Banca (Klace) [SAD]
Era un giorno come tanti altri, Keith e Lance erano appena entrati in banca, Lance aveva fatto tanto per passare lì prima di partire per la vacanza che Keith, alla fine, non era riuscito a rifiutare e lo aveva accontentato.
Era una luminosa e calda giornata di luglio, le strade erano piene di turisti e ragazzi che guardavano ogni cosa come se fosse un'opera d'arte e Lance guardava Keith, come un'opera d'arte, la sua opera d'arte.
Erano in fila allo sportello, stavano semplicemente aspettando il loro turno, quando ad un tratto quattro uomini entrarono nel locale gridando e sbraitando, brandendo le pistole e puntandole contro chiunque.
Keith era immobile, davanti a Lance, e forse per la prima volta nella vita Lance vide un barlume di paura luccicare nei suoi occhi.
-Andrà bene.- Sussurrò Keith, forse più a se stesso che a qualcun altro.
Ciò che successe dopo Lance non riuscì mai a dirlo, ogni volta che raccontava si fermava a quel punto, a quel "Andrà bene" in cui lui credeva sempre.
A volte, quando si sentiva particolarmente in vena di parlare, parlava di quando arrivò in ospedale, ricordava il sangue che gli macchiava i vestiti, i dottori che parlavano ad alta voce e le luci fredde e fastidiose che gli pungevano gli occhi.
Ricordava l'odore acre del sangue pizzicargli il naso e le lacrime cominciare a scendere lungo il suo viso. Ricordava l'arrivo di Pidge e Hunk che lo abbracciavano e piangevano insieme a lui, ricordava persino Shiro che, forse per la prima volta, era scoppiato in lacrime davanti a tutti.
E poi Keith, il suo bellissimo Keith, lo vedeva sorridergli e dirgli che sarebbe andato tutto bene.
A quel punto, di solito, stringeva i braccioli della logora poltrona dell'ufficio e strizzava gli occhi per ricacciare indietro le lacrime amare e rideva nervosamente.
-Il mio Keith mi ama. Io lo so.-
-Signor McClain, Lance, com'è la sua vita ora?- Chiedeva sempre quell'uomo.
-Io e Keith ci sposeremo, andremo a vivere insieme e saremo felici.-
-Lance, dov'è Keith, ora?-
-A casa, mi aspetta. Dove dovrebbe essere?-
-Lance, ci pensi, dov'è Keith?-
-Mi aveva promesso che sarebbe andato tutto bene.- La sua voce si incrinò e divenne acuta.
Si portò le mani sul viso e se le passò più e più volte sugli occhi.
-Lance...-
-E' venuto a prendermi?- Chiese, e ci credeva davvero a quelle parole, credeva davvero che sarebbe tornato a prenderlo, a portarlo a casa, a portarlo verso i loro sogni.
-Lance, mi risponda con calma, dov'è Keith, ora?-
-Lui è qui, come me. Starà sempre con me. Ce lo siamo promessi.-
-Keith non tornerà, non è vero?-
Lance emise un gemito strozzato, la voce gli morì in gola, le lacrime che aveva trattenuto fino a quel momento cominciarono a scendere copiose, la pelle del viso si scaldava e le sue stesse mani gli sembravano gelide al contatto col volto.
-E' colpa mia se non tornerà. Se non glielo avessi chiesto... Sarebbe ancora qui.- La voce di Lance sembrava diversa, più consapevole, più profonda. -Ma lui è qui.- Ed ecco che era cambiata ancora, più acuta, come se fosse di un Lance più infantile.
-Signor McClain, quando se n'è andato?-
Lance ci mise un po' per rispondere, come se avesse davvero bisogno di pensare alla data, come se non la ricordasse, eppure lui viveva in quel giorno, per lui ogni giorno era quell'attimo nella banca.
-Il ventisette luglio di... Di cinque anni fa.-
-Da quando non vede Keith?-
-Questa mattina. E' stato lui a svegliarmi.- Un sorriso comparve sul viso segnato dalle lacrime di Lance.
-Stamattina era un infermiere.-
-No, era Keith. Lo riconosco, mi creda. E' il mio fidanzato.-
-Keith è morto.-
-No. No! NO!- Lance gridò. Odiava quando glielo dicevano, lo faceva uscire di testa, lo faceva arrabbiare.
Cosa ne potevano mai sapere loro di cosa faceva con Keith, di cosa provava a stare con lui. Perchè tutti volevano impicciarsi della sua vita?
-Sì Lance, Keith è morto quel ventisette luglio, non tornerà.-
-Me lo ha promesso, lui tornerà.- Bisbigliò mentre i suoi occhi sgranati fissavano un punto indefinito oltre le spalle dell'uomo.
-A quanti anni è morto?-
-Quel giorno... Lui ne aveva venticinque.- Disse Lance. -L'anno scorso per il suo compleanno siamo andati in spiaggia. Gli ho regalato un album pieno di nostre foto.- Disse Lance con aria sognante.
-Lance, l'anno scorso il ventitré ottobre eri qui, nella struttura.-
-No ero in spiaggia. Mi ricordo la sabbia sotto i piedi e il profumo del mare. Sono stato io a portarlo per la prima volta al mare.-
-Quanti anni è che sei internato qui, Lance.-
-Cinque.-
Lance, a volte, aveva momenti di lucidità, rari e spesso colmi di tristezza e dolore, momenti che facevano capire che la sua vita, senza Keith, non valeva la pena di essere vissuta.
-Signor McClain, ci vediamo l'anno prossimo.-
Lance sorriso, un sorriso felice.
-Keith verrà a prendermi prima.-
-Sono cinque anni che me lo dice, Lance.-
-Quest'anno arriverà.-
Le parola di Lance uscirono con una voce profonda, seria, convinta, come se sapesse esattamente quando sarebbe arrivato, come se fosse il Lance che si rendeva conto della morte di Keith a parlare, ma sorrideva.
L'analista lo accompagnò alla porta e Lance se ne andò.
E aveva ragione quando gli disse che non si sarebbero rivisti, ma non fu Keith ad andare da lui, fu Lance ad andare da Keith.
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