汚いキーKitanai kī
Vi pregherei di far partire la canzone, dato che ricopre un ruolo importante nella one-shot. Grazie!
Silenzio, finalmente. Shinya Kurai si passò la manica destra sulla fronte sudata, chiudendosi la porta leggera alle spalle. Non era stato facile per il ragazzo dalla corporatura fragile trasportare i cadaveri dei suoi genitori fino allo sgabuzzino... non a livello psicologico, s'intende. Semplicemente, i due pesavano parecchio.
Tutta quella fatica, solo per creare un'atmosfera... un'atmosfera adatta per il ritorno della sua sorellina.
Yonaka... sì, voleva che tutto fosse giusto per il suo ultimo respiro; non bello, gratificante, rassicurante... giusto. Insomma, quale pluriomicida avrebbe accolto la sua ultima vittima, la più importante, in una stanza linda e perfetta? Non avrebbe mantenuto nessun fascino pittoresco.
Adesso che il sangue dei suoi genitori aveva macchiato ogni tappeto, era scivolato tra ogni asse del pavimento, si era seccato lungo l'affilata lama del coltello con cui li aveva uccisi, invece, andava molto meglio. Era il luogo perfetto per un assassinio. La casa, già tetra e cupa di suo, era stata privata di ogni illuminazione se non per i fiochi raggi del tramonto che filtravano tra le persiane socchiuse di legno chiaro.
Shinya in quel momento non voleva pensare a cosa avrebbe fatto quando fosse arrivata la sorella. Non era in vena, non era un grande pianificatore... il che effettivamente non era un vantaggio per un assassino, ma poco importava. Aveva tutto il tempo del mondo.
Non voleva pensare all'arrivo di sua sorella, non voleva pensare al perché stesse facendo tutto questo, non voleva pensare ai pomeriggi di sole estivi nei quali accompagnava Yonaka al parco a giocare, non voleva pensare alle terribili terapie cui era stato sottoposto quando era in quel collegio di rieducazione e al dolore che avrebbe provato, quando avrebbe finalmente capito che, una volta piantatole il cuore in gola, non avrebbe mai più parlato con sua sorella.
Tutti i suoi pensieri ormai cominciavano con un 'mai più'.
Non avrebbe mai più abbracciato la sua sorellina.
Non avrebbe mai più assaggiato le cene di sua madre.
Non avrebbe più giocato con suo padre a scacchi.
Non sarebbe mai più andato a scuola.
Non avrebbe mai più avuto degli amici.
Non sarebbe stato mai più al sicuro.
Non avrebbe mai più smesso di scappare.
Nessuno lo avrebbe mai più guardato in faccia.
Doveva distrarsi in qualche modo; aveva scelto quella strada solitaria e da solo doveva percorrerla.
Così andò a suonare il piano.
In una delle stanze della casa infatti soggiornava un imponente pianoforte a coda nero, con il quale spesso in passato Shinya e sua sorella avevano passato lunghe ore in compagnia, cantando insieme.
Si sedette sullo sgabello imbottito, alzando il coperchio dei tasti: probabilmente nessuno l'aveva utilizzato dalla sua partenza, nemmeno Yonaka a quanto pareva.
Che non volesse nemmeno ricordarlo?
Cominciò a premere i tasti, così, per vedere se si ricordava ancora come si suonava. Non scelse nemmeno il brano che voleva produrre ma, nel processo, si accorse che stava suonando una canzone che aveva imparato almeno due anni prima da Yonaka. Ella di certo non ne conosceva le parole... e lui, che era andato a cercarsi lo spartito musicale esatto e che ne aveva scovato il testo, ormai non le ricordava più.
Le sue mani volteggiavano sui tasti bianchi del pianoforte con grazia, continuando a produrre le note, a martellare imperterrite sulle corde, lasciando che tutti i ricordi del ragazzo e i suoi rimpianti scivolassero tra i righi del pentagramma e si depositassero nelle note malinconiche.
Si sentiva libero ormai, capace di adempire al suo compito. E allo stesso tempo avrebbe voluto mettersi a piangere, a urlare, a chiedere aiuto, voleva che qualcuno lo salvasse e gli impedisse di compire la mostruosità che si accingeva a completare. Aveva paura di se stesso e di qualsiasi cosa lo stesse spingendo a quella carneficina... una 'cosa', in realtà, inscindibile dalla sua anima fin dal primo momento.
S'interrompe bruscamente sentendo il rumore di una chiave che girava nella toppa, facendo scattare la serratura.
Yonaka era a casa.
Shinya sorrise, sollevando le mani dai tasti, imbrattati del sangue dei suoi genitori che prima tingeva le sue dita pallide.
Chiuse il coperchio, allontanandosi dalla stanza.
Sorrise.
Era tutto perfetto.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top