Cap. 8 - Off the Chain

Dopo un breve viaggio a piedi -poiché Adrien aveva convenientemente "dimenticato" di chiedere alla sua guardia del corpo di portarli al forno-, Adrien aprì le porte della villa di Agreste, scortando con entusiasmo la sua nuova ragazza accanto a lui. Voleva passare più tempo con lei in privato e parlare liberamente con lei, ridefinire i parametri della loro relazione in via di sviluppo. Cos'erano le cose che facevano sentire a loro agio Adrien e Marinette? Cosa volevano che fossero Ladybug e Chat Noir? Come avrebbero detto ai loro amici e familiari di "loro"? C'era così tanto da discutere.

Adrien era ancora incredulo riguardo a ciò che era accaduto negli ultimi giorni. Mai nei suoi sogni più sfrenati avrebbe potuto pensare che sarebbe diventato più felice di quel che era, soprattutto grazie ad una serie di strani eventi, ma estremamente fortuiti, accaduti da un giorno all'altro.

«Dopo di te, mia principessa» disse mentre l'accompagnava in casa, sorridendo timidamente.

Marinette lo seguì nella villa, ridacchiando piano. Risatine che vennero prontamente interrotte dalla sagoma in piedi nell'atrio.

Gabriel si schiarì la voce rumorosamente, sembrando contrariato come al solito. La coppia si bloccò non appena lo udì. «Pensavo di averti chiesto di chiamare la tua guardia del corpo ogni volta che avevi bisogno di mezzi di trasporto, Adrien».

Marinette afferrò la mano di Adrien, sentendosi in ansia per i suoi precedenti incontri con l'uomo. Invece di indietreggiare e ritirarsi di fronte a suo padre, Adrien si sentì improvvisamente alto tre metri. Marinette, Ladybug, si stava aggrappando a lui per sentire coraggio. Ora era il momento di essere più assertivo e diventare l'uomo che meritava.

Adrien raddrizzò la schiena, alzandosi fino alla sua piena altezza -che a questo punto era alto quasi quanto Gabriel- e lo guardò negli occhi. «Scusa padre, ma il forno non è così lontanao da casa, ed io e Marinette ci divertiamo a camminare insieme. Non ho ritenuto fosse necessario disturbarlo».

E Gabriel Agreste fece improvvisamente qualcosa che non faceva da anni. Forse perché Adrien chiamò la villa "casa" per la prima volta da anni invece che "la villa"? Forse perché Gabriel notò il modo in cui il pollice di Adrien continuava ad accarezzare il lato della mano di Marinette, cercando di rassicurarla? Era a causa del modo in cui Marinette si era inconsciamente appoggiata ad Adrien, le loro spalle si sfioravano l'una con l'altra e la sua testa si inclinava così leggermente verso di lui?

Qualunque fosse la ragione, Gabriel scese le scale con le mani unite dietro schiena come al solito, e sorrise.

«Io...» Gabriel si interruppe mentre si avvicinava a loro. «Io sono orgoglioso di te, Adrien. Mi dispiace se ti ho fatto sentire diversamente. Sei diventato un ragazzo eccezionale e sono davvero felice che tu ti sia trovato una ragazza che ti ama per quello che sei e non per il tuo cognome. Una persona che si prende cura di te abbastanza da opporsi a chiunque cerchi di farti del male, anche se quella persona fosse tuo padre».

Marinette e Adrien si scambiarono un'occhiata sbalordita e Gabriel emise una risatina sommessa. «Non comportarti in modo così scioccato, Adrien. Potrei non essere il padre perfetto, ma mi interessa profondamente di te. Vedendoti in una relazione con una ragazza che ha la testa sulle spalle e che è disposta a discutere con me, anche quando sa che potrei rovinare la sua futura carriera con lo schiocco delle dita,» Adrien sentì Marinette sussultare. «è tutto quello che avrei potuto desiderare per te».

Adrien fissò il padre in modo assente, quelle parole lo lasciavano sbigottito. «P-Padre? Questo significa che approvi... "noi"?»

Gabriel sorrise, un'espressione che sembrava fuori posto rispetto alla sua mimica solitamente severa. «Certo. Penso che Mademoiselle Dupain-Cheng abbia molto da offrirti, Adrien. Ora se mi volete scusare, ho degli affari da sbrigare. Buona serata ad entrambi».

Con quelle ultime parole, Gabriel Agreste lasciò l'atrio, lasciandosi alle spalle la coppia di adolescenti sbalorditi.

«È... è successo davvero?» disse Marinette, fissando il punto in cui Gabriel era appena uscito.

Adrien sbatté le palpebre. «Credo di sì...»

I due si scambiarono uno sguardo perplesso e scoppiarono a ridere. Adrien scrollò le spalle e disse: «Andiamo nella mia stanza? Potrebbe essere leggermente meno "ai confini della realtà" lì dentro».

Lei ridacchiò e lo seguì nella sua camera da letto, tenendosi ancora per mano -come erano abituati, a quel punto-

Non appena entrarono nella stanza, i kwami apparirono davanti ai loro portatori con ghigni abbinati sui loro volti.

«Ciao!» cinguettò con voce allegra Tikki. «Non abbiamo davvero avuto la possibilità di presentarci correttamente. Sono Tikki, il kwami ​​di Ladybug! Sono così felice di conoscerti, Adrien!»

Il sorriso di Adrien si allargò e allungò il dito per stringere la sua zampetta. «È un piacere conoscerti anche per me, Tikki! Marinette mi ha detto tante belle cose su di te» Tikki si strofinò contro la guancia di Adrien, strillando di gioia.

«Ehi Ladybug! Hai del formaggio con te?»

