti isterici a catena tra i fan, l'ipotetica fine della loro carriera perché non tutti gli Army avrebbero accettato di vedere il proprio idol accasato. D'istinto pensò ad Eve, quella donna che gli aveva stravolto la vita, la stessa che aveva scelto di stare con lui rinunciando alla propria libertà e nascondendosi nell'ombra, legata ad un contratto di lavoro estorto da Si-Hyuk, l'unica che lo conosceva fino in fondo come Kim Namjoon e non RM dei BTS.

Sbiancò. Come l'avrebbe presa quella notizia?

Il campanello suonò. Moonie corse alla porta abbaiando come una furia e annusò l'uscio di casa.

Il ragazzo ebbe un brutto presentimento. Guardò negli occhi il padre e lo fissò, preoccupato.

«Joonie, la famiglia Choi è qui per il pranzo. Comportati bene.»

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La tavola era stata imbandita di ogni ben di Dio. Sua madre si era alzata all'alba per preparare tutti quei piatti gustosi, ma il cibo, nella bocca di Namjoon, assunse un gusto amaro.

Sun-Hi disquisiva con la signora Choi, ridendo insieme in memoria di vecchi aneddoti legati a quella che sembrava una lunga amicizia tra le donne e coinvolgendo, di tanto in tanto, i rispettivi mariti.

KyungMin masticava lentamente gli straccetti di bulgogi lanciando occhiatacce ai propri genitori e a quella ragazza che stava divorando con gli occhi il fratello. Era arrabbiata, delusa e dispiaciuta anche per Eve, che ancora non conosceva. Quella situazione era ingiusta, per Namjoon, per la sua vera ragazza, per tutti.

«Oppa, mi passi l'acqua?»

«Ci penso io, non preoccuparti Min-ssi. Oh, posso chiamarti Unnie?» con voce vellutata, Deiji versò da bere alla ragazza, come una perfetta mogliettina che voleva mostrarsi gentile agli occhi della futura cognata. Le venne da vomitare.

«Namjoon-ssi, vuoi anche tu dell'acqua?»

Il ragazzo rifiutò, scuotendo il capo. Non distolse lo sguardo dal piatto che si trovava sotto il suo naso. Quella ragazza continuava a guardarlo con occhi sognanti, gli stessi che vedeva nei volti degli Army durante un concerto o, anni addietro, nei fan meeting. Era molto gentile, parlava a bassa voce, i suoi movimenti erano aggraziati, delicati. Era perfetta in tutto.

Provò ad essere educato, in fin dei conti Deiji non aveva alcuna colpa, e tentò di guardarla in viso, studiarla e cercare nella propria mente le parole più eleganti possibili per rigettare quell'assurda proposta di matrimonio. Dovette ammettere che era molto più bella di persona che in fotografia, gli occhi erano grandi con la doppia palpebra, sicuramente frutto di un piccolo ritocco chirurgico, e i capelli erano lunghi, neri e lucenti adornati da un grazioso cerchietto sottile color argento.

«Deiji-ssi.» mormorò a bassa voce e sentì su di sé gli sguardi curiosi della madre e di KyungMin. «Sei veramente interessata a questo incontro? Non ti hanno obbligata? Ad essere onesti io-»

«Oh, che dici! Non vedevo l'ora di conoscerti!» cinguettò felice per essere riuscita a scambiare più di due parole con lui.

Namjoon sentì il sangue seccarsi nelle vene. Il brusìo al suo fianco lo fece voltare e vide i suoi genitori e i coniugi Choi parlare della location del matrimonio, delle tempistiche e di come contattare il CEO della HYBE. Voleva morire in quell'instante, essere inghiottito da una voragine nel terreno e sparire per sempre.

KyungMin notò la tristezza del fratello e l'inutilità di quel pranzo, degli ospiti e di quella gallinella tirata a lucido. Ne aveva le palle piene.

«Mamma, questi biscotti allo zenzero sono fantastici. Ce ne sono ancora?»

Sun-Hi le sorrise, soddisfatta dell'ottimo comportamento dei suoi figli. «Certo, ne ho un vassoio intero. Ne vuoi ancora?»

«Oh, sì! Se me li incarti mi fai un favore enorme. Li vorrei regalare ad una persona speciale.»

