26 - Gelosia

mattina del 16 luglio 2021

«Per i prossimi giorni non torno a casa.» Aveva esordito così Namjoon mentre beveva il primo caffè della giornata.

La registrazione di BTS in The Soop2 era fissata per la fine del mese e molti impegni lavorativi si erano accavallati, senza contare un noioso gala organizzato da alcuni sponsor per l'ultima settimana di luglio.

Eve annuì con il capo. Allungò il braccio sul tavolo, cercando con la mano quella di Namjoon.

«Tranquillo, dormirò a casa mia.» si leccò la schiuma del cappuccino dalle labbra. «Senti, pensavo ad una possibile soluzione per sanare il caos di ieri.»

Namjoon le strinse la mano, intrecciando le dita.

«Per quanto mi dia fastidio, potrei farmi accompagnare in agenzia da Baek. Magari, non vedendomi da sola, quell'idiota di Doyoon mi lascerà in pace.» Eve arricciò le labbra in quell'adorabile broncio.

Namjoon le accarezzò una guancia con l'altra mano. «Potrebbe funzionare, ma la pagherà ugualmente. Lui e gli altri.»

Si sporse verso di lei per darle un tenero bacio su quelle labbra al sapore di cappuccino. «Vorrei che ti rivolgessi a me per qualsiasi cosa, anche solo per sfogarti. Non è piacevole scoprire da soli cosa diamine sta accadendo alla propria ragazza.»

Eve annuì col capo, si portò la mano di Namjoon sulla guancia, baciandone il palmo. «Va bene, ma tu cerca di non perdere le staffe.»

Si alzarono da tavola per sparecchiare. Il ragazzo guardò l'orologio notando che erano già le nove passate. Si soffermò sulla figura di Eve che stava caricando la lavastoviglie e impostando il timer per il lavaggio.

Gli vennero in mente le parole di Si-Hyuk: Eve era stata costretta a firmare il contratto di lavoro, pressata da chissà quale ricatto; eppure, era riuscita ad avanzare delle condizioni vantaggiose come la flessibilità oraria e la gestione delle presenze in azienda.

Non aveva osato chiederle i dettagli, sapeva che al momento opportuno lei gli avrebbe raccontato ogni cosa, ma c'erano tanti, troppi tasselli che lo confondevano.

«Jagiya. Mi levi una curiosità?»

Eve si asciugò le mani con un canovaccio. «Dipende. Dimmi pure.»

Namjoon si appoggiò al bancone della cucina, si umettò le labbra pensando alle parole più adatte per chiederle delle informazioni. Ovviamente, quando incrociò lo sguardo curioso di Eve, andò in tilt e spense il cervello. «Con cosa ti ha incastrato Si-Hyuk?»

La ragazza si immobilizzò sgranando i suoi occhi screziati. Posò il canovaccio sul marmo della penisola e si mise a sedere sullo sgabello abbandonandosi ad un lungo sospiro.

«Scusa, sono un idiota. Non volevo essere così diretto.»

«Calma, Joonie. Hai pienamente ragione.» si portò indietro una lunga ciocca di capelli ricaduta sul viso. «Mi hanno ricattata su Baek.»

«Baek-ssi?»

«Già. La Hybe ci ha fatto pedinare da un investigatore privato.» Si morse il labbro senza distogliere lo sguardo da Namjoon. «O firmavo il contratto, o gli rovinavano la carriera.»

«Quindi, hai firmato solo per lui?» sentì un moto di gelosia pervadergli il petto. Si era realmente esposta per il suo amico, nonché ex compagno e scopamico?

«No, l'ho fatto anche per noi.» Rise, fissò i propri piedi nudi che ciondolavano dallo sgabello. «Ho chiesto di levarci di torno il detective. Non amo i triangoli. Voglio essere libera di stare con te senza uno Sherlock Holmes che ci spia dalla finestra. Il motivo per il quale mi vogliono lì in agenzia mi sembra abbastanza chiaro. Forse sperano in una nostra crisi a causa del lavoro per poi prendere strade diverse.»

«Mi dispiace di tutti questi disagi.»

«Non è colpa tua.» Scese dallo sgabello e gli schioccò un bacio sulla guancia. «Vado a prepararmi. Sarà dura poterti incontrare solo in agenzia questa settimana.»