Marinette ridacchiò e allungò la mano verso Plagg, lasciando che si sedesse sul suo palmo e si raggomitolò come un gatto. Lei esclamò mentre lo grattava dietro le orecchie: «Oh mio Dio, Plagg, sei così adorabile! Abbiamo un sacco di formaggio a casa, sei il benvenuto in qualsiasi momento».

Plagg sorrise, «Finalmente qualcuno che riconosce la mia grazia e bellezza! Sapevo che mi piacevi!» si strofinò tra le sue dita. «Il dongiovanni qui ha passato un sacco di tempo a sbavare su di te, quindi per favore sii prudente con lui. Non penso di riuscire a gestirlo di nuovo in modalità innamorato dove sospira ogni volta che vede le tue foto».

«Plagg» sibilò Adrien minaccioso, la punta delle sue orecchie divenne rossa. «Smettila di parlare, ora».

Plagg ridacchiò e si nascose dietro Marinette per evitare l'ira di Adrien.

Marinette sorrise. «Non ti preoccupare, Plagg, mi prenderò cura di lui» rispose lei alzando affettuosamentelo sguardo verso Adrien, ammiccando, il viso di quest'ultimo si addolcì. «Lo prometto».

Gli occhi del ragazzo si fissarono su quelli di lei e lui voltò tutto il suo corpo per affrontarla. Le toccò leggermente la guancia e le diede un bacio leggero come una piuma. «So che lo farai. Ed io farò tutto quanto è in mio potere per renderti felice, lo giuro».
Marinette sorrise e piegò leggermente la testa. «Mi rendi già felice, Adrien». Allungò la mano e spostò delicatamente alcuni capelli dal suo viso. «Tutto quello che devi fare è continuare ad essere te stesso».

«Eww, disgustoso» Plagg tirò fuori la lingua e fece una smorfia. «Voi ragazzi siete più che il mio Camembert. Sono qui fuori. Dai, zuccherino! Abbiamo un po' di cui parlare».
Tikki ridacchiò e lo seguì.

Tornando a dove avevano interrotto, Adrien tirò Marinette contro di lui. Lui inclinò la testa e poi la baciò lentamente, appassionatamente, mettendo ogni grammo d'amore che poteva in quel bacio, sperando che lei potesse sentire anche solo una frazione di quello che stava cercando di comunicare, di quanto provava nei suoi confronti. Ogni bacio era una promessa di cose a venire, di parole che non riusciva a dire, una dichiarazione del suo impegno a tenerla al sicuro e proteggerla, a soddisfarla ed adorarla, rispettarla ed apprezzarla. Il suo braccio libero scivolò intorno alla sua vita e lei approfondì il bacio. Adrien gemette in risposta e sentì le farfalle nello stomaco.

Le loro "attività amorose" vennero interrotte da un forte, lungo brontolio. I loro occhi si spalancarono e si guardarono l'un l'altro interrogativi.

Marinette lo guardò imbarazzato. «Uhm... credo di essere un po' affamata».

Adrien sorrise e disse scherzosamente: «Non preoccuparti My Lady, manterrò la mia promessa e soddisferò ogni tua esigenza. Anche quando i tuoi bisogni hanno il suono di Godzilla».
Lei fece una smorfia e lo colpì leggermente nelle costole, mentre lui ridacchiava.

Adrien chiese che la cena venisse portata nella sua stanza, ed i due mangiarono comodi mentre chiacchieravano, prima di tirare fuori i controller e sfidarsi in nel micidiale gioco di "Ultimate Mecha Strike III". Un sacco di risate, vittorie senza pietà per Marinette e molteplici sguardi che facevano battere i loro cuori all'impazzata. Spensero il gioco e si diressero verso la doccia con i loro costumi da bagno, desiderosi di ripulire la sporcizia di una giornata estenuante.

A loro insaputa, entrambi i kwami hanno colto l'occasione per andare alla scoperta: Plagg rovistò nella borsa di Marinette eTikki esaminava la collezione di DVD di Adrien. Ridacchiavano, con malizia da parte di Plagg e per pura delizia da parte di Tikki.

Una volta puliti e vestiti, Adrien e Marinette tornarono in camera da letto. Adrien notò che Plagg stava esaminando la roba di Marinette, ansimò ed esclamò: «Plagg! Cosa stai facendo?»

Marinette gli toccò il braccio, tentando di calmarlo. «Va tutto bene, Adrien, sono soprattutto vestiti».

Prima che Adrien potesse rispondere, Tikki volò davanti a loro, «Marinette! Vieni a vedere! Adrien possiede ancora più film Disney e commedie romantiche di te!» Marinette girò la testa verso il suo kwami, ma Plagg sbucò proprio davanti ai loro volti con in mano un libro rosa.

«Adrien, guarda!» esclamò il kwami, sventolando quello che ora Marinette riconosceva essere il suo diario. «Ho aperto una piccola scatola ed ho trovato questo quaderno molto interessante
La mascella di Marinette si spalancò e la sua gola emise un suono gemito represso, e poté giurare che sentì il suo stomaco tentare di saltare fuori dal suo corpo.

«Ouch!» gridò Plagg, «Tikki, perché mi hai colpito?»

«Quello che Marinette scrive nel suo diario è privato, Plagg!» disse la piccola divinità, ovviamente offesa. «Non hai il diritto di curiosare!»

«Ma ha scritto molto su Adrien lì dentro! Come i suoi capelli dorati splendono alla luce del sole e come il suo sorriso brillante potrebbe eclissare qualsiasi stella!» Plagg proseguì, ignorando il fuoco ardente che si diffondeva sulle guance di Marinette mentre emetteva un suono silenzioso ma stridulo che assomigliava a un palloncino che si sgonfiava.

«Pagg!» lo rimproverò Tikki con espressione accigliata sul viso.

