25 - Nido di vipere

15 luglio 2021

Le doleva la testa a tal punto che credeva stesse per scoppiare. Si portò la mano tremante sulla fronte madida di sudore, si massaggiò le palpebre pesanti e boccheggiò alla ricerca di ossigeno.
Bruciore, la gola arsa pungeva come se avesse inghiottito mille spilli, conficcati nella carne, nel palato e nell'esofago mentre il sapore ferroso del sangue le colava la bocca.
La aprì per chiamare qualcuno, ma le parole erano mute, prive di suono, come se qualcuno le avesse disattivato la voce con un telecomando a distanza.
Le mancava l'aria, la lingua sempre più pregna del sangue che usciva dal taglio interno della guancia, che pulsava, bruciava come fuoco vivo.

Si guardò attorno trovando solo buio, polvere e respirò la sua stessa paura mentre tentava di tamponare con enorme fatica la spalla sinistra, digrignando i denti per sopportare quel dolore sovrumano che le spezzava il corpo a metà ad ogni respiro.
Urlò ancora, senza voce, le lacrime le bagnarono il viso mescolandosi con la polvere e la terra. Si guardò le mani cercandole nel buio e le trovò tinte di rosso, grondanti di un sangue che non le apparteneva. Alzò gli occhi lentamente tentando di scrutare attraverso l'oscurità, sfruttando quel piccolo raggio di sole che filtrava da un pertugio come un faretto solitario che illuminava il palco di un teatro abbandonato, senza artisti né pubblico.

La luce, una piccola linea fendeva il buio facendo risplendere il pulviscolo che appesantiva l'aria. Seguì con lo sguardo quel raggio, lentamente, verso il suolo ed è così che li vide: due occhi celesti, chiari come il ghiaccio fissi su di lei. Erano grandi, vitrei e privi di vita come il resto del corpo che giaceva ai suoi piedi, in una pozza di sangue che colava da quella chioma non più bionda.
Urlò a pieni polmoni fino a sentirli bruciare, il petto pronto a esplodere, la gola che si dilaniava ad ogni soffio di fiato, affidando al nulla il nome di colui che non riusciva a sentire la sua disperata richiesta di aiuto.

«Sono qui, calma. Sono qui.»

Sentì due calde e forti braccia stringerle le spalle, infonderle calore, sicurezza e protezione. Si affidò disperata a quella voce nel buio, bassa e profonda, come se fosse un faro in una notte di tempesta.

Aprì gli occhi e trovò lo sguardo di Namjoon, spaventato a morte.

«Calma, ci sono io con te.» mormorò baciandole la fronte e cullandola, stretta al suo petto.
Era la terza volta in pochi giorni che Eve aveva degli incubi e ogni volta la sentiva agitarsi e urlare nel sonno.
Le asciugò il viso rigato dalle lacrime e le accarezzò il capo, in attesa che lei cessasse di piangere.
Namjoon sapeva cosa tormentava il sonno di Eve anche se non era a conoscenza di cosa effettivamente compariva in quei maledetti incubi, ma non osava chiedere temendo di peggiorare la situazione.

«Jagiya, ci sono io.» le baciò una guancia e intrecciò la mano con la sua, ancora tremante come il suo corpo, osservò la luce dell'abat-jour riflettersi sui loro braccialetti, quei cerchi d'oro bianco, unico simbolo materiale testimone della loro relazione al di fuori delle quattro mura dei loro rispettivi appartamenti.
Dopo pochi, ma lunghissimi e intensi minuti Eve si calmò, cinse con le braccia la vita di Namjoon, strofinò il viso sul petto nudo per appoggiarsi, per ascoltare il suo battito cardiaco in quel momento accelerato, un suono che la confortava e rilassava.

«Vuoi che avverta l'agenzia così ti riposi per oggi?»
«No, preferisco andarci che stare qui da sola.» mormorò con voce roca. «Che ore sono?»
«Le sei e mezza.» le baciò la fronte ancora imperlata di un leggero strato di sudore. «Allora ti preparo la colazione mentre ti fai la doccia?»

La vide annuire nella penombra delle prime luci dell'alba e della lampada accesa. «Bene, allora ti aspetto così andiamo insieme in agenzia.»

