Please don't leave
-Andiamo ragazze, avete provato una dozzina di vestiti ciascuna, sta iniziando a diventare una tortura medievale- scosto la tenda ed esco fuori la testa, giusto in tempo per notare Daniel ricadere all'indietro, esausto per la nostra indecisione.
-Le foto del ballo finiscono sull'annuario, e nessuno vuole venire male. Senza contare che questo è il primo a cui vado dal duemilatredici- esco dal camerino. Il ragazzo, con tanto di versi di sforzo, si rialza, sistemandosi i lunghi capelli biondi. –Pensavo che fosse arrivato il momento di lasciar stare, almeno per un po', i vestiti pomposi e che sembrano tutù-
-E non essere più un'adorabile ballerina? Questo mi spezza il cuore- Daniel poggia entrambe le mani sul petto, con fare teatrale e drammatico. Roteo gli occhi al cielo, mentre lui si avvicina a me, sorridendo. –Stai benissimo Rosebelle, anche se credo che dovresti iniziare a cercare un altro colore che non sia il rosa in tutte le sue possibili variazioni-
-Non vesto sempre di rosa!- esclamo, incrociando le braccia al petto. Dopo di me, anche Diana, Daisy ed Audrey escono, con i loro vestiti.
-In realtà, a parte quello per i tuo quindici anni, tutti i vestiti per i tuoi compleanno sono stati di quel colore- Daisy si specchia nella colonna, ammirando come il vestito color crema le ricada perfettamente sul corpo snello. –Sai che mi dispiace dare ragione a Daniel, ma sta volta non posso negare l'evidenza-
-Visto?-
-Non mi hai detto, però, se sto bene oppure no-
-Sì Rose, come in tutti gli altri dieci che hai provato- Daniel, sull'orlo dell'esasperazione, getta la testa indietro, e spalanca le braccia. –Sto sentendo la mia virilità scemare ogni minuto che passa-
-Non dicevi così, quando accompagnavi Rebecca dal parrucchiere. Avevi imparato a memoria ogni nuance del colore- gonfia le guance. Non può ribattere in alcun modo, messo alle strette col paragone di quando stava con la ragazza che gli ha spezzato il cuore.
-Tu sei il male Rosebelle Greyson. Il male che si nasconde dietro il viso di una bambina-
-Sapevo che, con le giuste argomentazioni, ti saresti convinto- mi fa un cenno con la mano e torna seduto sulla poltrona. Appoggia i gomiti sulle ginocchia e protrae il busto in avanti, con le mani giunte. –Io, comunque, credo che prenderò questo-
-Sono d'accordo con te. Anche io comprerò l'ultimo che ho provato. Gioisci Manson, sembra che abbiamo deciso-
-Grazie Daisy- brontola lui. Le ragazze ritornano in camerino, tirando le rispettive tende. –Ti prego, dimmi che non dovete comprarvi anche le scarpe-
-La fortuna di avere sempre vestiti rosa è che non ho bisogno di comprare altre scarpe-
-Sei sempre stata una persona previdente. Ora va' e cambiati, il mio stomaco brontola-
-Mi daresti una mano con la cerniera? Ho lottato dieci minuti prima-
-Io sono nato per scendere le zip-
-Daniel-
-Scusa- con una mano, tiene il lembo del vestito e, con l'altra, slaccia il vestito. –Hai davvero tanti nei sulla schiena-
-Daniel-
-Oggi non ti va bene una singola cosa che io dica- non continuo la conversazione, chiudendomi di nuovo in camerino e spogliandomi.
Indosso il vestito e la giacchetta di cotone, prendendo la mia borsa e il vestito.
Dopo di me, anche le ragazze escono trionfanti. Ci sono volute due ore ma, alla fine ce l'abbiamo fatta.
