Capitolo 24

Età: 17 anni

Quella mattina si era svegliata con un'allegria insolita. Non riusciva a spiegarsi da dove provenisse quella felicità improvvisa, ma sentiva dentro di sé una sorta di elettricità, una vibrazione positiva che la riempiva. Ogni cosa attorno a lei sembrava più luminosa, più vivida. Il suo corpo rispondeva a quella sensazione, come se fosse pronta ad affrontare qualsiasi cosa la giornata avesse in serbo.

Mentre infilava il maglione di lana, ascoltava Savannah parlare dall’altro capo del telefono. «Sabato ci dobbiamo vedere assolutamente, devo raccontarti gli ultimi sviluppi».

Delilah si mise a ridere. Un paio di giorni dopo la festa di halloween, era andata in libreria per recuperare i cappotti che l’amica le aveva riportato. Entrando, però, era stata accolta da una scena insolita: Savannah era seduta sul bancone, mentre Leonard si trovava in piedi tra le gambe divaricate, intento a baciarla. «Sì, devi proprio aggiornarmi».

Dalla sera a casa dell’amica era passato quasi un mese, e nonostante avessero continuato a mantenere il contatto, non avevano avuto l'occasione di incontrarsi con calma. 

«Che farai oggi?» Delilah indossò i jeans e rimuginò per un attimo sulla giornata che l’attendeva. «Ora vado a comprare una cosa, poi pranzo con papà. Domani è il Ringraziamento, quindi anticipiamo di un giorno e- oh, mi ha scritto Aiden». Lanciando un’occhiata allo schermo, aveva intravisto l’anteprima di un messaggio. Non sapeva cosa le avesse scritto, ma un sorriso spontaneo fece capolino sul suo volto.

«Come va con lui?» Si sedette sul bordo del letto per infilare le scarpe. «Mi sembra di non essere mai stata così felice», rispose, nel modo più sincero possibile.

Savannah, dall’altra parte del cellulare, si fece sfuggire un sorriso. Era contenta per lei e soprattutto per il legame che si stava instaurando tra le due. «Ti lascio fare sexting con lui, allora».

Delilah scattò in piedi, il calore che le salì fino agli zigomi. «Non abbiamo mai fatto sexting», precisò.

«È una buona occasione per cominciare. Ciao!» Non le diede tempo di ribattere, che riattaccò. La ragazza fissò lo smartphone per qualche secondo, poi scosse la testa divertita. 

Dopo aver afferrato anche la borsa, attraversò la casa fino al soggiorno. Il silenzio avvolgeva le stanze, interrotto solo dal lieve fruscio del suo passo sul pavimento. Oltre a lei, in casa era presente Doraemon, che con un miagolio sommesso si avvicinò di scatto, strofinandosi dolcemente contro le sue gambe. Un piccolo gesto familiare, che la fece sorridere. Delilah si abbassò sulle ginocchia e lo accarezzò sotto il mento. «Mi raccomando, fai la pappa. Ci vediamo stasera». Sfiorò il pelo morbido e pettinato, dopodiché si alzò per andare a prendere il cappotto dall’attaccapanni. 

Lo indossò, poi aprì la porta. Il gatto la seguì con lo sguardo, ma non fece alcun movimento per seguirla. Uscì e l'aria fredda la colpì in modo inaspettato, facendola rabbrividire. La mano tremava per lo sbalzo termico mentre cercava di inserire le chiavi nella toppa. Ci vollero un paio di tentativi prima che riuscisse a girarle e chiudere la porta dietro di sé. Cominciò a camminare, e nel mentre afferrò il cellulare per rispondere ad Aiden. Aprì la notifica e lesse le sue parole.

Alle 10:00 a casa mia.

Inevitabilmente, il suo volto si illuminò in un sorriso radioso. Gettò un’occhiata veloce all’orario nell'angolo in alto a destra dello schermo: c’era ancora molto tempo a disposizione. 