Eve andò verso la camera da letto per vestirsi ed affrontare un'altra giornata lavorativa. Namjoon si accasciò sul bancone. Quelli sarebbero stati decisamente i giorni più lunghi della sua vita, lontano da lei, da sola in mezzo a quella vasca di piranha senza contare quel nuovo dubbio: con cosa avrebbe mai potuto la Hybe ricattare Baek?

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pomeriggio del 16 luglio 2021

Jungkook era più stanco del solito dopo aver completato il suo workout quotidiano. Si era fatto una doccia veloce, vestendosi con i suoi pantaloni cargo nero e una maglietta extralarge della medesima tinta.

«Ho fame.» Borbottò e uscì dal bagno con i capelli ancora umidi.

Aveva voglia del suo amatissimo latte alla banana e qualche biscotto, ma il distributore al piano non era ancora stato rifornito e si vide costretto ad andare a saccheggiare le macchinette degli altri piani.

Decise di recarsi a quello inferiore prendendo direttamente le scale per andare alla sala break sperando di non trovare alcun impiegato nei paraggi. Non aveva alcuna voglia di dover attendere il proprio turno per prendere del cibo, il suo stomaco reclamava di essere rifocillato all'istante.

«Ehi, dove vai?»

«Oh, TaeTae! Vado giù a prendere degli spuntini alla macchinetta. Ti va di venire?»

Taehyung si infilò le mani in tasca e annuì.

Scesero le scale parlando del più e del meno chiedendosi quale fosse il tema del prossimo episodio di Run BTS da registrare. Jungkook sperava in qualche gioco acquatico, magari in uno di quei parchi con scivoli e gonfiabili. Aveva voglia di divertirsi come un tempo, ridere fino alle lacrime e rotolarsi per terra stringendosi la pancia insieme ai suoi hyung, tornare a viaggiare per il mondo per girare il Bon Voyage perché, per quanto fosse completamente rigenerante, il luogo prestabilito di In The Soop non era altro che l'ennesima gabbia dorata.

«Ti ricordi il nostro viaggio in Nuova Zelanda?»

Taehyung sorrise, nostalgico. «Il Bon Voyage! L'unica volta in cui eravamo al completo.»

«Più o meno.» Jungkook, giunto di fronte il distributore automatico, selezionò con enorme gioia il suo agognato latte alla banana e i biscotti. «Avevamo lasciato da solo Hobi-hyung alla stazione di servizio.»

«Lui e i soldi!»

Scoppiarono a ridere. Il minore recuperò rapido i prodotti e uscì dall'area break insieme all'amico.

Con la medesima gioia di un bambino di fronte ad un enorme gelato, si infilò in tasca i dolcetti e si rigirò tra le dita la bottiglietta di plastica pronto a rimuovere il tappo e trangugiare in un unico sorso il latte. Finalmente.

«Ehi, Jungkookie. Quella lì in fondo non è Noona?» Taehyung gli diede una piccola gomitata, facendogli alzare il capo per indicare l'area stampanti in fondo al corridoio che stavano percorrendo.

Assottigliò gli occhi per osservare bene il punto menzionato dal ragazzo e vide Eve in compagnia di un collega vicino alla stampante. Gli si allargò un tenero sorriso sulle labbra. «Sì, è lei! Andiamo a salutarla? È dal suo compleanno che non la vediamo.»

«Aspettiamo che rimanga da sola. Non voglio crearle problemi sul lavoro e neanche a noi.» Taehyung si scompigliò i capelli e si mise a masticare il suo ormai celebre chewing gum immaginario.

Si fermarono in mezzo al corridoio, gli uffici erano quasi vuoti per l'emergenza Covid che obbligava la maggior parte dei dipendenti allo smartworking a rotazione.

Prese il cellulare, lesse insieme a Jungkook i vari post degli Army su Weverse provando a rispondere a qualcuno di quelle centinaia di messaggi che si aggiornavano ogni trenta secondi. Risero ai vari meme che venivano pubblicati e ignorarono i soliti I love you o marry me, i più gettonati.

«Prima o poi uno di noi risponderà a qualcuno di questi scrivendo "mi piacerebbe, ma ho già una moglie!". Sarei curioso di vedere le loro facce.»