«Ma le tue schedule non cominciano nel primo pomeriggio?»
Scosse la testa «Non mi farà male un po' di workout mattutino. Ora va', che vado a preparare il cappuccino, come piace a te.»
Le diede un bacio leggero sulle labbra e la seguì con lo sguardo quando Eve si alzò per raggiungere il bagno e infilarsi sotto la doccia.

Si lasciò cadere sul letto, si strofinò gli occhi stanchi, segnati da profonde occhiaie e cercò di vincere l'abbraccio di Morfeo che, prepotente, cercava di farlo scivolare in un profondo sonno.
«Forza Nam, in cucina per la colazione.»
Si alzò a fatica, il corpo appesantito e la testa piena di pensieri.

E la colazione da preparare.

Un cappuccino per Eve.

Un caffè americano doppio per lui.

------- 💜 -------

Era seduto sulla comoda poltrona girevole all'interno dello studio Rkive di fronte al computer. Si morse il pollice mentre leggeva alcune annotazioni su un file, rigorosamente protetto da password sul proprio iCloud.

Guardò l'orologio, le nove e un quarto.

Aprì il motore di ricerca, fissando la pagina bianca di Google che illuminava il monitor, quasi accecandolo. Aveva bisogno di avere delle conferme a quei terribili sospetti che albergavano nella sua mente e non poteva affidarsi ad un motore di ricerca limitato alla navigazione asiatica, doveva espandere il suo campo di navigazione su scala mondiale e scavare qualsiasi articolo, documento e annotazione possibile e immaginabile.

La gola era secca, mostruosamente arida e non per il caldo soffocante di quella giornata di metà luglio, ma dalla tensione che provava in quel momento, quando le sue dita digitarono quella maledetta parola che lui stesso, per diverso tempo, negava a sé stesso: disturbo post traumatico da stress.

La ricerca di Google riportò una serie di articoli, link scientifici e trattati sulla psichiatria e malattie mentali. Con mano tremante, cliccò sul primo titolo aprendo la pagina di Wikipedia.

"Il disturbo da stress post-traumatico (PTSD, post-traumatic stress disorder) è un disturbo psicologico e psichiatrico riscontrato in soggetti coinvolti in eventi traumatici, catastrofici o violenti. Noto anche con la denominazione nevrosi da guerra, perché inizialmente riscontrato in soldati coinvolti in azioni belliche particolarmente drammatici, il PTSD può rappresentare la risposta psichiatrica di un soggetto ad un evento abnorme quali incidenti stradali, rapine, atti di violenza subiti o di cui si è stati testimoni, atti di mobbing, abusi sessuali..."

Namjoon smise di leggere e si portò una mano alla bocca per placare un conato di vomito. «Lo sapevo!» ringhiò, frustrato.

Bevve dell'acqua direttamente dalla bottiglietta e si torturò le mani. Guardò il bracciale di Cartier al polso, quel simbolo d'amore che lo legava ad Eve. Quella mattina aveva deciso di non nasconderlo sotto una fascetta elastica, una felpa o confonderlo con altri bracciali.

"Che se ne fotte, che lo vedano pure." Pensò mentre lo accarezzava, sentendo la superficie liscia alternata da quelle piccole viti in rilievo e alzò di nuovo lo sguardo al monitor, continuando ad annegare in quelle nozioni mediche e cercare una soluzione rapida ed efficace per aiutare la sua ragazza.

Lesse che i soggetti affetti da PTSD potevano manifestare comportamenti anomali come flashback, disagi psichici di fronte a persone o eventi che potevano ricordare l'evento traumatico, vivere delle vere e proprie allucinazioni, avere incubi e altri disagi da far accapponare la pelle.

«Deve stare lontana da fonti di forte stress. E come cazzo fa se l'ho costretta ad una relazione quasi clandestina!»

«Buongiorno, Joonie.»

Namjoon trasalì all'improvviso e si voltò, trovandosi Seokjin fermo all'ingresso dello studio. «B-Buongiorno, Jin hyung.» spense il monitor del computer e cercò di essere il più naturale possibile.

Il maggiore entrò guardandosi attorno con fare circospetto e si mise a sedere sulla poltrona. «Come mai in agenzia così presto?»

«Potrei farti la medesima domanda.»

