Il Desiderio di Adrien

Adrien stava facendo un servizio fotografico nel giardino della sua grossa villa. In quel momento stava posando su una fontana e il sole che lo prendeva rendeva i suoi tratti particolarmente splendenti. Era molto simile alla madre, con gli stessi capelli preziosi e occhi verdi, stavolta leggermente più chiari.
Adrien era un ragazzo di 14 anni, già famoso grazie al padre, stilista che faceva fare al figlio servizi fotografici.
Finito il servizio, rimase sulla fontana a osservare dei fiori. Erano così belli. Avevano petali gialli e gli steli verdi, che Adrien riusciva a vedere a stento a causa delle lacrime. Quei fiori gli ricordavano sua madre. Ne strappò alcuni e li portò con sé, come se fossero stati dei portafortuna. Si avviò verso l'ingresso della casa. L'androne era grigio, moderno e tecnologico. Adrien non lo apprezzava, ma era Gabriel a decidere quindi non poteva fare altro che stare zitto. Era suo padre a decidere per lui su tutto: le persone da frequentare, i vestiti da indossare, le passioni da intraprendere.
Ma da quel giorno sarebbe cambiato tutto.
Incrociò Nathalie, la segretaria, e le chiese dov'era suo padre.
«Nel suo ufficio, credo.» disse, apatica come sempre. Era una ragazza appena 30enne ma si vedeva che ne aveva passate tante. Era alta, magra e aveva capelli rossi e neri sempre legati in uno chignon. Gli occhiali quadrati lasciavano trasparire occhi azzurri, che forse nascondeva per paura di venire capita.
«Grazie.» rispose Adrien.
Prese quindi un ascensore per arrivare all'11º piano della villa, l'ufficio di Gabriel Agreste.
Gabriel stava osservando il cielo, meditando su ciò che aveva appena letto, provando a capire come risolvere la situazione.
Sentì bussare, e disse seccato «Avanti».
Lo stilista aveva una voce atona, completamente senza emozioni. Da quando Elene era scomparsa, era diventato molto più taciturno di prima, e quando parlava pensava fosse uno spreco di tempo.
«Papà» iniziò Adrien «Vedi, io...» esitò allo sguardo calcolatore del padre.
«Vorrei iscrivermi a una scuola pubblica». Le parole uscirono senza che Adrien riuscisse a fermarle.
«No» rispose Gabriel.
«Ma..»
«Adrien. Tu... non devi stare con gli altri. Potrebbero condizionarti».
Adrien se ne andò, consapevole che suo padre fosse irrimovibile.
Entrò nella sua stanza. Era un luogo diverso dal resto della casa. Lì si sentiva sicuro. Forse anche perché la personalizzazione della stanza era l'unica cosa che aveva potuto decidere da solo.
Era verde e un po' disordinata. Pensava che il disordine desse più carattere alle cose. E tutte le cose erano verdi. Era ossessionato dal verde. Gli infondeva speranza e lo rendeva sempre felice.
Si stese sul letto ( anch'esso verde ) e si mise a pensare a quanto era avvenuto. Non capiva perché suo padre non gli permettesse di avere contatti con gli altri, ma solo con i libri. Era obbligato a studiare, studiare e studiare ancora.
Voltò la testa e notò quella scatolina
Quella mattina era andato a prendere una boccata d'aria quando vide un vecchietto intento ad attraversare la strada. Lo aiutò ed egli, per ricompensarlo, gli diede quella scatolina.
Era pentagonale, nera, con delicati ghirigori neri.
Adrien decise di aprirla per non pensare a suo padre e, quando posò le mani per vederne il contenuto, una luce verde molto abbagliante esplose e vide un anello. Era nero con una zampa di gatto verde disegnata sopra. L'impronta divenne via via più chiara e ne uscì uno spiritello nero, con grandi occhi verdi.
«Chi saresti tu?» chiese Adrien, sconvolto.
«Un kwami. Chi sei tu invece?» inveì il 'kwami', arrabbiandosi restando comunque coccoloso. Aveva una voce stanca, acuta e infastidita, che lasciava trasparire i suoi pensieri.
«Cos'è un kwami» chiese Adrien.
«Siamo spiritelli con poteri magici in grado di azionare il potere dei Miraculous, oggetti apparentemente normali che possono conferire poteri straordinari.» spiegò.
«I Miraculous vengono tramandati di generazione in generazione e stavolta è toccato a te averne uno. Il tuo Miraculous è l'Anello del Gatto Nero, anello in grado di distruggere e portare sfortuna.» concluse, come se fosse tutto normale.
«Ma perché avete scelto me?»
«Oh, questo non lo so. Comunque, indossando l'anello diventerai ChatNoir.» rispose il kwami.
«E tu come ti chiami?» chiese Adrien.
«Oh, che maleducato! Mi sono scordato di presentarmi. Io sono Plugg, kwami della sfortuna. E ora torno a dormire perché mi hai svegliato mentre stavo facendo un sogno bellissimo.» è rientrò nell'anello.
Adrien era sconvolto. Un supereroe? Lui? Non gli sembrava normale.
Mentre Adrien esaminava la situazione, sentì bussare alla sua porta, e vide entrare Nathalie.
«Qualcuno vuole parlare con lei.» si spostò per lasciare passare Gabriel.
«Figliolo. Scusami per prima. Ho deciso che andrai in una scuola pubblica.»
Adrien corse e lo abbracciò fortissimo, senza curarsi di una sua eventuale reazione. Lo stilista ricambiò l'abbraccio e il figlio disse, con suono ovattato a causa dell'abbraccio, «Grazie, papà».

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