Ma Plagg andava avanti, un ampio sorriso provocante si diffondeva sulle sue labbra. «Pensi che questo sia cattivo, zuccherino? Dovresti vedere quanto tempo Adrien spreca sfogliando il LadyBlog ogni giorno e inventando piani pazzi per corteggiare Ladybug».

«Plagg...» Adrien si lamentò, ma il suo kwami ​​non era di umore misericordioso.

«Cosa?» disse, «Non vuoi che tua bella signora sappia quanto tempo passi a fissare il suo derriere nella tuta attillata?»

Adrien emise un gemito soffocato che non sembrava del tutto umano. Poteva sentire il suo viso scaldarsi, probabilmente trasformandosi in un'interessante sfumatura di rosso. La combustione spontanea esisteva, giusto?

Marinette aprì la bocca per rispondere, ma Tikki la precedette. «Scommetto che non è paragonabile alla quantità di tempo trascorso da Marinette a guardare la campagna di intimo che Adrien ha fatto qualche mese fa».

Marinette strillò e borbottò, «Tikki"»

Gli occhi di Tikki si spalancarono. «Ops! Scusa, Marinette!».

La gola di Marinette si asciugò. La luna era un luogo appropriato su cui trasfeirsi? O forse Marte sarebbe più abitabile? Perché non aveva modo di affrontare Adrien dopo che Tikki aveva rivelato quanto fosse riconoscente per il suo fascino.

Ma prima che potesse iniziare a fare i bagagli per il suo viaggio nello spazio, Adrien ridacchiò sommessamente, intrecciando le dita attorno alle sue e premendole un bacio sulla tempia. «Siamo entrambi ridicoli», disse in tono allegro.

Alzò uno sguardo sorpreso verso di lui. «Questo è così imbarazzante! Voglio dire, Tikki non stava mentendo, e-»

«Nemmeno Plagg» replicò Adrien, i suoi occhi erano gentili e premurosi. «Ho passato un sacco di tempo a cercare di capire come confessarti i miei sentimenti».

«Ah... suona familiare. Almeno so che non ero la sola» ammise timidamente.

«Esatto, Marinette!» cinguettò Tikki. «Non hai nulla di cui vergognarti! Siete innamorati! L'amore a volte rende tutti un po' sciocchi»

«Tutte le Ladybug ed i Chat Noir finiscono insieme? Romanticamente, intendo. Come Jack e Alice» chiese Marinette, appoggiandosi al fianco di Adrien.

Tikki scosse la testa con un sorriso affettuoso e rispose, «Non sempre. Ladybug e Chat Noir sono due metà di un tutto, e alcuni di loro rimangono come compagni anima platonici anche se sposano qualcun altro. Ma sono sempre connessi, non importa cosa».

Plagg si intromise: «Quelle erano le coppie meno disgustose che abbiamo avuto. Gli umani e i loro sciocchi rituali di accoppiamento...»

Adrien decise di non lasciare che Plagg approfondisse i cosiddetti "rituali di accoppiamento" e cambiò argomento. «Vi mancano? I vostri precedenti detentori?» chiese, la sua voce era seria.

Tikki sorrise malinconicamente. «Abbiamo splendidi ricordi dei nostri portatori ed abbiamo avuto un legame speciale con ognuno di loro. Tutti loro sono stati scelti per specifiche qualità straordinarie che possiedono».

«Esattamente» intervenne Plagg. «Ti ho scelto chiaramente perché hai facile accesso a costosi formaggi di qualità»

Tikki ridacchiò ed alzò gli occhi al cielo. «Non ascoltarlo, Adrien. Plagg è ovviamente molto orgoglioso di te. Siamo entrambi orgogliosi di voi. Voi due siete una coppia molto speciale. Siete i più giovani Ladybug e Chat Noir che abbiamo mai avuto, eppure avete gestito tutto in modo spettacolare».

Plagg si girò e fece una smorfia, «Sei comunque ancora ridicolo»

Tikki lo prese per la coda e lo trascinò via. «Dai, Plagg, andiamo a dare un'occhiata a quelle app sul tablet di cui mi stavi parlando prima di dire qualsiasi altra cosa che potrebbe metterli in imbarazzo».

Adrien e Marinette rimasero relativamente soli ancora una volta.

«Be ', non ha torto» Marinette scrollò le spalle, spensierata. «Noi siamo ridicoli».

«Però mi sembra di essere ridicolmente innamorato di te, My Lady». La tirò tra le sue braccia e lei ridacchiò timidamente, appoggiando le mani sul suo petto.

Il bacio che Adrien le diede sulle labbra era tutt'altro che timido. Riuscì quasi a rapirla, premendola vicino al suo cuore mentre le loro labbra si muovevano in perfetta sincronia. Anni di collaborazione che scavalcavano la loro inesperienza in questo nuovo campo. Lei piagnucolò sommessamente nel suo abbraccio, arrendendosi all'amore che stava riversando nel loro bacio. La sensazione che baciare Marinette gli mandava i nervi era elettrizzante, avvincente. Sapeva di essere nei guai, ora, che non avrebbe mai avuto abbastanza dei suoi baci, dei sospiri che le uscivano dalle labbra ogni volta che si separavano per respirare. Lei lo colse di sorpresa quando lo spinse con forza contro il muro e lo baciò sul collo, abbastanza forte da fargli girare la testa e gemere più forte di quanto avesse voluto, ma abbastanza gentile da non lasciare segni che avrebbero dovuto spiegare agli altri.

Quando si staccarono, senza fiato e con le vertigini, si fissarono per un po', incapaci di superare i sentimenti di euforia che si stavano risvegliando in loro.

«Ti amo, Marinette. Ti amo tanto».