Seokjin sbadigliò sonoramente. «Sono venuto a recuperare quell'idiota di Yoongi. Si è addormentato in studio e ha passato la notte qui.» si mordicchiò le labbra carnose, guardandosi attorno. «Ti va un caffè?»

Namjoon annuì. «Sì, però andiamo nell'area break di sotto.»

«Ah, speri di incontrare la tua Eve?» scoppiò a ridere. «E sia per il caffè della macchinetta. Vado a chiamare il cretino.»

------- 💜 -------

Yoongi stava osservando con schifo quella brodaglia scura all'interno del bicchierino di carta bianco. Lo girò con il bastoncino di legno, leccandolo con la punta della lingua per assaggiarlo con la speranza di trovarlo accettabile, ma il sapore amaro gli fece arricciare il naso. «Che merda... come fanno a bere questa roba?»

«Forse usano la scusa della pausa caffè per trascorrere un po' di tempo libero insieme.» Seokjin sbirciò di sottecchi tre impiegati vicino la macchinetta mentre chiacchieravano tranquillamente, sicuramente persi in qualche succoso pettegolezzo.

Namjoon, con il gomito poggiato sul tavolino da bar, sosteneva il capo con la mano sinistra. Era assorto nei suoi pensieri, ancorato in quella ricerca effettuata su Google che non aveva fatto altro che confermare i suoi sospetti: Eve soffriva di quel disturbo psichiatrico in seguito all'incidente, un fottuto trauma di cui non sapeva assolutamente nulla.

"Il soggetto affetto da PTSD deve essere lontano da persone e situazioni riconducibili all'evento traumatico, fonti di stress..."

Stress. Eve era costantemente sotto pressione a causa dell'ambiente lavorativo ostile e anche se non gliene parlava mai, lui ne era a conoscenza. I corridoi erano fonte inesauribile di voci e pettegolezzi di ogni natura e lui era dotato di un ottimo paio d'orecchie.

«Joonie, tutto ok?»

«Sì, Jin hyung.» rispose rauco e guardò l'orologio. Le dieci in punto.

Si sistemò meglio il berretto di cotone nero in testa e sollevò lo sguardo verso l'ingresso dell'area break, gli occhi assottigliati e il labbro inferiore sporgente, quella tipica espressione dura che assumeva quando era arrabbiato, perché lui non era solo irato, ma incazzato nero.

«C'è qualcosa che non va?» Yoongi riemerse dal suo bicchiere di caffè, fissando l'amico che, in silenzio, indicò a lui e Seokjin di guardare di fronte a loro col solo cenno del mento.

Eve entrò nella stanza, il tesserino aziendale con la chiavetta elettronica in mano, puntuale nella sua solita pausa mattutina delle dieci. Lanciò un'occhiata furtiva ai tre ragazzi seduti sugli sgabelli al tavolo alto da bar per camminare diretta alla macchinetta degli snack.

«Buongiorno, Eva-ssi.»

«Buongiorno, Doyoon-ssi.»

Il responsabile dell'ufficio contabile, un uomo di quarantadue anni, era poggiato al distributore con caffè con il gomito. «Posso offrirti qualcosa?»

«No, ti ringrazio.» digitò il numero corrispondente al prodotto desiderato e sfilò dalla tasca posteriore dei jeans neri il cellulare.

Doyoon rise, le guardò in modo lascivo il sedere risalendo lentamente su tutto il suo corpo soffermandosi sul seno fino al profilo del viso. «Pensavo mi inviassi un messaggio per questa sera, per la cena aziendale. Se mi dai il tuo indirizzo, passo a prenderti in auto.»

Eve si voltò verso l'uomo rifilandogli un sorriso di pura cortesia. «Non vedo perché dovrei avvisare te quando ho già un referente a cui rendere conto.»

«Chi è? Il tuo Sugar Daddy?» rise malizioso Sang dell'ufficio pubbliche relazioni, facendo schioccare la lingua.

Seokjin, disgustato dalla scena che si stava svolgendo sotto i propri occhi, fece per alzarsi, ma Yoongi lo fermò trattenendolo dalla spalla e gli indicò con un dito Namjoon, immobile e incazzato come una iena, che teneva puntato verso il gruppetto il cellulare con la fotocamera accesa.

