Capitolo 4

Passato

Età: 10 anni

Le ciocche bionde di Delilah sobbalzavano ripetutamente sulla sua schiena mentre lei, con le mani strette in pugno, saltellava sul materasso.
«La mamma di Aiden ti ha risposto? Verranno?» chiese a raffica, con voce stridula.
«Sì», rispose sua madre, lasciandosi sfuggire un sorriso nel vedere la figlia così euforica. La bambina alzò le braccia in aria, sopra la testa, e con uno slancio si aggrappò alla donna, che quasi cadde in avanti. «Delilah!» la rimproverò, ma rise e la strinse a sé. Non che fosse necessario, dato che la figlia la teneva forte, con gambe e braccia incrociate attorno al suo corpo.

La piccola sentì il rumore dei passi in lontananza che, mano a mano, si fecero più vicini. Si scostò dal petto di Bridget e si sporse, per poter sbirciare attraverso i folti capelli della madre l'uomo che stava entrando nella camera.

«Se non ti sbrighi non vedrai il tuo amico», tentò di dire con tono burbero, ma rimase fregato nel momento in cui i suoi occhi si posarono sulla piccola creatura, che amava in maniera spropositata.
Affiancò sua moglie e le cinse un fianco poi, dopo aver spostato con un dolce tocco una ciocca di capelli dal viso della figlia, posò un bacio sulle labbra di Bridget.

Delilah, a quella visione, socchiuse le palpebre e arricciò il naso, decidendo poi di scendere e adagiarsi nuovamente sul letto. «Bleah!»

Alla madre scappò un ulteriore risata, che James cercò di trattenere. Piegò le ginocchia e si protese verso la bambina, che da lui aveva ereditato il colore delle iridi. «Tra qualche anno sarò io a dire "bleah"», la punzecchiò, ottenendo come risposta un sorriso furbo. «Quando avrò dei bambini non te lo permetterò».
Nell'udire quelle parole, con ancora i palmi delle mani posate sulle gambe, James impallidì. Rimase qualche secondo immobile, a fissare la figlia con palpebre sgranate. Poi aprì la bocca per pronunciare qualche parola con voce flebile: «Bri, aiuto».

La moglie, sentendosi presa in causa, presse le labbra tra di loro per tenere sotto controllo una fragorosa risata dovuta al comportamento dell'uomo al suo fianco, dopodiché gli accarezzò la schiena per confortarlo. Si schiarì la gola e osservò Delilah, che ancora sorrideva ingenuamente verso il padre.
«Tesoro, sai come si fanno i bambini?» A quel punto, la fanciulla spostò lo sguardo su Bridget e annuì. «Certo! Me l'ha spiegato Aiden».

Il silenzio più assoluto calò nella stanza. Tutti, in quei pochi anni, avevano imparato a conoscere quel bambino dai capelli rossi ed erano consapevoli della sua spigliatezza. James si rimise dritto e guardò, con aria visibilmente preoccupata, la donna accanto a sé. «Sto per andare in iperventilazione», le sussurrò. A differenza sua, Bridget si mostrò più calma e composta, solamente perché la curiosità la divorava. «E cosa ti ha detto, per la precisione?»

Delilah guardò il soffitto e posò l'indice sul mento, picchiettandolo ripetutamente. «Se non ricordo male...» cominciò, pensierosa. «Il papà deve dare tanti bacini alla mamma e poi darle in dono un fiorellino...o forse viene prima il fiore e poi i baci?» borbottò riflettendo. Entrambi i genitori si lasciarono uscire un sospiro di sollievo, guadagnandosi un'occhiata confusa da parte della figlia. James si abbassò alla sua altezza e con il polpastrello dell'indice le diede una carezza sul naso grazioso. «Se Aiden ti regalerà un fiorellino, dillo al tuo papà», le posò un bacio sulla testa e non attese risposta, perché si rimise dritto e si rivolse alla donna che amava.

«Vi aspetto di là, ho già rischiato un infarto».
«Esagerato», alzò gli occhi al cielo lei. «Preparati per quando sarà adolescente», continuò.

«Non mi ci far pensare», borbottò James, prima di andarsene. Bridget si morse il labbro inferiore per trattenere frasi che, se fossero uscite, lo avrebbero fatto patire ancora di più. I due sposi si erano conosciuti ai tempi del liceo: lei era la fotografa del giornalino scolastico e si trovò a catturare immagini alla squadra di hockey, di cui lui faceva parte. Si erano disprezzati e amati. Poi, quando ancora doveva compiere diciotto anni, Bridget scoprì di essere incinta. Contro il disappunto dei genitori, decise di tenere quell'esserino di cui era già follemente innamorata e di crescere la sua bambina con l'aiuto di James, che non l'aveva abbandonata neanche un attimo.

