La Ragazza Che Dipingeva Nel Suo Giardino
Quella mattina uscì dalla mia dimora. Mi riversai nella stradina del mio paesino e mi incamminai lungo la via, felice e spensierata.
Una tiepida folata di vento mi soffiò in viso, accarezzando dolcemente la mie guance rosa e muovendo i miei lunghi capelli biondi serici.
Mi stavo dirigendo verso la piazza del villaggio. Appresso avevo un cesto vuoto, desideravo riempirlo con gustosissime e succose fragole rosse.
Scendevo adagio il sentiero, osservando il mondo intorno a me.
Tutto brulicava di un torpore di pace e quiete. La neve candida e ghiacciata si era ormai sciolta dai tetti delle abitazioni, dai marciapiedi dismessi e dai giardini. I prati avevano ripreso il loro colore verde inteso ed erano cosparsi di sfumature azzurrine, trapuntati di anemoni gialli, fiordalisi rosa e da candide e giganti margherite. Gli alberi scheletrici vibravano e si riscaldavano sotto il primo sole, mettendo in mostra le prime gracili foglie, mentre i pini smeraldini, dalle folte fronde, riprendevano a cantare all'unisono. Nell'aria aleggiava un profumo di muschio, velato da un aroma balsamico di camomilla. In lontananza si stagliavano imponenti le vette rocciose e frastagliate delle più alte montagne, toccavano il cielo azzurro limpido dove i passeri e le rondini cinguettavano allegri.
Proseguivo tranquilla ammaliata da tanta naturale bellezza.
Passai sotto un ramo di un albero di pesco e notai con gioia il primo fiore sbocciare nello splendore di una nuova vita. Era arrivata la Primavera.
Dopo un triste e freddo gelo, iniziai a sentirmi bene. Avevo cacciato via tutta la malinconia e non mi sentivo più sola, abbandonata, rinchiusa nella mia casa. Mi sentivo libera, viva e piena di speranza. Ritornò così la felicità e la voglia di sorridere e di ammirare la natura risorta dall'inverno.
Passeggiavo spensierata e guardavo le casette variopinte e dai tetti rosso mattone. Ora i balconi celestini erano quasi tutti aperti per far entrare la luce della nuova stagione, mentre sui davanzali c'erano vasi di ciclamini screziati di rosso e di viola.
Passai vicino alla casetta più graziosa del paese. Le sue mura erano affrescate di un tenue lilla ed erano circondate dal più incantevole giardino. Il più bello di tutti. Era uno splendore di piante, fiori e colori. Era ben potato. Circondava la esule abitazione a due piani. Al di là del cancello in legno dipinto di verde, uno stretto sentiero sassoso, costeggiato da aiuole di peonie rosa soffici e vaporose portava fino alla porta d'ingresso. Tutto intorno al recinto cresceva alta una siepe di rose rosse, gialle e di radiosi girasoli. L'erba verde menta era un tappeto morbido, folto e basso, dal quale spuntavano una miriade di fiori variopinti. Qua è là c'erano cespugli di narcisi e di ortensie viola dalle venature bluastre. Da una parte della casa c'era un pozzo in pietra grigia, in disuso, soffocato e avvolto da una smeraldina edera rampicante e sopra di esso c'era un cesto di legno ricoperto da un grande mazzo di iris, mentre dall'altro lato c'era una fontana in marmo bianco, costruita su tre basamenti circolari, intarsiati e decorati in stile barocco, con in cima due putti angelici alati; dalle loro mani giunte e chiuse a coppa zampillava l'acqua limpida e cristallina che ricadeva a cascata, bagnando e riempiendo le due vasche sottostanti, dove nuotavano giulivi molti pesciolini rossi. A fianco ad essa, c'era una panchina verniciata di giallo. Sotto due aceri, vestiti di foglie fresche di un verde chiaro, c'era un'amaca dondolante. Le farfalle multicolore volavano leggiadre tra un fiore e un altro. In sottofondo si percepiva un quiete ronzio di insetti che rendeva l'atmosfera piacevole, accompagnata dal polline che danzava nell'aria e dagli usignoli che cantavano allegri in quel giardino curato con tanto amore.
In quella casa viveva una giovane donna, sola soletta. Aveva il viso pallido, dolce e graziato, cosparso di mille lentiggini, gli occhi azzurri come il mare, i capelli lunghi ramati e labbra sottili vellutate di un rosa caldo.
