Capitolo 11

Presente

Quella sera portai la coperta più in alto, come se solo avvolgendomi potessero proteggermi. Me ne stavo stesa a letto, stretta nel mio caldo pigiama a leggere un libro, per distrarmi dal temporale che si stava scatenando all'esterno.
Il meteo si era capovolto: il sole del pomeriggio era stato inghiottito da grandi nuvole scure, che in breve tempo avevano portato con sé una pioggia torrenziale, accompagnandomi fino a sera.

Un boato rimbombò nell'aria, seguito da un lampo che illuminò il cielo per un istante. Il vetro della finestra tremò, scosso dal tuono, dopo aver lasciato filtrare quella luce intensa per una manciata di millisecondi.

Sobbalzai e chiusi il libro di scatto. Non riuscivo a concentrarmi sulla lettura, quindi lasciai perdere. Portai il piumone fin sopra la testa, sperando di ovattare almeno un po' il rumore di fulmini e tuoni. Avevo sempre avuto paura dei temporali; mi trasmettevano una sensazione di ansia e angoscia che non riuscivo a scrollarmi di dosso. Ma negli ultimi anni, quella paura si era tinta anche di tristezza. Era come se il temporale riportasse a galla il ricordo doloroso della disfatta della mia famiglia.

Sentii il cellulare squillare e, senza abbassare le coperte, scoprii il braccio per tastare il comodino al mio fianco. Nel momento in cui lo afferrai, lo portai vicino al mio orecchio e, senza vedere chi fosse, risposi. «Pronto?»

Immediatamente la voce familiare di Margareth solleticò il mio timpano. «Tesoro, scusa il disturbo. Volevo vedere se fosse tutto a posto. Qui il quartiere ha subito un blackout».

«Per il momento qua la corrente c'è ancora», risposi dopo aver constatato la presenza della luce che filtrava attraverso la coperta. Sentii in sottofondo la voce di Aiden chiedere chi fosse e la melodia di quel suono mi portò a deglutire. Sdrusciai i piedi l'uno contro l'altro per la tensione improvvisa. «È Delilah», affermò la madre a bassa voce, poi si rivolse di nuovo a me. «Ho provato a contattare Bridget ma non risponde».

«L'ho sentita poco fa, non prende molto nel luogo in cui si trova». Rimase in silenzio qualche secondo, tanto che pensai fosse caduta la linea. «Sei sola?»

«Sì», risposi semplicemente.

«E hai biso- Aiden! Aiden, dove vai? Sta diluviando!» Mi misi immediatamente a sedere e la coperta scivolò via dal volto. Sentii la testa vorticare per lo scatto improvviso, ma non gli diedi peso. «Che succede?»

Udii Margareth borbottare qualcosa, preoccupata. Sentii dei tuoni provenire dall'altro capo del telefono, come se fosse uscita di casa. «Non lo so. Aiden ha iniziato a correre all'improvviso ed è andato via» spiegò. «Non so cosa gli sia preso, non ha neanche preso il cellulare o un ombrello».

Mi misi in piedi ed entrai a contatto con il pavimento gelido che, come ogni volta, mi fece salire un brivido lungo tutto il corpo. «Non riesco più a vederlo, dovrei andare a cercarlo». Il panico nella sua voce era papabile, ma provai a tranquillizzarla come potevo.

«No, resta lì, potrebbe tornare. Vado io».

«Ma-». Non le diedi modo di opporsi che la interruppi. «Fidati di me, ti aggiorno». Chiusi la chiamata e quasi lanciai il telefono sul materasso per fiondarmi verso l'armadio. Afferrai dal suo interno la prima felpa che trovai e, senza aspettare troppo, la infilai senza neanche togliermi il pigiama. Decisi di indossare le scarpe senza mettermi i calzini: non avevo tempo da perdere.

Ripresi il cellulare e lo infilai nella grande tasca sull'addome, dopodichè corsi fuori dalla camera e mi diressi verso l'atrio della casa. Afferrai le chiavi dal loro solito posto e uno degli ombrelli dal secchio posto vicino l'ingresso. Tuttavia, non appena aprii la porta, tutta la mia fretta svanì di colpo.

