21 - No need to talk
20 giugno 2021
«Vattene»
Non aggiunse altro. Lo aveva liquidato come uno stronzo qualsiasi e non si sentì in colpa quando impedì a Yoongi di spiegarsi, di parlargli. Smise di guardarlo voltandogli le spalle e non lo seguì nemmeno quando, triste, si diresse verso la porta di ingresso per andarsene.
«Ci vediamo domenica.» provò a salutarlo, ma Namjoon lo ignorò totalmente.
Quella sera si rifugiò nell'alcool, bevve di tutto per alleggerire la mente martoriata da una miriade di pensieri che lo stavano uccidendo lentamente da fin troppo tempo.
Era stanco di quella vita costellata di impegni, di riunioni, di essere il tramite tra i membri del suo gruppo e l'amministrazione della Hybe, stanco della figura dell'idol che in quegli anni aveva mutato più forma trasformando gli artisti in schiavi moderni dell'industria del kpop.
Voleva continuare a fare musica? Certo. Era soddisfatto della sua carriera? Ovvio. Era felice della sua vita privata? Per nulla.
Troppe pressioni da ogni dove e se il lato malato del fandom e gossip coreano non fosse abbastanza ossessivo, si aggiungeva quello internazionale.
Invidiava i colleghi oltreoceano, liberi di frequentare chi volevano, indossare qualsiasi indumento senza creare un immediato sold out a livello globale e soprattutto mostrare senza vergogna i propri vizi come alcool, fumo e anche droghe.
Taehyung era obbligato a controllare mille volte le proprie fotografie e accertarsi di aver nascosto la sigaretta elettronica prima di pubblicarle su Twitter e Weverse, Jungkook per anni fu costretto a nascondere i propri tatuaggi con cerotti, maniche lunghe anche d'estate così come Jimin.
Trascorse quella lunga notte a sfogliare le fotografie salvate nella galleria privata del proprio cellulare e protetta da password, immagini scattate al Parco della Calma Mattutina insieme a lei, alla sua Eve. Ce n'era una in particolare che amava, quella dove gli sorrideva felice con i capelli raccolti in quello chignon disordinato e le ciocche mosse dal vento mentre lui le cingeva le spalle e la guardava con occhi adoranti. Un ricordo dolce, immortalato a tradimento da Taehyung che gli aveva rubato il cellulare subito dopo la partita di calcio.
Avrebbe tanto voluto impostarla come blocco schermo del cellulare e vederla ogni volta che ne toccava il display. Avrebbe tappezzato di fotografie l'intero MonStudio, da poco rinominato in Rkive, incorniciare la sua preferita e metterla a fianco all'altra, quella di gruppo con tutti i Bangtan al completo, ma non poteva.
Kim Namjoon, alias Rap Monster, alias RM era un fottuto idol e non gli era permesso rendere pubblica la sua vita sentimentale perché l'amore era vietato e non poteva di certo tradire le sue quasi quaranta milioni di farfalle per colpa di una bellissima e solitaria libellula.
In quella notte pensò a lungo anche a Yoongi, la sua spalla, il compagno con il quale aveva trascorso più anni di convivenza rispetto gli altri. Avevano condiviso gioie, fallimenti, dolori e rabbia in quei lunghissimi undici anni, lo amava profondamente così come il resto della band. I Bangtan erano la sua vita e non riusciva ad immaginare il futuro senza di loro.
Si era ritrovato spesso a pensare alla fine della loro carriera, alla rescissione del loro contratto che li avrebbe liberati, buttati nel mondo reale divisi senza più dirette da condividere su Vlive, quella piattaforma che loro stessi avevano creato dal nulla per poi condividerla con gli altri gruppi di idol.
Min Yoongi, Suga, Agust D, in breve il suo migliore amico. Pensò a quella mezza frase che gli impedì di terminare. Era incazzato nero, ma dovette riconoscerne la sincerità per aver deciso di parlare direttamente con lui che lasciare ad un altro investigatore privato il compito di scattare nuove foto e sbattergliele in faccia.
Ma cos'era meglio per lui? Essere a conoscenza di una scomoda verità buttata al vento senza sapere i dettagli direttamente dal suo amico o fingere di non aver udito e passarci sopra?
