CAPITOLO 8

Questo Capitolo è dedicato a SunriseMassacre

UNA NOTTE SENZA IL GIORNO E UN GIORNO SENZA LA NOTTE.

La Sangue di Drago si erse solitaria all'alba, le quattro vele nere marchiate dal drago rosso, stagliata contro il rosa pallido del mattino.

"Sessatanquattro" dichiarò il capitano; Aegon, Daenerys, Verme Grigio e ser Humfrey in fila a guardarle, quelle navi, sparse tutte attorno all'ammiraglia.

L'interrogativo era uno solo. Dove erano le altre navi? L'ordine era, in caso di tempesta, di attraccare presso le coste più prossime ed inviare messaggeri a Pentos e Meereen.

Le navi, quelle più lontano, si stavano avvinando. Quantomeno, appena fossero state più attigue, avrebbero presto potuto sbarcare.

Lì sicuramente si sarebbero potute acquisire buone o cattive nuove sulla sorte delle altre imbarcazioni.

Di certo quella tempesta aveva sconquassato i loro piani, vedere navi Targaryen approdare ovunque - la speranza rimaneva immutata, quella che non fossero affondate - avrebbe presto messo in allerta le città tutte, le parole erano più veloci del vento, .

" A volte vere, spesso menzognere" pensò Daenerys Targaryen.

Spero che credano si tratti solo di dicerie.

Si portò via un rivolo di capelli che il vento le aveva portato sugli occhi. Poi un pensiero le attraversò veloce la mente come una lama di acciaio di Valyria

<< I draghi! Dove sono i mie draghi >> urlò la regina gardando quel cielo rischiarato da un sole sempre crescente. Non c'era traccia nemmeno di loro.

Jon Snow, rivolgendo lo sguardo a quella stessa distesa rosa arancione e azzurra ormai serena cercò di confortarla. << Stai tranquilla Dany, sai che nessuna tempesta potrebbe abbatterli. vedrai che presto torneranno.>>

Sorrise appena, sapeva che il suo Drogon e i figli del suo figlio primigenio, così come Redaros stavano bene, lo avvertiva, era una consapevolezza che nasceva dal fuoco che sentiva dentro, come se il suo sangue ribollisse insieme a quello dei suoi draghi. Ma la loro presenza, in un tale frangete, l'avrebbe sicuramente rincuorata non di poco.

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La Sangue di Drago, la Regina Daenerys e la Re Aegon furono le prime tra navi ad attraccare nel porto di Pentos, le altre si mantennero più lontane.

Tre grandi torri quadrate con i tetti di mattoni troneggiavano sulle altre, erano visibili anche oltre le mura della città.

Le porte furono aperte mentre Daenerys ed Aegon Targaryen, ser Humfrey Hightower e Verme Grigio sbarcavano circondati da un piccolo drappello di Immacolati per evitare di parere sul piede di guerra pronti ad attaccare. Il capitano della guardia cittadina, circondato anch'egli da uno sparuto numero di sentinelle, gli si fece incontro.

Ci fu un momento dai stallo generale, nessuno parlava, quando dalle retrovie, da dietro le porte porte di legno e bronzo della città, giunse inaspettata una voce trafelata. Si sarebbe detta di uomo appiedato, di corsa; in verità a sopraggiungere fu una portantina di oro decorata da sgargianti frange rosse, sostenuta da quattro corpulenti uomini delle Isole dell' Estate.

<< Aspettate , aspettate! >> La voce ansante proveniva da quel particolare mezzo di trasporto tipico delle terre di Essos, di coloro che avevano oro sonante per potersi permettere schiavi e lusso.

Daenerys rivide in un attimo, in una successione vorticosa di immagini, se stessa tredicenne, suo fratello Viserys, l'incontro con khal Drogo, il matrimonio. Non poteva esserci dubbio alcuno: quella voce, un pò più roca di quella che rammentava, era di magistro Illyrio Mopatis.

La portantina fu subitamente posata sui quattro trespoli di appoggio e due servi aiutarono Illyrio a discendere. Nonostante gli anni passati era restato un uomo grasso, ma a dispetto della sua mole abnorme, tuttavia si muoveva ancora con sorprendente leggerezza. Ad ogni passo rotoli di adipe tremolavano sotto gli ampi abiti di seta dai colori oltremodo vistosi.