Marinette non pensava che si sarebbe mai stancata della voce setosa e gentile di Adrien che pronunciava quelle parole incredibili, che le pronunciava a lei. «Anch'io ti amo, Adrien. Tanto».

Si abbracciarono e rimasero così per qualche momento, godendosi semplicemente il loro contatto, quanto si sentissero a proprio agio, quanto fossero grati per tutto ciò.

Fu allora che l'ondata di stanchezza raggiunse Adrien e sbadigliò, poi scatenò una reazione a catena dove tutti e quattro -compresi i kwami- sbadigliavano uno dopo l'altro.

Adrien arrossì e si scusò timidamente, ma Marinette sorrise dolcemente, tirandolo per la mano. «Andiamo, gattino. Prepariamoci per andare a letto, sono esausta. Inoltre, dobbiamo alzarci presto per incontrare il fabbro al Louvre».

Adrien rispose mentre si strisciavano nel letto insieme, «Oh, è vero! Mi ero quasi dimenticato! Onestamente, sono così abituato alla nostra piccola routine di gemelli congiunti che non mi è nemmeno passato per la mente».

Si sistemarono comodamente sotto il morbido e pesante piumino. Mentre si trovavano faccia a faccia nel letto di Adrien, le mani legate intrecciate, Marinette si sporse in avanti, posando un semplice bacio sulle sue labbra. Sorrise, tirandola ancora più vicino e baciandola ancora una volta, più a fondo. Alla fine si separarono e si scambiarono larghi sorrisi, poi si augurarono la buonanotte.

Alla fine, Marinette si addormentò con il braccio libero appoggiato sul petto di Adrien e la testa comodamente annidata nell'incavo del suo collo. Anche Plagg e Tikki si accoccolavano accanto a loro, crogiolandosi nelle vibrazioni gioiose che si irradiavano sempre dai loro portatori ogni volta che si abbracciavano.

Quello era di gran lunga la miglior notte di sonno che i quattro avevano avuto da molto tempo.




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Quando si svegliarono il giorno dopo, si aggrapparono ancora l'un l'altra come calamite. A sua stessa insaputa, prima di quell'esperienza, Adrien adorava le coccole nel sonno. Ora che gli era permesso di coccolare la sua signora con e senza la maschera, sicuramente ne avrebbe approfittato.

Vestirsi era una routine facile e venne fatto rapidamente. Il respiro di Adrien si bloccò quando vide Marinette nell'abito che aveva scelto dal suo armadio: era un top rosso a forma di incrocio con una gonna a pois nera e bianca a vita alta, sembrava assolutamente sbalorditiva. Non poté fare a meno di fare gli occhi dolci mentre veniva tirato molto vicino al suo corpo, poi sollevò le braccia per legarle i capelli in una coda bassa. Distolse lo sguardo arrossendo, un po' scioccato da quanto fosse indifeso davanti a lei.

Marinette si ricordò anche di mettere in borsa un maglione che avrebbe potuto indossare dopo che le manette venissero tolte, per timore di ricevere un'altra lezione di "abbigliamento modesto" dal direttore Damocles, anche se non era colpa loro se avevano violato il codice d'abbigliamento il giorno precedente.

Stranamente, Gabriel aveva deciso di fare colazione con loro quella mattina, e si congratulò con Marinette per il disegno dell'indumento, facendola sorridere. Poi mangiarono insieme senza problemi, e per sua sfortuna Adrien dovette sopportare lunghe conversazioni su tipi di gonne e se il viola fosse un colore adatto su un uomo. Almeno questo significava che Marinette e suo padre andavano d'accordo. Molto meglio di quanto avrebbe osato aspettarsi sin da subito.

Poi arrivò finalmente il momento per Adrien e Marinette di partire per il museo. Le loro interiora si attorcigliavano per l'attesa, sapendo che il loro tempo incatenati insieme stava volgendo al termine.

La guardia del corpo di Adrien si avvicinò alla parte anteriore della casa per prenderli ed entrambi scivolarono in auto. Adrien non poté resistere a trascinare Marinette in un bacio, e desiderò che la barriera scura per la privacy della macchina garantisse il massimo riserbo che il suo nome implicava. Marinette squittì per la sorpresa, poi lo tirò per il colletto per approfondire ulteriormente il bacio.

Plagg gemette dalla borsa di Adrien, fissando gli adolescenti impegnati nei loro affari. «Questa sarà davvero la nostra vita adesso? Grande».

«Lasciali stare, Plagg» disse Tikki gentilmente mentre Marinette tirava sul colletto di Adrien per premere ancora una volta le sue labbra contro ld sue. «Sono giovani ed innamorati. E bellissimi».

«Sentito, mia signora?» sogghignò Adrien. «Noi siamo belli»

Marinette roteò gli occhi, ma stava sorridendo. «Potremmo provare a darci una calmata quando sei con noi, se vuoi» disse a Plagg.

«Non osate!» esclamò Tikki. «La mia ship si è finalmente avverata e mi godrò ogni minuto!»

Adrien chiese incredulo: «Aspetta, avete sempre saputo che eravamo noi?»

«Lo sappiamo da molto tempo» replicò Plagg «E vedervi essere così ignari l'uno intorno all'altra è stato così doloroso»

«Ma perché non ce l'avete detto allora?» intervenne Marinette.

«La magia ci impedisce di parlarne, quindi non avremmo potuto dirvelo anche se avessimo voluto» aggiunse Tikki. «E credetemi, volevo farlo!»

Alla fine, sentirono la macchina rallentare fino a fermarsi ed uscirono, facendo attenzione a non tirare troppo forte le manette. Le gambe di Marinette tremavano per l'ansia, ma non era sicura del perché.