Namjoon trascorse i restanti tre giorni lontano da Yoongi, salvo le prove di registrazione alle quali era obbligato ad interagire con lui. Aveva limitato ogni tipo di contatto trovando rifugio nel suo studio ogni volta che riusciva a sgattaiolare via dalla palestra. A nulla valsero le incursioni a tradimento di Hoseok e Jimin che cercarono in tutti i modi di far riappacificare i due rapper.
«Non ce la faccio più a vederti così, hyung. Dagli la possibilità di ascoltarlo, per favore.» Era stata una preghiera quella di Jimin, un disperato appello per spingere il suo Moni a parlare con Yoongi. Sapeva che prima o poi i due avrebbero fatto pace, non era la prima volta che litigavano e si ignoravano per giorni, ma quel periodo era molto delicato sia per lui che per tutto il gruppo.
Il comeback di Butter era stato un successo e aveva riempito all'instante le loro agende. Erano stanchi, stremati anche se con l'adrenalina a mille per i loro appuntamenti lavorativi, ma se la carriera andava a gonfie vele, la vita privata si stava sgretolando come un castello di sabbia in balia di una tormenta tropicale.
Avevano appena ristabilito una perfetta armonia, Namjoon era finalmente guarito dalla profonda ferita lasciata da Min-Hee trovando in Eve la sua isola felice, l'oasi in mezzo al deserto, ma quella maledetta sera sprofondò negli abissi dell'inferno.
Jimin non seppe nulla di quanto successo tra lui ed Eve fino al rientro in dormitorio di Yoongi, visivamente provato. Jimin era dolorante per la ferita, scioccato dall'aggressione subita e devastato dalla traduzione del video girato da Seokjin.
Aveva pianto per tutta la notte addossandosi la colpa degli avvenimenti perché il suo Moni aveva dannatamente ragione. Tutti sapevano quanto Namjoon fosse impaziente nel riabbracciare la sua Eve dopo il concerto e le riprese di Permission to Dance, si era appena messo insieme a lei e loro si erano comportati da bambini petulanti autoinvitandosi e rovinando così il loro primo appuntamento come coppia.
A nulla valsero le parole di conforto dei suoi hyung. Seokjin gli disse che prima o poi Eve avrebbe mostrato quel suo lato nascosto, folle e pericoloso. «Questione di tempo, Jiminie. Non fartene una colpa perché non ne hai.» provò a rincuorarlo il maggiore, senza successo.
Era finalmente domenica sera.
Namjoon si buttò sulla sedia, stanco più a livello emotivo che fisico. Stavano filmando l'esibizione di Butter sul World Cup Bridge ricominciando da capo più volte perché continuava a sbagliare i passi. Era stato ripreso dal regista a causa della sua inespressività. "Sembri un fantasma con un sorriso tirato! Non va bene, dobbiamo rifare da capo!" aveva urlato come un pazzo e decise di sospendere le riprese e concedere agli artisti e allo staff una mezzora di pausa, il tempo necessario per caricare le energie e sistemare il make-up.
Era la prima volta che Namjoon non riusciva a separare la vita privata da quella professionale. Alzò lo sguardo e osservò il proprio viso riflesso sullo specchio: era lo spettro di sé stesso e anche se le truccatrici avevano eseguito un ottimo lavoro rendendolo più bello del solito, i suoi occhi erano spenti, privi di qualsiasi espressione.
Jungkook entrò nel camper adibito a sala trucco, si mise seduto vicino a lui dondolandosi sulla sedia girevole.
«Rapmon-hyung. Mi hai deluso.» Diretto e tagliente come la lama di una katana. «Sei da sempre il mio role model, l'esempio da seguire sia nella vita privata che professionale e lo sarai fino a quando non sarò vecchio ed esalerò il mio ultimo respiro, ma in questi ultimi giorni mi hai davvero deluso.»
«Kookie, non-»
«È difficile per me dirti queste cose. Sei arrabbiato con Suga-hyung e lo comprendo, ma devi capire che qualsiasi sia successo con Noona è stato prima che tu ti mettessi con lei.» Jungkook si torturò le mani per evitare di scompigliarsi i capelli, accuratamente cerati per le riprese. «Ascoltalo, non ti chiedo altro.»
