Cactus (Hint Klance)

-Keith, esci di casa, ti prego.- Shiro ormai non sapeva più cosa fare con quel ragazzo.
Keith e il suo ragazzo si erano lasciati da tre settimane e da ventuno giorni non usciva più di casa neanche per andare all'università, non si alzava dal letto neanche per mangiare e nessuno riusciva a fargli lasciare la propria camera.
-No.- Mugugnò il corvino col viso premuto contro il morbido cuscino ormai intriso di troppe lacrime.
-Non puoi restare chiuso qui per sempre.- Disse Shiro appoggiandosi allo stipite della porta, sapeva perfettamente che non si sarebbe mosso di lì neanche se minacciato di morte, ma doveva provarci.
-Ancora un po'...- Sussurrò Keith.
Shiro entrò nella camera e andò a sedersi sulla sedia girevole, sapeva che Keith sarebbe scoppiato in lacrime, di nuovo, e non sapeva cosa farci, non ancora.
-So che Lance lavora al negozio di giardinaggio qui sotto.- Azzardò.
-E allora?- Biascicò il corvino.
Keith era disteso sul letto a pancia in giù, il corpo coperto dal lenzuolo, il cuscino stretto tra le braccia e premuto contro la faccia, come se potesse impedire alle lacrime di essere versate.
-Potresti andare a salutarlo...-
-Perchè?-
-Sono tutti preoccupati Keith.-
Il corvino si rigirò tra le coperte con movimenti stanchi e molli, poi si mise a sedere e squadrò Shiro con i suoi enormi occhi scuri. -Tranquillo Shiro, va tutto alla grande, no?- Chiese mentre scostava le coperte dal corpo. -E' tutto perfetto, magnifico.- Disse portando le gambe oltre il bordo del letto e i piedi a contatto col pavimento. -Non sono stato abbandonato per l'ennesima volta nella mia vita, no.-
-Keith...- Shiro voleva davvero dirgli che nessuno lo aveva abbandonato, ma sapeva che avrebbe mentito, sapeva che sua madre se n'era andata quando era piccolo, sapeva che mai nessuna famiglia affidataria si era presa cura di lui, che a scuola aveva sempre avuto dei problemi e che, quando credeva di aver trovato qualcuno che lo amava e da amare questo lo aveva miseramente tradito. -Va a trovare Lance.- Ripropose in tono di supplica.
Keith era già in piedi, delle pantofole di gomma ai piedi, dei pantaloncini corti e una maglietta rossa spiegazzata, sarebbe uscito solamente per smettere di sentire Shiro che lo pregava di farlo.
Una volta arrivato in strada il sole del pomeriggio gli ferì gli occhi ma lui continuò ad andare avanti, voleva incontrare Lance, salutarlo e andarsene.
Arrivò al negozietto e, non appena la porta si aprì una campanellina tintinnò facendo sbucare Lance tutto sorridente da dietro il bancone.
-Ciao Keith!- Disse immediatamente con allegria.
Questo Keith amava di Lance, riusciva a sorridere sempre, riusciva a non farlo sentire uno sbaglio e a non fargli pesare il fatto che lui fosse sempre e perennemente imbronciato.
Lance, dal canto suo, non appena Keith entrò al negozio notò che era in pigiama e che aveva le gambe, estremamente pallide nonostante fosse metà agosto, scoperte e pronte a riflettere ogni raggio di sole.
-Posso aiutarti?- Chiese ancora Lance.
-Faccio un giro.- Tagliò corto Keith immergendosi nella piccola serra che era a disposizione del pubblico.
C'erano dei fiori bellissimi, fiori che aveva visto e rivisto migliaia di volte, fiori di cui non sapeva il nome e fiori di cui non sapeva nemmeno dell'esistenza ma delle pianticelle in particolare lo attirarono.
Erano delle piante grasse lasciate in un angolo e dimenticate, stavano quasi per seccarsi e, per qualche motivo, ci rivide se stesso in quella piantina spinosa che nessuno voleva e mentre pensava così ne raccolse un vasetto facendo attenzione a non pungersi con le lunghe spine e la portò a Lance che era dietro la cassa ad avvolgere delle orchidee nella carta crespa.