Era silenzioso come una tomba quando entrarono nel Louvre, dato che non era ancora aperto al pubblico a causa dell'ora mattutina. Si diressero verso la reception per informare lo staff del loro arrivo e furono indirizzati ad aspettare su una panchina poco distante fino all'arrivo del fabbro specializzato. Poiché le manette sarebbero state rimosse a breve, decisero di rimuovere le polsiere per risparmiare tempo.

Mentre aspettavano, l'agitazione nel petto di Marinette si intensificò e lei inconsciamente agitò le gambe avanti ed indietro.

Adrien lo notò e le prese la mano. «Mari nette, cosa c'è che non va? Sembri giù di morale».

«Io... non ne sono sicura. Immagino di essere solo nervosa...»

«Perché lo sei? chiese serio.

Marinette cercò le parole giuste. «Io...  C-Cambieranno le cose tra di noi dopo che... Q-Quando noi...» Marinette guardò in basso, sentendosi improvvisamente insicura.

«Quando non saremo più ammanettati?» Adrien finì per lei, avvertendo il suo disagio.
Lei annuì e continuò: «Alcune cose torneranno com'erano prima. Ovviamente non saremo più vicini l'uno all'altro ventiquattro ore su ventiquattro. Torneremo a casa nostra  la nostra vita di tutti i giorni sarà molto simile a quella che è sempre stata prima di tutto ciò» si fermò un attimo per stringere le dita tra le sue. «Ma per quanto riguarda il "noi" ed il nostro rapporto, non è che possiamo far finta che le cose non sono cambiate. Le cose sono cambiate e saranno diverse. Ma un diverse buono». Marinette lo guardò preoccupata. «Non volevo sembrare insicura della nostra relazione, ma è solo che... mi sei piaciuto per così tanto tempo, sento ancora che questo è solo un sogno e che io mi sveglierò in qualsiasi momento».

Il viso di Adrien mostrò comprensione, poi la guidò gentilmente sul suo grembo e avvolse il suo braccio libero intorno alla sua vita. Quando fu sistemata, la guardò negli occhi come se nessun altro esistesse al mondo. «Credimi, Marinette, conosco quella sensazione. Mi sono svegliato stamattina con il braccio intorno a me ed il tuo splendido volto accanto al mio, e mi sono chiesto che cosa ho fatto per meritarti, come posso avere la fortuna di averti al mio fianco. Sembra quasi impossibile, come se questo non possa essere reale» si morse il labbro brevemente, poi continuò. «Ma è reale. "Noi"  siamo reali, Marinette. Non devi preoccuparti di questo. Te lo dimostrerò, ora e per sempre».

Posò delicatamente la mano sul lato del viso della ragazza ed inclinò lentamente la testa verso l'alto. L'intenso sguardo nei suoi occhi le faceva gonfiare il petto per l'emozione ed il suo corpo sembrava bruciare. Adrien si chinò per un bacio tenero ma fervoroso e Marinette sussultò leggermente al contatto. Le sue membra sembravano stucco e lei fu improvvisamente grata che Adrien la tenesse stretta a sé per paura che si potesse sciogliere direttamente sul terreno.

Si separarono lentamente e Marinette ansimò leggermente, la faccia arrossata ed il corpo che formicolava per il contatto. Aprì gli occhi e li sollevò per guardarlo, poi gli sorrise. «Grazie, gattino».

Adrien ridacchiò, appoggiando la fronte su quella di lei. «Non vedo l'ora di fare nuove esperienze con te, principessa» rispose sinceramente.

Appoggiò la testa sulla sua spalla, sospirando piano mentre fissava le loro dita intrecciate in grembo. «Siamo una squadra. Adesso più che mai. Possiamo stare insieme, con e senza le nostre tute».

Adrien la guardò e sollevò un sopracciglio in modo scherzoso. Fu allora che Marinette si rese conto di quello che aveva appena detto ed impallidì. Agitò le braccia selvaggiamente e la sua voce aumentò di alcune ottave mentre lei sussurrava freneticamente, «Oddio, non era ciò che intendevo! Intendevo dire che possiamo stare insieme senza che indossiamo i nostri abiti. Voglio dire, quando non siamo nelle nostre vesti civili e quando non indossiamo i costumi! Aspetta, questo suona peggio, cosa stavo dicendo? Giuro che non intendevo in quel senso! Oh mio Dio, ora penserai che sono la più grande pervertito se modo!» all'improvviso sembrò sgonfiarsi e si afflosciò come uno spaghetto cotto, gemendo mentre si copriva il viso con le mani.

Adrien rise di gusto e le diede una pacca sulla spalla. «Marinette, va tutto bene! Ho capito cosa intendevi!»

Marinette lo guardò tra le dita e chiese umilmente: «Davvero?»

Lui annuì cordialmente, «Sì, davvero».

Lei continuò a sbirciare e vide che non si era offeso per la sua ridicola parlantina. Cercò di raccogliere la dignità rimanente e scoprì il suo viso. «Se lo dici tu...» gracchiò lei.

«Come stavi dicendo durante il tuo eloquente discorso...» lei gli diede una piccola gomitata nelle costole e poi lui continuò, ridacchiando leggermente «Ora possiamo passare più tempo insieme, ed io sono estremamente grato ed eccitato per questo».

«Anch'io» rispose e si accoccolò di nuovo contro di lui. «Facciamo una grande squadra»

«Siamo la squadra migliore» confermò gentilmente prima di darle un tenero bacio sulla sua fronte.



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Alya Césaire era molte cose.

Era protettiva nei confronti di coloro che amava, era determinata, ed era impossibile da scoraggiare una volta che aveva deciso di fare qualcosa.

E lei voleva bene alla sua migliore amica. Molto.