Mi bloccai con ancora la mano sulla maniglia e guardai davanti a me. La fioca luce data dal lampione mi permise di distinguere la figura di Aiden, chinato in avanti per riprendere fiato. Si rese conto che la porta era aperta, quindi alzò la testa per guardarmi. I capelli rossi erano disordinati e alcune ciocche erano appiccicate alla fronte. Indossava un semplice pigiama che gli si era incollato addosso a causa della pioggia.

«Che ci fai qui?» Avanzò di un passo e io indietreggiai per indurlo a ripararsi. Se ne stava a pochi centimetri da me, tanto che sentivo l'aria fredda che lo circondava. Dietro di lui, la tempesta come sfondo, che portava disordini in città.

Schiusi le labbra, un misto di confusione e sorpresa. Non rispose, il suo respiro si stava stabilizzando. Alzò le mani per togliersi le cuffie antirumore e, in un gesto inaspettato, le allungò verso il mio viso, per poi poggiarle sulle mie orecchie. Immediatamente, tutti i suoni di sottofondo cessarono e un senso di calma si fece largo in me. Delle gocce di pioggia caddero sulle spalle, ma non ci badai. «Adesso ne hai più bisogno tu».

Aiden sapeva. Sapeva del mio terrore per i temporali e aveva sentito che mi trovavo a casa da sola. Era per questo che aveva corso sotto la pioggia, senza neanche pensarci due volte?

Il mio cuore, quel maledetto, aumentò di velocità mentre il solo pensiero di ciò che avesse appena fatto, mi fece sciogliere come burro al sole. Non riuscivo a muovermi. Volevo solamente rimanere lì, a guardarlo estasiata, desiderosa di baciarlo, incurante del fatto che mi sarei bagnata insieme a lui.

Non feci nulla di tutto ciò.

Dopo averlo fissato per qualche istante con le labbra schiuse e il petto che si muoveva rapido, mi spostai per farlo entrare e chiusi la porta di ingresso. Sfilai il telefono e cercai il contatto di Margareth per rassicurarla e dirle di non preoccuparsi. Dopodiché, mi rivolsi di nuovo ad Aiden, che mi dava le spalle. «Vai a farti una doccia, dovrei avere un tuo pigiama e la tua biancheria».

Non fiatò e, come un automa, si diresse in bagno. Con le dita sfiorai le cuffie ancora bagnate sulla testa e sentii lo stomaco contrarsi. Camminai e me le tolsi per un attimo, giusto il tempo di levarmi la felpa, che posai alla rovescia sulla sedia in camera mia. Indossai nuovamente le cuffie e guardai l'indumento. Sbuffai e decisi di rigiralo e piegarlo, perché se non l'avessi fatto io, lo avrebbe fatto Aiden.

Mi sfilai le scarpe senza nemmeno abbassarmi, usando semplicemente i piedi per farle scivolare via, e mi accomodai sul letto. Sistemai il cuscino contro la testata e mi sedetti, appoggiandomi comodamente a essa. Presi tra le mani il libro che avevo tentato di leggere poco prima e lo aprii alla pagina in cui mi ero fermata. Due ragazzi, amici da sempre, si erano resi conto di amarsi. Entrambi provavano sentimenti contrastanti e nessuno dei due aveva il coraggio di dichiararsi, finendo poi ad avere accanto persone per cui non provavano niente, giusto per il gusto di avere una relazione.

Non riuscii a proseguire. Dovetti rileggere la stessa frase per comprenderla. Avevo la mente in subbuglio per due ragioni: per la trama che calzava a pennello e per l'idea del gesto che aveva appena compiuto Aiden.

Un sospiro tremolante fuoriuscì dalle mie labbra e chiusi il libro, perché nel giro di cinque minuti avevo solamente letto una pagina, più e più volte. Piegai le ginocchia e le avvicinai al petto. Con le dita, presi a tamburellare sul ginocchio, come se potessi alleviare la tensione. Percepii un movimento d'aria, quindi mi voltai verso la porta, da cui era appena entrato Aiden.

Con un asciugamano si tamponava i capelli che avevano un tono più scuro a causa dell'acqua, mentre un altro asciugamano gli circondava ben poco. La stoffa bianca compariva all'ombelico e cessava di esistere a metà coscia.

