C i n q u e

La prima neve è come il primo amore.

La lunga mattinata trascorse piacevolmente in quella grande e caotica città che è Seoul, con un freddo un po' più pungente intorno all'ora del pranzo, e la caduta libera e leggera di tanti piccoli fiocchi di neve che si depositavano sul terreno.

Changbin si strinse meglio dentro la sua ampia e calda felpa scura.

Era abituato al freddo – suo malgrado – aveva portato il suo corpo ad adattarsi quasi alla perfezione alle temperature di quei mesi.

Stava come al solito appoggiato al muretto laterale all'Università, con il cappuccio tirato sul capo e lo sguardo sempre ben concentrato su chiunque passasse in quel parcheggio.

Sempre gli stessi volti, e mai quelli di coloro che gli dovevano dei soldi.

Quella mattina però la sua attenzione vacillava leggermente, tra il lavoro su cui cercava di concentrarsi strenuamente, e il piccolo pacchetto che gli aveva regalato quel ragazzino, ancora intatto e appoggiato accanto a lui.

Si era più volte ripetuto che lo avrebbe aperto la notte – una volta tornato a casa sua per riposare – ma gli occhi brillanti e il sorriso luminoso che quel ragazzino gli aveva rivolto mentre, pieno di entusiasmo, gli porgeva quel dono, sembravano esser per lui l'unica fonte di calore ricevuta in quella fredda mattina di inizio febbraio.

Chissà cosa c'è dentro – si domandò per l'ennesima volta, osservando la forma soffice ed un po' irregolare di quel pacchetto.

Era davvero curioso di sapere cosa quel ragazzino dall'aria insolita potesse aver considerato utile o carino da regalare ad uno spacciatore.

«Ti vedo distratto, non è da te» biascicò una voce bassa e terrificante a pochi millimetri dal suo orecchio; il proprietario di essa era sgusciato al suo fianco, con i suoi soliti modi circospetti, senza che Changbin si accorgesse minimamente di lui.

Il maggiore sobbalzò, incapace di evitarselo, per poi voltarsi ed incontrare i grandi occhi marroni poco lontani dai suoi.

Era spuntato silenzioso come un felino, tra gli alberi del piccolo boschetto che si estendeva oltre il muretto su cui lui era appoggiato.

Dannazione a te!

Han Jisung era senz'altro la creatura più carina ed inquietante che Changbin avesse mai avuto l'occasione di conoscere nel corso della sua vita; era un dualismo vivente, capace di strapparti il sorriso con i suoi modi gentili, vivaci e a volte un poco infantili, per poi farti correre un brivido di terrore lungo la schiena quando vestiva i panni del suo effettivo lavoro.

Jisung era un riscossore di debiti.

Se qualcuno avesse mai chiesto a Changbin chi o cosa gli ricordasse Jisung, lui avrebbe senz'altro risposto: Il gatto del Cheshire.

«Detesto questa tua abitudine di muoverti in modo felpato e silenzioso!» lo accusò, incrociando le braccia al petto ampio ed osservando l'amico sedersi sul muretto accanto a lui, lasciando che le sue gambe dondolassero divertite nel vuoto.

«Ti ringrazio, è la dote che negli anni ho affinato maggiormente – ridacchiò il ragazzino, risistemandosi i capelli ormai un po' lunghi che gli ricadevano sul viso paffuto in ampie e mosse onde castane – In ogni caso, sei stato tu a chiamarmi, immagino tu abbia del lavoro che richieda i miei servigi» rise, osservandosi poi intorno con fare circospetto.

Changbin scosse il capo, quel ragazzino era davvero strano ma svolgeva fin troppo bene il suo lavoro.

Ecco perché – pur essendoci altri riscossori di debiti nel loro gruppo – Changbin preferiva sempre rivolgersi a lui.

Svolgeva il suo lavoro in modo veloce e pulito, solitamente senza far troppe domande e senza attirare l'attenzione.

Sfilò il proprio telefono dalla tasca dei pantaloni, cercando velocemente tra le foto i due volti che gli interessava maggiormente mostrare al più giovane.

«Questi due» disse schiettamente, passando il dispositivo al minore.

Bastò uno sguardo e qualche secondo per fare in modo che Jisung si stampasse abilmente i loro lineamenti nel cervello, non gli era mai capitato di "occuparsi" della persona sbagliata.