«Sposarsi. Secondo me il primo sarà Joonie-hyung. È completamente folle per la sua jagiya.» Jungkook marcò l'ultima parola con una vocina stridula, prendendo amorevolmente in giro il proprio leader. Si guardò intorno per cercare un cestino dove gettare la confezione di latte vuota, trovandolo a pochi passi da lui.

«Può essere, ma è ancora presto. Stanno insieme da meno di un mese e-» Taehyung si interruppe. Volse la propria attenzione alla stampante e strizzò gli occhi puntandoli su quell'uomo fin troppo vicino ad Eve.

La ragazza aveva appena recuperato dei fogli dal vassoio della multifunzione e stava digitando qualcosa sul display quando il collega le si parò alle spalle, avvicinandosi sicuramente con una scusa banale facendo aderire il proprio corpo con la sua schiena.

«Cosa diamine sta facendo?» la voce roca e gutturale di Taehyung attirò l'attenzione di Jungkook che seguì lo sguardo dell'amico e trasalì.

Vide Eve liberarsi da quella morsa lasciva e spingere l'uomo che, imperterrito, la bloccò contro la stampante facendo scivolare una mano su una natica ottenendo in cambio uno schiaffo in pieno viso. Lo vide ridere e la afferrò per le spalle spingendola con forza contro il mobile contenente le risme di carta e toner.

Jungkook sgranò gli occhi e gli salì la bile fino in gola. Senza pensarci due volte, si mise a correre come un pazzo rischiando di inciampare nei suoi stessi piedi, seguito a ruota da Taehyung.

"Nessun coinvolgimento personale, non devono capire il rapporto che ci lega."

Fanculo. Quello schifoso le stava mettendo le mani addosso e lui non ci vide più dalla rabbia.

«Noona!» urlò a pochi passi dall'area stampante, arrivando con il fiatone e l'adrenalina a mille. Afferrò l'uomo dalle spalle, chinato ora su Eve, incastrata nello stretto spazio tra la stampante e il mobile, e lo spinse lontano con forza. «Tieni lontano le mani da Noona!» gli ringhiò contro, riconoscendo in lui la figura di Doyoon.

Taehyung prese rapido il cellulare, accedendo alla rubrica. Guardò i contatti e il dito premuto sul nome di Namjoon con l'intento di chiamarlo e avvisarlo subito della situazione, ma si erano già esposti fin troppo. Fece scorrere il dito sui nominativi e chiamò direttamente Sejin che rispose alla telefonata e fu prontamente aggiornato su quanto accaduto.

«Noona? Ah, e così te la fai con i ragazzini?» rise, massaggiandosi la spalla dolente. «Ora si spiegano molte cose.»

«Sono la loro interprete, pezzo di idiota!» Eve gli urlò contro con una spillatrice d'acciaio tra le mani pronta a lanciargliela in faccia, se fosse stato necessario.

Jungkook si intrapose tra i due, facendole da scudo per tenerla in più lontano possibile da quell'uomo. «Noona, calmati, e lei cerchi di tenere quelle mani a posto!»

«Io? Mi ha tirato uno schiaffo.» provò a difendersi e puntò un dito contro la ragazza.

«Perché le è saltato addosso senza consenso, Doyoon-ssi.» la voce baritonale di Taehyung lo fece quasi rabbrividire. «Non si permetta né di sfiorarla né di fare strane insinuazioni su di noi.»

L'uomo si lamentò cercando di convincere i due idol, nonché azionisti della Hybe e quindi membri del consiglio di amministrazione, che si era trattato di un semplice fraintendimento e che tra lui ed Eve c'era una simpatia, una timida relazione. Quando li vide rilassati pensò di averli convinti, ma dovette ricredersi quando arrivò sul luogo Sejin, accompagnato da Namjoon.

Si chiese come mai l'artista si trovasse al suo piano, così come gli altri due. I Bangtan non erano soliti intrattenersi con il personale della Hybe salvo qualche emergenza e la loro presenza, quel giorno, era alquanto insolita. All'improvviso, pensò alla mattina precedente quando, insieme ad altri colleghi, aveva salutato il rapper in compagnia di Seokjin e Yoongi. Ebbe un brutto, terribile presentimento.

«Buongiorno, Sejin-ssi. Ha bisogno di qualcosa?»

«Sì. Seguimi in ufficio. Si-Hyuk ti deve parlare. Ora.»