Distolsi immediatamente lo sguardo, presa da un lieve imbarazzo. Mi schiarii la gola e mi costrinsi a togliermi l'immagine dalla mente. Aiden non aveva il fisico palestrato o da atleta, non aveva addominali né tantomeno bicipiti pompati. Era tutto lievemente accennato e io lo trovavo bellissimo.

«I vestiti», La sua voce mi arrivò ovattata e mi ricordai che non gli avevo preparato nulla talmente ero distratta. «Giusto, scusa», mormorai. «Controlla il secondo cassetto del mobile accanto all'armadio».

Continuavo a non guardarlo, ma lo sentii spostarsi, seppur i rumori mi arrivassero in maniera lieve. Quando con la coda dell'occhio lo vidi uscire, rilassai i muscoli contratti e inspirai in maniera profonda. Mi sentivo esposta, vulnerabile, e al tempo stesso incredibilmente viva. Il mio cuore si riempì di una dolcezza indescrivibile, ma allo stesso tempo c'era una paura sottile a farle compagnia.

Mi accorsi che le mie mani tremavano leggermente. Cercai di calmarmi, di respirare profondamente, ma nel momento in cui tornò, cervello e cuore andarono in tilt. Non potevo assolutamente reprimere i miei sentimenti.

Avanzò a passo deciso e mi passò davanti per raggiungere l'altro lato del letto, dopodiché si mise nella mia stessa identica posizione. Il suo braccio sfiorò il mio e io non riuscii a smettere di guardare il suo profilo. Le ciocche umide sparse sulla fronte e sulle tempie gli conferirono un'aria sbarazzina. Poche volte lo avevo visto con i capelli disordinati, ma mi piacque anche quella nuova visione.

«Hai freddo?» gli domandai, rendendomi conto che il suo pigiama fosse di semplice cotone. Scosse la testa in segno di negazione e io annuii.

Cercai di trovare un argomento, un qualsiasi argomento pur di parlare con lui. «Alla fine Ronald è riuscito a parlarti? Mi ha detto che non ne sembravi molto contento».

Notai un guizzo sul suo viso, segno che avesse serrato la mascella. «Come fai a saperlo?»

«Ieri pomeriggio ci siamo visti», scrollai le spalle. Mi sistemai contro la testata e guardai la scrivania davanti a me. «Oh», disse soltanto. Aggrottai le sopracciglia. «Cos'era quel 'oh'?»

«Un eslamazione di sorpresa».

«Sembrava più di delusione». Non rispose subito, parve riflettere sulla frase da formulare. «Era di sorpresa. Questa non deve essere per forza piacevole». Lo disse con una tranquillità che mi spiazzò. Voltai lo sguardo verso di lui, con le sopracciglia inarcate verso l'alto. Aveva un'espressione neutrale e non riuscii a decifrare i suoi pensieri. «Ti dà fastidio che ci siamo visti?»

Mi rispose con un'altra domanda. «Vuoi tornare con lui?»

«No», risposi senza esitare. «Non ho mai provato niente per lui». Vidi le sue spalle sobbalzare lievemente, come se le mie parole lo avessero colpito.

«Proveremo ad essere amici. Non siamo adatti per stare insieme».
«Te l'avevo detto».

Repressi un sorriso per il suo commento e guardai il suo profilo. «Ti dispiacerebbe vederci di nuovo insieme?»

Notai di nuovo la mandibola tesa. Sorvolò la domanda e cambiò discorso. «Hannah non ti sta molto simpatica, vero?» Riflettei sulla risposta. Quella ragazza non aveva fatto nulla di sbagliato, soprattutto nei miei confronti. Non meritava un odio infondato da parte mia. «Perché pensi questo?»

Vidi che prese a giocherellare con il tessuto della maglietta, muovendo le dita velocemente. «Me l'ha detto lei. Pensa che tu sia gelosa, ma io le ho detto che era improbabile. Non hai niente da invidiarle». Un altro battito saltato. Forse il modo in cui le aveva risposto era piuttosto sgarbato, ma mi concentrai sul fatto che lui non riteneva che lei avesse qualcosa in più rispetto a me.