«Non mi sembra il caso, siamo nel mezzo delle riprese.»
«E tu ci rallenti il lavoro.» gli strinse una spalla. «È qui fuori.»
Namjoon sentì i passi di Jungkook allontanarsi e la porta del camper chiudersi alle spalle. Fece un profondo respiro quando la figura di Yoongi si palesò sulla stessa sedia utilizzata poco prima dal maknae.
Rimasero in silenzio l'uno accanto all'altro a fissarsi attraverso lo specchio. Il maggiore si leccò nervoso le labbra, le morse per rileccarle ancora. «Mi odi a tal punto da evitarmi per giorni interi?»
«Non ti odio, hyung.»
Yoongi alzò un sopracciglio, gli sfuggì un sorriso a mezza bocca. «Quella sera, quando ci hanno fotografato, non sono an-»
«Non voglio sapere i dettagli!» ringhiò Namjoon cercando di reprimere il conato di vomito che stava per abbandonare lo stomaco già martoriato dalle sbronze delle serate precedenti.
«Invece ora mi ascolti, cazzo!» il biondo si alzò e fece roteare la sedia girevole di Namjoon verso di sé. Prese per le spalle l'amico e lo obbligò a guardarlo negli occhi. «Voi due non stavate insieme e tecnicamente non sarebbero nemmeno cazzi tuoi. Sì, me la sono portata a letto, ma non abbiamo concluso.» si morse il labbro e cercò di ignorare l'espressione afflitta del ragazzo. Fece un profondo respiro e decise di vuotare il sacco. Ora o mai più. «Come credi mi sia sentito quando Eve mi ha chiamato Joonie?»
Il rapper si gelò sul posto e finalmente rivolse la sua attenzione a Yoongi che riprese a parlare. «Mi sono fermato, non posso fare sesso con una donna mentre questa pensa ad un altro uomo. È stato umiliante, ma non ero arrabbiato con lei. Ero incazzato con me stesso.»
«Yoongi, io-.»
Il maggiore rise, nervoso. «Abbiamo trascorso la notte a bere e parlare. L'ho spronata ad essere onesta con sé stessa e con i propri sentimenti.» alzò lo sguardo verso Namjoon, puntandolo. «Ci sei sempre stato tu nei suoi pensieri. Né io, né Baek, nessun altro. Solo e unicamente tu.»
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Erano scappati come due ladri appena terminate le riprese, infilandosi in auto con ancora addosso gli abiti da scena e accessori vari.
«Quando pensavi di dirmi dell'evento?»
«Avevo ben altro in testa! Dovrebbe essere ancora a casa.» Namjoon si sfilò gli auricolari e i cavi insieme alla fascia di tessuto collegata al microfono nascosta sotto la camicia nera per gettarli sui sedili posteriori. «Non credo che Eve si presenti lì con tre ore di anticipo.»
«Lei no, ma Baek-ssi forse sì.» Yoongi ringhiò, stringendo il volante e imprecando contro un motociclista che gli aveva appena tagliato la strada, ottenendo in risposta uno sguardo stupito del pilota che lo aveva riconosciuto. «Aish, ti prenderei a pugni, Joonie. Ti sei incazzato con me quando dovresti essere preoccupato per quei due. Il loro rapporto d'amicizia non è assolutamente normale.»
«Me ne sono accorto e mi fa girare i coglioni.» Namjoon guardò le luci della città riflesse sul fiume Han mentre Yoongi guidava lungo l'autostrada Gangbyeonbuk che attraversava Seoul, raggiungendo l'uscita per immettersi nelle strade urbane. «Ma è stato Baek stesso ad affidarmela. Sembra assurdo, ma è come se mi avesse dato la sua benedizione.»
Si fermarono in prossimità di un incrocio, il biondo tamburellava le dita sul volante impaziente per il cambio colore del semaforo da rosso in verde. «Ti senti realmente pronto ad una relazione con Eve, con tutti i suoi problemi, con Baek e un passato di cui non sai un emerito cazzo? Ricordati cosa ha fatto a Jimin.»
