Capitolo 25

La radio locale, in sottofondo, stava dando le ultime notizie. Un quindicenne, Sebastian Rush, aveva aperto il fuoco con un fucile semiautomatico nel quartiere di Downtown quella mattina, a partire dalle ore 9:22.

L'intervento delle forze dell'ordine era stato repentino e letale. Il quindicenne, infatti, era stato colpito da un'agente, dopo che un suo collega era rimasto ferito per mano del ragazzo.

Il movente era da definire, ma altri dati erano certi: quattro morti, escluso Sebastian, e diciassette feriti.

James decise di cambiare stazione radio, cercando della musica che non gli facesse salire i nervi a fior di pelle. Tamburellò le lunghe dita sul volante, tenendo il ritmo, mentre guidava per le strade ghiacciate della città.

Sarebbe dovuto passare a prendere Delilah per l'ora di pranzo, ma aveva pensato di andare in anticipo per trascorrere con lei più tempo possibile. Erano quasi le undici, quindi sperò di trovarla sveglia.

Alzò il volume della musica e un sorriso gli illuminò il volto nell’udire la familiare melodia. Stavano passando Born to be my baby, la canzone che le cantava sempre per farle tornare il buon umore.

Funzionava.
La prima volta accadde diciotto anni prima, tra i corridoi silenziosi della scuola. Aveva sentito Bridget piangere, nascosta in un angolo dove credeva di essere al sicuro. Tra loro non c'era mai stata simpatia, anzi, spesso si evitavano, ma qualcosa in lui non sopportava l'idea di vedere i suoi grandi occhi azzurri offuscati dalle lacrime. Senza dire nulla, come se fosse lì per caso, iniziò a cantare quella canzone. La sua voce era stonata, e il ballo che improvvisò era un miscuglio goffo di movimenti impacciati, ma il suo unico intento era strapparle un sorriso, anche solo per un istante. Ci riuscì, perché in un attimo, la risata di Bridget gli aveva solleticato i timpani.

Sospirò, e il sorriso gli si affievolì lentamente, riducendosi a una leggera curva sulle labbra. Continuò a guidare per qualche metro, poi svoltò a destra. Lanciò uno sguardo all’abitazione, aggrottando le sopracciglia mentre un senso di inquietudine lo assaliva. Fuori la porta si trovavano due uomini, intenti a parlare con Bridget.

Trovò subito un posto libero e parcheggiò senza preoccuparsi di sistemarsi come avrebbe dovuto. Non fece alcuna manovra, lasciando l'auto in diagonale, quasi come se fosse in preda a un'ansia che non riusciva a controllare. Spense il motore e uscì dall'abitacolo.

Cosa volevano quei due da sua moglie?

Avvicinandosi a loro, e affondando le scarpe nella morbida neve, percepì immediatamente che qualcosa non andava. Un'atmosfera tesa aleggiava nell'aria, come se un evento inatteso fosse imminente. Bridget era sulla soglia con gli abiti eleganti che indossava per il lavoro, e al collo aveva la macchina fotografica. Era tornata a casa per recuperare qualcosa?

Non era il modo in cui era vestita a preoccuparlo, ma piuttosto il suo volto pallido. Gli occhi, sgranati e privi di vita, trasmettevano un senso di paura e smarrimento. Le sopracciglia chiare erano inarcate verso l'alto, come se fosse stata colta di sorpresa. 

James notò le sue ginocchia tremare quando si resse allo stipite, sconvolta. Rimase colpito dalla sua postura fragile e dalla sua vulnerabilità.

Le pupille, prima perse nel vuoto, trovarono la figura dell'uomo, proprio alle spalle degli altri due. Il modo in cui lo guardò gli fece venire i brividi. Non erano piacevoli, niente affatto. In quel momento, provò terrore.

«James…» Un sussurro appena udibile, un suono flebile e vibrante. La osservò con la fronte lievemente aggrottata, confuso.

In quel momento, i due uomini si voltarono. Non li aveva mai visti in vita sua, ma nel notare un dettaglio, una stretta aggressiva si impossessò del suo stomaco. Indossavano semplici pantaloni e camicie, ma dal taschino era visibile il distintivo.