-Ecco, dateli pure a me- la commessa, che gentilmente ci ha aiutato in tutto questo tempo, prende i nostri vestiti, mettendoli ad uno ad uno sul suo braccio. –Sei davvero un bravo fratello, hai avuto una gran pazienza, sei molto dolce-
-E' il mio ragazzo- dico, prima che possa aggiungere altro. La ragazza boccheggia, facendo dietro front e dirigendosi verso la cassa. –Questa giornata va di bene in meglio. Aspetta fuori Daniel-
-Ma...-
-Manson non mi contraddire-
-Sei intrattabile comunque- alza le braccia in altro, con i palmi rivolti verso di me. Esce dal negozio, incrociando le braccia al petto.
-Andiamo Rose, ormai dovresti saperlo che Daniel Manson attira qualsiasi esemplare femminile che finisca nel suo raggio d'azione- Daisy non ha tutti i torti. Dopo aver passato quattro anni a stretto contatto con lui, dovrai, ormai, aver imparato la lezione. Ma essere scambiata per sua sorella quando, in realtà, sono la sua ragazza, non è qualcosa che avevo messo in conto.
-Grazie per il vestito Rose- sorrido ad Audrey e le porgo la sua busta.
Dopo aver pagato, usciamo, ritrovando Daniel intento a pregustarsi il gelato che tanto agognava fino a qualche minuto fa.
-Sei davvero un animale- il ragazzo mi fa la linguaccia, continuando a pregustare il suo dolce.
Sorrido sarcasticamente, e allungo una mano verso il cono, spalmandogli la crema dolciastra sul naso.
-Sei davvero una stronza-
-Ho imparato dal migliore-
-Vaaaa bene- le mani di Daisy si poggiano sulle mie spalle. –Daniel ci riaccompagni a casa?-
-Sì certo, nessun problema. Ci vediamo all'inaugurazione di quel nuovo locale in centro?-
-Ci prendiamo una pizza da Royce prima? E' da un secolo che non usciamo come dei ragazzi normali-
-Perfetto- Daniel cerca di ripulirsi dal gelato, impiastricciandosi ulteriormente. Gli porgo un fazzoletto, e lui me lo strappa dalle mani, riservandomi uno sguardo di fuoco.
-Di che locale si tratta?- mormoro, mentre ci dirigiamo verso il parcheggio del centro commerciale. Il mio stomaco brontola, non mangio da questa mattina ma, se chiedessi a Daniel di fermarsi cosicché io possa prendere un gelato, mi ucciderebbe.
-E' una discoteca- Diana smanetta col cellulare, evitando accuratamente i vari pali della luce e gli idranti. Se fossi stata al posto suo, probabilmente, avrei sbattuto una dozzina di volte.
-Odio le discoteche- borbotto. La gente ammassata, che ti tocca, che ti spinge. Rabbrividisco, roteando gli occhi al cielo.
-Non credo che, in questo momento, ci sia qualcosa che tu non odi-
-Ehi voi due!- Daisy tira un colpo sulla nuca a me e a Daniel. Il suo gelato cade interamente per terra e, a quel punto, si arrende definitivamente. –Mi dite che vi prende? E' tutto il giorno che vi punzecchiate come due bambini piccoli- io ed il ragazzo voltiamo lo sguardo dalla parte opposta. Sembrava che avessimo risolto ogni cosa a scuola ma, a casa, la discussione è ricominciata. Non è niente di grave, è semplicemente una di quelle giornate in cui io e lui non possiamo stare vicini. –Rompete le scatole da più di due anni perché non potete stare insieme e, adesso che non avete nessun ostacolo davanti, vi comportate in questo modo. Io, davvero, non vi capisco-
-Idem- ci guardiamo. Daniel scrolla le spalle, non vuole più litigare, e nemmeno io.
-Se volete, torniamo a casa a piedi-
-Tranquilla Audrey, abbiamo tutto il tempo per discuterne a casa noi due- mi gratto la testa. Questo non promette nulla di buono.
Saliamo in macchina, nessuno fiata. La tensione si può tagliare col coltello, le mie dita tremano, non riuscendo a rimanere ferme sulla rotula.