La vedevo ogni giorno d'estate, là fuori, nel suo angolo di guardino libero. Indosso portava sempre un vaporoso vestito color azzurro pastello, con una gonna lunga e ampia, un corpetto chiuso da una serie di bottoncini blu e le mezze manche a palloncino. Sopra si aggrovigliava, dietro alla vita, un grembiule sbiadito e logoro.
Si sedeva sopra uno sgabello sbilenco, prendeva in mano un pennello lo tingeva nella tavolozza e poi iniziava a dipingere una delle sue tante tele bianche, poste sopra un cavalletto da pittura. Lei era una pittrice. Passava le sue giornate assorta nella sua arte.
Lei era la ragazza che dipingeva nel suo meraviglioso giardino.
Amava ritrarre paesaggi naturali di montagna.
In questi dipinti c'era sempre una bambina, molto simile a lei. La ritraeva in varie posizioni e in luoghi diversi: a volte di lato persa nei suoi pensieri, a volte di spalle che ammirava lo scenario davanti a sé, accovacciata accanto a un ruscello, seduta su una panchina, nascosta dietro a un albero o distesa a braccia aperte in cima a una collina.
Lei era sua sorella. L'aveva persa non molti anni fa insieme alla sua intera famiglia.
Erano stati una famiglia solare e unita. Il padre e la madre si erano sposati e dopo un anno erano nate due paffutelle bambine che crebbero molto in fretta. Erano simpatiche, graziose, gentili, amichevoli, altruiste e generose. Il padre era un pastore di capre, molto stimato, conosciuto e accomodante, poiché faceva affari con tutti e nella sua sincera umiltà provvedeva a mantenere sua moglie e le sue due figlie. La madre era un'amichevole ordinata casalinga, gentile e buona, invitava spesso le sue coetanee per gustare del tè, mentre leggevano un buon libro o spettegolavano. Le sue due bambine, molto educate, giocavano con gli altri amici del villaggio e andavano a scuola sempre con il sorriso in viso. Avevano, inoltre, un vivace Border Collie che aiutava il padre nel suo lavoro e un canarino giallo rinchiuso in una gabbia, cantava il buongiorno ogni mattina agli abitanti del paese. Era veramente una famiglia stimata da molti perché aperta di mente e cuore.
Un giorno la loro pace e prosperità venne spezzata per sempre.
Una mattina di mezza estate, i genitori partirono per una breve escursione in alta montagna. All'improvviso vennero colti da una violenta tempesta. Si inoltrarono nel fitto bosco in cerca di riparo. Corsero veloci e si perdettero, finché la moglie inciampò e cadde, ruzzolando giù in un dirupo. Riuscì a salvarsi aggrappandosi ad un arbusto scorticato. Urlò forte per farsi udire dal marito che accorse spaventato e con il cuore in gola, pronto a salvarla. Si precipitò verso di lei, ma scivolò nel fango, riuscì ad afferrarla ma caddero entrambi. Morino in fondo a un profondo burrone.
I loro corpi vennero ritrovati, nel vederli fu atroce e raccapricciante. I soccorritori li riportarono al villaggio su un carro di legno coperti da un telo scuro.
Le due giovani, assai preoccupate, erano lì, ancora ad aspettarli fuori dalla porta. Videro avanzare il calesse davanti alla loro dimora e realizzarono subito che là sotto c'erano il loro padre e la loro madre.
Si sentì un urlo agghiacciante, uno di quelli che ti spezza l'anima e ti frantuma il cuore. Un pianto doloroso, di sussulti e singhiozzi fa sgorgare copiose lacrime acide bagnando gli occhi disperati, velati di rosso.
Straziate dall' inaspettata perdita, le fanciulle si chiusero in casa e per un bel po' di tempo, nessuno le rivide.
Gli anni passarono e divennero delle giovani adulte.
Lei si fece più coraggio e si prese cura della gemella, non abbandonandola nemmeno un secondo.
Pian piano si riprese e iniziò a vivere. Con il passare delle stagioni le ritornò di nuovo il suo confortevole sorriso, uscì dalla sua dimora e cercò un lavoro per mantenersi.