«Mamma, mi fai una treccia?» Delilah si trovava ancora sul letto, seduta con le gambe incrociate e le mani sulle ginocchia. A dipingerle il volto, invece, il solito sorrisetto capace di ammaliare i suoi genitori. Bridget portò le mani sui fianchi e inarcò un sopracciglio, ma l'espressione furba della bambina non si scompose. «Prima vestiti», la ammonì.
Delilah sbuffò e, sforzandosi di non sollevare gli occhi al soffitto, scese dal letto. Il pavimento freddo le fece partire un brivido che le si propagò lungo la spina dorsale ma, invece di indossare le pantofole, corse verso la scrivania situata nella parte opposta della stanza. Adagiò i piedi sul morbido tappeto e rilassò i muscoli, lasciandosi sfuggire un sospiro di sollievo per il calore infuso dai fili di lana che le solleticavano la pelle. Si tolse di fretta e furia la canottiera che aveva indossato uscita dalla doccia e la lanciò alle sue spalle. «Delilah!»

«Dopo la metto a posto», si giustificò la bambina, consapevole che la madre si era già fiondata a raccoglierla. Afferrò il vestito dallo schienale della sedia e, senza neanche guardarlo, lo infilò. «Secondo te, da cosa si è travestito Aiden?» Si lisciò la stoffa bianca, al tatto ruvida, lungo le cosce.

Bridget ci riflettè per qualche secondo e camminò fino a mettersi alle sue spalle. «Probabilmente da se stesso». Si allungò per afferrare la spazzola dal cassetto della scrivania e cominciò a pettinare i capelli di Delilah, morbidi e lucenti. La piccola si lasciò coccolare dal tocco delicato della madre, che prese ad intrecciare alcune ciocche. Entrambe amavano quel momento tutto per loro, in cui in silenzio esprimevano il loro amore. E Bridget desiderava esternarlo in ogni modo perché lei, di momenti così, non ne aveva mai vissuti con sua madre. Ogni tanto le capitava di nutrire mancanza nei confronti di quella donna, tanto autoritaria quanto rigida. Tuttavia, non appena posava gli occhi su Delilah, tutta la nostalgia spariva.

«Ecco fatto», mormorò, legando i capelli della bambina con un elastico che teneva al polso. «Grazie». La fanciulla, pensierosa, continuò a prepararsi, domandandosi cosa avrebbe pensato Aiden nel vederla. Si sarebbe complimentato? Oppure si sarebbe limitato ad analizzarla, come al suo solito? Delilah abbassò lo sguardo e fissò un punto indefinito, portandosi le mani al petto nel tentativo e nella speranza di calmare il cuore che sembrava impazzito.

«Tutto bene?» Bridget aggrottò la fronte e osservò la piccola, che d'un tratto si era rabbuiata. Delilah non rispose, ma annuì, sistemandosi il cerchietto sulla testa. Alle volte le capitava di pensare a lui e di provare un'infinita tristezza perché, nonostante tutto il bene che gli voleva, lo sentiva distante. Era come se vivesse in un mondo tutto suo. Un mondo di cui lei non poteva far parte.

Una volta sentì le loro madri parlare. Era la prima volta che si incontravano, ma riuscirono ad entrare subito in confidenza. Dal loro discorso, Delilah comprese solamente che spesso Aiden doveva andare da dei dottori, ma lei non sapeva quale fosse il motivo o dove lui avvertisse il dolore. Lui però, non ne aveva mai parlato, dunque non gli aveva mai posto alcuna domanda.

«Aiden e Margareth stanno venendo qui, così andiamo tutti insieme al parco», annunciò Bridget, leggendo il messaggio ricevuto dall'altra donna. Mise nuovamente il cellulare nella tasca dei jeans e, prima di andare in soggiorno, suggerì alla figlia di darsi una mossa.
Delilah si avvicinò nuovamente al letto, su cui erano poggiati dei calzini puliti e, con la sua solita goffaggine, se li infilò, saltellando da un piede all'altro nella speranza di non perdere l'equilibrio. Nel momento in cui si sedette per poter indossare le scarpe, il suono del campanello riecheggiò fino a raggiungere le sue orecchie. A quel punto, provò a fare il più in fretta possibile, ma ci mise più del dovuto a legare i lacci. Aveva imparato da poco e aveva ancora difficoltà, di conseguenza dovette ripetere la procedura più volte. Quando finalmente ci riuscì, si lasciò sfuggire un verso vittorioso, poi si dette lo slancio necessario per saltare giù dal materasso.