Il sole sta tramontando, screziando il cielo di rosa e di arancione. Qualche raggio mi colpisce gli occhi, ed io sbatto le palpebre, non potendo rimanere a guardarlo per troppo tempo.
Eppure, quando mi volto verso Daniel, faccio fatica ad osservare anche lui. La sua aurea dorata è più forte che mai, mi toglie quasi il respiro.
Esasperata, lascio andare la testa sul sedile, socchiudendo le palpebre. Questo, stranamente, mi porta alla mente vecchi ricordi che pensato di aver assopito.
Una vecchia gita con mio nonno, di ritorno dalla dottoressa. Avevo paura dei vaccini, e lui era l'unico in grado di convincermi a farli.
Avevamo preso dei panini dal McDonald, e poi eravamo usciti fuori città, fuori da San Francisco, in uno di quei piccoli comuni dove il verde è il colore predominante.
Ci siamo seduti sul prato a mangiare, osservando le anatre che sguazzavano nello stagno. Sono stata una bambina allegra, nonostante tutto.
Al ritorno mi ero persa ad osservare i colori del cielo, chiedendomi cosa ci fosse dopo la fine del mondo. Pensieri un po' troppo profondi per una bambina di sei anni, guardavo decisamente troppi documentari, passavo tutto il mio tempo col nasino attaccato al televisore.
Ma poi mio nonno si è ammalato di cancro, ed è morto in pochi mesi. Un anno dopo io e mia madre siamo andate via, e mia nonna ci telefono ogni giorno, cercando di tenersi informata sull'andazzo della nostra vita. E' accorsa qui ad aprile, quando mi sono squarciata le vene in due.
-Rose- la voce di Daniel mi fa spalancare gli occhi, osservando come il sole non sia ancora del tutto tramontato, ma stia continuando la sua discesa. –Tristezza- dice soltanto. Non proferisce altra parola, ma capisco che sta sentendo quel che provo. Deve essere estenuante, captare tutti questi sentimenti, ma non riuscire a leggere nella mia testa. E' come quando si perde la vista dopo averla usata per anni. Ti dicono che l'oggetto davanti a te è di un determinato colore, è rosso, ma tu non puoi più vederlo.
-Ricordi- ribatto, passando una mano tra i capelli. –Nostalgia-
-State facendo qualche giochino o...-
-Daniel legge le mie emozioni, ma non i miei pensieri quindi, quello che gli viene trasmesso, è sempre vago. Come in questo momento-
-Come diamine è possibile che tu non abbia accesso alla sua mente? Siamo tutti un libro aperto per te-
-Non è una cosa nuova Diana, è dal primo anno che ci provo, ottenendo dei risultati pressoché deludenti-
-Nulli, più che altro. Non credo che ci sia stato un singolo momento in cui tu sia riuscito a capire quel che pensavo-
-Nemmeno tu sai che ti passa per la testa-
Quindici minuti dopo, avendo accompagnato tutte le ragazze a casa ed essendoci dati appuntamento per la sera stessa, io e Daniel ritorniamo a casa.
Entriamo in silenzio, quasi in punta di piedi.
Getta le chiavi all'entrata ma, mentre ci dirigiamo in camera sua, ci imbattiamo nella Miller in un succinto costume da bagno, grondante d'acqua.
-Dovreste venire in piscina, la temperatura è perfetta- scrollo le spalle e supero Daniel. Conosco questa casa in ogni suo millimetro, in ogni suo segreto.
Mi getto sul suo letto, con la faccia che affonda nei cuscini che sanno ancora di lui.