Eve si chinò per recuperare un pacchetto di biscottini al cocco e si dedicò al distributore di bevande, selezionando un caffè macchiato al latte. «Cosa ti fa pensare che abbia un Sugar Daddy?» cominciò a digitare qualcosa sul cellulare in attesa che la macchinetta erogasse il prima possibile il prodotto.

«Beh, il braccialetto da quasi otto milioni di won che hai al polso?» Sang scoppiò a ridere, seguito da Doyoon e il terzo uomo, rimasto in silenzio fin dall'inizio.

Il distributore terminò l'erogazione ed Eve poté recuperare velocemente il caffè. «Ammirevole la tua dedizione nel ricercare il valore dei miei gioielli che, per quanto tu ne possa sapere, potrei essermeli comprati da sola.» fece un passo indietro e fulminò con lo sguardo i tre uomini. «Mi chiedo se dedichiate le medesime energie anche per il vostro lavoro, perché non mi risulta che la HYBE vi paghi per perdere tempo in ricerche di mercato come il valore del mio braccialetto o altre attenzioni non richieste.»

Girò i tacchi e uscì dalla stanza, con il caffè macchiato e biscotti in una mano e il cellulare nell'altra, concentrata a scrivere un messaggio indirizzato al ragazzo con berretto in testa e un'espressione truce dipinta in viso seduto in quella medesima stanza.

«Cazzo, mi eccita quando è così selvaggia.» Hyunsu aprì la bocca per la prima volta. Bevve il suo thè al limone e rise verso i suoi compagni. «So io con cosa le macchierei il caffè e quel seno, da riempirle la bocca. Ah, le russe! Sono così dannatamente porche a letto.»

«Credevo fosse americana.» Doyoon gettò nel cestino della pattumiera il bicchiere vuoto del suo caffè. «Sicuramente lo avrà succhiato a qualche pezzo grosso per essere stata subito assunta su due piedi senza tirocinio o apprendistato. Non vedo l'ora di stasera.»

«Perché?»

«Cena aziendale! Due bottiglie di soju e vedi come apre le cosce. Sono curioso di scoparla duro per sentirla miagolare come una gattina in calore.» giocò con il laccio di raso con quale era agganciato il proprio badge. «Vi assicuro che domani la vedrete camminare a fatica, la troietta.»

Tra le risate e un altro paio di battute di dubbio gusto, i tre impiegati uscirono dall'area break salutando i ragazzi con il capo, credendoli concentrati sui propri cellulari e immersi nella musica.

Namjoon li seguì con lo sguardo e fermò la registrazione video.

«Sto per vomitare.» Seokjin si levò gli auricolari, sempre tenuti spenti, e li lanciò con rabbia sul tavolino. «Come cazzo fa Eve a sopportare questa merda? Cavoli, è qui da quanto, due settimane?»

«Ammirevole il suo sangue freddo. Li ha sistemati con due parole.» Yoongi ripose il proprio cellulare nella tasca dei pantaloni. «Joonia, tu ne sapevi qualcosa?»

«No, ma lo sospettavo.» Namjoon salvò una copia del video sul proprio iCloud. Era incazzato, gli tremarono le mani dalla rabbia e cercò di non pensare alle porcate che quei tre impiegati, uomini adulti che ricoprivano ruoli di tutto rispetto, avevano rivolto alla propria donna.

Aprì il messaggio che aveva ricevuto da Eve qualche minuto prima: "Non fare cazzate, yeobo."

«Joonie, cosa vuoi fare con quel video?»

Namjoon osservò l'icona d'anteprima di quel file e successivamente si concentrò sul proprio braccialetto. «Seguitemi. Gli faccio pentire di aver solo osato mettere i loro schifosissimi occhi sulla mia ragazza.» si alzò dallo sgabello e uscì dall'area break.

------- 💜 -------

Stavano guardando il filmato per la seconda volta e più vedevano quelle molestie sessuali, seppur verbali, più ne erano nauseati. Si-Hyuk consegnò il cellulare a Sejin e osservò Namjoon, Yoongi e Seokjin seduti sulle poltrone di fronte a lui.

«Direi che la situazione è molto grave, Joonie. Sai da quanto va avanti?»

«Non lo saprei dire, ma la settimana scorsa ero in bagno e ho sentito altri due impiegati parlare di Eve con questi termini. Mi sono sentito male per lei, in primis come uomo e poi come suo fidanzato.»