Abbassai le cuffie sul collo e il mio respiro cominciò a diventare sempre più irregolare. Il mio petto si muoveva velocemente. Presa da un coraggio che non credevo facesse parte di me, abbassai le gambe e mi feci forza sul ginocchio destro, in modo tale da poter mettermi a cavalcioni su di lui.

Notai impercettibilmente le sue palpebre sgranarsi. «Cosa stai facendo?» Il suo tono di voce era più lieve e meno sicuro rispetto al suo solito. Le sue pupille vagarono su tutto il mio viso alla ricerca di una risposta, che diedi a parole. «Sto per baciarti, Aiden».

Il mio cuore pompava talmente forte, che attutì i fastidi della tempesta che si stava verificando a pochi metri da noi. Non disse nulla, sorpreso, ma avvertii il suo petto muoversi in maniera irregolare. Le sue braccia se ne stavano ai lati del suo corpo, rigide, e non fece nulla per fermarmi. Posai quindi le mie dita sul suo collo e lo accarezzai in maniera leggera, beandomi del contatto con la sua pelle liscia. Mi avvicinai sempre di più e spostai una mano sulla sua nuca. I nostri respiri si fusero e le nostre labbra si sfiorarono appena. Quello fu abbastanza per sentirmi logorare.

Stavo, finalmente, per far combaciare le nostre bocche, ma Aiden posò le sue mani sulle mie spalle e mi allontanò in maniera brusca. «Delilah, no».

Non riuscii a capire ciò che stesse accadendo. Lui, visibilmente agitato, mi stava rifiutando. Sentii il cuore farmi male, ma cercai di non mostrarlo. Nel momento in cui staccò il suo tocco, dovetti appoggiare la mano sul suo petto per non perdere l'equilibrio.

Attraverso la stoffa, sentivo un battito furioso che andava all'unisono con il mio. Non era la prima volta che lo avvertivo, ma ormai speravo non fosse più per i miei gesti avventati. Schiusi le labbra e guardai il punto in cui lo toccavo, mentre la speranza si accese in me.

«Lo senti anche tu che c'è qualcosa che non va? Gliel'ho detto a quel cardiologo che è un incompetente». Spostai il mio sguardo e feci scontrare le nostre iridi. Lui sembrava quasi impaurito. Avvertii gli occhi coprirsi di una patina di lacrime.

«Sei andato dal cardiologo?» gli domandai e a stento trattenni una risata. «Sì, non te l'ho mai detto per non farti preoccupare, ma credo di aver avuto spesso i sintomi di un infarto».

Spesso.

Lo sentii irrigidirsi mentre mi coprivo la faccia con le mani. Il mio corpo era scosso da singhiozzi. «Perché ridi e piangi nello stesso momento? Non sono ancora morto, anche se non capisco perché tu debba ridere al mio funerale». Parlava a vanvera e solitamente lo faceva quando era agitato. In altri momenti era più razionale, e parlava solo quando necessario. Tirai su con il naso e rimasi in silenzio. Non risposi, perché non avevo davvero una risposta. Ero solo... felice. Era una sensazione semplice, ma conteneva così tanto che non riuscivo a spiegarlo.

Tolsi le mani dal viso e afferrai con delicatezza quella di Aiden, che si trovava a distanza, quasi come se avesse terrore di toccarmi. Osservava ogni mio gesto con attenzione e provò a tirarsi indietro nel momento in cui avvicinai le sue dita al mio petto. «Fidati di me», sussurrai. Spostò le sue iridi cristalline nelle mie. Era confuso e le sue pupille vagavano senza sosta. Fece un sospiro tremolante e smise di opporre resistenza, così riuscii a far aderire il suo palmo appena sopra il seno. Il calore del suo contatto si propagò in tutto il corpo. Il solo sfiorarci sembrava una coccola.

Il cipiglio sulla sua fronte cessò di esistere. I lineamenti si rilassarono, e la sua bocca si schiuse leggermente.

Probabilmente, in quel momento gli fu chiaro che nessuno dei due stesse per avere un infarto. Rimase in silenzio, come se le parole gli fossero sfuggite, o forse semplicemente non sapeva cosa dire.