-Eri più felice quando non stavamo insieme, sei una contraddizione vivente- si sdraia accanto a me e, dal momento che non sfioro le sue mani, deduco che sia con le braccia conserte. –Rose, dammi un segno di vita- volto appena il viso nella sua direzione. Il ragazzo, a quel punto, si sposta su un fianco, assumendo una posizione quasi fetale. –Che ci sta succedendo?-
-Lo sai benissimo-
-Smettila con questa storia. Non puoi passarci sopra?- mi metto seduta, con le gambe incrociate. Daniel mi imita, afferrandomi per le spalle. –Rose!-
-Okay, allora almeno permettimi di fare una cosa-
-Ho quasi paura di chiederti di cosa si tratta-
-Consentimi di indagare su di lei. Se ha davvero ucciso Mike, non posso lasciare te e tuo padre nelle sue grinfie-
-E la promessa di passare un anno normale?-
-Daniel- sospira. E' sull'orlo di una crisi di nervi. Per questo si alza dal letto ed inizia a camminare, tirando pugni contro il vento. –Ti prego-
-Sei davvero una testa dura- mi brandisce un dito contro, arrabbiato come non mai. –Vuoi sempre avere ragione tu, sempre. E quello che dico io, la maggior parte del tempo, non ha alcun valore per te- gonfio le guance. Ad un certo punto, il ragazzo rilassa le spalle, e sospira. –Ma devo anche ammettere che, nel cinquanta percento dei casi, ci avevi sempre azzeccato-
-Lo sto facendo solo per proteggerti Daniel-
-E anche perché sei gelosa. Dovresti tingerti i capelli di verde-
-Che sei spiritoso- ritorna sul materasso. Circonda il mio corpo con le sue braccia e mi trascina in giù. Mi dimeno, nonostante non sia davvero mia intenzione svincolarmi dalla sua morsa. –Ti odio Daniel Manson-
-Hai ripetuto questa frase così tante volte negli ultimi anni, che hai perso di credibilità-
-Lo so- bofonchio. Finisco per arrendermi, e poggio la testa sulla sua spalla. –Posso far annegare la Miller nella piscina?-
-Rose- gioco con le sue dita mentre, con la mano libera, tengo il braccio che ha intorno alle mie spalle.
-Farla scivolare mentre sta uscendo?-
-Rooose-
-Okay okay- volto lo sguardo. I nostri nasi si sfiorano, ed io mi ritrovo a guardare direttamente nell'azzurro delle sue iridi. –Neanche una piccola slogatura? Al massimo non la farà camminare per un po'-
-Ti ricordi quando, dopo il tuo suicidio, ti ho detto che avevo conciato Seth per le feste?-
-Sì, e allora?- mi sposto leggermente, sentendo i suoi polpastrelli intrecciarsi con i miei capelli.
-Mi hai fatto promettere che non lo avrei ucciso, perché non volevi che i mettessi nei guai per colpa sua-
-E tu non vuoi che io ci finisca perché la Miller si improvvisa modella di Victoria's Secret in giardino-
-Esatto, sei davvero perspicace- rido, ritrovandomi a fissare il soffitto blu della camera.
-Mi ricordo la prima volta che ho messo piede nella tua stanza, mancavi da scuola da una settimana, credo che stessi male, e noi eravamo preoccupati perché avevi appena iniziato ad uscire con Rebecca, e temevamo che potesse trasformarti-
-E così è stato. Forse avrei dovuto darvi un po' più di ascolto- porta un braccio sotto la nuca, tenendola sollevata. Mi giro su un fianco, osservando il ragazzo in tutta la sua bellezza, con i capelli biondi che gli ricadono sulla fronte.
-Tua madre mi ha detto sarei stata più carina, se fossi dimagrita- scoppia a ridere, una risata nervosa, carica di tensione. Non parliamo mai di lei, sono davvero poche le volte in cui la nomina o in cui si riferisce a lei. L'ha nascosta in un angolino della sua mente, cosicché il ricordo non possa ferirlo. E' così che fa Daniel. Se qualcosa gli fa male, lui la nasconde, e finge che non sia mai successa.
-Dovrebbero darle il premio madre dell'anno-
-Ti manca qualche volta?- mi avvicino a lui. Il volto di Daniel cambia espressione, diventando più contratto, più duro.