Con cautela, uscì dalla camera e si diresse nella stanza da cui provenivano le voci, che si mescolavano animatamente. Non entrò subito. Si nascose, appiattendosi al muro, e piegò il collo per sbirciare l'interno del soggiorno. I tre genitori se ne stavano in piedi al centro della stanza, dialogando con enfasi. Delilah non tese neanche le orecchie, perché la sua attenzione fu totalmente catturata dal bambino che, poco più distante dal gruppo, si osservava intorno con aria impacciata. Assottigliò lo sguardo, ma proprio non riuscì a capire da cosa fosse travestito. Indossava dei pantaloni a quadri neri e verdi, una camicia bianca coperta da una giacca dello stesso motivo dei pantaloni e una cravatta, anch'essa a quadri. I capelli rossi invece, li teneva come sempre ben pettinati all'indietro senza alcuna ciocca in disordine.

La bambina fece un respiro profondo, poi uscì allo scoperto ed entrò nel soggiorno. Il primo a notarla fu proprio Aiden che, fermo al suo posto, fece scorrere gli occhi cristallini lungo tutta la sua figura. Delilah camminò verso di lui, rinchiusa in quell'abito bianco che scivolava ampiamente sul suo corpo. Sulla testa portava un cerchietto collegato ad un'aureola costruita con piume bianche, che sembravano fluttuare sui suoi capelli, legati in una morbida treccia che le ricadeva sulla spalla destra. Qualche ciocca ribelle era posata sul suo viso dai tratti delicati e, dietro di lei, due ali incombevano, candide e grandi.

Ad Aiden immediatamente tornò alla mente il giorno in cui si erano conosciuti e pensò che quel travestimento fosse adatto a lei perché, non appena la vide seduta tra la neve che quasi pareva far parte di lei, subito la ricondusse alla figura di un angelo.

Non comprese il motivo, ma non riuscì a spostare lo sguardo. Sentiva quasi come se una forza invisibile lo costringesse a guardarla. Doveva tenere tutto sotto controllo, e odiava non saper dare un nome a ciò che provò nel momento in cui i suoi occhi incrociarono quelli di Delilah. Per non parlare di tutte le volte che gli sorrideva, così allegra e impulsiva.

«Ciao», salutò lei quando gli fu di fronte. Fece scorrere le iridi color miele sul suo viso e quasi parvero brillare. «Cosa saresti?»
Aiden la guardò con serietà e, confuso, indicò i suoi stessi vestiti, come se fosse ovvio. «Uno studente delle medie».

Delilah inarcò le sopracciglia e si grattò con l'unghia la punta del naso, non sapendo come reagire. «L'anno prossimo tu sarai uno studente delle medie», ci tenne a sottolineare. L'amico fece un gesto della mano, rendendo palese il fatto che lei avesse risposto ai dubbi che la dilaniavano. «Esatto. Sarò, non sono. Quindi il travestimento è più che valido».

Delilah non ne fu completamente convinta, ma non poté controbattere perché la loro conversazione fu interrotta da Margareth. «Oh, ma come sei carina!» La liscia pelle delle sue guance assunse un colore più rosato e, seppur imbarazzata, ringraziò educatamente.

Aiden rifletté sul commento della madre.

Carina?

Non fu d'accordo con quel termine. Anzi, più ci pensava, più non riusciva a trovare una parola capace di descrivere Delilah. Lei era tante cose e "carina" era una parola talmente banale e soggettiva da non essere adatta. Niente sembrava esserlo con lei e ne fu infastidito, perché aveva trovato l'ennesima questione che la riguardava a cui non riuscisse a dare una risposta.

«Prima di andare a giocare vi compro il gelato. Che ne dite?» Le pagliuzze di Delilah brillarono ancor di più e con un urletto, riuscì a esprimere tutto il suo entusiasmo. «Sei il miglior papà del mondo!» urlò entusiasta, rispondendo all'uomo che aveva rivolto la domanda ai due bambini.

Aiden, invece, con gli occhi ancora fissi su di lei, si lasciò scappare un tenue sorriso che non riuscì a controllare perché sì, Delilah era persino capace di modificare le emozioni di Aiden e di renderle sue.

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