Anarchia

«Cosa stai facendo?»
«Nulla. Cambio il mio destino rendendolo migliore».
Chloé camminava altezzosamente per le luminose strade di Parigi, parlando apparentemente da sola.
Era molto bella quel giorno. Indossava un vestito giallo a pois bianchi, occhiali da sole bianchi e i lunghi capelli biondi erano legati in due codini accompagnati da una frangia laterale.
Aveva la solita espressione che aveva quando era davanti a persone di rango sociale esageratamente basso per la sua persona a dir poco nobile.
Dalla borsetta bianca uscì Pollen, gli occhi visibilmente arrabbiati.
«Pollen» disse Chloé, scrutando attorno a sé dietro agli occhiali da sole «Ti vedo, non sono stupida».
«Qual è il motivo di questa rabbia?»
«QUAL È?» urlò Pollen, non riuscendo anche solo ad imitare un volume vocale che potesse mettere paura.
«Semplicemente stai ridando il tuo Miraculous a Maestro Fu senza un buon motivo. Come mai?» esplose il kwami.
«Pollen, tu non puoi capire. Sei un kwami, sei nato per guidare i Prescelti, e non puoi sapere cosa significa essere un eroe. Da quando sono un'eroina, vivo ogni giorno come se fosse l'ultimo, devo sempre nascondermi, non ho nessuna sicurezza, e so che non c'è nessuno di cui posso fidarmi ciecamente, perché non c'è anima viva a conoscenza del mio segreto.» confessò la ragazza.
«Inoltre...» Chloé non riusciva a trovare le parole, a causa del fatto che non riusciva a concretizzare la tempesta di emozioni discordanti che stava facendo uscire «io mi sento a disagio. Essere una super eroina mi da una falsa immagine di me, non so chi sono, ma so di essere cambiata. Sicuramente sono una persona migliore, ma ormai nessuno mi crede. Nessuno vuole stare con Chloé, la più viziata di tutta Parigi. E dò loro ragione. Almeno ho capito che è vera la storia del raccogliere ciò che si semina».

Ormai era arrivata davanti alla porta della sala massaggi di Fu. La porta era vagamente orientale, in linea con colui che vi abitava. Pollen non aveva più parlato da quando la ragazza aveva confessato tutto. Era mortificato. Percepiva che Chloé non lo avrebbe perdonato facilmente ma, prima di andarsene, voleva almeno chiederle scusa.
«Chloé. Scusami. Se provi tutte queste emozioni negative, è giusto che tu voglia liberartene. È stato bello.»
La bionda inizialmente fece finta di non sentirlo, ma poco dopo le sue labbra si avvicinarono delicatamente alle guancia del piccolo re delle api.

Aprì la porta, e ai suoi vari «C'è nessuno?» solo il buio aveva la possibilità di dare risposte offuscate.
La sala era totalmente ricoperta dall'oscurità, ma un filo di luce flebile dava la possibilità di vedere alcuni vaghi elementi. Due figure infatti erano lì, una pericolosamente sdraiata e una alzata, eretta, simile a un manichino.
«Salve, piccola portatrice».
Una voce calda, vibrante e paurosa echeggiava nell'androne, facendo piegare l'oscurità al suo cospetto. Chloé iniziò a tremare, senza dare una risposta.
«Non rispondi?» domandò la voce.
«Non sono tuo nemico. Sono qui solo per prendere una cosa mia di diritto.»
«A cosa si riferisce?» chiese la ragazza.
«Dammi il tuo Miraculous.» ordinò improvvisamente la voce.
La bionda aveva capito di chi si trattava e, senza rendersene conto, le sue gambe iniziarono a correre - almeno apparentemente - senza una meta.