L'uomo non ebbe bisogno di altre parole per capire di essere nei guai fino al collo quando incrociò non solo l'espressione severa del main manager, ma anche lo sguardo tagliente di Namjoon che sembrava lo volesse morto. Vide quest'ultimo parlare a bassa voce con Eve, accarezzarle con il pollice il graffio che si era procurata sulla guancia durante quella breve colluttazione. Erano entrambi in confidenza, intimi e non gli sfuggì il labiale di Namjoon che le sussurrava jagiya. A Doyoon cadde l'occhio sul polso sinistro dell'idol e notò che ospitava un prezioso bracciale d'oro bianco di Cartier, il medesimo che indossava Eve.

Sentì il sudore freddo colargli lungo la schiena e capì di aver toccato la donna sbagliata.

Era un uomo finito. Lui e i suoi amici.

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19 luglio 2021

Il Josun Palace era un hotel di lusso situato al centro di Gangnam. La struttura, che solitamente ospitava manager e personaggi illustri, era invasa da cavi, telecamere, faretti vari e altri oggetti utili per le riprese televisive. La Hybe aveva affittato un intero piano per girare un episodio di Run BTS e il tema principale era il relax e i vari comfort che un hotel di quel calibro poteva offrire ai propri clienti.

Un programma per far divertire gli Army, una vetrina per sponsorizzare prodotti e aziende. Le riprese proseguirono senza troppi intoppi, a volte lo staff si concedeva qualche pausa per permettere ai makeup artist di ritoccare il trucco dei ragazzi e ricontrollare le scene registrate.

Namjoon si trovava in camera, da solo. Si era svegliato all'alba, la stanchezza cominciava a farsi sentire e ringraziò il cielo che le riprese mattutine, dedicate ai vari giochi e momenti di pura ilarità con i ragazzi mentre si ispezionarono le suite a vicenda, fossero andate bene.

Si sdraiò sul letto, trovando rifugio sotto il lenzuolo, un piccolo angolo lontano dall'occhio vigile della telecamera sempre accesa. Nonostante fosse ormai abituato da parecchi anni vivere sotto le fulgide luci dei riflettori, le riprese all'interno della camera da letto con uno di loro presente addormentato era una visione per lui troppo disturbante.

Varietà, show o reality. Cambiava continuamente nome, ma la sostanza rimaneva la stessa e lui era conscio di vivere sotto l'attento occhio del Grande Fratello.

Prese il cellulare e guardò qualche fotografia scattata durante l'incursione nella camera di Seokjin. Si era ritrovato insieme al suo hyung, Jimin e successivamente Hoseok a giocare con una macchinina radiocomandata dotata di videocamera collegata a un controller.

"Va bene per i papà quando vogliono giocare con i figli". Aveva realmente detto una frase del genere? Gli Army ci avrebbero sguazzato per settimane appioppandogli di nuovo l'ennesima paternità e moglie, ma per la prima volta a lui non gliene fregò di nulla.

Aveva trascorso una bellissima giornata con i suoi fratelli, anche se tecnicamente stavano lavorando, e si erano lasciati andare in quelle attività ludiche che man mano stavano scomparendo dalla loro esistenza.

Era da tanto che non si sdraiava sul letto insieme a Seokjin, Hoseok e Jimin a guardare la televisione e commentare i vari programmi trasmessi in televisione, erano trascorsi secoli dall'ultimo sorriso sincero di Yoongi e quando lo vide su Zoom scherzare, sfottere il regista reclamando la sua libertà e che non si sarebbe di certo fatto comprare dal vile denaro, gli si riempì il cuore di gioia.

"Mi piacerebbe vivere sempre così." Pensò e continuò a sfogliare la galleria del telefono, aprendo la sezione delle fotografie private, quelle scattate all'improvviso durante una giornata di pioggia, uno spuntino di mezzanotte insieme a Jungkook o una corsa notturna in bicicletta sul lungo fiume mentre rincasava.

Selezionò la prima immagine riportata dalla galleria, risaliva ad una settimana prima, al compleanno di Eve. Guardò il sorriso della sua ragazza in quegli scatti, pensò alla meraviglia racchiusa nei suoi occhi all'Aquarium di fronte quelle vasche enormi, o alle risate durante la partita a quattro con Baek, Seokjin e Yoongi a Just Dance, gioco alla quale si unì anche lui per finire, immancabilmente, con il sedere per terra insieme a Jimin.