Namjoon sentì un brivido percorrergli la schiena, si voltò verso la sorella che gli strizzò rapida un occhiolino e gli regalò un cuore con il pollice e l'indice destri. La sentì sussurrare un leggero perdonami Joon.

«Che dolce, Unnie. Li vuoi portare al tuo fidanzato?»

KyungMin rise beffarda. Non le piaceva Deiji, imbellettata in quell'abitino aderente bianco con una strategica scollatura a cuore, così composta come una perfetta marionetta che si trovava lì, seduta di fronte a loro, attirata da Namjoon più per la figura pubblica che per lui stesso. Era gelosa di suo fratello, mostruosamente gelosa ed era sempre stata presente negli anni addietro quando lui, insicuro per il suo aspetto ed etichettato come il più brutto del gruppo e insultato dai rap dell'underground, si nascondeva dietro un paio di occhiali da sole anche al buio. Per lei, il suo fratellone era bellissimo come il sole, intelligente, un vero figo ancora prima di intraprendere la carriera musicale ed era dolce, sensibile, generoso. Non meritava di finire insieme a quella statuina così perfetta, quasi omologata, ed era più che certa che se Namjoon fosse stato uno stronzo comune lontano dai riflettori, Deiji non le avrebbe mai degnato di uno sguardo.

«Non sono per il mio ragazzo visto che non ne ho.» alzò la voce, cercando di farsi sentire bene da tutti i commensali. «Sono per la fidanzata di Joonie, mi sembra ovvio.»

Deiji sgranò gli occhi, stupita. Si toccò il petto con un dito, indicandosi e boccheggiando dalla gioia, senza riuscire a trattenere un enorme sorriso. «Fidanzata? Per me? Oh, non c'è bisogno.»

«No.» fu Namjoon a prendere parola. La voce gli uscì roca, profonda. Guardò i genitori volgendo loro uno sguardo affranto, dispiaciuto. KyungMin aveva sganciato la bomba ed era ormai inutile procrastinare quella notizia che, a quel punto, avrebbe solo e unicamente arrecato dolore ai presenti. «Ve ne avrei parlato questa sera, con calma. Sono già impegnato con una donna e presto andremo a convivere. Mi dispiace.»

Vide il volto di suo padre accigliarsi come non lo aveva visto mai in vita sua, mentre sua madre sbiancò. Sentì un singhiozzo, Deiji scoppiò a piangere e in condizioni normali avrebbe provato anche pena per quella poveretta, ma i suoi pensieri erano concentrati altrove, lontano diversi chilometri da lui, verso la donna gli scaldava realmente il cuore.

***

Erano letteralmente scappati di casa portandosi dietro anche il cane.

Il signor Choi aveva cominciato ad inveire contro Namjoon accusandolo di aver ferito i sentimenti della sua adorata bambina mentre la madre si scusò più volte con la signora Choi dichiarando di non sapere nulla dello status sentimentale del figlio.

Namjoon passò l'intero viaggio da Ilsan ad Hannam attaccato al telefono, ad aggiornare Sejin e Si-Hyuk dell'accaduto. Li sentì ridere, prenderlo in giro per poi organizzarsi per incontrare la famiglia Choi e concordare un bonifico di diversi milioni di won per comprare il loro silenzio.

Era seduto sul divano di casa, la sua comfort zone, protetto dalle mura del suo appartamento. KyungMin era inginocchiata a terra a giocare con Moonie e sia lei che il fratello ignoravano le telefonate che stavano ricevendo dai loro genitori.

Avevano trascorso due ore a parlare di quanto accaduto e soprattutto come risolvere quell'enorme problema a casa. Namjoon era adulto e tecnicamente non aveva bisogno del benestare dei genitori per frequentare o sposare una donna scelta da lui stesso, ma in qualche modo si sentiva in difetto, un traditore, un pessimo figlio.

«Posso dormire qui, stanotte?»

«Sì, sai già dov'è la stanza degli ospiti.» biascicò stropicciandosi la faccia con le mani. Era a pezzi e stava prendendo in seria considerazione di concedersi un sonnellino. Ormai quel sabato era andato in malora e dormire era l'unica cosa da fare quando sentì quella piccola palla di pelo abbaiare.