-Non ci ho mai pensato, in realtà. Lei se ne è andata mentre io mi trasformavo in un vampiro e, in quel preciso istante, non riuscivo a pensare ad altro. Ho sempre avuto troppe cose da sistemare o da guastare, per potermi realmente fermare a valutare la cosa-
-Lo so, hai cercato di tenere la testa occupata per non pensarci. Era più facile concentrarsi su quello che stavi passando, piuttosto che realizzare quello che stesse davvero succedendo-
-Smettila di psicanalizzarmi- ridacchia. Appoggio la testa sul suo petto, circondando il suo busto con le mie braccia. –Qualche volta penso che, se la mia stessa madre è scappata perché io ero un mostro, nessun altro riuscirà ad amarmi-
-Non è assolutamente vero- Daniel si è sempre preoccupato di sembrare invincibile, di incarnare quel supereroe che, alla stregua di Superman, non si lascia abbattere da niente, sempre pronto ad attutire i colpi e a sferrarli. Ma è un essere umano come tutti gli altri.
In realtà no, è un angelo, tuttavia questo non implica che non abbia anche lui delle debolezze, che non possa soffrire anche lui. –Diana ti ha amato, Skyler ti ha amato, la Miller ti ama-
-Loro non mi amano Rose- si passa una mano sul volto. I suoi occhi sono lucidi, sul punto di scoppiare a piangere. –Loro amano il mio aspetto esteriore, e il fatto che io sia un dio del sesso- gli do un colpo sulla fronte, e lui geme per il dolore. –Okay, devi seriamente smetterla di farmi male ogni volta che nomino quella parola-
-Non cercare di sviare il discorso, quello è un mio giochino personale-
-Beh sta di fatto che non c'è una sola persona che ci tiene a me per quel che sono-
-Scusa, ed io chi sono?- mi metto seduta, con le braccia incrociate ed un finto broncio che, in realtà, vuole solo farlo ridere. –Ti ricordo che la sottoscritta ti è stata accanto in qualsiasi occasione, pure quando eri un idiota che meritava soltanto di essere preso a schiaffi- sposta leggermente lo sguardo e mi sorride. E' impossibile da spiegare quanto sia bello, come il sole irradi il suo volto in maniera perfetta, rendendo i suoi capelli dello stesso colore del grano, ed i suoi occhi alla stregua di due pietre di acquamarina. –Magari non riesco a dirti quelle due paroline, ma questo non vuol dire che io non le provi. Questi anni sono stati semplicemente un tripudio di eventi inspiegabili che ci hanno sbattuto da una parte all'altro, e giuro che, a volte, avrei voluto soltanto ucciderti. Eppure non sono mai stata in grado di lasciarti definitivamente, perché io e te dobbiamo stare insieme, anche se non facciamo altro che litigare. Quindi smettila di dire che nessuno ti amerà, perché io sono proprio qui, che sto cercando di darti tutto il mio amore- Daniel non dice niente. Apre le sue braccia e mi stringe al suo petto. Le sue labbra si posano lievi sulla mia fronte, calde e morbide come sempre.
