Claustrofobia (Doubts Klance) [Post Sogno].

A Fine capitolo c'è due domande a cui ho risposto e a cui potete rispondere anche voi per conoscerci meglio!



Keith e Lance avevano litigato e da giorni non si parlavano, evitavano di incontrarsi in università, entravano agli orari più assurdi in appartamento e, soprattutto, soffrivano tantissimo, nonostante nessuno dei due lo avrebbe ammesso a causa del troppo orgoglio.
Lance era sempre accompagnato da Hunk, Pidge era rimasta imparziale in quella disputa amorosa di cui lei si era bellamente sciacquata le mani dicendo che le bastavano le sue discussioni con Shiro e non aveva bisogno di quelle degli altri, mentre Shiro, preoccupato per Keith, cercava di farsi dire cosa fosse successo, anche se Keith evitava persino lui.
Quattro o forse cinque giorni dopo il litigio Keith tornò all'appartamento e, preso da un impeto di coraggio, forse, andò in camera propria e dopo aver tirato fuori il vecchio borsone con cui aveva sempre viaggiato, cominciò a buttarci dentro tutto ciò che possedeva.
Poco dopo si ritrovò Shiro sulla porta della camera.
-Come mai qui?- Chiese con voce piatta.
-C'era la porta aperta...-
-Devo averla dimenticata.- Sussurrò mentre finiva di mettere le ultime maglie dentro la sacca.
-Cosa fai?-
-Me ne vado.- Disse arrivando davanti all'amico.
-Dove?-
-Non lo so. In giro. Qua e là finché non trovo un posto in cui stare.-
E Shiro sapeva perfettamente che ne sarebbe stato in grado, avrebbe passato le notti su una panchina o in un bar aperto fino a tardi, ma se aveva deciso di andarsene non sarebbe rimasto.
-Keith...-
-No.-
-Devi chiarire. Non puoi andartene così.-
-Posso. Lo sto facendo proprio in questo momento.- Così dicendo lo sorpassò e si avviò all'ingresso.
-Puoi venire da me e Pidge.-
-Ha detto che non vuole saperne niente di questa storia.-
-Ci hai parlato?-
-No. Ieri sera Lance e Hunk ne stavano parlando in sala e gridavano.-
Shiro sospirò. 
-Vieni da noi. Almeno per un po'.-
Keith, davanti a quella proposta, fatta con quella voce e accompagnata dall'espressione di Shiro non poté rimanere arrabbiato con lui e, anche se controvoglia, lo seguì al piano superiore.