«È senza dubbio un episodio riprovevole.» Sejin guardò una terza volta il video, mettendolo di tanto in tanto in pausa per osservare meglio i visi dei colleghi. «Non me lo sarei mai aspettato da loro. Hyunsu è anche un padre di famiglia.»

«Sono i peggiori.» Si-Hyuk si tolse gli occhiali da vista e li posò sulla scrivania. Era stanco, preoccupato e quel caso di molestia sessuale all'interno della Hybe era una vera bomba ad orologeria. Quei tre coglioni, e chissà quanti altri, avevano messo gli occhi addosso non su un'impiegata qualsiasi, ma su Eve, quella maledetta donna legata sentimentalmente con Namjoon.

«Li voglio fuori da qui.»

La richiesta del rapper non tardò ad arrivare. Veloce. Scontata.

«Joonie, calmati. Non possiamo licenziarli su due piedi, lo sai, e non oggi.» Alzò la cornetta del telefono per contattare la sua assistente personale, avvisandola di invitare subito Eve nel suo ufficio.

«Non guardarmi così, ho solo anticipato l'appuntamento con lei di paio d'ore.» Si-Hyuk si pulì gli occhiali, imprecando tra i denti.

Sejin si strofinò il collo, con lo sguardo fisso sul display del cellulare che stringeva ancora in mano. Sentì la rabbia attanagliare lo stomaco, la mente, pensò istintivamente a sua moglie. Bevve rapido dell'acqua per placare la nausea. Namjoon aveva pienamente ragione, erano da licenziare immediatamente, messi alla gogna pubblica. Sputtanati senza remore.

«Secondo voi quei tre maiali hanno rivolto le stesse attenzioni verso altre nostre dipendenti?» Yoongi scrocchiò le dita, nervoso, schifato.

«Solo loro tre?» Seokjin strinse una spalla a Namjoon, livido di rabbia. «Sicuramente ci saranno altri schifosi e altrettante vittime, ma si saranno concentrati su Noona perché è appena arrivata.»

«Non me ne fotte un cazzo.» il rapper si alzò dalla poltrona e cominciò a camminare nervoso per lo studio. «La sola idea che qualcuno possa immaginare certe cose su di lei mi fa impazzire. È la mia ragazza, cazzo! È compito mio proteggerla! Io... io non-»

«Namjoon, calmati.» Sejin gli si avvicinò, gli diede una pacca sulla schiena e gli consegnò il cellulare.

«È tutta colpa vostra. Perché l'avete assunta? Eve lavora già per il National Geographic, a cosa vi serve qui?»

«Abbiamo stipulato un contratto, lei ha avanzato alcune condizioni e abbiamo firmato in comune accordo.» Si-Hyuk tamburellò le dita sul tavolo della scrivania rispondendo alla telefonata della sua assistente che gli annunciava l'arrivo di Eve. «Grazie, falla entrare.»

Namjoon si passò una mano tra i capelli, gli occhi fissi sulla porta d'ingresso che si aprì e la vide entrare nello studio. Dovette stringere forte le mani chiudendole a pugno, conficcare le unghie nella propria carne per non cedere al suo istinto protettivo verso quella donna.

Voleva abbracciarla, portarla via dalla HYBE per trascinarla a casa, lontano da quell'ambiente per lei malsano, ma lo sguardo irato di Eve lo bloccò sul posto.

«Cosa ci fanno loro qui?»

«Siediti, dobbiamo parlarti di una cosa importante.» Si-Hyuk le fece segno si accomodarsi sulla poltrona, ma Eve rimase in piedi con le braccia incrociate e una cartellina stretta in una mano.

«Credo di sapere già l'argomento.» Si voltò verso Namjoon, fulminandolo con lo sguardo. «Te lo ripeto per una seconda volta e senza mezzi termini. Fatti i cazzi tuoi.»

«Jagiya, come posso stare in disparte? Non hai idea di quello che hanno detto quei tre quando sei uscita dalla saletta.»

«Stanne fuori.» sibilò tra i denti spostando l'attenzione su Yoongi e Seokjin rimasti seduti sulle poltrone. «E anche voi due.»

«Eve, senti. Raramente mi lascio coinvolgere nei fatti altrui, ma quello che è successo stamattina è grave.»