-Ottima scelta Keith!- Esordì Lance. -Dicono che si scelgano le piante in base a come si è dentro.- Disse Lance mentre avvolgeva due nastrini (uno rosso e uno azzurro) attorno al bordino del vaso.
-Assi?- Chiese senza curiosità.
-Sì. E con questa scelta hai dimostrato le mie teorie!- Disse porgendogli la piantina.
Keith non riusciva a capire di quali teorie stesse parlando Lance. -Quali?-
Lance ridacchiò divertito. -Quelle che dicono che sei una persona spinosa.- 
Keith sbuffò, doveva aspettarsela da Lance una battuta del genere ma dentro di sé sorrise, era l'unico che non lo aveva trattato come se stesse per morire, l'unico che gli sorrideva con gentilezza e felicità e non con pena, l'unico che in sua presenza faceva battute e non cercava di rispettare il suo muto dolore, l'unico che, a modo suo, cercava di tirarlo fuori.
-Ci vediamo a cena.- Disse il corvino uscendo dal negozio e, solo quando fu davanti al portone di casa, si rese conto di ciò che aveva detto.
Mai in vita sua, men che meno in quel periodo, aveva detto a nessuno che si sarebbero incontrati, ma con Lance era naturale e, nonostante stesse diventando rosso fino alla punta dei capelli, sorrise.
Arrivò all'appartamento e trovò Shiro, seduto su una sedia attorno al tavolo della cucina intento a leggere un libro.
-Com'è andata?- Chiese speranzoso.
-Ho comprato una pianta.- Disse Keith mostrando il vasetto.
-Oh...-
Keith ignorò lo stupore di Shiro. -Lance dice che si scelgono le piante in base a ciò che si ha dentro.-
-E?- 
-Secondo Lance sono spinoso e per questo ho scelto un cactus.- Disse squadrando quasi con dolcezza quella piantina tondeggiante.
Shiro rimase in silenzio senza capire dove volesse andare a parare.
-A me ricorda il deserto, dove vivevo con mio padre, sai no?- Disse stendendosi sul divano e appoggiandosi la piantina sul petto.
"Come il deserto" pensò. "Forse Lance ha ragione, riflettono quello che siamo dentro le piante che scegliamo, sono arido come il deserto."
Con quei pensieri Keith si addormentò e a svegliarlo, diverse ore dopo, fu proprio Lance che entrava in casa.
-Ehi, dobbiamo cenare.- Disse sedendosi sulla poltrona.
-Già.-
-L'hai annaffiata?- Chiese indicando la piantina che Keith teneva ancora stretta in mano.
Il corvino scosse la testa e i suoi capelli scuri ondeggiarono in maniera ipnotica distraendo Lance per qualche secondo buono.
-Non sono capace.- Disse.
Lance ridacchiò e gli fece cenno di seguirlo mentre si alzava e Keith, in religioso silenzio e con la piantina stretta in mano, lo seguì fino alla cucina, il cubano prese un bicchiere dal mobile e ci mise dentro un dito d'acqua del rubinetto, poi prese un piatto e fece cenno a Keith di metterci sopra la piantina.
-E' semplice, guarda.- Disse versando lentamente l'acqua nel vasetto. -Appena vedi che l'acqua inizia ad uscire da sotto smetti di dargliela.- Disse. -E non vanno annaffiate molto, una volta ogni due o tre giorni è sufficiente, poi dipende anche da quanto caldo fa.-
-Ok.-
Keith era concentrato, voleva che quella piantina crescesse e sarebbe stato lui a prendersene cura.
Da quel giorno, Keith cominciò ad occuparsi della piantina che era riuscito a distrarlo da ogni altra cosa, Shiro più volte lo aveva visto parlarci e portarla in giro per casa come se sentisse la sua mancanza, doveva assolutamente trovargli un animaletto domestico, non poteva continuare a parlare con un cactus.

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