Moonie cominciò ad agitarsi, annusò l'aria e corse verso la porta d'ingresso, travolgendo Eve appena rincasata con delle grandi buste della spesa tra le mani.

«Ma che-... e tu da dove salti fuori?»

Namjoon le corse incontro, prendendo il cane con un braccio e i sacchetti della spesa con l'altro. «Ah, ciao tesoro. Tranquilla, è mio. Ti presento RapMon.» Le baciò rapido una guancia.

La ragazza lo guardò con occhi sbarrati. Si morse il labbro per non ridergli in faccia. Le scappò un "povera bestia" e si mise a sedere sul gradino dell'ingresso per slacciarsi i sandali.

«Non dovevi essere a casa dei tuoi genitori?»

«Ho cambiato programma. Tu invece hai deciso di svaligiare l'intero reparto ortofrutticolo del supermercato?»

«Sei a dieta per il prossimo comeback, giusto?» Namjoon annuì col capo ed Eve rise, dandogli un bacio veloce sulle labbra. «Bene! Mangeremo più verdura e meno carboidrati. E la farò anch'io insieme a te così butto giù qualche chiletto. Non ho le maniglie dell'amore, ma dei gommoni da salvataggio.»

«Veramente mi piaci così, sei perfetta.»

«Perfetta? Ma se per le vostre taglie rientro tra gli obesi!» borbottò scocciata. «E sì che sarei una semplice media nel mondo normale.»

Si diresse verso il soggiorno, pronta per raggiungere la cucina e aiutare Namjoon a sistemare la spesa, ma si bloccò quando vide, seduta sul divano, una giovane ragazza che la osservava: era graziosa, con un bel fisico asciutto e un visino adorabile.

«Lei chi-» le si bloccò la voce. Nella sua mente cominciarono a prendere forma i più disparati dei pensieri, tutti negativi. Era già stata tradita in passato nel peggiore dei modi, una ferita per fortuna rimarginata velocemente grazie anche a Namjoon, quel ragazzo che le aveva dato la possibilità di ricominciare una nuova vita con i dovuti pro e contro, lo stesso uomo che ora aveva portato una sconosciuta in quella che, in un futuro molto prossimo, sarebbe diventata casa loro.

«Ah, lei è mia sorella KyungMin.»

Sorella. Eve riprese a respirare, serena. La guardò incuriosita per voltarsi verso Namjoon e poi di nuovo su di lei. «Non ti assomiglia per nulla.»

Le si avvicinò, porgendole la mano per stringerla. «Io sono Eve, piacere.»

«Lo so. Sei molto famosa, sai?»

«Cosa?» si girò verso Namjoon, trovandolo in uno stato di imbarazzo totale e rabbuiato in viso. «È successo qualcosa?»

«Solo una piccola discussione in famiglia.» KyungMin ridacchiò, prese in braccio Moonie e si buttò con lui sul divano. «Scusami, Oppa. Non reggevo più quella farsa e quella scopa non mi piaceva per nulla.»

Namjoon portò le borse della spesa in cucina, le appoggiò sul bancone e cominciò a riporre gli acquisti nei mobili e in frigorifero in assoluto silenzio.

Si sentiva diviso a metà, affranto. Amava i genitori, aveva un profondo legame con sua madre, un cordone ombelicale di cui i ragazzi lo prendevano in giro chiamandolo "cucciolone di mamma", ma quel giorno l'aveva delusa. Sia lei che suo padre.

Pensò alla profonda tristezza che vide sul volto del padre, uno sguardo freddo, vuoto, giudicante così come sua madre, affranta e col capo chino per scusarsi con la signora Choo.

"Sono dei burloni, mio figlio è un ottimo attore" tentò di salvare la situazione Hyun-Su, ma la sorella rincarò la dose sottolineando che il suo amato fratellone era realmente fidanzato da tempo con tanto di benestare da parte della HYBE e che "sua cognata" era ben voluta anche dal resto della band.

Alzò lo sguardo e vide KyungMin parlare con Eve come se fossero amiche di vecchia data. La sorella gesticolava animatamente, ancora arrabbiata per quel pranzo saltato e la ragazza ascoltava in religioso silenzio.