Erano agenti.

«Lei è il padre?» L'aria nei polmoni si mozzò e, con uno scatto, portò l'attenzione su Bridget. Lei provò a reggere il peso del suo corpo, gli occhi ancora sgranati e spiritati.

Barcollò, poi camminò verso James in maniera lenta, come se il cervello non riuscisse a connettersi o a mandare segnali ai muscoli. 

«Ci dispiace. Abbiamo già spiegato a sua moglie-» James smise di ascoltare, le loro voci parvero un brusio lontano, sfocato e indistinto. Si sentiva come se fosse isolato, mentre il mondo intorno a lui perdeva consistenza. Perché erano dispiaciuti? Dov'era Delilah? Si trovava da Aiden?

Le gambe di Bridget cedettero e, in uno scatto fulmineo, la sorresse. Le circondò il fianco per non farla cadere, ma parve non avere più forze. Il suo corpo tremante si appoggiò a lui, sembrava che ogni istante le sottraesse un po' di vita. Con le sue dita sottili, strinse il tessuto del cappotto di James, come se volesse rimanere ancorata alla realtà. Lui la guardò, piccola tra le sue braccia, e il cuore saltò un battito. 

«…obitorio». Fissò di nuovo i due agenti, stralunato. La donna, stretta a lui, cominciò a piangere. «Cosa?» Chiese James. Era confuso. Tremendamente confuso. Non capiva cosa stesse accadendo. Sembrava che la mente non volesse assimilare le informazioni.

Uno dei due uomini sospirò ma, per rispetto, ripeté per l'ennesima volta ciò che aveva detto. «Dovete venire a riconoscere il cadavere, si trova in obitorio».

Silenzio.
Poi un urlo disumano squarciò l'aria tesa. 

Bridget gridò forte, disperata, con tutta l’aria che aveva in corpo. Si strinse ancor di più a lui, mentre le lacrime continuavano a scorrere, inarrestabili. Ogni singolo sobbalzo del suo corpo trasmetteva l'intensità della sua angoscia, mentre il mondo attorno a lei sembrava svanire, lasciando solo il suo tumulto emotivo. «La mia bambina!» 

Il cuore di James parve fermarsi, un dolore acuto che gli serrò il petto. Ignorando i due agenti, tornò a fissare sua moglie. No…doveva esserci un errore.

Il volto di Bridget era completamente bagnato dalle lacrime e dalla sua gola continuavano a risalire altre urla. Ogni grido sembrava spezzarle l'anima, perché sua figlia, una parte di lei stessa, non c'era più. Era morta. E quella realtà insopportabile si rifletteva in ogni lacrima, in ogni spasmo, mentre il mondo intero sembrava crollare intorno a lei. 

Come era possibile?

Non aveva senso.

Eppure, da quando la morte aveva mai avuto un senso? Poteva arrivare in un istante, senza preavviso. Era spietata, travolgente, maligna, e non faceva distinzioni. Colpiva senza pietà, lasciando solo un vuoto incolmabile. Nulla poteva preparare al suo arrivo, e quando lo faceva, tutto ciò che restava era un abisso di dolore e incredulità. La morte non avvisava, né tantomeno lasciava scrupoli.

James sentì anche le sue gambe tremare, la debolezza insinuarsi nel suo corpo. Cercò di rimanere in piedi per sorreggere Bridget, ma nella sua mente tutto era confuso, incomprensibile. Non voleva capire. Come poteva una persona smettere di esistere così, all'improvviso? Quel pensiero lo travolgeva, sembrava assurdo, irreale. Era come se l'universo intero avesse perso ogni logica. La vita poteva davvero svanire in un battito di ciglia, lasciando solo un'ombra di ciò che era stata?

La gola gli si serrò, e il dolore divenne così intenso da sembrare fisico. Un disperato bisogno di vomitare lo assalì, mentre lo stomaco si contorceva in un groviglio di nausea e disperazione. Il suo corpo reagiva alla sofferenza con una violenza che non poteva controllare.