Restituì il telefono al maggiore, roteando la testa leggermente per far scrocchiare il collo teso.

Ridacchiò.

«Vuoi che mi occupi di loro perché ci devono dei soldi, oppure perché ieri sera hanno aggredito il ragazzino che oggi ti ha donato quel carinissimo pacchetto?» domandò facendo un cenno verso quel morbido regalo ancora sigillato, poco lontano da loro.

Changbin si irrigidì.

Non si sarebbe dovuto sorprendere, difficilmente qualcosa di quel che lui faceva – o chiunque di loro – poteva passare inosservata.

Il suo gruppo sapeva sempre tutto di tutti i suoi componenti, solitamente stava a Seungmin raccogliere tutte le informazioni necessarie – e lo faceva in modo fin troppo minuzioso!

«Ti sto chiedendo questo lavoro perché ci devono dei soldi, e perché ieri sera hanno aggredito quel ragazzino proprio nella speranza di procurarsi i soldi da darci – evidenziò, alzando le spalle – Non mi va che creino problemi agli studenti, questa cosa potrebbe suscitare del malcontento ai vertici per la nostra presenza, e se dovessero continuare potrebbero rovinarci la piazza» concluse, ben consapevole di avergli dato la risposta migliore.

Jisung annuì, sorridendo con fare soddisfatto.

«Mi aspettavo una simile risposta da parte tua, avevo avvisato Seungmin che non ci avresti dato nessun buon materiale su cui spettegolare» disse divertito, gettando poi la testa all'indietro per osservare il cielo.

«Quella nuvola sembra un secchiello di popcorn» disse improvvisamente, indicandone una.

Changbin lo osservò, aggrottando le sopracciglia.

Così dannatamente strano.

Jisung si raddrizzò di scatto, facendo nuovamente sobbalzare il maggiore.

«Sta arrivando qualcuno» disse semplicemente, come un segugio che ha appena fiutato il sangue della preda precedentemente sparata; saltò nuovamente il muretto, nascondendosi bene tra la vegetazione.

Changbin si guardò dubbiosamente intorno, vedendo il parcheggio totalmente vuoto, fatta eccezione per loro due.

Possibile che si fosse sbagliato, per una volta?

Qualche istante dopo notò in lontananza – lungo le scale che permettevano l'uscita dall'Università – la figura di Hwang Hyunjin che scendeva rapidamente gradino dopo gradino.

Sgranò gli occhi.

Come cazzo aveva fatto Jisung ad accorgersi di lui?

Più passava il tempo più si ritrovava spaventato ed inorridito da quel ragazzino che sembrava avere quasi dei poteri sovrannaturali.

Dovrò chiedere a Seungmin di fare qualche ricerca sul suo conto, anche se è nostro amico.

Mantenne lo sguardo fisso sulla figura alta e slanciata di Hwang Hyunjin, osservandolo mentre superava il cancello in ferro battuto, per poi attraversare il parcheggio a larghe falcate in sua direzione.

Changbin sbuffò internamente, riflettendo su quanti grattacapi gli stesse causando la misera buona azione compiuta la sera prima.

Di tutti i momenti poi, aveva scelto proprio l'unico in cui c'era uno del suo gruppo appostato per ascoltare.

Quella sera stessa, Jisung e Seungmin si sarebbero senz'altro divertiti parecchio alle sue spalle.

Quando il ragazzo interruppe la sua camminata proprio davanti alla sua figura, Changbin si permise di sollevare lo sguardo con svogliatezza per incontrare i suoi occhi.

Quel ragazzino – pur essendo più giovane – era parecchio più alto di lui, e Changbin detestò l'idea di doverlo guardare dal basso verso l'alto.

«Non l'hai aperto» disse semplicemente Hyunjin con tono accusatorio, osservando stizzito il piccolo regalo accuratamente incartato, che il proprio migliore amico aveva deciso di fare a quel delinquente.

Che inutile spreco di energie e tempo.

Changbin si strinse nelle spalle.

Quel ragazzino non gli piaceva affatto, tanto quanto il maggiore sapeva di non piacere a lui.