E sapeva che i giorni passati dovevano essere stati angoscianti per Marinette, essendo dolorosamente consapevole di se stessa in ogni momento intorno alla sua cotta ignara. Marinette, che sembrava sempre a pochi secondi dall'avere un aneurisma ogni volta che parlava con il supermodello Adrien Agreste, era stata ammanettata a lui per tre giorni. Sicuramente stava per esplodere.

Quindi, come doveva fare una migliore amica, Alya si diresse verso il museo molto presto quel martedì mattina per incontrarsi con loro. L'ultimo messaggio che aveva ricevuto da Marinette era stato poco dopo l'attacco akuma del giorno precedente, facendole sapere che lei ed Adrien erano al sicuro.

Quindi si alzò presto, si pettinò i folti capelli ricci ed andò in bicicletta al museo, borbottando tra sé quanto pazzi e fortunati nella loro sfortuna i suoi amici.

Alya era pronta ad affrontare un disastro balbettante, o un pomodoro, persino una statua ostinatamente silenziosa e terrorizzata.

Quello a cui non avrebbe mai potuto essere preparata, tuttavia, era la strana vista che l'aspettava su una panchina del Louvre.

Marinette seduta sulle ginocchia del sopracitato supermodello, tenendosi per mano e chiacchierando senza problemi, la loro conversazione punteggiata da casti baci sulle labbra dell'altro.

C'era qualcosa nel modo in cui Adrien era appoggiando alla fronte di Marinette, nel modo in cui la ragazza si stava istintivamente appoggiando a lui. C'era un'innegabile intimità tra i due. Qualcosa che qualche giorno prima non c'era.

Qualcosa che richiedeva una spiegazione.

Stringendo le labbra, Alya marciò verso la panca e si fermò a qualche passo di distanza davanti a loro, fissando la sua migliore amica con uno sguardo di sconcerto, tutt'altro che sottile.

«Allora... Cos'è tutto questo?» disse Alya, mantenendo la voce più calma che potesse, tradendo il vortice di emozioni e confusione che stava vivendo.

Con il rossore sulle loro guance, Adrien e Marinette si separarono, guardando la loro amica con sorrisi timidi.

Marinette balbettò, «Oh! H-Hei Alya! Stiamo solo ... aspettando il fabbro! È un po' in ritardo, non preoccuparti!»

Le labbra di Alya si piegarono in segno di disapprovazione ed incrociò le braccia sul petto. «Mh mh, davvero carino, Marinette. Ho visto due labbra toccarsi quando sono entrata, quindi non provare a giocare con me! Che diavolo sta succedendo qui?»

Adrien guardò Marinette ed il suo sorriso increspato lo spinse a parlare per primo. «Adesso ci stiamo frequentando, Alya» rispose semplicemente, sapendo che era meglio che provare a mentire ad Alya Césaire.

La faccia della mora assunse un'espressione confusa. «Ma questo... questo è un tipo di drastico cambiamento che avviene in brevissimo tempo. Mi dispiace di tirare fuori la cosa di fronte ad Adrien, Marinette, ma due giorni fa non eri nemmeno in grado di mettere insieme due parole di fila ogni volta che parlavi con lui».

Mentre Adrien quasi si soffocava con la sua saliva, Marinette rispose: «Non è così strabiliante come potresti pensare, Alya. Mi sono solo resa conto che non è perfetto, tutto qui»

Il verso offeso si Adrien passò inosservato, Alya guardò attentamente la sua migliore amica.

«Che cosa intendi?» chiese.

«Adrien è un enorme idiota» disse Marinette, con voce che suonava scherzosa. «Ama gli anime ed i film Disney, fa dei giochi di parole stupidi e le sue freddure sono quasi una scienza, ed è totalmente all'oscuro di cosa sia la cucina». Prima che Alya o Adrien potessero commentare l'immagine meno lusinghiera che dipingeva di lui, Marinette continuò: «Ma è leale, dolce, coraggioso, è la persona più gentile che abbia mai incontrato e so che non farebbe mai nulla per ferirmi. Mi sento completamente al sicuro con lui».

Adrien le sorrise e le sopracciglia di Alya si erano alzate più in alto.

«E ora?» chiese Alya. «Ragazzi siete una coppia, allora? Tipo, vi state davvero frequentando?»

Ci fu un breve secondo di silenzio in cui si scambiarono uno sguardo affettuoso, ma Adrien lo spezzò. «Sì, ci stiamo frequentando. Sono innamorato di Marinette, Alya».

Alya boccheggiò rumorosamente ed i suoi occhi si spalancarono come due dischi volanti. «I-Innamorato? Ma quando è successo?»

«Lo sono da molto tempo, ma non sapevo che anche lei si sentiva allo stesso modo. Ora che il gatto è nel sacco, non la lascerò mai andare».

Alya fissò i suoi amici per un minuto, incredula. «Onestamente, non pensavo che fosse possibile essere così ignaro, Adrien. Marinette non era esattamente attenta a nascondere la sua cotta per te».

Adrien si grattò la nuca imbarazzato e rise. «Così mi è stato detto».
Marinette ridacchiò accanto a lui.

La voce di un uomo anziano li fece sobbalzare. «Sono stato chiamato qui a causa di un contrattempo con delle manette antiche».
La voce potente di Monsieur Clavier risuonò attraverso il museo. Era un uomo basso, quasi più largo che alto, con un completo di flanella a quadretti e capelli bianchi e crespi.

Il preside del museo sbucò da dietro il banco della reception per afferrare l'uomo per il gomito e trascinarlo verso Adrien e Marinette. «Per favore, libera questi spericolati adolescenti da queste inestimabili manette!»

Il fabbro fece un sorrisino compiaciuto. «Non sembra che li stiano preoccupando troppo»

«Ma stanno manomettendo gli oggetti d'antiquariato! Stanno per rovinare le manette, se non l'hanno già fatto!»

