79. Una realtà diversa
-mamma ma io ce l'ho un papà?- domandò il piccolo incuriosito avvicinandosi alla donna, che interruppe il suo tessere attentamente, prestando la sua attenzione al figlio che tanto amava.
-certo amore, tutti i bambini hanno un papà - gli rispose dolcemente
-e allora il mio dov'è? - domandò il bimbo ancora più confuso
-è molto lontano da qui, il tuo papà.- rispose vaga continuando il lavoro interrotto precedentemente
-e perché non sta con me? Con te, con noi? - chiese ingenuamente prendendo posto sulle sue ginocchia
Ella sospirò e lo strinse al petto, cingendogli la vita con le mani.
-non lo so, credo abbia semplicemente scelto una realtà diversa da quella che vive -
-cosa significa? - domandò non capendo rivplgendole lo sguardo
-non posso dirtelo adesso, figliolo- si mostrò dispiaciuta negando col capo
-e quando? -
-quando sarà il momento- rispose prontamente aiutandolo a scendere dalle gambe e lasciandogli una carezza sul giovane volto.
***
-questa era camera tua? - la voce di Adriano lo fece rinvenire, attirando la sua attenzione
-sì, anche se la maggior parte delle volte dormivo nel lettone con lei- rispose con un sorriso divertito raggiungendolo
-e questo? - domandò ancora l'amico curioso prendendo in mano un soldatino di legno
-me lo regalò un vecchio falegname, perlomeno così mi raccontò mamma all'epoca- rispose il moro osservando l'omino in legno con occhi nostalgici
-quindi...voi vivevate qui, da soli in in questa piccola casetta in mezzo al nulla? - osservò Adriano dopo un po' ottenendo un cenno silenzioso in risposta
-vi nascondevate, insomma- concluse volendo chiarezza, ottenendo un altro cenno da parte del ragazzo
-da chi? -
-non lo so, non mi è mai stato detto e anche se fosse non me lo ricorderei- ammise sbuffando e prendendo posto sul bordo del piccolo letto impolverato
-quindi passeremo i mesi a venire, qui? Fino alla fine della guerra? - chiese Adriano cambiando discorso e prendendo posto affianco a lui
-no, ti ho già detto che ho intenzione di scendere in battaglia e riprendermi ciò che è mio, ciò che è nostro e ci è stato portato via. Resteremo qui solo il tempo di prepararci e riposarci- rispose il moro rigirando il soldatino in legno tra le dita
-e se venissero qui? Non ci metterebbero niente a decapitarci tutti e tre- gli fece notare il riccio
-non verranno- rispose sicuro
-come fai a dirlo? - chiese infatti il ragazzo
-fidati. È impossibile che vengano fin qui, al massimo se proprio devono scendere dei soldati, scenderanno da lassù- spiegò indicando una collina in lontananza, quasi invisibile agli occhi
-te lo dico per esperienza. E poi a loro non interessano le nostre vite, loro vogliono potere, denaro e donne, per avere ciò basterebbe solo conquistare il regno e aggiungerei che con la valle ci sono già riusciti- aggiunse infine
-secondo te il regno vincerà? - gli domandò Adriano tirando un sospiro
-non saprei, non ho visto quanti uomini hanno e non ho saputo giudicare il loro modo di combattere, per lo meno non ancora - rispose alzandosi sotto lo sguardo confuso dell'amico
-che vuoi fare? -
-andare a letto, si è quasi fatta l'alba ed io domani voglio essere già pronto ad allenarmi sotto le prime luci del sole- rispose semplicemente uscendo dalla stanza, facendogli alzare gli occhi al cielo.
-quindi io dormo qui?- domandò ad alta voce dopo che il ragazzo abbandonò la stanza
-sì, ma tranquillo avrai Spugna a farti compagnia! - gli rispose dall'altra stanza, mentre il cane entrava nella piccola camera dove avrebbe dormito riccio. Quest'ultimo sbuffò e si mise a letto, ormai sconfitto dalla stanchezza che stava cominciando a dargli tormento già da qualche ora.
-Esther!- la chiamò il fratello girando per le stanze.
Avrebbe dormito con lei quella notte, proprio nella stanza dove un tempo dormiva con sua madre, ma non c'era traccia della bambina dentro casa.
Così uscì e cercò di distinguere quel che poteva con gli occhi immersi nel buio.
Sorrise intravedendo una piccola ombra avente la sagoma della sorella, in riva al piccolo ruscello dietro casa e, istintivamente, le si avvicinò.
-hey piccola pulce, che ci fai qui? - domandò piano piegandosi alla sua altezza e cingendole la schiena con un braccio.
-ho sentito dei rumori qui- bisbigliò la bambina cercando di non farsi sentire
-quali rumori?- bisbigliò a sua volta assecondandola
-shhh! Questi! - bisbigliò in risposta tendendo l'orecchio e al ragazzo scappò un sorriso per la banalità della situazione
-Esth sono delle rane, delle piccole ranocchie. Le senti?- le spiegò tendendo anche lui l'orecchio al suono della natura
-e sono pericolosi? - domandò la piccola intimorita, suscitandogli dei ricordi
"guarda mamy sono una ranocchietta!"