«Ti ha mandato Felix, per chiedermi se mi è piaciuto oppure no?» domandò con voce altamente fastidiosa alle orecchie dell'altro, che avvertì l'istinto omicida montargli addosso non appena sentì il nome del proprio migliore amico uscire dalle labbra dell'altro.

Lo osservò per un lungo istante, domandandosi mentalmente per quale motivo si fosse avvicinato a lui – anzi a loro.

«Non so che intenzioni tu abbia con lui – spero di sbagliarmi, e che il tuo aiuto di ieri sera sia stato seriamente solo un caso fortuito del destino –, però mi sembri sveglio a sufficienza per capire anche da solo quanto Felix sia un'anima pura ed innocente – tentò, nella speranza che lo ascoltasse sul serio – Lui non riesce a percepire con la stessa velocità degli altri il pericolo in agguato, perché ha il pessimo vizio di cercare sempre il lato positivo in chiunque ed in qualsiasi situazione» spiegò.

Changbin ascoltò in silenzio, sospirando profondamente.

Non faticava a credere a nessuna di quelle parole, aveva avuto modo lui stesso – nonostante le poche parole scambiate con il minore – di percepire quanta ingenuità potesse contenere quel piccolo corpo esile.

«Lui è il mio migliore amico, e non importa quanto possa sbagliare oppure fidarsi della persona sbagliata, io sarò sempre al suo fianco per proteggerlo da chiunque – riprese a parlare Hyunjin, lo sguardo più tetro e minaccioso – Non importa quanto in alto tu possa essere nel vostro giro, troverò il modo di rovinarti la vita Seo Changbin, e non mi fermerò finché non mi sentirò sazio a sufficienza» concluse.

Il maggiore accusò la minaccia in silenzio, senza sottovalutare nessuna delle parole uscite dalla bocca del minore.

La famiglia Hwang era per la maggiore a capo dei reparti speciali della Polizia di Stato – quindi Changbin era certo che quelle minacce avessero un fondamento piuttosto consistente.

Se quel ragazzino avesse deciso di crear loro dei problemi, ci sarebbe senz'altro riuscito.

Ma di certo, uno come Seo Changbin, non poteva semplicemente star lì a farsi minacciare da un moccioso.

«Sei proprio figlio della tua casata, voi Hwang amate andare in giro a vantare la vostra posizione di paladini della giustizia – disse Changbin, incrociando le braccia e sorridendo aspramente al minore – Inutile dirti che stai perdendo tempo, l'interesse che il tuo amico sembra nutrire nei miei confronti è totalmente a senso unico, inoltre con me non corre nessun rischio, visto che non fa uso di droghe, giusto?» chiese divertito.

Idiota.

Hyunjin digrignò i denti.

Cosa ci vedeva Felix in quel ragazzo?

«Me lo auguro per te e per lui ... anche perché se mi troverò costretto a raccogliere i pezzi del suo cuore, mi assicurerò che i tuoi amici rimangano a lungo impegnati alla ricerca dei pezzi del tuo corpo» disse sorridendogli amaramente.

Changbin avvertì un brivido scuoterlo, a quelle parole.

Quel ragazzino sembrava più sadico di loro.

Se Chan l'avesse sentito parlare in quel modo, avrebbe cercato di farlo entrare nel loro gruppo – fregandosene totalmente della sua famiglia di appartenenza.

«E per quanto riguarda te – riprese improvvisamente il minore, facendo qualche passo indietro e puntando gli occhi sulla vegetazione alle spalle di Changbin – Ti si vede lontano un chilometro, idiota!» sbottò in direzione di Jisung, voltando poi le spalle ai due e allontanandosi velocemente.

Changbin rimase lì, ammutolito.

Come aveva fatto ad accorgersi della presenza di Jisung?
I ragazzini di quelle nuove generazioni iniziavano a spaventarlo.

In pochi istanti avvertì nuovamente la presenza di Jisung al proprio fianco.

Aveva un sorriso divertito pitturato sulla bella bocca, e lo sguardo fisso nel punto in cui Hyunjin era sparito.

«Così carino» ammise, passandosi la lingua lungo il labbro superiore.

Siete entrambi così terrificanti – realizzò Changbin – Fatti seriamente l'uno per l'altro!

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5

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Grazie per l'attenzione,
TheyIdiot.

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