Lo guardò con la coda dell'occhio e lo vide annuire col capo. Immise la marcia e ripartì appena il semaforo divenne verde. «Bene. Mi devi promettere una cosa.» si voltò velocemente verso Namjoon prima di tornare a concentrarsi sulla strada. «Non nasconderti più da noi. Se hai qualche problema con Eve o chiunque altro, chiamaci. Siamo la tua famiglia, porca puttana! Le donne vanno e vengono, ma noi no. Ci saremo per sempre.»
Sterzò bruscamente ed entrò nel parcheggio sotterraneo del complesso The Hill inchiodando l'auto di fronte le porte dell'ascensore.
«E ora muovi quel culo. In bocca al lupo.»
Namjoon rise nervoso e diede una pacca sulla spalla di Yoongi prima di aprire la portiera e fiondarsi fuori dall'auto per raggiungere l'ascensore, miracolosamente già fermo al piano interrato.
I secondi che li separava dal quarto piano non furono mai così lunghi, gli mancava l'aria e sentiva le viscere annodarsi tra loro per l'ansia, per paura di essere rifiutato. Per averla persa per sempre.
Giunse di fronte la porta e suonò il campanello con il cuore in gola. Non sapeva se fosse ancora in casa o meno e provò a contare fino a dieci prima di suonare di nuovo, ma il rumore della serratura che si sbloccava lo fece tremare.
Eve aprì la porta e Namjoon si perse in quegli occhi castani screziati di verde che, appena lo videro, si inumidirono di lacrime diventando più luminosi. Fu rapito da quello sguardo triste, dalle labbra rosse socchiuse e tremanti, da lei fasciata in un abito midi in pizzo nero che le metteva in risalto le curve grazie anche alla scollatura a cuore e un generoso spacco laterale che le lasciava scoperta la coscia sinistra. Era la prima volta che la vedeva così elegante, con i capelli accuratamente raccolti per lasciare scoperti il collo e le spalle e lui la accarezzò con lo sguardo fino a quando posò la propria attenzione sull'unico dettaglio per lui veramente importante: il suo anello indossato sull'anulare sinistro.
"Non ci sarà bisogno di usare le parole"
Entrambi avevano tenuto fede a quella frase. Erano lì a fissarsi sull'uscio di casa, a dialogare solo con lo sguardo, quando qualcosa scattò tra loro.
Si buttarono l'uno tra le braccia dell'altra facendo incontrare le proprie bocche e abbandonarsi totalmente. Namjoon la strinse forte in vita con un braccio mentre con l'altra mano le teneva salda la nuca per paura di perderla di nuovo mentre Eve gli si era artigliata alla schiena, afferrando con forza il tessuto nero della camicia. Si baciarono con foga senza quasi respirare, disperati e incuranti della porta d'ingresso spalancata e potenzialmente visibili da qualche vicino di casa o da un paparazzo intrufolato all'interno del condominio.
«Chi era alla porta?»
Baek si affacciò dal soggiorno e vide i due ragazzi abbracciati che si voltarono verso di lui. Rimase fermo e non disse nulla, si limitò a sorridere appena prima di lasciar loro la dovuta privacy e scomparire all'interno dell'appartamento.
«Vieni con me.» sussurrò Namjoon prendendola per mano ed Eve fece in tempo ad infilarsi al volo le decolleté laccate nere prima di essere trascinata via.
Corsero lungo il corridoio condominiale come due adolescenti e Namjoon riprese a baciarla con irruenza di fronte le porte metalliche chiuse dell'ascensore e con un dito premuto sul tasto per chiamarlo al piano.
«Ci può vedere qualcuno.» soffiò Eve mentre lui le mordeva il collo.
«Chi se ne fotte. Che guardino pure.» continuò a divorarla e gli venne in mente una poesia di Prévert, una di quelle che Eve aveva tradotto scrivendola con una penna viola.
"I ragazzi che si amano si baciano in piedi, contro le porte della notte e i passanti che passano li segnano a dito. Ma i ragazzi che si amano non ci sono per nessuno."