-no Esth, non sono pericolosi. Specialmente se io sono qui con te- rispose riprendendo la risposta che gli venne data qualche anno prima
-e come sono fatti questi animaletti?- domandò curiosa poggiando la testa nell'incavo del suo collo
-allora vediamo...- iniziò mantenendo il tono basso mettendola seduta sulle sue gambe -sono piccole, verdi e saltano- rispose mantenendo lo sguardo su quei piccoli esserini verdi
-saltano? - ripeté sorpresa e il annuì
-mhmh -
-e quanto? -
-quanto meglio possono- rispose mentre con l'altra mano cercava di riscaldarle la spalla il più possibile, data la fredda aria che c'era.
-ecco tieni, allunga la manina- le disse poi quando prese una rana in mano, posandola su quella piccola della sorella
-non è che adesso mi salta in faccia, giusto? - domandò intimorita provocandogli una risata
-ma no, tranquilla posala se vuoi- la rassicurò e la bambina dopo aver lasciato delle piccole carezze sul dorso dell'animale, lo lasciò andare udendo solo i suoi ultimi gracidi.
-hai sonno? - le domandò Niccolò quando la vide sbadigliare e stringersi ancora al suo petto
-un po'- annuì la piccola socchiudendo gli occhi. Il ragazzo senza proferire altra parola la prese in braccio e delicatamente si alzò da terra, rientrando a casa e stendendola sul letto. La coprì con le coperte e le si sdraiò di fianco.
-Nicco- lo chiamò in uno stato di dormiveglia
-da oggi vivremo qui? -
-non per sempre piccola- rispose lasciandole qualche carezza tra i folti capelli mori
-Noah non dorme in questa nuova casa con noi? - domandò ancora con tutta l'innocenza del mondo
-no, no lei...lei dormirà per un po' con i suoi genitori. Sai, per evitare che si faccia male- rispose dicendo la prima cosa che gli passò per la mente
-e non ti manca? -
-certo che mi manca! Ma vedi, a volte per amore si è costretti a fare cose che non si vogliono fare- cercò di spiegarle il suo punto di vista, ma la bambina sembrò non capire
-non ho capito che vuoi dire- disse infatti, ma il ragazzo lasciò perdere e sviò l'argomento, convinto che fosse ormai troppo tardi per parlare di una cosa del genere.
-ne riparleremo un altro giorno, ora riposa che è stata una lunga notte- le disse prima di baciarle la fronte e vederla chiudere le palpebre lasciandosi cadere in un profondo sonno.
Fissò per vari minuti il soffitto, pensando alla situazione da cui è dovuto scappare e in cui si trovava in quell'istante.
A casa, dopo anni passati a crescere in un'altra dimora, ora si trovava nella casa dove aveva vissuto con la prima donna che ebbe amato e che sempre amerà, a pensare a come vincere la guerra una volta tornati.
Dopo un po' di tempo però, il sonno ebbe la meglio e il ragazzo si addormentò esausto, senza neanche rendersene conto.
***
Nel frattempo al villaggio le cose si erano di gran lunga complicate.
Migliaia e centinaia di uomini persero la vita lottando per le loro famiglie e le loro case.
Il terreno era cosparso di cadaveri e macerie, mentre altri soldati spendevano il loro sangue per la vittoria, in onore del proprio re.
A proposito dei re...
Che fine avevano fatto coloro che diedero inizio a tutto questo scempio?
Orazio si trovava in mezzo ai soldati a combattere e comandare, dando ordini a raffica e senza nascondere la rabbia. E mentre lui si faceva strada calpestando e rubando innumerevoli vite, il suo unico e solo avversario lo aspettava dietro la porta rossa del castello, protetto da altri mille uomini e armato di spade e balestre.
Nelle sotterranee del castello, invece, Sarabi e Noah continuavano a pregare e sperare che filasse tutto liscio, mentre tentavano comunque di dare conforto e coraggio alle altre donne spaventate. Tra queste c'era Zaira che, da quando ebbe inizio la guerra fino a quel momento, non faceva altro che piangere mentre fissava e stringeva tra le dita un fazzoletto di stoffa, banale all'apparenza ma con un valore, per la ragazza, unico.
Glielo affidò Steve prima di partire, dicendole che per lui aveva un valore affettivo e che se lo sarebbe ripreso al suo ritorno. In poche parole l'aveva usato come una specie di simbolo per marcare la promessa che inconsciamente le aveva fatto: "aspettami che torno".
Noah, più volte in pena per la ragazza, decise di avvicinarsi a lei e provare a parlarle per darle conforto, quando in realtà sembrava che l'unica ad averne bisogno fosse proprio lei.