Infine, il bracciale di Cartier. In vista del Run BTS, fu costretto a toglierlo e custodirlo al sicuro all'interno del dormitorio. Non poteva farsi vedere indossare un oggetto così particolare in video, nessuno doveva sapere delle varie relazioni interpersonali all'interno della sua vita privata e se quella restrizione non fosse di per sé distruttiva a livello psicologico, ci pensò la gelosia che, come l'edera velenosa, si era insidiata in lui estendendo velocemente le radici intorno al suo cuore.

Quel bastardo di Doyoon era stato licenziato il giorno stesso in cui Sejin ricevette la telefonata da Taehyung che lo avvisò dell'accaduto. A nulla erano valse le scuse che cercò di rifilare fino all'ultimo arrampicandosi sugli specchi, millantando una fantomatica relazione con Eve per poi arrendersi di fronte al video girato la mattina precedente, quando, in compagnia di altri due dipendenti, si era dilungato in apprezzamenti irrispettosi sulla collega. Quella mattina furono licenziati altri cinque dipendenti rei di molestie sessuali sia verbali che fisici, atti vili denunciati da diverse giovani stagiste e neoassunte dopo una riunione straordinaria tra l'amministrazione e il personale.

Le voci a sfondo sessuale su Eve e su altre dipendenti finalmente cessarono, ma lasciarono spazio ad un pettegolezzo più succoso: l'affascinante marito della traduttrice.

In seguito all'episodio avvenuto nell'area ristoro e filmata da Namjoon, Baek era stato messo al corrente delle molestie sul posto di lavoro e si era subito dichiarato disponibile ad accompagnare la sua piccola Dalì in agenzia quotidianamente.

«È un vero peccato che sia sposato, è davvero un bell'uomo, alto, prestante! Sbaglio o è il fotografo che ha lavorato con noi per Louis Vuitton?» la parrucchiera stava pettinando Namjoon, perdendosi in chiacchiere con la sua collega, impegnata con i capelli di Jimin.

«Sì, è lui! Non pensavo fosse sposato con Eve-ssi. Credo siano freschi di nozze, stamattina l'ha salutata con un bacio sulla guancia. Sono davvero una bella coppia!» cinguettò la donna mentre frizionava la cera. «Aish, come la invidio! Mio marito non mi ha mai accompagnata al lavoro, ormai le farfalle nello stomaco sono morte, mummificate.»

Fu quando sentì le ragazze dello staff identificare Eve con signora Chang che Namjoon sentì una fitta in mezzo al petto. Jimin gli aveva lanciato un'occhiataccia, la medesima di quando lo ammoniva per l'ennesimo spoiler svelato in diretta Vlive. Il suo sguardo sembrava dire "Stai fermo, hyung. Lasciale parlare, è meglio così. Ignorale!" e il ragazzo aveva pienamente ragione, ma allora perché il suo stomaco gli si stava attorcigliando provocandogli un conato di vomito trattenuto a stento?

Gelosia. Lo ammise. Era geloso, infastidito e cominciava a odiare quel lato oscuro del kpop, della vita da idol. Doveva sempre nascondersi come un ladro, non dilungarsi in sguardi di oltre due secondi verso la propria ragazza che rischiava di finire sulla bocca di tutti i dipendenti della Hybe e di conseguenza su qualche testata scandalistica, per non parlare degli eventi pubblici come i Melon e i Mama dove, né lui né gli altri membri, potevano sciogliersi in applausi genuini e spontanei perché potenzialmente accusabili di favore un gruppo rispetto ad una altro.

Lui e gli altri ragazzi producevano musica, per quale motivo erano obbligati a sacrificare la propria vita privata e anche quella dei loro parenti? Seokjoon e Jiwoo, rispettivamente i fratelli maggiori di Seokjin e Hoseok, erano stati presi d'assalto dai fan di tutto il mondo, pronti a seguire ogni minimo aggiornamento su Instagram e taggarli con la speranza di essere notati da un membro della band.

Gli Army non avevano risparmiato nemmeno i matrimoni dei ragazzi rubando scatti o cercando in rete le immagini delle funzioni nuziali, cerimonie dove gli sposi erano passati in secondo piano per dedicarsi a loro, ai oh mio Dio ci sono i Bantang.

"Oddio, Jin sta facendo una dedica agli sposi!"

"Guardate che bello JHope! Si è commosso!"