-Ti amo tantissimo Rosebelle, più di quanto io possa dimostrarti-
-Lo sento anche abbastanza, sta' tranquillo- allungo una mano verso i suoi capelli e li scompiglio. -Chi avrebbe mai potuto immaginare che Daniel Manson potrebbe essere tanto dolce?-
-Nessuno, quindi lasciamo che rimanga un segreto tra me e te-
-Hai così paura che qualcuno possa vedere che hai un cuore?-
-Ho paura che la gente scopra che tu sia il mio punto debole, e possa utilizzarti per farmi del male. Negli ultimi anni ho lasciato che questo piccolo cavillo mi sfuggisse di mano, e tu ti sei ritrovata in situazione da cui avrei dovuto tenerti il più lontano possibile-
-Non te ne faccio una colpa- alzo il capo verso la sua direzione. Daniel aggrotta la fronte, sistemandosi meglio sul materasso. Le nostre dita si scontrano tra di loro, rincorrendosi e cercandosi, per poi stringersi forte tra di loro. –So che ti ho vomitato addosso molte cose e che, forse, ci sono stati momenti in cui non hai propriamente saputo affrontare la situazione come si deve, ma tutto questo non è accaduto solo ed esclusivamente perché tu hai commesso qualche errore. Noi ne abbiamo fatti altrettanti. Io ho sempre avuto una vena melodrammatica, Daisy si è innamorata di un bastardo di prima categoria, Audrey ha tenuto dentro troppe cose fino a quando non è esplosa, Diana ha passato metà del liceo ad odiare tutto e tutti, Chris, ad un certo punto, si è arreso, Albus ha tentato in qualsiasi modo di essere perfetto, perdendo una parte della sua anima. Non è sempre stata solo colpa tua, capito? Magari non sarai la persona preferita dal Consiglio, ma sei migliore di quel che pensi. Nonostante tu non voglia dire a tuo padre di una certa professoressa...-
-Non torneremo sul discorso Rose-
-Ci ho provato- mi stringo nelle spalle. Daniel poggia la sua fronte a contatto con la mia, lasciando i nostri nasi si sfiorino. -Ma questo non cambia tutto il resto. Penso davvero quel che ti ho detto-
-Lo spero- mi dà un rapido bacio sulle labbra, senza spostarsi troppo da me. –Perché sono stato così tanto stupido da dire a Daisy che saremmo andati a quella stupida inaugurazione?-
-Ti sei risposto da solo. Sei uno stupido-
-Grazie Rose-
-Io odio le discoteche. La gente che si struscia, che ti tocca, stare tutti ammassati...- rabbrividisco al solo pensiero di dove dovrò passare la serata. –Potevamo stare sul divano a guardare Netflix e mangiarci una pizza oppure andare al cinema-
-Avremmo anche avuto casa libera perché, ora che ci penso, mio padre e Coral escono per andare a cena dai miei nonni-
-Ripeto, sei davvero un idiota Manson- scatto seduta, con le gambe incrociate. Daniel mi guarda con un sopracciglio alzato, e rettifico. –Non che avessi in mente quel che, in questo momento, sta passando per la testa a te, ma potevamo indagare su quella specie di...- penso ad una parola adatta per descriverla, ma non me ne sovviene nessuna. –Non riesco a trovare un appellativo adatto per lei, ora come ora-
-Rosebelle Greyson a corto di parole, fatto più unico che raro-
-Ha ucciso Mike-
-Questo non lo possiamo sapere con certezza. Quel che è successo tra me e lei condizione troppo il tuo giudizio, ti offusca la mente-
-Okay ammetto che, in questo caso, potrei essere un pochino di parte...-
-Oh, finalmente lo hai ammesso. E' un primo passo Rose-
-Ma l'ho sempre trovata sospetta- storce il naso. A quel punto, a sorpresa, Derek entra in camera, tenendo una mano ben piazzata sugli occhi.
-Okay, forse avrei dovuto bussare. Siete vestiti?-
-Papà!- Daniel si sfrega il viso con le mani, mentre io sono più che sicura di essere diventata dello stesso colore dei miei capelli. –Stiamo solo parlando-
-Oh grazie al cielo- Derek si libera la vista e si siede sul bordo del materasso. –Brutte esperienze, sapete com'è. Con chi ti ho beccato quella volta?-
-Papà, per favore-
-Con quelle due cheerleader che facevamo tutto insieme come le gemelle siamesi- rispondo, al posto suo. Daniel mi guarda per un attimo, confuso dal fatto che io possa aver dato una simile informazione al posto suo. –Che c'è? Una volta mi raccontavi ogni tuo prodezza sessuale, nonostante io non ne volessi sapere niente-
-Eri venuto per dirmi qualcosa, o sbaglio?- Daniel cambia discorso, cercando di preservare la sua incolumità.