«Lo so, Yoongi, ma non voglio che voi ne siate coinvolti.» Appoggiò la cartellina sulla scrivania e si sistemò meglio i capelli, raccolti in una coda alta. «Non possiamo rischiare che scoprano il rapporto che mi lega a voi.»

«Ma-»

«Basta così e per la cronaca, vorrei ricordare a voi tre di usare gli onorifici quando siamo qui dentro. Non dovete mischiare la vita privata con quella professionale.» Respirò a fondo, visibilmente esasperata.

Namjoon si morse il labbro, chinò il capo e guardò Si-Hyuk e Sejin, entrambi seri che concordarono su quanto detto dalla ragazza.

«Nam, andiamo.» Seokjin lo prese da un braccio e lo trascinò fuori dall'ufficio insieme a Yoongi.

Percorsero l'intero corridoio senza proferire parola e raggiunsero tutti e tre lo studio Rkive.

«Spero li caccino fuori domani stesso!» Seokjin si lasciò cadere pesantemente sul divano, si passò le mani sul volto, ancora disgustato da quell'episodio. «Chissà se facciamo schifo anche noi quando facciamo apprezzamenti sulle ragazze.»

Né lui né gli altri Bangtan erano degli stinchi di santo. In più occasioni si erano ritrovati nei luoghi più disparati come i bagni, sgabuzzini, archivi, camerini con le mutande calate e un'addetta dello staff inginocchiata o a gambe aperte, ma si trattavano di incontri consenzienti, voluti da ambo le parti

«Non provare a confrontarci con quei pezzi di merda!» Yoongi si appoggiò alla scrivania. «Ammetto che non siamo dei santi, ma non ci siamo mai abbassati a simili commenti.»

Namjoon, sul divano, era chino su sé stesso, i gomiti puntati sulle gambe e la fronte sostenuta dalle mani. Gli bruciava lo stomaco, la gola e la testa pesava una tonnellata per la miriade di pensieri che gli stavano attraversando la mente.

Gli incubi ricorrenti di Eve, il contratto di lavoro estorto da PDnim e ora anche le molestie sessuali.

"Il soggetto affetto da PTSD deve essere lontano da persone e situazioni riconducibili all'evento traumatico, fonti di stress..."

Doveva tutelarla, proteggerla, tenerla lontana da ogni fonte di stress. Controllarla da lontano.

Namjoon si massaggiò il collo, alzò il viso e sbiancò. Yoongi era chino sulla scrivania, il monitor del computer acceso e la pagina Wikipedia in bella vista.

Lo vide alzarsi e girarsi lentamente verso di lui. Le labbra serrate e lo sguardo tagliente come una lama mentre spegneva il monitor.

Senza dire nulla, uscì dallo studio sbattendo violentemente la porta.

«Ehi Yoongi, ma che ti prende?» Seokjin si alzò dal divano e si stiracchiò le braccia, stanco di aver dormito poche ore, essersi alzato presto a causa di quel disgraziato e svuotato di ogni energia per l'episodio nell'area break. «Joonia, vado a dormire un po' nell'altro studio. Ci vediamo dopo pranzo.»

Il ragazzo si congedò lasciando l'amico da solo nel suo Rkive.

La mente di Namjoon andò in bianco. Scollegato, spento, non attivo. Entrò nel panico.

Yoongi sapeva.

------- 💜 -------

Aprì il coperchio del bidone dell'umido e gettò il sacchetto della pattumiera. Rimase per qualche istante a fissare il cartello del regolamento condominiale riguardo lo smaltimento dei rifiuti, i giorni di ritiro del vetro e il numero del servizio a domicilio per mobili, materassi e affini da mandare in discarica.

Namjoon alzò il capo e guardò la luna crescente, contemplando i crateri dell'astro illuminato quasi a metà.

Era la prima volta che litigava seriamente con Eve e tutto a causa dell'agenzia. Non voleva rientrare a casa, ma fermarsi a cenare in dormitorio, insieme ai ragazzi e continuare a discutere di quell'argomento spinoso che lo aveva distratto per tutto il resto della giornata.

Cambiò idea. Non poteva lasciare sola Eve, non dopo la conferma dei suoi sospetti riguardo quel suo disturbo psichico. Avevano così trascorso il resto della serata in silenzio, cenando senza scambiarsi una parola se non per passarsi la bottiglia dell'acqua o il sale da aggiungere al cibo.