«Va bene allora» il signor Clavier sospirò rassegnato. «Seguimi, giovanotti».

Li condusse in una piccola stanza con una luce migliore e si mise subito al lavoro, sollevando la sua enorme cassetta degli attrezzi sul tavolo e tirando fuori dozzine di chiavi -molte delle quali sembravano completamente identiche- dai vari cassetti. Controllò attentamente le manette con una lente d'ingrandimento e chiese: «Siete stati attenti a non bagnarle?»

Adrien temeva per un attimo che il direttore del museo avesse un attacco d'ira mentre guardava Monsieur Clavier. «Certo» rispose sinceramente.

«Molto bene» rispose l'uomo, poi li guardò incuriosito. «Avete indossato gli stessi vestiti per tutto questo tempo? Non sembrate sporchi».

Marinette ridacchiò all'osservazione e Adrien rispose divertita,  «Marinette è una sarta davvero talentuosa. Ci ha permesso di cambiarci i vestiti per tutta la durata della nostra... prigionia».

Questo sembrò lasciare il signor Clavier senza parole per un secondo. Si allungò in avanti per giocherellare con le manette con i suoi strumenti, poi iniziò a provare diverse chiavi in ​​successione. «Sai, signorina, qualcuno con le dita capaci come te avrebbe un grande futuro come fabbro».

Marinette sorrise dolcemente, scuotendo la testa. «Mi dispiace, signore, ma il mio sogno è sempre stato quello di lavorare nella moda».

«Peccato» sospirò il fabbro. «Avrei potuto guidarti. Saresti stata un'ottima apprendista».

«Se mai cambierò idea, sarete il primo a saperlo» rispose lei allegramente.

Monsieur Clavier raccolse una chiave dall'aspetto estremamente vecchio, dalla forma strana, con un centro simbolo che assomigliava a un cricchetto. La serratura era perfetta e le manette scattarono e si aprirono subito, liberando la mano di Marinette e poi quella di Adrien.

Adrien e Marinette si guardarono e risero, come se non potessero credere che i loro corpi fossero finalmente di nuovo staccati. Si strofinavano distrattamente i polsi, che erano un po' indolenziti nonostante le polsiere che Gabriel aveva fatto per loro.

Il signor Clavier prese le manette e consegnò un biglietto da visita a Marinette, nel caso avesse davvero cambiato idea, e si salutarono. Il direttore si precipitò fuori dalla stanza con un sibilo indignato, inseguendo il fabbro nel corridoio adiacente per informarsi sullo stato delle manette.

Adrien fletté la sua mano alcune volte e pronunciò un semplice, "Wow." Era una strana sensazione, essere in grado di muovere liberamente il braccio dopo essere stato costantemente attento a quello di Marinette. Si sentiva un po' solo, se doveva essere onesto. Istintivamente, allungò la mano ed afferrò la sua mano destra, stringendo di nuovo le dita tra le sue, e la piccola occhiata che lei gli diede gli face capire che anche lei lo voleva.

Alya si mise le mani sui fianchi ed esclamò: «Be', scommetto che un bel sollievo! Finalmente la libertà! Dai piccioncini, commemoriamo questo evento scattando qualche foto».

Fuori dal Louvre Alya scattò varie foto di loro in pose diverse: sciocche, carine, romantiche, orecchie da coniglio, segni di pace e altro. 

Mentre continuavano a scattare altre foto, sentirono improvvisamente qualcuno gridare insieme al suono inconfondibile di una grande pila di carte che cadevano a terra.

Girarono la testa per vedere che un ciclista si era imbattuto accidentalmente in un impiegato che stava attraversando il cortile verso il Louvre. Il ciclista gridò bruscamente, "Scusa!" ma non si fermò per controllare se la donna stesse bene. I tre ragazzi si precipitarono per aiutarla. Le ragazze raccolsero la grande pila di documenti mentre Adrien l'ha aiutata a rimettersi in piedi.

«Sta bene, signora?» chiese. «È ferita?»

«Sto bene, grazie. Mi ha a malapena sfiorato. Per lo più ho perso l'equilibrio» rispose lei.

Fu mentre stavano consegnando i documenti che Marinette ed Adrien fecero una realizzazione sorprendente: la donna era Nostalgiak, o meglio, la persona che era stata akumatizzata in Nostalgiak il giorno prima. I due si guardarono l'un l'altro con gli occhi spalancati, poi si alzarono tutti in piedi una volta raccolti i documenti.

Marinette riacquistò la sua compostezza dopo l'iniziale sorpresa di vederla di nuovo e le chiese: «P-Possiamo aiutarla a portare questi documenti all'interno?»

la dipendente, la cui targhetta diceva "Sybil Zegar", rispose, «Oh no, va tutto bene, posso farcela». Li guardò pensierosa per un momento poi proseguì con un sorrisetto, «È bello vedere i giovani che raccolgono i loro ricordi. È molto più facile ora di quanto non fosse quando ero giovane e non avevamo la tecnologia». Sentendo questo, Marinette dovette sopprimere l'impulso di lasciare che i suoi occhi si aprissero di più. La donna continuò: «A proposito, troverete un'illuminazione davvero buona se starete vicino a quella panchina» indicò dietro di loro e girarono la testa per controllare. «Devo tornare al lavoro, ma statemi bene e buongiorno a voi tre».

La signora Zegar annuì brevemente e poi tornò verso il Louvre, mentre la salutavano. Adrien e Marinette si guardarono l'un l'altro sorpresi; il ragazzo scrollò le spalle ed entrambi sorrisero. Non avevano avuto la possibilità di controllare dopo la battaglia a causa delle loro trasformazioni, ma sembrava che stesse bene a prescindere.

