Passione per i coltelli. (Klance)

Keith si trovava nel cortile della Garrison, aveva cinque o sei anni, non di più, e Shiro si occupava di lui da pochi mesi e, in quei pochi mesi, era diventato un fratello per quel piccolo bambino pieno di strane passioni.
Keith, ad esempio, non collezionava macchinine o aeroplanini come i suoi coetanei, collezionava coltelli, oppure il suo sogno non era diventare un astronauta o un vigile del fuoco, lui voleva essere felice, o ancora il suo animale preferito non era il Re della foresta, il leone, o la possente tigre o il tenero cagnolino, no, lui amava gli ippopotami.
Quando vide Shiro uscire dalla grande porta a vetri seguito da Adam, erano come fratelli loro, non di sangue ma per scelta, che si apprestava ad andare a casa dopo la fine del turno, gli corse incontro pieno di felicità per fargli vedere il suo nuovo e bellissimo pezzo forte della raccolta che Shiro gli aveva requisito per motivi di sicurezza.
-Keith! Fammi vedere cos'hai in mano.- Disse Shiro accovacciandosi all'altezza del bambino mentre questo si stava ancora avvicinando di corsa.
-UN COLTELLO!- Gridò il piccolo Keith fermandosi a due metri di distanza dal maggiore e alzando l'affilata lama al cielo, per poi girarsi e riprendere a correre in direzione opposta.
Keith era un bambino furbo e intelligente. Sapeva di non poter giocare con i coltelli, ma sapeva anche che Shiro non gli avrebbe mai fatto del male.
Shiro rimase spiazzato da quella risposta e, per un attimo, fissò Keith che si allontanava da lui, prima di alzarsi di scatto e iniziare a corrergli dietro.
Era una situazione molto pericolosa.
Se Keith fosse caduto si sarebbe pugnalato da solo o chissà cos'altro e nella mente di Shiro si stavano formando le peggiori ipotesi possibili, tra cui una in cui c'era Keith riverso a terra con le interiora che fuoriuscivano dal corpo e sembrava molto di più ad un animale sacrificato nell'antica Roma piuttosto che un bambino che fa un gioco proibito.
Finalmente, in una decina di rapidi passi, gli arrivò dietro e lo sollevò da terra, Keith rideva, amava sentirsi leggero e credere di poter volare.
-Non si può giocare con i coltelli!- Disse Keith, la sua voce preoccupata tradiva l'espressione severa che aveva sul volto.
-Volevo solo giocare.- Disse Keith mentre Shiro lo riappoggiava con i piedi per terra.
Un'altra caratteristica che Shiro ammirava era la sua capacità di non abbassare mai lo sguardo, non voleva invocare pietà o compassione, se doveva essere sgridato si faceva sgridare senza pianti isterici o lacrime inutili.
Il viso di Shiro si ammorbidì. -Possiamo trovare qualcos'altro con cui giocare se vuoi.- Disse.
-Mi piacciono i coltelli.- Rispose Keith mostrandoglielo.
-Vuoi dirmi dove lo hai preso?- Chiese Shiro prendendoglielo delicatamente tra le mani per evitare di mozzare le dita ad entrambi.
-Me lo ha dato il cadetto Jackson. Ha detto che potevo usarlo.- Rispose Keith annuendo per confermare da solo la propria versione.
Shiro sospirò. -Lo riportiamo in cucina?-
-Dobbiamo proprio?- Chiese Keith fissando il suo bellissimo (e comunissimo) coltello da carne.
-Sì, dobbiamo proprio.- Rispose Shiro accarezzandogli i capelli con enfasi.
Keith annuì e, mano nella mano, si avviarono verso la cucina e riposero il coltello nel cassetto, poi uscirono e andarono verso l'edicola che era a pochi metri dalla Garrison e, quando uscirono, Shiro teneva tra le mani un pacchetto di carte con su scritto "Mitomagia".
Keith, da quel giorno, si innamorò di quelle carte, o meglio, se le fece piacere per non dispiacere Shiro che ci teneva che avesse degli interessi normali con cui parlare con altri bambini, ma la sua vera passione rimasero sempre i coltelli.