«Ha ragione. Sei un coglione, Nam.» si rimproverò, infilando le mani nelle ampie tasche dei joggers grigi.

Tornò all'interno della hall condominiale e prese l'ascensore, si appoggiò alla parete e si mise a fissare il display attendendo di arrivare al decimo piano. Chiuse gli occhi e rise.

Ogni volta che si trovava in quell'abitacolo, non poteva fare a meno di pensare al loro primo incontro, quando piombò addosso ad Eve, quella sconosciuta che ora si trovava nel suo appartamento con il broncio.

Arrivò al piano ed entrò in casa per raggiungere la cucina. Rimase appoggiato sul bancone, a fissare la ragazza voltata di spalle alle prese con il bollitore per preparare due tisane.

La guardò con amore, seguì ogni suo minimo movimento osservandola prendere dallo sportello in alto la confezione con le bustine da immergere nell'acqua bollente, aprire il cassetto alla ricerca di due cucchiaini, prendere il barattolo di vetro dello zucchero.

Si avvicinò e la abbracciò da dietro per appoggiare il mento sulla spalla destra di Eve.

«Scusami.» Le diede un leggero bacio sulla guancia.

«Non volevo essere dura, ma devi controllarti quando sei in agenzia.» la ragazza spense il bollitore e versò l'acqua in due tazze. «Ricordati che non lavoro con te per libera scelta.»

«Lo so, per questo ho filmato quei bastardi.»

Eve si voltò verso di lui, lo guardò dritto negli occhi. «Per favore, non-»

«Hai idea di come mi sia sentito nel vederti con quei tre viscidi e non poter muovere un dito?» Le prese il volto con entrambe le mani e appoggiò la fronte contro la sua. «Doyoon voleva farti ubriacare stasera per portarti a letto e vantarsi con gli altri, senza contare i vari commenti che ne sono seguiti. Ti ha dato della troia, davanti a me. Lo capisci?»

Eve gli diede un bacio leggero sulle labbra. «La pagheranno, stanne certo. Ne abbiamo parlato oggi, ma dobbiamo avere pazienza. Mi prometti che non ti esporrai più come oggi?»

Namjoon annuì. Prese le due tazze fumanti di tisana e seguì la ragazza in soggiorno dove, ad attenderli, c'era il divano e la televisione accesa con Netflix già avviato.

Eve si rannicchiò come sempre tra le braccia del suo ragazzo, trovando in quell'abbraccio un porto sicuro.

Namjoon le accarezzò piano il ventre disegnando con il pollice dei piccoli cerchi sulla canotta bianca. «Fa ancora male?»

«Non più di tanto, ormai sono alla fine.» alzò il viso e sorrise quando incrociò quegli occhi scuri. «Scusa, non volevo urlare oggi, ma ero veramente furiosa.»

«È colpa mia. Mi dimentico sempre che ti trasformi in una iena in quei giorni.»

«Mestruazioni, yeobo. Chiamale con il loro vero nome e ringrazia che sei un personaggio famoso.»

Namjoon alzò un sopracciglio. Cosa diamine c'entrava il ciclo mestruale con la carriera da idol? «Perché, scusa?»

«Beh, ti avrei mandato a comprarmi gli assorbenti, insieme alla cioccolata e un barattolo enorme di gelato. Ovviamente.»

A quella risposta, sgranò gli occhi fino all'inverosimile e spalancò la bocca suscitando in Eve una risata incontrollata alla quale, dopo quell'iniziale smarrimento, si unì.

La baciò sulle labbra, sdraiandosi sul divano con lei. Risero per baciarsi ancora e ancora, immergendosi nei loro abbracci, nei loro momenti in cui parlavano di tutto e niente.

Si persero in loro, con la televisione ancora accesa sulla home di Netflix e le tisane non più bollenti dimenticate sul tavolino.

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Angolo Autrice

Ecco comparire all'orizzonte i primi problemi: conflitto vita privata-professionale, di coppia, cose non dette e soprattutto la scoperta del disturbo psichico di Eve che, puntualmente, Namjoon non è riuscito a tenere riservato per oltre due ore.

Come sempre, spero di non deludervi e vi ringrazio per il supporto.

A presto!

Borahae 😊💜

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