«Credevo che avendo un figlio famoso a livello globale, fossero di mentalità aperta.» rispose quasi in un sussurro. «Mi dispiace che abbiate litigato con loro. Dovreste chiedere scusa appena si calmano le acque.»

«No e non credo nemmeno di voler tornare a casa.» incrociò le braccia, stizzita. «Dovevi vederla poi, quella Deiji

Eve rise, scosse la testa. «È normale essere gelosi del proprio fratello. Quando il mio si trovò la sua prima ragazza, feci una scenata che se la ricorda ancora oggi a distanza di anni.»

«Non è gelosia, Eva-ssi, ma fastidio. Dovevi vedere come lo guardava, lo stava spogliando con gli occhi. Non ho mai visto Joon-oppa così a disagio. Ci credo che lei fosse contenta, le stavano organizzando un matrimonio col suo bias.» Prese il cellulare e aprì Facebook, cercando il profilo di Choi Deiji. «Eccola qui, guardala.»

Eve lo prese e cominciò a sfogliare le immagini, le pagine pubbliche ricche di informazioni di quella che era poco più di una ragazzina.

Namjoon, relegato al muretto che divideva la cucina dal soggiorno, guardò le due ragazze e scorse un'ombra sul viso di Eve.

Sapeva che lei era preoccupata per la differenza d'età che c'era tra loro due, anche se non sapeva quanto fosse ampia, ma a Namjoon non importava e glielo ripeteva spesso. Due, cinque, dieci anni, per lui l'età era solo un numero, un fattore però importante per i suoi genitori dato che gli avevano scelto una ragazza di ventitré anni, nel pieno della fertilità, da prendere in moglie.

Matrimonio. Per la prima volta pensò a quella parola, all'unione sancita da due individui per tutta la vita.

Guardò il braccialetto di Cartier che brillava al suo polso e poi Eve, con il cellulare di KyungMin tra le mani mentre continuava a guardare quelle immagini.

Era preso da lei, totalmente e follemente dipendente, ma non si riteneva del tutto innamorato. Di certo provava un sentimento intenso, più maturo rispetto le relazioni passate, eppure non riusciva a dirle "ti amo", non le sentiva ancora sue e non credeva che una semplice parola potesse racchiudere tutto quello che provava per lei.

Ti amo. Si morse il labbro, nervoso, e la memoria lo ricondusse a una serata trascorsa insieme a Baek, da soli, a bere birra e guardare una partita di basket in televisione. L'uomo gli aveva raccontato che Eve non conosceva cosa fosse realmente l'amore nonostante la loro lunga relazione e un matrimonio saltato all'ultimo secondo. Poteva provare affetto, riconoscenza, gelosia, rabbia, ma non amore perché sia lei che suo fratello non ne avevano mai ricevuto.

«In sette anni non l'ho mai sentita dire "ti amo". Non lo ha mai detto in vita sua. Strano, vero?» esordì quella sera e Namjoon decise di procedere per gradi, di imparare entrambi ad amare ed essere amati, di prendersi per mano e percorrere insieme il cammino che li avrebbe condotti ad una fase molto importante per loro: la convivenza.

Era più che consapevole che la sua proposta di vivere insieme fosse una mossa azzardata, scelta sull'impeto della gelosia e della rabbia. Si stupì di sé stesso, solitamente razionale, scrupoloso soprattutto in decisioni che potevano essere potenzialmente pericolose per i Bangtan come la presenza di una donna nella sua vita, ma era stanco.

Quando comunicò la notizia a PDnim e Seijin temeva in una lavata di capo, ma straordinariamente erano felici per lui.

Di contro, i ragazzi lo presero in giro per giorni, soprattutto la maknae line. Jimin intonava la marcia nuziale ogni volta che lo vedeva passare e Taehyung gli snocciolava ipotetici nomi per i futuri figli.

«Fossi in lei, avrei tagliato la corda.» sentenziò Yoongi una rimproverandolo di aver perso totalmente il raziocinio. Sì, doveva rallentare, fermarsi un attimo, far respirare Eve e procedere per gradi come lei aveva suggerito.

L'abbaiare del cane lo riportò alla realtà. Alzò lo sguardo e vide Moonie saltellare. Cercava attenzioni dai suoi padroni e annusava curioso quella sconosciuta.