Keith si svegliò, quella mattina l'aria era fresca e una leggera brezza entrava dalla finestra aperta della sua camera da letto, aveva dormito veramente bene e, quel sogno, lo aveva riempito di tranquillità.
Accanto a lui c'era Lance che stava ancora sonnecchiando tranquillamente mentre i raggi del sole gli illuminavano timidamente le gambe slanciate e abbronzate, il respiro regolare e i capelli spettinati, Keith ridacchiò a quella vista, Lance si sarebbe spaventato a morte.
Si mise a sedere e si passò una mano tra  i capelli e scese dal letto il più silenziosamente possibile.
Arrivò al corridoio e poi allo sgabuzzino in fondo ad esso, aprì la porta e rovistò tra varie scatole finché non ne trovò una con scritto "Keith. Non toccare." la aprì e ne estrasse un bersaglio come quello delle freccette e una scatola di legno dipinta di nera con incise sopra le lettere K N I F E in rosso.
Shiro, quando glieli aveva requisiti, li aveva tenuti tutti da parte e, una volta che fu diventato abbastanza grande, maturo e responsabile glieli aveva ridati, ed ora eccoli lì.
Scese in cortile, era piena estate, nessuno avrebbe fatto caso ad un ragazzo con dei boxer neri e grigi che giocava a freccette con dei grossi coltelli nel cortile di un palazzo di New York.
Appese il bersaglio ad un albero e cominciò a lanciare i coltelli.
Col tempo era migliorato davvero tanto, sia nella mira che nella forza e non gliene cadde nessuno e nessuno andò molto lontano dal centro.
Per qualche minuto gli sembrò di esser tornato bambino, gli sembrò di sentire la voce di Shiro che gli gridava da lontano di smettere di fare quel gioco perché era pericoloso e di sentirlo sospirare affranto ogni volta che Keith gli faceva una linguaccia e riprendeva a giocare, gli sembrò di sentire i suoi occhi su di lui come allora, con quel tono preoccupato e paterno che tanto gli si addicevano nonostante la giovane età.
Quando quella sensazione gli sembrò un po' troppo duratura alzò gli occhi verso le camere del palazzo e, con sua grande sorpresa, c'era qualcuno ad osservarlo, ma non era Shiro anche se sembrava arrabbiato esattamente come il maggiore quando Keith era piccolo.
Raccolse le sue cose e salì le scale.
Sulla soglia dell'appartamento c'era Lance che lo guardava con le braccia incrociate al petto e un cipiglio arrabbiato sul volto.
-Ti sembrano giochi da fare?- Chiese il cubano.
-Non ho otto anni Lance.- Disse Keith riposando tutto nello sgabuzzino con estrema cura.
-Come mai questa improvvisa voglia di lanciare coltelli, di nuovo?- Chiese ancora Lance.
Da quando stavano insieme non era la prima volta che a Keith veniva voglia di infilzare qualcuno, soltanto che l'ultima volta questo qualcuno era una delle ex di Lance.
-Un sogno.- Rispose Keith.
-E quale delle mie ex volevi spiedinare questa volta?- Chiese mentre Keith gli si avvicinava. Lance non aveva più quell'espressione corrucciata sul volto, ora era solo pura curiosità.
-Una qualsiasi va bene.- Disse lasciandogli un leggero bacio a fior di labbra per poi allontanarsi in fretta.
-Ehi! Dove credi di andare?- Disse a voce un po' troppo alta Lance. -Mi baci e te ne vai in giro in boxer e credi di poterla passare liscia?- Disse affrettandosi dietro il corvino, che si voltò per ricambiare il bacio di Lance.
Sarebbe stata una lunga giornata.

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