«Ho bisogno di risposte», sussurrai.

Lasciai andare la sua mano, che si staccò dal mio corpo. Cauta, mi avvicinai per accarezzare il suo viso pallido e lui non si oppose. Sembrava bramare anche lui quel contatto. «Quello che hai fatto stasera: correre in pigiama e pantofole sotto un temporale solo per raggiungere me...lo faresti per qualcun altro?»

«No». La sua voce era flebile e sconnessa, come se dovesse elaborare la situazione.

«Invece vorresti baciare qualche ragazza che non sia io. Non so, tipo Hannah?»

Quasi mi pentii di quella domanda, ma nel momento in cui vidi le sopracciglia aggrottate, il naso arricciato e gli occhi assottigliati per assumere un'aria disgustata, sorrisi. «No. Hai idea di quanti germi passerebbero? In dieci secondi possono essere scambiati fino a ottanta milioni di batteri, te ne rendi conto?»

Effettivamente, mi dovevo aspettare una risposta del genere. A quel punto ebbi un po' di timore nel porgi la domanda successiva. Le mie dita, sulla sua mandibola, ebbero un leggero tremore. «Quindi non condivideresti i germi neanche con me?» Mi venne da ridere per il modo in cui gliel'avevo impostata, ma la tensione dell'attesa era più grande.

Aiden guardò in automatico le mie labbra e si prese il suo tempo per rispondere, come se ci dovesse rimuginare su. Senza rendermi conto dell'avvicinamento, il suo indice accarezzò il contorno della mia bocca, mentre continuava a osservarla assorto.

Il respiro mi morì in gola. Non avevo il coraggio di fare alcuna mossa, desideravo solamente godermi quel momento. «Se ci baciassimo, dubito che penserei ai germi che possiedi».

Se possibile, il mio cuore andò più veloce. Mi tolse le cuffie che avevo al collo e le posò accanto a noi, solo per accarezzare quella curva. Notai che percorreva la traiettoria dei nei e con le sue dita finì sulla gola.

«Aiden, cosa ti viene in mente ogni volta che mi guardi?» Sistemò la schiena contro la testata del letto e i nostri addomi aderirono. Sentivo, sotto di me, le sue parti intime rigonfiarsi nel momento in cui anche io mi mossi per raddrizzarmi. Feci finta di niente e provai a frenare l'imbarazzo per concentrarmi sulla sua risposta. Fece un lieve sorriso, come se già avesse la frase pronta. «Che tu sei il mio equilibrio, Delilah».

Inspirai di colpo e mi morsi il labbro inferiore, per placare la mia voglia di far scendere di nuovo qualche lacrima. Per lui l'equilibrio era vitale. Qualcosa che faceva parte di lui e che gli consentiva di affrontare la quotidianità. Quindi, quella risposta da parte sua valeva più di mille 'ti amo'.

Non dissi nulla e provai di nuovo ad avvicinarmi. I nostri corpi si incastrarono alla perfezione. Riuscivo a sentire i suoi battiti frenetici e fui certa che anche lui percepisse i miei.

«Fa male», sussurrò e io capii immediatamente a cosa si riferisse.

«È un dolore piacevole», scandii lentamente.

Osservò di nuovo le mie labbra. «Il dolore non può essere piacevole. Questo aggettivo va totalmente in contrasto con la definizione di "dolore"». Mi venne da ridere. Stava farneticando.

Non ribattei e sfiorai il suo naso con il mio. Si ammutolì. Proprio come prima, i nostri respiri si scontrarono e le sue labbra timorose si sfiorarono con le mie.

Quella volta, però, non mi scansò. Allora, finalmente, le feci combaciare. Rimasi ferma qualche secondo per godermi la sensazione di quella morbidezza. Poi, sempre con la delicata dolcezza, cominciai a muovere la mia bocca sulla sua. I suoi movimenti erano incerti, come se non sapesse come fare. I miei, invece, erano poco più sicuri.

Fu lui a staccarsi quasi subito, ancora una volta. Scosse la testa, sembrava nel panico. «Non lo so, Delilah. Non capisco queste cose, non so come comportarmi».