Sapeva perché le aveva dato appuntamento: da qualche anno a quella parte, avevano deciso di scambiarsi i regali per il Ringraziamento. Non era mai stato un accordo ufficiale, ma qualcosa che si era evoluto naturalmente. E, come ogni anno, Delilah non riusciva mai ad aspettare il giorno preciso. L'impazienza li portava a scambiarli sempre il giorno prima. E Aiden si era adattato malgrado la frustrazione. 

E se mi presentassi alle 9:59?

Rimarrai un minuto fuori
casa. Tanto so che non accadrà.  

Una volta qualcuno mi disse:
“non puoi avere la certezza 
di un evento futuro”

Puoi averla, se fai dei calcoli.
E in tutti questi anni non sei mai 
stata in orario.

Magari ti stupirò.

Non ci credi neanche tu.

Allora mi aspetterai?

Delilah inviò quel messaggio e attese, con le dita intorpidite dal freddo. Vide tre puntini sullo schermo, segno che Aiden avesse cominciato a digitare. Il cuore le prese a battere più forte.

Sono tremilaottocentocinquantatré
giorni che ti aspetto, ormai.

Sapeva che dal suo punto di vista non fosse una frase romantica, ma Delilah avvertì comunque il cuore balzarle in gola. Comprese che si trattasse dei giorni passati da quando si erano conosciuti, e sapeva benissimo che lui non tenesse il conto. Aveva semplicemente fatto un calcolo, ma non riusciva a trattenere il sorriso radioso che si era impossessato del suo volto.

E dovranno passarne ancora

molti…Ci vediamo.

In realtà, comincio a pensare 
di star diventando miope.

Scoppiò a ridere, incurante degli sguardi curiosi delle persone che le camminavano accanto. Era come se in quel momento nulla potesse toccarla o distrarla. La sua risata spontanea riempiva l'aria e, anche se sapeva di attirare l'attenzione, non le importava affatto.

Lo salutò e gli scrisse di amarlo. Da quando lo aveva pronunciato la prima volta, non si stancava mai di ripeterlo e, anche se non glielo diceva mai, Aiden adorava sentirlo. Ripose il cellulare nella borsa e infilò le mani nelle tasche. Non riusciva più a piegare le dita per quanto facesse freddo. 

Si guardò intorno per orientarsi, poi svoltò a sinistra. Nell’aria avvertiva quell’odore che sembrava non sapere di nulla, eppure era inconfondibile: delicato, fresco, quasi etereo. Era quella sensazione sottile, difficile da descrivere, che però preannunciava l’arrivo imminente della neve. L’aria sembrava più pulita, come se tutto intorno stesse trattenendo il respiro, in attesa che i primi fiocchi cominciassero a cadere.

La sua mente venne affollata da diverse idee. Le sarebbe piaciuto andare, ancora una volta, a pattinare con Aiden. Le stava persino sfiorando l'idea di passare un weekend sola con lui nei dintorni, nel periodo natalizio. Un paio di giorni insieme, lontani da tutti e chiusi nella loro bolla.

Ci pensò qualche minuto finché, in lontananza, non vide il mercatino dell'usato. Euforica, aumentò il passo, facendo attenzione a non scontrarsi con altre persone. L'asfalto, sotto di lei, aveva una patina di brina, che scricchiolava ogni qualvolta venisse a contatto con le scarpe.

Arrivata all'entrata del negozio, si fermò un istante davanti alla vetrina. L'oggetto che cercava era ancora lì, esposto esattamente come l'aveva visto l'ultima volta. Un piccolo sorriso le si formò sulle labbra mentre lo osservava, come se la sua presenza avesse confermato qualcosa di importante. Si perse per un attimo a osservarlo. Si accovacciò e il cuore le si strinse in una morsa quando scorse due bambini giocare tra la neve.