<< Vostre magnificenze! >> La voce lieve di Illyrio trillò compiaciuta, mentre si appropinquava il più veloce possibile, quello a lui concesso, portandosi un fazzoletto di seta gialla a tamponare la fronte. << E' un piacere rivedervi dopo tanti anni. >>

Daenerys notò subito che il magistro, tranne che pingue, era cambiato tanto nell'aspetto. Aveva molte più rughe e pesanti borse sotto gli occhi e i capelli, un tempo biondi, erano divenuti quasi bianchi, ma non aveva comunque perso l'abitudine di farsi lucidare la barba. Le sue mani traboccavano come solito di anelli d'oro e d'argento, ornate da pietre di ogni tipo e colore e continuava a nascondere il suo sgradevole odore con l'aiuto di profumi penetranti.

<< Suvvia! Non vorremo restare qui. Avremo modo di parlare nella mia modesta magione, se mi farete l'onore di essere miei sentitamente graditi ospiti. >>

Bastò uno dei suoi luminosi sorrisi, nessuna parola per far capire a magistro Illyrio che era più che lieta di tornare in quella casa.

Poco dopo giunse una portantina più grande, se possibile ancora più sfarzosa della prima: oro pietre preziose incrostate in ogni dove, frange colorate, pacchiana l'avrebbero definita Jon e Dany, ma Illyrio e Essos, nelle sua parte opulenta, era così, cacofonica di colori, esagerata, sguaiata.

Quel secondo mezzo di trasporto era naturalmente stato riservato ai sovrani di Westeros. Ser Humfrey e Verme Grigio proseguirono a cavallo. I sotto ufficiali avrebbero provveduto a coordinare l'equipaggio delle navi in attesa di nuovi ordini. Le altre, almeno per il momento non avrebbero attraccato, restando comunque all'interno della Baia di Pentos in attesa di istruzioni.

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Daenerys Targaryen ricordava ogni dettaglio della magione di Illyrio Mopatis, l'entrata preceduta dal lungo viale costeggiato da alberi di limoni, peschi, aranci e mandarini, la glicine viola a stringerli in un abbraccio dal tenue profumo, la scala sormontata con la tenda a strisce gialle e bianche per pararsi dal sole. Fu un tuffo in un passato che le sembrava lontano secoli. Eppure aveva appena ventotto anni, ma le turbolenze che avevano attraversato la sua vita, gli eventi sovra naturali che l'avevano vista protagonista, la lotta contro il re della notte: le sembrava come di aver vissuto due vite. Si sentiva più vecchia di quella che in realtà era. Non nell'aspetto, nulla di molto dissimile era il suo viso rispetto alla tredicenne che incontrò Drogo in quello stesso giardino, ma per le tante, troppe cicatrici che difficilmente si sarebbero potute rimarginare. Sentì la mano dolce di Jon posarsi al centro della sua schiena. << Stai bene. >>

<< Ora si! >> Accostò leggiadra il capo sulla spalla del suo amato, i lunghi capelli d'argento e oro che ondeggiavano lievi, un mantello di luna sulle spalle di lui.

Salirono insieme mano nella mano quelle scale, seguiti da Verme Griglio e ser Humfrey. Il drappello di cinquecento Immacolati avrebbe trovato posto nella grande magione di Mopatis mentre i cinquecento membri dell'esercito regio sarebbero restati accampati nelle terre intorno al porto di Pentos.

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Aveva deciso di soggiornare nelle camere che furono sue tredicenne. Amava guardare fuori dall'ampio balcone dai pilastri intarsiati, che le lasciavano esposto uno splendido squarcio del Mare Stretto.

Si recò nella camera da bagno, la prima ad essere stata tutta sua, la vasca con le sue forme squadrate incoronata da quattro colonne avvinghiate dalla glicine bianche, leggeri veli di seta che ondeggiavano a impreziosirla come ali di una farfalla. Le ancelle avevano provveduto a riempirla di calde acque come da lei gradite.

"Dany..." evocò la sua mente e riconobbe subito quella voce ormai lontana nel tempo.

Questa volta, tuttavia, non fu Viserys, suo fratello, a farle ricadere la veste lasciandola nuda, il suo sguardo indagatore percorrente con lentezza il contorno dei suoi seni per poter appurare se le sue fattezze fossero quelle di una donna... di una donna che avrebbe potuto compiacere un uomo come un Khal dothraki.

Questa volta fu l'amore della sua vita a far scivolare via quella veste di raso malva, lui, nudo come il giorno in cui erano nato, accanto a lei. Sorrise come una bimba guardandolo in quegli occhi che l'avevano ammaliata nonostante la corazza che allora si portava addosso, di donna fiera, determinata, risoluta, nonostante fosse ancora una giovane fanciulla.