Con la punta del naso, tracciai una linea immaginaria fino alla guancia, su cui posai un lieve bacio per rassicurarlo. «In tutti i gesti che fai c'è già amore. Ma per il resto, te lo insegnerò io».

«Ad esempio, come faccio a sapere quando è il momento giusto per baciarti?» Sorrisi. «Lo puoi fare ogni volta che ne hai voglia».

Osservò nuovamente le mie labbra e io feci altrettanto. Percepii il suo petto muoversi velocemente e, senza alcun preavviso, si fiondò sulla mia bocca. Ci baciammo di nuovo, in modo più vorace rispetto a poco prima. Le sue mani finirono sulla mia nuca, come se in quel modo potesse avvicinarsi di più. Fu come se una scossa attraversasse il mio corpo. Era delicato, timido e impacciato, ma carico di passione. Mi persi nella dolcezza del suo tocco, nel calore che irradiava. Ogni pensiero svanì, lasciando solo la pura e intensa sensazione di quel magico tocco.

Chiusi gli occhi, abbandonandomi completamente a quell'istante. Il tempo sembrava dilatarsi, ogni secondo diventava un'eternità di emozioni. Le sue labbra si muovevano con una tenerezza che non avevo mai provato, e ogni sensazione era amplificata, resa più viva.

Quando ci staccammo, mi sentii come se avessi appena scoperto un nuovo universo. Rimasi lì, con gli occhi ancora chiusi, assaporando la dolcezza che aveva lasciato sulle mie labbra. Provai a riprendere fiato e sollevai lentamente le palpebre, trovando il suo sguardo su di me, pieno di una luce che rifletteva esattamente ciò che sentivo.

Quel momento fu come una promessa. Una promessa di tutto ciò che poteva essere, di tutto ciò che stavamo appena iniziando a scoprire insieme.

La sua bocca rossa era ancora più accesa e il gonfiore dato dal nostro tocco gli conferì un'aria più sensuale. Notai le sue dita cominciare a tremare, segno che dovesse scaricare e sfogare tutti gli stimoli che aveva assorbito i quei pochi minuti.

«Serotonina e ossitocina si sono alzati», mi comunicò, scatenandomi un sorriso divertito. «Non solo quelli». Provai a sdrammatizzare per alleviare l'imbarazzo causato dal bizzarro momento.

Aiden mi parve pensieroso. «Ti riferisci alla dopamina?» La sua velata innocenza mi provocò una sincera risata. Finsi di rifletterci. «Testosterone, che influisce nella libido», ribattei, utilizzando i termini che tanto gli piacevano. Lui comprese e, in uno scatto automatico, guardò verso il basso, nel punto in cui i nostri sessi si toccavano. Notai le sue gote colorarsi del medesimo tono dei capelli e sorrisi ancora.

«Sono felice anch'io». Mi avvicinai e nascosi il viso nell'incavo del suo collo, per abbracciarlo e inspirare il profumo del bagnoschiuma che aveva utilizzato.
«Ho solo un cubo di Rubik che può esserti utile. Vado a prenderlo?» gli domandai, riferendomi alle sue mani tremanti.

Lo sentii muoversi sotto di me, dopodiché parlò. «No, voglio accarezzarti». Io annuii solamente, ancora ancorata al suo corpo.

Sentii le sue dita sfiorarmi da sopra la maglietta, quindi mi allontanai quanto bastava per afferrargli la mano e metterla al di sotto. I suoi polpastrelli vagarono con un tocco leggero sulla curva del mio fianco, dopodiché si spostarono sulla schiena.

Ci baciammo ancora e ancora. Alcuni scambi erano dolci e delicati, altri più feroci e intensi, come a voler desiderare di più. Le sue mani stringevano i miei fianchi, poi la curva del mio collo, quasi come se non gli bastasse.
Mi beai di quel momento e mi rilassai.

I tuoni, quella sera, non mi fecero più paura.

***
Come va? Che ne pensate? Immaginavate il primo bacio in un altro modo?

Vi avviso che d'ora in poi, non riuscirò a pubblicare tutti i giorni, perché i capitoli pronti cominciano a scarseggiare.
Spero che la storia sia di vostro gradimento❤️‍🩹

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