In un attimo, capì perché si sentisse così attratta da quella palla di vetro: erano loro. Ritraeva il primo incontro di Delilah e Aiden. La osservò, per qualche secondo, con lo sguardo dolce. Aveva deciso: l'avrebbe acquistata per poi regalarla a lui.

Si rimise in piedi e, senza ulteriori indugi, entrò. «Buongiorno», salutò. Osservò gli oggetti di antiquariato che riempivano il negozio, disposti con cura su scaffali e tavolini. C'erano vecchi mobili scolpiti, libri dalle copertine consumate, orologi e curiosità di ogni tipo che sembravano raccontare storie di tempi passati. L'atmosfera calda e silenziosa del negozio la invitava a curiosare, a perdersi tra quegli oggetti che avevano vissuto tante vite.

Eppure, nonostante la tentazione di fare una rapida giratina, si trattenne. Almeno quel giorno, non voleva arrivare in ritardo.

Una donna anziana si affacciò dalla stanza del personale, e sorrise cordiale a Delilah, la quale ricambiò gentilmente. «Buongiorno, tesoro». Tolse gli occhiali tondi dai capelli e li mise sul naso, poi fece qualche passo in direzione della fanciulla. «Sei interessata a qualcosa di particolare o vuoi dare solo un'occhiata?»

Delilah tolse le mani completamente rosse per il freddo dalle tasche e con il pollice sinistro indicò dietro di sé. «Vorrei comprare la palla di vetro esposta».

La donna annuì e rapida camminò verso il punto indicato. «Ma certo». La ragazza la seguì con lo sguardo, senza muoversi di un millimetro, poi affiancò l'anziana per raggiungere la cassa.

«Mi portano qualsiasi cianfrusaglia, ormai», borbottò. Delilah posò nuovamente lo sguardo su quell'oggetto, e sorrise. «È molto carina. L'avevo già notata qualche giorno fa, mentre passavo con l'auto».

L'altra sbuffò una risata, poi passo le dita sotto le spesse lenti, sulle palpebre stanche. «Questi oggetti sono belli solo quando assumono un significato, altrimenti sono solamente degli acchiappa polvere».

«Per me ha un significato. Probabilmente è l'unico regalo sensato che abbia mai fatto in vita mia», ribatté, divertita. Era sempre stata una frana nel fare i regali, ma era certa che quella volta avesse fatto centro.

La donna ricambiò il sorriso contagioso della ragazza. «Deve essere una persona importante, allora». Il petto di Delilah fu invaso da un senso di calore, un senso di tenerezza che la avvolse. «Molto».

Prese il portafoglio dalla borsa, poi diede la somma precisa all'anziana. «Vuoi una busta o preferisci che ti cerchi una scatolina?»
Delilah scosse la testa, poi afferrò l'oggetto, liscio e freddo al tatto. «La ringrazio, ma tanto lo porterò subito al destinatario». Il suo sorriso venne ricambiato ancora, quando la salutò con un cenno. «Buona giornata».

Nel momento in cui uscì, avvertì qualcosa di strano. Sentiva, in maniera delicata, qualcosa che si posava sulla sua testa. Incredula, alzò lo sguardo al cielo. Tenne il naso all'insù e sulla punta le finì qualcosa di bagnato. Sgranò le palpebre e immediatamente sorrise. Portò, la mano libera a mezz'aria, con il palmo rivolto verso l'alto. Candidi fiocchi di neve scivolarono tra le dita.

Aveva finalmente cominciato a nevicare.

Rimase immobile qualche attimo, lo sguardo rivolto al cielo, a contemplare quella magnificenza cadere soave. Poi, allegra, si ricompose per riprendere a camminare.

Nonostante il freddo che le entrava fin dentro le ossa, lasciò entrambe le mani libere. Alzò la palla di neve per contemplarla, poi la scosse lasciando che, anche lì dentro, nevicasse.