"Avete visto Jin al buffet?"

"Ah! Hobi ha fatto un selfie con Jiwoo!"

Cosa si aspettavano gli Army? Un pianto funebre? Espressioni serie? Era più che naturale si commuovessero al matrimonio dei propri fratelli maggiori, lui stesso aveva trattenuto a stento una lacrima pensando al suo futuro, un ipotetico matrimonio felice e una signora Kim ad amarlo ed essere amata. E anche dei figli.

Si passò velocemente una mano tra i capelli, fingendo indifferenza, cercando di sorridere di tanto in tanto di fronte la telecamera puntata sul suo letto.

Ricevette un messaggio da parte di Baek su KakaoTalk e ne lesse l'anteprima. Lo avvisava che quella sera non riusciva a passare dalla Hybe a causa di un contrattempo con il lavoro.

Sospirò e sorrise, portandosi alla bocca la bottiglietta d'acqua mettendo in bella vista l'etichetta dello sponsor.

Quella sera l'avrebbe accompagnata lui a casa, prima di ritornare al dormitorio.

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sera del 19 luglio 2021

L'orologio segnava le ore ventuno ed Eve era ancora seduta alla sua scrivania insieme a due colleghi. Era da sola con due uomini e Namjoon si sentì irrequieto.

Si era appostato di fronte la porta di vetro del suo ufficio, il cappellino nero da baseball in testa e una cartellina con dentro dei fogli raccattati a caso dal suo studio sotto il braccio. Voleva vederla, parlarle di persona e non incrociarla per una manciata di secondi lungo i corridoi dell'azienda e scambiarsi qualche messaggio su KakaoTalk. Si rese conto che le mancava terribilmente: non poterla abbracciare, darle un bacio o semplicemente pranzare o bere un caffè insieme era per lui una tortura.

Vederla e non poterla toccare, come una preziosissima opera d'arte custodita da una teca di vetro allarmata.

"Almeno riesco a incrociarla tutti i giorni." Pensò all'unica nota positiva nell'averla come dipendente della Hybe.

Prese coraggio, pronto ad affrontare un litigio di dimensioni epocali e bussò alla porta dell'ufficio prima di entrare.

L'uomo seduto di fronte ad Eve alzò il capo. Era un signore non tanto giovane con un paio di occhiali calati sul naso. «Oh, buonasera signor Kim. Ha bisogno di qualcosa?»

«Buonasera, io ecco... avrei bisogno di un consulto per alcuni documenti, ma non conosco la lingua.» cercò di modulare la voce e lanciare un'occhiata furtiva ad Eve, sperando cogliesse l'occasione di alzare il culo dalla sedia e raggiungerlo. «Sono scritti in russo.»

«Ah capisco, purtroppo non posso aiutarti.» L'uomo si sistemò meglio gli occhiali e si voltò verso i colleghi seduti di fronte a lui. «Eva-ssi, ci pensi tu con il signor Kim? Sei l'unica a parlare russo.»

«Certo, non c'è alcun problema.» si alzò, spense il computer portatile e lo infilò nello zaino insieme al caricabatteria e cellulare. «Dopo la consulenza vado direttamente a casa. Vi auguro una buona serata.»

Eve uscì dall'ufficio e prese la cartellina dalle mani di Namjoon, fulminandolo con lo sguardo. La aprì, trovandoci dentro appunti, scarabocchi vari e anche le istruzioni per montare un mobile dell'Ikea, un residuo bellico di una Run girata mesi addietro e non ancora trasmessa su Weverse. «Che storia è questa?»

«Nessuna, vieni con me nello studio.»

Si recarono in silenzio al piano superiore, completamente deserto dato l'orario serale. Erano presenti solo loro due e il rumore dei passi che rimbombavano contro le pareti. Namjoon le prese lo zaino portandoselo alla spalla. La guardò di sbieco, arrabbiato per quelle continue voci che, ogni maledetto giorno da quando lei aveva messo piede in azienda, non faceva altro che sentire.

Non aveva mai dato ascolto ai pettegolezzi del personale, soprattutto dei parrucchieri e stilisti, ma a detta di Seokjin che amava sguazzare in quelle che definiva "informazioni fondamentali e importantissime", i loro dipendenti erano soliti prendere di mira l'ultimo arrivato per almeno un mese circa per poi perdere l'entusiasmo e passare al successivo pettegolezzo. E a lui, quel loro hobby, non piaceva.