"Dany..." reiterò ancora una volta la sua mente, suo fratello che le portava il vestito di delicato, tenue lillà in fine seta, dono di Illyrio per il suo primo incontro con Khal Drogo.

Come potrei dimenticare le sue parole.

Le ricordava alla perfezione, come fosse accaduto solo un giorno fa. "Sei in disordine" le disse. "Lasciamo che ti vedano!" e fece cadere la sua tunica rosa. "Hai un corpo da donna ormai".

Rammentava ogni singola sillaba di quello che suo fratello le aveva detto. Le era stato vicino, a volte benevolo, spesso cattivo. "Non vorrai risvegliare il drago" le diceva sempre, ogni volta che Daenerys cercava di manifestare la sua volontà. Ma il tempo aveva dato i suoi frutti ed era lei a sedere su quello che chiamavano ancora il Trono di Spade.

La tua cattiveria era dovuta ai tanti, troppi soprusi che avevi dovuto subire. Allora non comprendevo, fratello, ma avrei tanto voluto che mi volessi bene sopra ogni cosa. Io che sognavo di divenire tua sposa e tu che mi consideravi solo merce di scambio per un esercito. Ma ti perdono, hai vissuto angherie forse peggiori delle mie quando ancora non avevo l'età della ragione ed eri solo... solo contro un mondo che ci voleva morti ad ogni costo. Hai dovuto prenderti cura di me nonostante tutto, ma infine il tuo sogno si è realizzato, i Sette Regni sono tornati ai loro legittimi eredi, alla casa Targaryen. Spero tu possa essere fiero di me, ovunque tu sia, anche se immagino che quello che davvero avresti desiderato sarebbe stato vedere te assiso su quel trono, non certo la tua piccola, spaurita sorellina che mai avrebbe immaginato di divenire regina di Westeros.

Si scrollò da quei pensieri quando sentì la mano di Jon stringere la sua. Insieme a suo marito salì per poi discendere insieme quei tre piccoli scalini che li separavano dalle profumate bollenti acque.

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I servitori, schiavi sarebbe stata l'accezione più appropriata, correvano a destra e manca: tutto doveva essere perfetto per il pranzo inaugurale delle loro grazie Daenerys e Aegon presso la magione di Illyrio.

La sala grande era stata allestita con i colori Targaryen, il rosso e il nero a trionfare. Il vecchio magistro aveva persino richiesto di sapere il colore dell'abbiglio dei sovrani di Westeros, tutto doveva essere perfettamente intonato.

"Verde" aveva decretato Daenerys con un sorriso sornione. Nessuno le aveva mai chiesto quale colore avrebbe indossato per allestire le tavolate di un banchetto. Ma Illyrio era in pieno fermento; da giorni non si parlava d'altro che dello spettacolare evento celeste che gli astrologi avevano appurato essere il primo e con certezza quasi esatta, l'ultimo di quel secolo: una notte senza il giorno e un giorno senza la notte : in siffatta maniera lo avevano denominato.

Daenerys, incuriosita da tale previsione, anche se un pò scettica, aveva indossato un sublime abito di tenue verde, le spalle scoperte fino all'incrocio dei seni, esaltati da tale modello, arricchito da piccoli decori a foggia di farfalla, le crinoline a dominare la veste illuminata da tanti piccolissimi diamanti.

Suo marito, un tantino irritato dal dover indossare il medesimo colore - "non si può chiedere tanto ad un uomo " pensò tra sè - abbozzò alla richiesta e indossò un farsetto di un verde appena più scuro dell'abito di Dany, arricchito da preziosi decori a foglia dorata. Non era sua abitudine abbigliarsi in tale maniera, preferiva vestiti più pratici e meno eccentrici ma, per una volta, visto quello che c'era in ballo, non si sentì di tirarsi indietro.

Fecero il loro ingresso trionfale dalla grande scalinata di lucido marmo giallo che portava al salone del banchetto, preceduti da quattro membri dell'esercito regio in armatura nera, il mantello purpureo come il sangue, il drago tricefalo a dominare sul pettorale, seguiti da Verme Grigio e ser Hunfrery Hightower.

Furono accolti da un'ovazione di applausi mentre si dirigevano, mano nella mano, sul palco principale, dove Illyrio li attendeva insieme a Nelyo Norratys, il principe di Pentos, e gli altri sei magistri della città.