La fissò assorta, completamente rapita dai ricordi che le affollavano la mente, finché non si sentì costretta ad arrestarsi sui suoi passi.

Alcune persone, prima calme e composte, avevano cominciato a urlare. Iniziarono a correre in diverse direzioni, i volti contorti in un'espressione di puro terrore. 

Si guardò attorno, confusa, cercando di comprendere cosa stesse accadendo. La scena si era fatta caotica in un attimo. Una donna, con il volto solcato dall'ansia, corse dalla parte opposta, un bambino in braccio che piangeva disperato, il suo pianto straziante risuonava nell'aria gelida. Delilah si sentì sopraffatta da quell'improvviso tumulto.

Nel passare accanto a lei, la donna la urtò con forza, colpendole la spalla. Delilah barcollò, perdendo per un attimo l'equilibrio. Ma in qualche modo, con un riflesso impeccabile, riuscì a rimanere in piedi, le dita della mano strette attorno al regalo di Aiden, come se fosse l'unica cosa che la legava alla realtà. 

Prima che potesse comprendere qualcosa, anche solo ragionare per allontanarsi e fuggire da qualsiasi cosa stesse accadendo, un uomo si accasciò al suo fianco.

Cadde a peso morto, senza esitazione.

Guardò la scena come se fosse a rallentatore, poi sgranò le palpebre. Il cuore prese a battere furioso quando notò l'asfalto, coperto da un sottile strato di neve, colorarsi di rosso.

Si immobilizzò. 

Quell'uomo era stato appena colpito. 

Da chi?
Da dove proveniva il colpo?

Si guardò intorno, le persone ancora gridavano a pieni polmoni, come impazzite. L’aria era carica di tensione, e Delilah si sentì come se stesse assistendo a una scena da incubo. Le urla si mescolavano ai suoni di passi frenetici. 

In quel momento, dal cellulare di tutti i presenti cominciò a diffondersi un allarme fastidioso, in intermittenza, mandato tardivamente.

Iniziò a indietreggiare, completamente avvolta dalla paura. Pensò di seguire la massa, di voltarsi e scappare. Di salvarsi.

Ma non fece in tempo.

Proprio quando stava per girarsi, avvertì un bruciore improvviso all’addome. Quel punto le fece talmento male che un gemito soffocato le uscì dalle labbra. Un dolore acuto la travolse, come se un fuoco ardente si stesse diffondendo in tutto il suo corpo. Non solo l’addome, ma ogni poro della sua pelle sembrava bruciare, come se una fiamma inestinguibile l’avesse avvolta dall’interno.

Non si rese conto di cosa fosse accaduto. Le gambe divennero pesanti e non riuscì a fare alcun passo. Posò le dita sul punto in cui partiva il dolore acuto e quando le portò davanti agli occhi, le vide sfuocate. Tuttavia, riuscì a scorgere del fluido scarlatto colare.

Un senso di vertigine la colpì. Il dolore continuava a farsi sentire, avvolgendo ogni pensiero razionale. Delilah si sentì sopraffatta, il suo corpo stava cedendo a quel tormento.

Disorientata, guardò le poche persone che ancora si disperdevano per l’isolato. Un uomo la urtò e lei, priva di forze, cadde a terra. Nell’impatto, la nuca cominciò a far male. 

Guardò il cielo, che ancora donava fiocchi di neve in abbondanza, e provò a muovere i muscoli, inutilmente. Non volevano seguire i suoi comandi. Non sentiva neanche più le dita stringere saldamente il regalo di Aiden.

Era strano, perché le sembrava di provare dolore in parti inesistenti. Ogni attimo che passava, il dolore si intensificava, diventando talmente acuto che a stento riusciva a tenere le palpebre alzate. I suoni intorno a lei si facevano confusi, come se provenissero da un lontano ecosistema, e la sua mente era annebbiata, incapace di elaborare completamente ciò che stava accadendo. La ragione sembrava sfuggirle come sabbia tra le dita.