Arrivarono di fronte la porta del Rkive, Namjoon sbloccò rapido la serratura con il pin ed entrò nello studio, lanciando lo zaino sul tavolino da caffè senza preoccuparsi della presenza di un computer portatile al suo interno.

Si voltò verso Eve, all'ingresso con le scarpe in mano da posare nell'angolino all'interno per evitare di lasciarle sullo zerbino all'estero per evitare di alimentare ulteriori voci, quelle da lui ribattezzate come i stracazzi di pettegolezzi.

«Perché sei ancora qui? Non dovresti essere al dormitorio?»

«Hai forse paura di tardare con Baek? Ti sta aspettando in moto qui fuori?» la pungolò acido, consapevole dell'assenza dell'uomo.

Eve roteò gli occhi e si portò una mano sulla fronte. «Dio, non ricominciare con questa storia. Lo abbiamo concordato insieme tre giorni fa a causa di Doyoon!»

«Ed è stato licenziato! Giustamente, aggiungerei.» digrignò i denti, ancora schifato al solo sentirlo nominare. «E comunque ha molestato altre nostre dipendenti. E non solo lui. Ci sono delle indagini in corso per far partire una denuncia.»

Eve gli posò una mano sulla spalla. «Se è tutto in fase di risoluzione, per quale motivo sei così nervoso?»

«Perché tutti pensano che tu sia sposata con Baek.»

«Meglio così, no?» Eve lanciò la cartellina sulla scrivania. «Lo sai che non devi farti vedere con me, la tua carriera ne-» Non finì la frase che si ritrovò le labbra di Namjoon incollate alle sue.

La baciò con rabbia, da toglierle il respiro, le mani premute sulle guance per tenerla vicino a sé.

«Non ce la faccio!» ringhiò sulla sua bocca, gli morse il labbro inferiore. «Dannazione, ti chiamano signora Chang e non lo sopporto!»

«Non essere infantile...» sospirò Eve, tremante per Namjoon che le leccava e succhiava il collo mentre la spingeva senza cerimonie contro un mobiletto al lato della scrivania, facendola sbattere contro il bordo. «Cosa volevi, che mi chiamassero signora Kim

La guardò negli occhi provando un moto di agitazione incontrollabile.

Signora Kim Eve. Suonava strano, forse Eve Kim era più armonioso, ma lei non si chiamava in quel modo e forse il suo vero nome stonava con il proprio cognome.

Fanculo.

«Non mi dispiacerebbe.» La prese saldamente per le cosce, affondando le dita nella carne morbida per farla sedere sul mobile. Le catturò ancora le labbra, cercò con la lingua quella di Eve per assaporare ogni centimetro di quella bocca, ogni singolo respiro. Con una mano le prese i capelli, arrotolando le ciocche tra le dita, trattenendola per approfondire ulteriormente quel bacio sempre più disperato, famelico da risucchiarle tutto l'ossigeno. Si spinse contro di lei con il corpo, strofinandosi con il proprio bacino sul suo rubandole un piccolo gemito quando le strappò via le mutandine.

«È forse una proposta di matrimonio?» Scherzò lei senza smettere di baciarlo con passione. Gli infilò una mano sotto la maglietta bianca, con le dita tastò la pelle rovente, ogni singolo muscolo, addominale e lo fissò compiaciuta quando lo sentì tremare sotto i polpastrelli.

Namjoon la guardò dritta in quegli occhi colmi di lussuria che lo stava chiamando con il proprio corpo, con i baci, con quella lingua che si passava languida sulle labbra gonfie e socchiuse. Erano trascorsi una manciata di giorni dall'ultima volta che erano stati così intimi e si rese conto che gli era mancata tremendamente. Non gli bastava più vivere una relazione condivisa con altre persone, cenare, dormire con in casa un terzo ed enorme incomodo: Chang Baekhyeon.

«Forse.» ringhiò sulle sue labbra, si abbassò rapido il jogger insieme ai boxer ed entrò in lei con una veemenza quasi disperata afferrandola per le natiche, con le unghie conficcate nella carne per aiutarsi a spingersi di più in lei.

Eve si aggrappò alle sue spalle, il viso nascosto nell'incavo del suo collo per trattenere i gemiti, ma le intense spinte di Namjoon la fecero quasi urlare e fu costretta a soffocare un forte gemito premendo la bocca contro la sua spalla.