Alya disse che doveva incontrarsi con Nino a colazione, quindi se ne andò poco dopo e la guardia del corpo di Adrien li portò a scuola.

Si assicurarono di fare buon uso di quel tempo in macchina per rivedere quello che avrebbero detto ai loro amici e parenti, e forse, solo forse, afferrare l'opportunità di alcuni baci tra le frasi.

Così, quando entrarono in classe mano nella mano, tutti e due che sembravano essersi appena baciati, in classe si scatenò l'inferno. Persino la signora Bustier sorrideva guardando la nuova coppia, mentre Kim e Alix erano più... irruenti a riguardo, e potevano esserci stati scambi di scommesse tra alcuni compagni di classe.

Alya li guardò per un momento, un sorriso sulle labbra. Era felice per i suoi amici, felice che si erano finalmente trovati l'un l'altra. Ma sentiva ancora il bisogno di affermare l'ovvio. «Ragazzi, sapete che Chloé sta per urlare, vero?»



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Chloé urlò. Arrivò pochi istanti dopo, con il braccio di Adrien e Marinette attorno alle spalle l'una dell'altra e in piedi fianco a fianco.

«Adrikins, cosa significa tutto questo?» urlò indignata.

Lui sorrise. «Buongiorno, Chloé! Non hai intenzione di salutare la mia nuova fidanzata?» disse allegramente.

«M-Ma, come? Quando? E-E... Dupain-Cheng, tra tutte le persone? Lei è... Lei è...»

Adrien si accigliò e la interruppe, «Pensa attentamente se vuoi finire quella frase, Chloé. Se non sarai rispettosa verso Marinette, allora temo che non possiamo più essere amici».

Chloé sbuffò incredula. «Questo non può essere vero, questo non sta accadendo! Oggi non è il primo di aprile, vero Sabrina? Sicuramente stai scherzando!»

Adrien decise che avrebbe mostrato le cose come stavano a Chloé, quindi non ci sarebbero stati dubbi sulla sua relazione, che le piacesse o no.

Il gemito sorpreso che strappò a Marinette quando la afferrò non gli impedì di premere le sue labbra sulle sue, baciandola in un modo che non poteva essere etichettato come amichevole o accidentale. I loro compagni di classe urlarono in risposta. Si separarono solo qualche istante dopo, quando Bustier si schiarì rumorosamente la voce, ed entrambi arrossirono, ma lo scopo venne raggiunto.

Le urla furiose di Chloé potrebbero essere udite a due strade di distanza.

In un panificio vicino, un certo uomo guardò sua moglie con un sorriso sapiente. «Sembra che la figlia del sindaco lo abbia scoperto».

Anche se ciò significava farsi prendere in giro senza fine dai loro amici su come la rimozione delle manette fosse stata inutile, non impediva ad Adrien e Marinette di essere praticamente attaccati da quel giorno in poi.

E se il loro costume di Halloween quell'anno era un poliziotto ammanettato alla sua bellissima criminale, be', quella fu solo una fortunata coincidenza.







EPILOGO

Manon Chamack sedeva sul pavimento circondata da personaggi d'azione di vari cattivi akumatizzati mentre le sue bambole fatte a mano di Ladybug e Chat Noir si battevano vittoriosamente il pugno dopo la loro dura battaglia.

«Oh, Chat Noir, sei il mio eroe!» esclamò "Ladybug".

"Chat Noir" rispose felice. «Oh ma mia signora, tu sei la più coraggiosa! Ti amo!»

Poi sbattè le bambole insieme con passione, facendo rumori di baci straordinariamente forti.

Sentì suonare il campanello ma non prestò attenzione. Pochi minuti dopo Nadja entrò nella camera da letto di Manon e la chiamò.

«Cosa c'è, mamma?» rispose la bambina di sette anni.

«Io, uhm... C'è qualcosa in cucina che voglio mostrarti» commentò la madre con aria interrogativa.

Manon seguì la donna in cucina, incerta su qualunque cosa potesse aspettarsi. Quando arrivarono, fu sorpresa nel vedere un mazzo di lecca-lecca grande sul tavolo, che era alto quasi quanto lei.

«Mamma, questo è un regalo enorme!» esclamò eccitata. «Chi te l'ha spedito?»

Nadja corrugò le sopracciglia. «È... È per te, in realtà».

«Per me?» Manon inarcò le sopracciglia incredula. «Da chi?»

La donna scrollò le spalle. «Non c'è scritto. C'è un biglietto che è arrivato quando è stato consegnato il regalo». Lo porse a Manon per leggere.

Per Manon. Grazie.
A & M

«Grazie? Grazie per cosa? Chi sono A e M?» chiese la bambina, con gli occhi spalancati.

Nadja si appoggiò pensierosa al piano di lavoro. «Non lo so, ma chiunque sia, sono sicura che sono grati per qualunque cosa tu abbia fatto» portò le dita sul mento e pensò per un momento. «Sei sicuro di non sapere nulla?»

Manon scrollò le spalle. «Non ne ho idea. Ma qualunque cosa fosse, doveva essere stato buono! Forza me!» applaudì e saltellò attorno al tavolo, beatamente inconsapevole degli eventi fortuiti che aveva involontariamente messo in moto.

~ * ~ THE END ~ * ~



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E siamo giunti alla fine della storia! Spero davvero che vi sia piaciuta e ringrazio ancora edendaphne per avermi dato la possibilità di tradurla e pubblicarla! 😊

Congratulatevi con lei, perché ha fatto davvero un ottimo lavoro con la scrittura e, sopratutto, con le illustrazioni. È davvero una grande!

Spero di avervi trasmesso le stesse emozioni che Eden ha trasmesso a me quando lessi la storia la prima volta ^^

Noi, invece, ci rivediamo in una prossima storia.

A presto :3
FrancescaAbeni

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