Un giorno come un altro. Il sole alto splendeva, la torre Eiffel brillava metallica e i verdi alberi facevano cadere i loro capelli al ritmo della freschezza del vento. Nessuno sarebbe mai venuto a sapere di quello che era successo la notte prima. Marinette ancora pensava a quel bacio, al suo primo bacio, a un emozione che non avrebbe mai dimenticato. Quel sabato non era uscita dalla sua tanta, se non per fare colazione. Era stata ore e ore a ripensare a Chat Noir, probabilmente al suo Adrien, e a come la avesse rapita mentalmente. Si sentiva un po' i colpa per quello che aveva fatto. Percepiva di star prendendo la via che i suoi genitori non le avrebbero mai consigliato, ma sentiva che era anche la cosa giusta. In effetti non sapeva fare una spiegazione a ciò che provava, perché le emozioni andavano solo vissute e non capite. Mentre sorrideva al ricordo del suo Chat, Tikki spuntò fuori dal nulla e con la sua solita vocina disse «Marinette, dobbiamo andare a salvare Parigi.»
E lei, ormai automaticamente, rispose «Tikki! Trasformami!»

La ragazza era scappata, ma non si sarebbe certo fatto scappare quell'occasione.
«Piccole farfalle, venite...»
Prese la scatola, che aveva bramato a lungo, e si lanciò all'inseguimento della bionda.

«Ben fatto, insettina!» esclamò Chat Noir, ripetendo la battutina quotidiana che ormai faceva parte della routine. Aveva rasentato la più completa ordinarietà, ma fece uno sforzo enorme per nascondere l'emozione che aveva nel vederla.
«Chat Noir! Il tuo Miraculous...»
Ladybug venne interrotta da Chloé che, scalpitante, arrivò senza fiato.
«Maestro... Papillon... Miraculous... ucciso...»
La ragazza non riusciva a formulare frasi di senso compiuto, troppo stanca dalla corsa super veloce che aveva appena fatto.
«Ehi... tu. Calma. Respira e dicci che cosa è successo.» la rassicurò il gatto.
Pollen uscì dalla borsetta e fece da portavoce alla figlia del sindaco.
«Stavamo andando dal Maestro Fu e...»
«Ma tu...?» chiese Ladybug, sconvolta.
«Si, sono un kwami e Chloé è Queen Bee! Comunque. Appena entrati, abbiamo visto che il... Maestro...» alcune calde lacrime caddero dai grandi occhi blu di Pollen.
«Il Maestro è morto. È stato ucciso da Papillon. Ne sono sicura.» concluse Chloé.
«Perché dovrebbe uccidere il Maestro Fu?» si domandò Ladybug, tastandosi il mento con le dita per poter pensare.
Chat Noir si guardò attorno, e capì. Aveva già visto a casa sua, dietro il dipinto di Elene Agreste, un libro sui Miraculous. Probabilmente avrebbe potuto trovare lì le risposte di cui aveva bisogno.
«Ho capito. So cosa devo fare.» disse, subito prima di andarsene.

Stava viaggiando senza una vera e propria meta, alla ricerca di un portatore che potesse donare il Miraculous a qualcun altro.
Il Maestro ci aveva visto giusto. Le possibilità di Papillon di avere i restanti 15 Miraculous di abbassavano ancora. Ne aveva solo 12. E presto avrebbe avuto un nuovo eroe da sconfiggere.

Tornò a casa, ormai da Adrien, e andò rapidamente dal dipinto della madre.
«Qual è il tuo piano?» chiese Plagg, preoccupato.
«Prendere il Libro e scoprire di più sul motivo per cui Papillon vuole prendere tutti gli altri Miraculous.» rispose velocemente il ragazzo.
Si ritrovò davanti al dipinto di sua madre. Era bellissima. Non riuscì a respingere le lacrime, che fece uscire senza soffermarsi alla tristezza.
Inserì il codice e, da dietro il dipinto, vide molte più cose di quanto avrebbe mai immaginato. Il Miraculous del pavone era lì, inerme, a casa sua. Anche quello della tartaruga si trovava lì, nascosto dal Libro Sacro.

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