«Ci possono sentire.» mugolò rauca Eve, zittita dalle labbra del ragazzo.

«Ci siamo solo noi.» le leccò il collo, ansimandole sulla pelle umida e aumentò il ritmo. «Dio, come mi eccita prenderti qui.»

Si abbandonarono del tutto cercando ugualmente di controllare il tono delle proprie voci. Ad Eve girò la testa per il piacere, cinse la vita di Namjoon con le proprie gambe per invitarlo ad andare più a fondo, per riempirla completamente e lo guardò in viso per scrutare ogni espressione, per imprimere nella propria mente quelle labbra carnose socchiuse, i capelli incollati alla fronte e quegli occhi scuri così profondi, ardenti di passione e di rabbia.

All'improvviso Namjoon uscì da lei, baciandola famelico sulle labbra. Voleva farla girare di spalle con i gomiti poggiati sul mobile, pronto a prenderla da dietro, darle uno schiaffo su quel sedere morbido e soddisfarla in quella che aveva scoperto essere la posizione preferita della ragazza.

«Joonie...» lo spinse appena, con lo sguardo allarmato rivolto verso l'ingresso dello studio. «La porta, è socchiusa.»

Namjoon si voltò, con le mani ancorate sulle cosce di lei. «Merda, ma l'avevo chiusa.»

Si rialzò rapido i pantaloni e corse verso l'ingresso, la aprì il giusto per sbirciare fuori con la testa e accertarsi che effettivamente non ci fosse nessuno al piano.

Il personale era già rincasato e vide che anche le luci del Genius Lab, del Hope World e del Golden Closet erano spente.

Rientrò nello studio, assicurandosi di chiudere bene la porta dall'interno con doppia mandata con la serratura manuale. Raggiunse Eve, che si era spostata sul divano, e la baciò dolcemente. Incastrò le labbra con le sue con un movimento morbido, lento e l'abbracciò senza smettere di baciarla.

Riuscivano a vedersi per una manciata di secondi in azienda, quando lui passava "casualmente" di fronte il suo ufficio per spiarla attraverso la porta di vetro con la scusa di andare al distributore di bevande o nella hall dell'azienda.

La Hybe non vietava ai propri dipendenti di frequentarsi tra loro, alcuni erano sposati anche se collocati in reparti differenti e Namjoon spesso si ritrovava ad osservare quelle coppie che trascorrevano insieme la pausa pranzo. Era consapevole che lavorare con il proprio coniuge era controproducente dato che la sera, una volta rientrati a casa, il dialogo si spostava immancabilmente sul lavoro, ma lui li invidiava ugualmente.

Avrebbe tanto voluto prendere un semplice e disgustoso caffè al distributore automatico insieme ad Eve, trascorrere una breve pausa e darle un buffetto sulla guancia per augurarle una buona giornata, ma per lui e gli altri idol era pura utopia.

La strinse più forte per riempirsi del suo calore, del suo profumo e farne scorta per i successivi tre giorni. Realizzò che sì, stava correndo troppo in quella relazione nata da poco, aveva inserito la quinta marcia e forse anche la sesta, ma non gli importava perché, per lui, il conto dei famosi cento giorni cominciò in quella notte di maggio, quando bussò disperato alla sua porta per ritrovarsi, abbracciati e coperti da un plaid, addormenti sul divano. La notte in cui Namjoon le rubò un bacio nel sonno.

Le tenne il mento con due dita, accarezzandolo con il pollice.

«Jagiya.» le soffiò appena sulla bocca arrossata e la fissò in quegli occhi grandi, curiosi che lo avevano colpito fin dal primo istante. «Vuoi vivere con me?»

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Angolo Autrice

Finalmente mi sono levata questo capitolo. Ho cancellato e riscritto da capo alcuni pezzi perché non mi convinceva la stesura e alla fine ce l'ho fatta. (sfogo personale).
Che dire, qualcuno ha deciso di voler bruciare le tappe e non sta correndo a cento all'ora, ha preso direttamente un aereo militare che rompe la barriera del suono proponendo di andare a convivere.

Sì, lo so che sembra strano, ma i coreani sono realmente così frettolosi.

Spero sia di vostro gradimento.

A presto!

Borahae 💜😊

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