E loro erano come i protagonisti di quella poesia d'amore, la preferita di entrambi e poco gli importava a Namjoon se qualcuno occupasse già l'ascensore o se la pettegola dell'appartamento accanto li stava osservando attraverso lo spioncino della blindata.
"Che guardino pure!" pensò ancora quando l'ascensore si aprì e una coppia di anziani uscì, allontanandosi velocemente mentre borbottava qualcosa sull'immoralità dei giovani d'oggi.
Entrarono nell'abitacolo e la spinse contro la parete specchiata. Non si staccò da lei per un solo secondo, nemmeno per selezionare il tasto del decimo piano strisciando con fatica la tessera magnetica.
Eve gli cingeva il collo con le braccia e rispondeva ai baci infuocati che riceveva. Ansimò quando Namjoon le prese la gamba nuda portandosela in vita per accarezzarla in tutta la sua lunghezza fino a raggiungere il tessuto del perizoma e affondare le dita nella carne morbida premendo la sua erezione intrappolata nei pantaloni contro il proprio bacino.
A Namjoon sfuggì un gemito roco, profondo. Imprecò mentalmente contro l'estrema lentezza di quell'ascensore, impaziente di arrivare al suo appartamento perché era consapevole che nulla e nessuno lo avrebbe più fermato.
Le porte scorrevoli si aprirono e la coppia uscì di corsa per raggiungere la porta d'ingresso, rifugiandosi nell'intimità della propria casa lontano da sguardi indiscreti e potenziali scocciatori.
Continuarono a baciarsi, divorarsi cercando di raggiungere la camera da letto. Eve inciampò un paio di volte, scivolando a causa dei tacchi alti e abbandonò le scarpe nel soggiorno, le calciò via mentre Namjoon si slacciava rapido la cintura di cuoio nera dei pantaloni per sfilarla e gettarla da qualche parte.
Non ricordarono come si ritrovassero sdraiati sul letto. Namjoon le stava divorando ora il collo mentre si posizionava tra le sue gambe. Eve era lì, sotto di lui che lo guardava con bramosia. Aveva le guance arrossate, le labbra gonfie e il seno strizzato in quel vestito di pizzo nero che risaltava la sua pelle chiara. Era bellissima, mostruosamente sensuale e lui la contemplò come se fosse la più preziosa delle opere d'arte.
Quando avvertì le dita di Eve raggiungere la sua camicia e slacciarla lentamente, perse totalmente il nume della ragione.
Si slacciò i pantaloni liberando l'erezione da troppo tempo imprigionata e la accostò alla sua femminilità, strofinandola contro il pizzo del perizoma. La guardò fisso negli occhi, voleva essere sicuro di poter andare oltre e cercò una risposta in quelle iridi colme di lussuria. Eve sollevò leggermente il bacino per invitarlo a proseguire e Namjoon si chinò per baciarle le labbra. Con due dita spostò il sottile tessuto ed entrò in lei lentamente mentre la osservava inarcare la schiena e abbandonarsi in un lungo gemito.
La trovò stretta, umida, calda. Eve gli strinse una spalla e si morse il dorso dell'altra mano per soffocare la propria voce, un gesto che lo fece eccitare come non mai.
«Voglio sentirti gemere.» glielo sussurrò all'orecchio prima di leccarlo e aumentò il movimento dei fianchi per spingersi più a fondo in lei strappandole un gridolino.
La camera ben presto si riempì dei loro gemiti, respiri affannati, del rumore dei baci e dei loro corpi che si univano. Namjoon si muoveva veloce dentro di lei sentendo le sue pareti stringersi attorno al suo membro. Eve lo tirò a sé prendendolo dal colletto della camicia slacciata, divorandogli la bocca mentre ondeggiava con i fianchi per seguire il ritmo e Namjoon quasi impazzì. Le afferrò con forza i fianchi infilando le mani sotto il vestito di pizzo e aumentò le spinte, voleva divorarla, fondersi con lei e darle tutto il piacere che poteva offrirle.