Sua sorella, invece, era annegata nello sconforto e nella sofferenza. Dalla morte dei genitori cambiò aspetto. Divenne debole, pallida, dallo sguardo truce e malaticcio, stava rilegata nelle sue stanze a fissare il vuoto. In lei crebbe quella rabbia, scaturita solo dal dolore e dal suo cuore spezzato che la fece presto diventare fredda, acida e maleducata. Era cattiva, scorbutica, dall'aspetto sciatto e raggrinzito come quello di una vecchia strega. La sua anima si ammalò. Perse la sua luminosa aurea. Si rifugiò nel buio delle tenebre per trovare conforto. Le mancava l'amore del suo caro padre e della sua affettuosa madre. A distanza di anni, non riuscì mai a superare la perdita, la trovava così ingiusta.
Per vendicare la sua collera iniziò a combinare ogni sorta di guaio, uno dopo l'altro. La sua gemella guadagnava poco, quindi iniziò a rubare averi e cibo dai negozi e dalle bancarelle del mercato per sfamarsi.
La maggior parte del tempo lo passava a far niente, ad annoiarsi nella sua depressione, niente le dava più soddisfazione, in lei albergava solo patimento e disperazione.
Prese a trattare male anche la povera sorella che ormai non sapeva più che fare, l'amore suo non le bastava più, né tanto meno la sua pacata gentilezza. Era affranta e sconfitta quasi quanto lei. Spesso provava a risollevarle il morale, ma quello che riceveva in cambio erano solo botte e schiaffi, così doveva per forza lasciarla in pace. Ma non accettava lasciarla sola a piangersi addosso, così durante le notti insonni, riusciva ad intrufolarsi nella sua camera e a calmare le sue isteriche lacrime; le accarezzava il volto, mentre le sussurrava parole confortanti, la coccolava fino ad addormentarla fra le sue braccia.
Una mattina litigarono duramente, dopo che sua sorella era stata sorpresa a rubare le bottiglie di latte dei vicini. Furiosa scappò di casa.
Scoppiò una tempesta di neve e la povera fanciulla pensò il peggio per la sorella, avrebbe fatto la fine dei suoi genitori, invece ritornò infreddolita, tremante, dopodiché mal nutria com'era si ammalò gravemente. Restò a letto per un lungo periodo, mentre veniva accudita dalla sorella che la coccolava e le preparava le migliori zuppe di verdure.
Si riprese, ma rimase debole. Sempre più stanca della vita, decise che era giunto il momento di farla finita una volta per tutte. Non aveva più ragioni valide per vivere, per sua sorella era diventata solo un peso.
Le lasciò una lettera sotto l'albero, la Vigilia di Natale.
Non disse niente alla sua gemella. Prima del suo ritorno, si chiuse nella sua stanza, prese un affilato coltello e si tagliò le vene.
Sua sorella la trovò ormai morta. Il suo copro abbandonato a terra e le sue braccia gocciolanti di sangue crearono una pozza scura intorno a lei, impregnando tutto il grigio tappeto.
La pianse, tremendamente, con il rimorso e con il ripianto di non essere riuscita a salvarla dal suo male.
Giorni dopo assistette da sola al funerale, nessuno voleva più avere a che fare con lei.
Giunta nella sua dimora, abbandonata a sé stessa, decise di ripulire e arieggiare la camera della sorella. Fu un duro e tosto lavoro, ma dopo un'intesa pulizia, riuscì a levare tutta la polvere e buttò via il tappeto macchiato.
Si riposò su una comoda poltrona nel salotto. Guardò l'albero natalizio: doveva disfarlo.
Si chinò per rialzarsi e il suo sguardo cadde su una busta bianca rilegata con un nastro di seta rosso. Su un lato c'era scritto: "Alla mia amata sorella"
Scioccata strappò la busta e prese il foglio al suo interno. Scoprì che era una lettera. Una lettera di sua sorella lasciata prima di suicidarsi. La lesse tutta d'un fiato con il cuore trepidante e gli occhi inzuppati di lacrime, poi si abbandonò di nuovo sulla poltrona. Nella sua mente aleggiavano le risentite parole di lei.
"... ti supplico voglimi sempre bene, anche se ti ho distrutto il cuore e per favore non dimenticare il mio volto, continua a dipingere e a ritirarmi nelle tue opere d'arte, cosicché io potrò essere sempre vicino a te..."
Ed è così che la ragazza che dipingeva ricordava sua sorella nei suoi dipinti. Quando le mancava la dipingeva nelle sue tele. Non l'avrebbe mai dimentica. Lei era stata la sua anima gemella. Il suo cuore e il suo amore sarà sempre rivolto a lei, a quella sorella che ora giace in una tomba, sotto una lapide ornata di vivaci girasoli, che le ricordano il suo sorriso, di quando era solo una dolce e innocente bambina.
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