Il cervello cercava, invano, una spiegazione; qualcosa che rendesse quell’orrore comprensibile, ma ogni tentativo falliva, lasciandolo prigioniero di un vuoto angosciante e incolmabile.

Aveva perso quasi tre anni di vita della persona che amava di più al mondo. Per puro egoismo, per totale vigliaccheria. E se prima rimandava il momento per riconciliarsi con sua figlia, ora non poteva più. Era un padre che aveva perso non solo il suo scricciolo, ma anche la possibilità di ricominciare, di riscrivere un nuovo capitolo della loro storia.

La nausea non cessava, la confusione non accennava a diminuire. Il suo corpo era scosso dai tremori, mentre le immagini della sua piccola gli invasero la mente. Il suo caratterino spigliato, la sua intelligenza, il primo dentino, i suoi primi passi…da quando aveva imparato a camminare, inseguiva il suo papà ovunque. Lo rincorreva, gli saltava sulle spalle, se lo coccolava. 

Non avrebbe più sentito la sua dolce risata? 

Non avrebbe più visto quelle iridi color miele, che nonostante avessero affrontato momenti bui, non avevano mai perso il loro bagliore?

Sentiva tutto ovattato, la vista appannata da un velo di lacrime. L’unica cosa a tenerlo ancorato alla realtà era quel dolce profumo familiare della donna che amava. Era un aroma che evocava ricordi felici, momenti di intimità e calore, ma ora sembrava lontano, quasi sfuggente, come un ricordo sbiadito, che si era affievolito nel tempo.

Bridget ormai aveva le ginocchia affondate nella neve fredda. L’acqua filtrò attraverso i pantaloni, ma non le diede fastidio. Era completamente svuotata, come se ogni emozione fosse stata risucchiata via attraverso le grida terrificanti.

Obitorio…era lì che avrebbe dovuto vedere sua figlia? La sua migliore amica?
Sempre vivace, spontanea, dinamica e coinvolgente, la ragazza parlava ininterrottamente, come una macchinetta. Le raccontava ogni dettaglio della giornata: le emozioni che l’avevano travolta, gli sguardi che l’avevano incrociata, i timori che l’avevano accompagnata. Ogni parola era un lampo di vita, un riflesso di un mondo che sembrava inaccessibile ora. Ma quella vitalità, quel fervore, si erano dissolti in un silenzio assordante.

Come avrebbe affrontato, in quella stanza fredda, il suo opposto? In che condizioni avrebbe trovato il corpo ingrigito, spento e privo di qualsiasi sentimento? La vista di quella figura inerme, sdraiata su un lettino, silenziosa e…morta.

Bridget si lasciò andare, rannicchiandosi contro il corpo di James, che si era calato anche lui sulle ginocchia. La sua pelle, in quel momento, sembrava l'unica fonte di calore contro il gelo che le attanagliava il cuore. Era come se il freddo del mondo esterno si fosse riversato dentro di lei, bloccando ogni emozione, ogni respiro. Eppure, quel lieve contatto fisico rimaneva l’ultimo legame con la realtà, l’unico frammento di vita che cercava di spezzare l’assoluta desolazione che l’aveva invasa.

Il silenzio che li avvolse in quell’istante era diverso da quello che li aveva accompagnati negli ultimi anni. Non era più fatto di distanze o incomprensioni. Era come se il dolore li avesse risucchiati in un legame più profondo, uno di quelli che solo la sofferenza più intensa può creare. Non servivano parole. La loro connessione, in quell'attimo sospeso, era più forte di ogni cosa: un silenzio che parlava di ferite condivise, di due persone che si stavano ritrovando nel cuore della tragedia. 

Anche nell’assenza fisica, la luce emanata da Delilah continuava a brillare. E lei, che ora era la stella più luminosa dell’universo, aveva appena esaudito il suo desiderio.

Terribile momento, me ne rendo conto, ma volevo fare un annuncio. "Sospeso", il mio racconto breve, verrà pubblicato con una casa editrice: la Ruby ink edizioni.
Se volete rimanere aggiornati, darò ulteriori dettagli su IG (@elladavis.writer)

P.s. non odiatemi

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