-Dovrai portare le chiavi dell'appartamento.-
-Stasera lo faccio.-
-No, ora.-
Erano passati due giorni da quando se n'era andato e Lance non faceva altro che chiamare chiunque per sapere dove Keith fosse andato a finire, ma aveva fatto giurare a tutti che non avrebbero fatto parola di lui con Lance.
Keith sospirò e prese il mazzo di chiavi, scese velocemente le due rampe di scale e aprì la porta dell'appartamento trovandosi davanti Hunk e Lance che discutevano.
-Tu! Dove diavolo eri finito?!-
-Volevo solo darvi le chiavi.- Disse facendole tintinnare.
-Non hai risposto! Credevi di potertene andare così?-
-L'ho fatto.-
Keith appoggiò le chiavi sulla mensola dell'ingresso e fece per andarsene ma Lance lo bloccò.
-Non. Muoverti.-
-Altrimenti?-
-Vuoi saperlo? Altrimenti te lo do io!- E così dicendo Lance fece ancora più pressione sul corpo di Keith, il corvino si ritrovò schiacciato contro il muro e, sorpreso dalla situazione, non si mosse neanche. -E guai a te se provi a fare di nuovo una cosa del genere!-
-Posso sapere perchè ti interessa tanto?- Sbottò Keith portandosi la mano sul viso.
-Perchè siamo fidanzati, forse?-
-Be' la settimana scorsa mi sembrava che tu fossi abbastanza deciso a chiudere la nostra relazione visto che te ne sei andato gridando che facevo schifo e che ero un mostro.-
Mentre diceva quelle parole la voce di Keith si incrinò, come se fosse stato ferito anche da se stesso che le ripeteva e Lance si rese conto solo in quel momento di quanto fosse stato crudele sbattergli in faccia quelle cose che in realtà non pensava neanche lontanamente ma che lo fecero arrabbiare ancora di più perchè Keith prendeva ogni cosa troppo seriamente.
Ma prima che Lance potesse rispondergli in modo acido Hunk li prese entrambi per un braccio e li trascinò nella camera del castano e lo fece con tale trasporto che nessuno dei due riuscì a protestare.
-E ora chiarite. O uccidetevi. Ma non uscite da qui se non avete fatto una delle due cose.- E detto ciò chiuse la porta, chiudendoli dentro a chiave.
-Ehi amico! Hunk! Lo sai che sono claustrofobico! Ti prego! HUNK!!-
Ma Hunk se n'era già andato e Lance allora si lasciò cadere sul letto mentre Keith scivolava lungo l'anta dell'armadio fino a toccare terra
Rimasero in silenzio per minuti che parvero interminabili, la quiete che si era creata era quasi surreale pensando che fino a pochi minuti prima si stavano gridando contro.
-Puoi venire a sederti qui...- Disse Lance. -Voglio dire, non ti ucciderei mai.- Continuò riprendendo il discorso di Hunk.
-Neanche io.- Rispose in un sussurrò Keith, mentre, molto lentamente, si alzava.
Arrivò a sedersi sull'angolo del letto più lontano da Lance e ci si accovacciò sopra.
Tornarono al silenzio.
Nessuno dei due aveva nulla da dire, o forse ne avevano così tante di cose da dirsi che non sapevano da dove cominciare, o forse ancora se avessero provato a parlare avrebbero iniziato ad urlarsi contro, di nuovo.
Keith stava cercando qualcosa da dirgli in modo pacifico, qualcosa di neutro e che non toccasse i nervi scoperti di nessuno dei due.
-Quindi... Soffri di claustrofobia... Non me lo avevi mai detto...- Disse Keith.
-Già... In realtà non è grave. Nel senso, basta che non ci pensi e non succede nulla... Quando ero piccolo mia sorella mi chiudeva nell'armadio quando la infastidivo e... Niente, mi fa un po' paura. Tu? Sei claustrofobico?-
Keith sembrò pensarci un po', come se cercasse qualcosa di inerente da dire che era successo nella sua vita.
-Quando ero piccolo mi chiudevano nello sgabuzzino delle scope, per ore.-
-Oh...- Lance girò un po' il viso per riuscire a guardarlo. -Come li hai fatti smettere?-
Lance era l'unico con cui Keith riusciva a parlare tranquillamente, senza paura di essere giudicato e nonostante avessero appena litigato era l'unico con cui desiderava parlare.
-Ho iniziato a picchiarli.-
-Ovviamente.- Ridacchiò Lance. -Ma ti fa ancora paura?-
Keith lo guardò con un'espressione che voleva dire "Me lo chiedi seriamente?" e Lance lo ricambiava con un'espressione che diceva "Dico sul serio, sì" e così parlò.
-Solo gli spazi piccoli e bui.- 
Lance sorrise ripensando a qualcosa che, poco dopo, esternò a Keith.
-E' per questo che dormi con la abat-jour accesa?-
-Te ne sei accorto...-
-E' una cosa carina.-
-E' imbarazzante alla mia età.-
-No che non lo è. Hai subito un trauma, lo devi superare, certo, ma non puoi farlo di punto in bianco.-
Keith non sapeva cosa rispondere e così cambiò drasticamente argomento.
-Ti ricordi quando mi sono ammalato qualche mese fa?- Chiese.
-Sì.-
-Ti ricordi che ho avuto un incubo?-
-Sì. E non mi hai detto cosa aveva sognato.-
-Esatto...- Keith si chiese se era davvero sicuro di voler intraprendere quella conversazione. -Ho sognato che... Che ero di nuovo all'orfanotrofio.- Disse.
Lance sapeva che quel posto era stato un periodo buio della vita di Keith, ma sapeva anche che Keith non si era mai fatto molti problemi a parlarne esattamente come lui non se ne faceva a parlare della propria famiglia.
-Non ero un bambino... Ma mi chiudevano dentro allo sgabuzzino e...-
Lance si alzò da sdraiato sul letto e si accostò al corpo di Keith, che rimase immobile, e lo abbracciò.
-Non succederà mai più.-
-Ma poi... Poi quando sono uscito... C'eri anche tu e...- La voce di Keith si era affievolita e incrinata a causa dell'emozione.
-Non devi raccontarmelo se non vuoi.- Disse Lance con voce gentile rimanendo abbracciato a lui, adagiato sulle morbide coperte del letto.
-E poi tu...- La voce di Keith era poco più di un sussurro. -Tu mi avevi... Avevi... Chiuso la porta, di nuovo.-
Lance sembrava deluso da se stesso, dal sé del sogno ma anche da quello reale, in quei giorni aveva fatto capire a Keith che forse non era troppo diverso dal Lance che aveva sognato, e si sedette accanto al corvino passandogli un braccio attorno alle spalle e portandoselo vicino.
-Non devi avere paura.-
-Lo so... Voglio dire, non lo faresti mai, con nessuno... Ma io...-
-E' tutto a posto.-
Keith sospirò mentre si lasciava abbracciare da Lance, il suo corpo era caldo, bollente, e gli piaceva quella sensazione di tepore che lo avvolgeva ogni volta che gli stava vicino e sperò che non lo lasciasse andare mai.






@EleChanj

-Come ti chiami?
Maria Giulia (ma di solito mi chiamano solo Giulia)


@loverevangeline

-Sogno nel cassetto?
Vorrei diventare medico, all'università voglio fare medicina e niente, il mio sogno è aiutare tutte le persone che mi è posso.


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