Aveva avuto diversi rapporti sessuali con tante donne, nomi sconosciuti stipati dentro un faldone consunto, e di certo non era inesperto, ma con Eve scoprì qualcosa di nuovo. Nel sesso lui era solito prendere, sfogare il proprio istinto primordiale e svuotarsi nella prima donna che gli si concedeva fregandosene di appagarla o meno. Quelle donne erano tutte uguali, volevano solo farsi scopare e anche bene, raggiungendo l'orgasmo e soddisfare le proprie fantasie erotiche per poi uscire dalla stanza d'hotel e sparire per sempre dalla sua vita.
Con Eve era tutto diverso. Lei ansimava sotto di lui. Lo baciava, lo accarezzava e si muoveva sinuosa donandogli un piacere unico e un'emozione completamente nuova, un sentimento più maturo e ben lontano rispetto a quello che provò con Min-Hee e la sua prima ragazza ai tempi del liceo. Realizzò che non stavano facendo sesso, ma l'amore ed entrambi si stavano concedendo l'un l'altra senza chiedere nulla in cambio.
Eve rise sulle sue labbra, lo baciò teneramente con calma, senza fretta e Namjoon rallentò il ritmo. Si guardarono, ansimanti e increduli, lui le asciugò una lacrima sfuggita e la sentì ridere quando le baciò la guancia.
«Perché piangi?»
«Perché sono felice.»
A Namjoon gli si mozzò il respiro per la gioia. La abbracciò posando una serie di baci leggeri sulle labbra, sulle guance e nell'incavo del collo. Avrebbe ricoperto di attenzioni e carezze ogni centimetro del suo corpo. Uscì da lei lentamente e la fece sedere di fronte a lui.
La baciò delicatamente sulle labbra perdendosi nel suo sapore, come se fosse sempre la prima volta. Fece scivolare un braccio dietro la schiena di Eve e le abbassò lentamente la zip del vestito per scoprire il suo corpo che da tempo immaginava.
La sentì tremare ed Eve lo prese dalla camicia slacciata a metà per raggiungere gli ultimi due bottoni e spogliarlo, facendo cadere l'indumento sul pavimento insieme ai pantaloni e il vestito.
«Oh!» Rimase senza parole quando si trovò Eve in intimo nero di pizzo, coordinato al vestito che le aveva sfilato via. In quei mesi aveva immaginato più volte il suo corpo cercando di dare una forma alle sue curve, un pensiero divenuto ormai fisso da settimane.
Gli si insinuò il tarlo della gelosia e pensò a Yoongi, si chiese se anche lui avesse avuto modo di vederla così, ma quando lei si avvicinò per baciarlo con passione cancellò ogni pensiero negativo.
La spinse sul materasso e la sovrastò col proprio corpo, sfilandole il perizoma ed entrando di nuovo dentro di lei per dedicarsi al reggiseno che, come gli altri indumenti, fu lanciato a terra. Eve mugolò per il piacere, d'istinto lo abbracciò dalle spalle e Namjoon sentì le unghie graffiargli la schiena. Lo eccitò e aumentò il ritmo, voleva sentirla urlare e perdersi nella sua voce arrochita dal piacere, ma Eve gli morse il labbro, soffocando i suoi gemiti in un bacio passionale.
«Sei mia.» ansimò rauco afferrandola dai fianchi per mantenere costante il ritmo delle spinte. Con la lingua seguì la linea della mandibola per scendere piano verso il seno sinistro. Era grande, morbido e per Namjoon fu quasi un sogno poterlo toccarlo, baciarlo e morderlo. Aprì gli occhi e notò quella pennellata scura sulla spalla di Eve, la maledetta cicatrice che le aveva marchiato il corpo in quel misterioso incidente. La accarezzo e ci posò sopra le labbra, la baciò avido, le succhiò la pelle come se in quel gesto potesse bere e cancellare tutto il dolore sopito in Eve.
«Joonie...» la sentì tremare, la schiena le si inarcò mentre con una mano stringeva il lenzuolo. La vide portarsi una mano alla bocca, ma lui le prese il polso bloccandolo contro il materasso. Eve urlò quando sopraggiunse un forte orgasmo e per lui fu musica per le sue orecchie. Si spinse più a fondo, deciso e veloce senza darle tregua strappandole un secondo urlo che la lasciò senza respiro mentre lui, giunto al culmine del piacere, si riversò in lei.