La sua voglia di confrontarsi e parlare con le altre ragazze cadde quando udì le parole della mora indiana: "mi fido di lui, so che tornerà". Da qui, capí che ciò di cui, non solo lei ma anche tutte le donne e ragazze rinchiuse lì dentro, avevano bisogno erano la fiducia e la speranza. Nulla di più.
Nella cripta sembrava filasse tutto liscio, fino a quando Sarabi non sentí il bisogno di confessare un avvenimento importante alla figlia che, ovviamente, si mostrò a tutt'orecchie.
-sei preoccupata? - le domandò prima di tutto, non sapendo come approcciare
-sì, mi sembra anche piuttosto normale esserlo in una situazione del genere, non credi? - domandò sarcastica alzando un sopracciglio, non sapendo dove la madre volesse andare a parare.
-ascoltami Noah, io avrei voluto non dirtelo, in modo da non farti preoccupare o soffrire ulteriormente, ma mi sembra giusto che tu lo sappia- premise seria, attirando così tutta l'attenzione della fanciulla che la guardò preoccupa
-se il fantomatico ragazzo del villaggio non si è messo in salvo...c'è una possibilità che venga catturato e portato al castello delle Acque Nere- spiegò tutto d'un fiato, lasciandola più che confusa.
-no aspetta...perché dovrebbero? Possibile che qualsiasi cosa succeda lui c'entri sempre qualcosa?! - esclamò stizzita, ormai incredula che tutta questa storia sia reale.
(e infatti non lo è Noah, mi dispi)
-ti ha raccontato la sua storia? - procedette la regina con tono pacato.
-sì, mi ha raccontato della sua infanzia, di sua madre, di sua sorella, di come ha conosciuto i suoi amici e...- elencò la fanciulla dando parola a tutti i ricordi e i pensieri che le venivano in mente, fino a quando non venne interrotta da una brusca domanda
-e di suo padre? Ti ha mai parlato di lui? -
-che io sappia è Sandro suo padre, uno dei mercanti del villaggio. Pensavo lo sapeste anche voi...- rispose la fanciulla con mezza ovvietà
-Niccolò è un bastardo- sospirò Sarabi lasciandola senza parole
-in...in che senso scusa? Non è figlio suo? - domandò perplessa
-no, cioè è stato cresciuto da lui, ma non concepito. Secondo te perché mai dovrebbero portarlo alle Acque Nere?- le chiese provando a farla ragionare, ma alla ragazza continuava a sembrare tutto così assurdo...
-illuminami- rispose semplicemente, ormai rassegnata a dover accettare una delle tante realtà che quotidianamente prendevano posto nelle sue giornate.
-suo padre è lì, o meglio, era lì. È morto pochi anni dopo la sua nascita, ha rifiutato di crescerlo perché era convinto che si fosse trattato di un semplice stupro, per lo meno così si dice. Dovrebbe essere scritto nei libri dei grandi re, non saprei appena ne avrò la possibilità darò un'occhiata- spiegò portandosi il calice d'argento alle labbra
-quindi mi stai dicendo che c'è una probabilità che Niccolò sia di sangue reale? - ricapitolò la fanciulla assottigliando gli occhi e gesticolando con la mano, ottenendo un cenno da parte della regina
-ma tu come le sai tutte queste cose? - domandò poi cambiando discorso
-ti sto semplicemente riferendo ciò che mi ha riferito tuo padre- rispose sinceramente la regina
-e se fossero solo baggianate? Se ti ha detto queste cose solo per...non so farmi dividere da lui in qualche modo? -
-mia cara, conosco tuo padre e so di cosa sarebbe capace, ma tu devi capire che lo fa per un motivo- provò a spiegarle in modo ragionevole, ma Noah sbottò non credendole
-motivo? E quale sarebbe il motivo? Ti devo forse ricordare tutte le cose assurde che ha fatto a questo ragazzo per farti rendere conto che qualsiasi sia questo motivo È INUTILE? -
-prima o poi sarà lui stesso a raccontarti tutto, fino ad ora dovrai accontentarti della mia parola. E tornando al discorso di prima, penso che il discorso del sangue reale sia la prima cosa positiva che ti abbia detto su questo ragazzo, non credi? - le domandò incrociando le mani in grembo
-sì, proprio per questo mi sembra assurdo!- sbuffò portandosi le mani sulle tempie e iniziando a massaggiarle.
-Noah un'ultima cosa- continuò facendole alzare il capo
-Niccolò non sa niente di tutto questo, sarebbe scioccante per lui scoprirlo adesso dopo tutto quello che è successo, quindi cerca di non far girare la voce, anche perché qui alla gente piace parlare- le consigliò la madre ottenendo un leggero cenno da parte della figlia, troppo occupata a concentrarsi su un unico pensiero: ammesso che Niccolò fosse realmente di sangue reale, allora perché suo padre non le permetteva di stare con lui?
Ciao ciao ❤️
-Fla :)
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top