«Fatti accarezzare, dai.» cinguettò divertita Eve allungando la mano vicino al nasino nero per farsi conoscere. Il cagnolino allungò il muso, starnutì un paio di volte e le leccò timido la mano.

«Che tenero. Quanti anni ha?»

«Otto, comincia ad essere vecchietto.» rispose KyungMin.

«Oh, ma allora devo chiamarti Moonie-ssi.» rise e accarezzò il manto bianco. «Hai la stessa età del mio Buck.»

«Hai un cane?»

«Sì, un pastore tedesco. Vive con mio fratello.»

Le ragazze continuarono a chiacchierare tra loro, parlarono di animali, di moda, di musica e altri argomenti. KyungMin si girò verso la propria destra, guardò oltre la spalliera del divano e vide Namjoon appoggiato al muretto assorto nei suoi pensieri.

«Oppa!» richiamò la sua attenzione. «Posso far dormire Moonie sul letto?»

«Si, sentiti libera Minnie.»

La ragazza si alzò dal divano e prese in braccio quel piccolo pelouche bianco. «Perfetto! Vado a riposarmi un po'. Ci vediamo dopo a cena!» schioccò un bacio sulla guancia del fratello e saltellò verso la sua stanza, chiudendosi la porta alle spalle a chiave.

Namjoon si staccò dal muretto, raggiunse Eve e si lasciò cadere pesantemente sul divano.

Era esausto, triste e amareggiato. Aspettava da tanto quel fine settimana da trascorrere in famiglia, insieme ai suoi genitori e avvolto dal loro calore. Era pronto a parlargli di Eve, di quanto fosse felice grazie a lei e che sì, forse non sapeva ancora se fosse realmente quella giusta, la sua futura moglie e madre dei suoi figli, ma che voleva viverla fino in fondo proponendole una convivenza. Fare piccoli, ma importanti passi.

Sicuramente sua madre, apprensiva, avrebbe inizialmente storto il naso, ma accettato quella sua relazione insieme ad una straniera. Non avrebbe mai immaginato di doversi trovare invischiato in un appuntamento combinato con una donna selezionata da loro.

Non lui, che insieme agli altri membri, avrebbe potuto sceglierne una tra i milioni di fan che si sarebbero venduti entrambi i reni pur di farsi sposare da uno di loro, coreane e non.

Choi Deiji. Pensò ancora a quella ragazza così minuta, ben curata e oggettivamente bellissima, la classica sposa che ogni madre vorrebbe per il proprio figlio. Sentì ancora addosso gli sguardi che gli lanciava durante il pranzo e si sentì sporco, un oggetto, un trofeo da aggiungere sulla mensola con una targhetta che recitava "Ehi, Army! Sono riuscita a sposare il mio bias!".

Si accorse di non provare alcun sentimento per quella sconosciuta, nemmeno un briciolo di compassione, il nulla cosmico e si chiese se fosse vero che anche la famiglia di Seokjin gli stava cercando moglie. Dopo tutto, il suo hyung era un chaebol, un figlio dell'alta borghesia.

Si voltò lentamente di lato, alzò il capo e incrociò lo sguardo preoccupato di Eve.

Era lì, al suo fianco in silenzio, l'espressione di una che sapeva e comprendeva appieno quello che stava provando. Lei aveva atteso di raggiungere la maggiore età per scappare di casa e correre verso il suo primo amore aiutata dal fratello, andando contro i propri genitori e legandosi a Baek per oltre sette anni.

Una ribelle, come lui quel giorno. La sua seconda vera ribellione dopo la firma del contratto, a tradimento, con l'allora BigHit Entertainment.

«Jagiya.» mormorò senza distogliere lo sguardo da quello di Eve. «Abbracciami.»

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Angolo Autrice

Dunque, i nomi dei genitori degli artisti sono di pura fantasia dato che non sono mai stati resi pubblici.

Che dire, c'è un bel caos in casa Kim, sia a Seoul che a Ilsan, in più Namjoon si sta rendendo conto si correre troppo in quella relazione, di bruciare fin troppo le tappe.

Spero sia di vostro gradimento e grazie ancora del supporto!

A presto!

Borahae! 😊 💜

NB: Ho aperto una pagina Instagram dove potete trovarmi con il nickname Amnisya_FF dove verranno pubblicate immagini e citazioni.

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