Le avevano sparato.

Qualcuno stava premendo il grilletto per colpire la folla.

Perché?

Per quale assurdo motivo?

No.

Non poteva permettere di starsene immobile, logorante. Doveva sbrigrarsi. Si era ripromessa di arrivare in tempo; lui la stava aspettando.

Tentò di muoversi, il volto completamente contorto in una smorfia. Non ci riusciva. Si sentiva pesante. Un rantolo le salì per la gola. 

Aveva ancora tante cose da fare, tante cose da sperimentare. Doveva prendere la patente, supportata dal padre. Pranzare con lui, non solo quel giorno, ma per tutta la vita. Lo aveva appena ritrovato, non poteva essere lei ad abbandonarlo, quella volta. 

Sua madre…come poteva lasciare sua madre? Bridget, che già in piena adolescenza si era sacrificata così tanto per donarle tutto l’amore che aveva in corpo. Doveva parlarle, spronarla a dare un’altra possibilità a James, fare una vacanza con lei. Sì, sarebbero andate alle Bahamas, come aveva detto.

E Doraemon? Chi si sarebbe preso cura di lui?

Le lacrime le appannarono la vista già offuscata e il respiro le si affannò, perché non riusciva a farlo bene. Ogni volta che inspirava, le sembrava di soffocare. 

Una lacrima solitaria le cadde dall’occhio e le scivolò sul viso pallido. Detestava essere abbandonata, non poteva far sentire gli altri allo stesso modo.

Abbassò le palpebre, per non guardare quei fiocchi che tanto amava in quel momento tanto osceno. Tentò di immaginare tutto: i festeggiamenti per la patente, il viaggio sulla spiaggia, le fusa del gatto.

Si sarebbe dovuta incontrare con Savannah quel sabato. Le apparvero immagini sfuocate di loro due, in pigiama, a chiacchierare animatamente, i dolciumi sparsi sul divano: in quella visione, le stava raccontando la dichiarazione di Leonard. 

Le labbra, in un gesto appena accennato, le si incurvarono appena. Aiden ammirava il suo essere sempre solare. E lei stava sorridendo anche in quel momento, davanti alla morte.

La sua figura, proprio in quel momento, si palesò in maniera prepotente. Il cuore, che batteva lentamente, tremò. La stava aspettando. 

Chi si sarebbe preso cura di lui? Chi l’avrebbe amato in maniera spropositata, illuminandosi al solo sguardo? 

No, no, no.

Non poteva morire. No voleva farlo. Aveva così tanto amore da dare ancora. 

Aiden…il suo dolce, testardo e prezioso Aiden. Le sue dita si strinsero impercettibilmente sul suo regalo. Era certa che, anche senza di lei, avrebbe spiccato il volo. Si aggrappò a quella convinzione con le poche forze che le erano rimaste.

Non aveva più freddo. Non sentiva più niente. Neanche il dolore. Avvertiva un fischio nelle orecchie e, tra di esso, una sirena in lontananza.

Tuttavia, era tardi. Riservò l’ultimo pensiero al suo amato, poi esalò un breve respiro, mentre un’altra lacrima scivolò via dalle sue iridi, nuovamente rivolte verso il cielo.

La presa sulla palla di vetro si allentò ed essa, che aveva una crepa sul vetro, rotolò vicino al suo corpo. La bianca neve, che aveva assistito all’inizio del rapporto con Aiden, aveva appena visto anche la sua conclusione.

Era finito dove tutto era iniziato, con la differenza che, in quel momento, quel morbido candore si confondeva con il sangue ancora caldo, che pulsava di una vitalità sfuggente.

***
Lol.

Sparirò per un po', per fuggire da eventuali minacce.

A mia discolpa però, posso dire di aver lasciato qualche indizio al riguardo in alcuni capitoli.😭


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