-Oh già, vero. Nonna Marianne vuole vederti visto che, dall'ultima volta, sono passati due anni-
-Stiamo parlando di 'tornerai ad essere un angelo per mano di una ragazza Daniel, ma non di Rebecca?'-
-Sì Rose, grazie per la citazione testuale- rotea gli occhi al cielo, storcendo il naso. –Passerò settimana prossima-
-Ci vuole tutti a pranzo domenica-
-Oh no no no- Daniel si alza come un fulmine, ed inizia a camminare per tutta la stanza. –Ci sarà anche nonno Richard, e lui mi odia, dopo quello che è successo con Rebecca-
-Non puoi nasconderti per sempre da loro Daniel, ormai hai la fedina penale pulita- il ragazzo incenerisce il padre con lo sguardo, scocciato. –Ci sarà anche zio Eric, se ti può consolare-
-Dici sul serio?- la sua attenzione viene finalmente catturata, e il sorriso torna sul suo volto.
-Chi è zio Eric?-
-Mio fratello, non lo hai conosciuto al sedicesimo compleanno di Daniel?-
-C'era anche la famiglia di Albus, eravamo, come minimo, cento persone, non riuscivo a trovare nemmeno Daisy, ad un certo punto-
-Dì, più che altro, che avevamo un po' tutti la testa altrove, quella sera- il ragazzo si intromette nella mia discussione col padre, perforando la mia pelle con i suoi occhi azzurri. Come io non gli perdonerò mai, tra le tante cose, di essere andato a letto con la Miller, lui non mi perdonerà mai di averlo abbandonato per tutti quei mesi, di averlo allontanato per troppo tempo.
Il suo volto spaventato, quella sera, mentre mi mostrava le vene coloratesi di nero, non me lo dimenticherò mai. Ancora non poteva sapere che era unicamente colpa mia, dei miei sogni e delle anime bianche che stavano cercando di avvertirmi. –Comunque è lui che mi ha insegnato tutto sulle ragazze, è un grande-
-Ah, quindi è lui che devo ringraziare per questi due meravigliosi anni!- sbatto le mani tra di loro, attirandomi le occhiatacce di entrambi. –Okay troppo sarcasmo, ricevuto-
-Non hai niente da nascondere Daniel, quindi verrai, e non si discute- Derek si alza e brandisce un dito verso il ragazzo. Il biondo gonfia le guance scocciato, passandosi una mano sotto il mento.
-Va bene, ma ad una condizione-
-Ho quasi paura di chiedertelo ma quale?-
-Rose verrà con noi-
-Cosa?- cado giù dalle nuvole, sbattendo un paio di volte le palpebre. –Non credo che sia una buona idea-
-Invece credo che Daniel abbia ragione- Derek si volta verso di me, con un ampio sorrido a trentadue denti. –Tu sei sempre riuscita a tenerlo buono-
-Quindi verrò presentata come la sua babysitter? O come la sua tutrice?-
-Okay papà, adesso dovresti andare, hai fatto fin troppo danno- l'uomo lascia la stanza senza battere ciglio, facendomi realizzare quanto siano lontani i tempi in cui quei due battibeccavano continuamente. –Che problema c'è Rose?-
-Che non avevo calcolato di conoscere l'intera famiglia Manson questo weekend- sollevo le braccia per poi farle ricadere lungo i fianchi subito dopo. –E vorrei avere una considerazione diversa, non solo essere vista come il tuo calmante-
-Stai davvero dando di matto oggi- incrocio le braccia al petto e roteo gli occhi al cielo. –Senti, vado un attimo da mio padre, tu vedi di darti una calmata. Fatti un bagno magari- e in quel preciso momento vorrei davvero sbattere la testa di Daniel per tutti i muri della casa.
Sbaaam!
oggi sono andata a fare shopping e il mio umore e notevolmente migliorato.
fa davvero un caldo infernale, e devo scappare subito fuori.
grazie a tutti quelli che leggono, votano e commentano la storia, è bello vedere rose e daniel finalmente insieme, ma non cantate vittoria troppo presto.
un bacio
rose xx
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