Ansimanti e ancora tremanti, rimasero abbracciati senza dire una sola parola. Namjoon era ancora sdraiato sopra di lei con il capo appoggiato nell'incavo del suo collo, arrossato dai baci. Le accarezzò il fianco mentre Eve giocava con i suoi capelli, infilando le dita in quelle ciocche scure dai riflessi blu.
Namjoon uscì lentamente da quel corpo rovente mettendosi comodo al suo fianco, tirandola a sé e abbracciandola. Le diede un bacio sulla fronte e sentì che la sua pelle aveva un nuovo profumo, il loro odore.
Cercò le sue labbra per un altro bacio, leggero, più casto. «Jagiya.»
«Come?» Eve rise e gli accarezzò le labbra con un dito che Namjoon baciò.
«Dal momento che sei la mia ragazza, vorrei poterti chiamarti in un altro modo che non s-» fu interrotto dalle labbra di Eve che si posarono sulle sue.
«Jagiya mi piace.» rise cercando in lui un nuovo abbraccio prima di scivolare in un dolce sonno.
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Aveva aperto un occhio per richiuderlo immediatamente. Il sole era alto e illuminava la camera da letto e dovette abituarsi lentamente alla luce pungente.
Si sentiva completamente ricaricato di energie e si godette per qualche minuto il morbido cuscino prima di affrontare il suo lungo e noioso giorno di riposo. Da quando aveva litigato con Eve, le sue giornate erano interamente dedicate alle prove per la registrazione di Butter e la sera di sfogava con l'alcool. Lei gli mancava da morire e si massaggiò la fronte cercando di ricordare quel sogno erotico che aveva avuto quella notte. Sognò Eve tra le sue braccia, avvinghiata a lui mentre facevano l'amore con tutta la passione del mondo. Lei era bellissima, ricordò particolari assurdi come l'elegante vestito di pizzo di Dolce e Gabbana e le sensuali decolleté di Louboutin, un abbigliamento che Eve non avrebbe mai indossato, ma che in quel sogno le donava rendendola affascinante e dannatamente sexy da eccitarlo al solo pensiero.
Stropicciò gli occhi mettendo a fuoco la vista che pian piano si stava abituando alla luce del sole e guardò il pavimento: vide a terra degli indumenti e riconobbe il suo outfit per la registrazione di Butter e un abito femminile di pizzo nero, lo stesso del suo sogno.
Il suo cuore perse un battito e cominciò a pompare veloce nel petto. Namjoon si voltò lentamente verso il lato destro del suo letto e gli mancò il respiro quando la vide.
Eve dormiva placidamente nel suo letto, coperta dal solo lenzuolo e illuminata in parte dai raggi del sole filtrati dalla finestra.
Si morse il labbro, ebbro di felicità e ancora incredulo. Si passò una mano tra i capelli ricostruendo tutti gli eventi della sera precedente.
Il confronto con Yoongi, la registrazione per il The Tonight Show con l'esibizione di Butter, la corsa in auto verso The Hill e infine lei, sull'uscio della porta che indossava il suo anello.
Non era stato un sogno, Eve gli era accanto, nel suo letto e avevano realmente fatto l'amore.
La vide muoversi, strizzare piano le palpebre e aprirle lentamente. Namjoon le accarezzò i capelli scompigliati, liberi dall'elegante acconciatura della sera precedente.
Eve lo guardò e gli regalò un dolce sorriso posandogli un leggero bacio sulle labbra. «Buongiorno, yeobo.»
«Buongiorno, jagiya.» rise felice e cercò di nuovo la sua bocca per un altro bacio, il primo di una lunga serie.
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Angolo Autrice
Ho dovuto fare un enorme sacrificio guardando e riguardando l'esibizione di Butter sul ponte. Ah, cosa non si fa per sistemare i dettagli della trama! Ho dedicato quasi mezzo capitolo a Namjoon ed Eve, alla loro prima notte insieme e al loro amore nascente. Se lo meritavano dopo tutte le lacrime versate da entrambi e spero non sia stato noioso, lungo o altro.
Come sempre, spero di non deludervi e vi ringrazio per il sostegno che mi date!
A presto!
Borahae 😊💜
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