Come voluto da Mopatis, tutto era coordinato con i colori indossati da Dany e Jon: tovaglie di seta verde con lunghe frange arricchite da pietre di molteplici colori: giallo, rosso, ambra e tormalina. Era un'apoteosi di sfarzo. I sovrani sedettero fianco a fianco coi magistri e il principe della città. Le dame di Pentos erano entusiaste ed estasiate dalla veste splendida di sua grazia. Daenerys era certa che quel modello sarebbe stato presto copiato in tutta la parte abbiente della città.

Battè le mani tre volte Illyrio e un nugolo di servitori fecero il suo ingresso con la prima portata: capra in crosta servita su di un letto di cipolle affettate, funghi carote e patate. A deliziare le pietanze preparate dal cuoco e i suoi sottoposti una bevanda di un tenue colore verde di cui nè Dany nè Jon avrebbero saputo dire di cosa si trattasse, ma il gusto era quantomeno delizioso.

Seguì una zuppa densa di molluschi e pescato del mare di Pentos, arricchita da un gustoso misto di erbe e spezie tipiche di Essos.

<< Spero sia tutto di gradimento vostre magnificenze. >> Illyrio era oltremodo ansioso della responsiva.

<< Il piacere è essere con voi, così come anche con il principe e gli altri magistri. >>Jon Snow si umettò le labbra con una corposa bevuta di quel nettare verde.

Il dolce, una torta di spropositate dimensioni ricoperta da una glassa dagli sgargianti colori, fu servita in tutta premura. Gli invitati al banchetto erano curiosi oltre ogni misura di tornare all'esterno della magione per assistere al prodigioso evento di cui si vociferava da lungo tempo.

Gli ospiti confluirono tutti nella corrente di sete, satin e velluti sull'immenso terrazzo dell'abitazione di Mopatis. Le dame, in abiti dai colori squillanti e foggie di ogni tipo - a dir poco ridicoli per i raffinati gusti di Daenerys Targaryen - si sventolavano con ventagli dalle piume variopinte, mentre gli uomini si accrocchiavano con disinvoltura apparente, in gruppi sparsi, poggiati alle colonne finemente scanalate.

Le tende per parare dal sole erano state ritirate con largo anticipo per permettere una visione perfetta di quell'evento così unico.

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C'era ancora tempo per tale siffatto fenomeno della natura da tutti atteso. In una sala appartata il principe Nelyo Norrays, Illyrio insieme agli atri sei Magistri si erano riuniti. Era una sala nascosta, nulla dello sfarzo finora ostentato; solo fiaccole ad illuminare un grande tavolo rettangolare, dove erano già tutti seduti quando i sovrani di Westeros fecero il loro ingresso, Jon che teneva alto il braccio piegato ad angolo, la mano della sua Dany sopra il il dorso della sua.

Sedettero l'una di fianco all'altro, l'abito di Daenerys sbocciante come un fiore ricoperto da stillanti gemme di rugiada, lucenti al riverbero del fuoco delle fiaccole.

Fu Illyrio il primo a parlare, visto che era stato l'artefice di una tale orchestrazione.

<< Benvenuti a questo simposio vostre grazie. Tutte le autorità di Pentos sono ivi presenti, il principe Norratys e gli altri sei illustri magistri. >>

Daenerys squadrò quei sei uomini che durante il banchetto non avevano fatto altro che ridere, bere e lanciare bieche occhiate, come se non ci fosse di mezzo qualcosa di così importante, l'annessione della città al nuovo impero orientale di Valyria.

Tre erano grassi come magistro Illyrio, tutti naturalmente abbigliati con vestiti dai colori brillanti, una profusione di pietre preziose ad inanellare le loro dita tracagnotte. Il quarto era smilzo, aveva i capelli neri oleati così come la barba. Degli ultimi due Dany notò soprattutto i visi sottili e gli occhi minacciosi. Non le sembrava che questa inclusione potesse svolgersi così pacificamente come Mopatis aveva preventivato.

A pendere la parole, invero, fu uno di quelli che che minore fiducia avevano suscitato in lei. Magistro Selleryio era il suo nome, ma da quanto era dato di intendere, parlava a nome di tutti. Quando si alzò in piedi, in effetti, gli altri cinque magistri assentirono con il capo, un mormorio di assenso ad accompagnare in gesto, a manifestare la loro adesione a quanto si accingeva a proferire.

<< Vostre grazie, principe, magistri tutti, mi è stato dato l'onore e l'onere di parlare per tutti i presenti. Conosciamo le motivazioni per cui i sovrani del Continente Occidentale sono qui ad Essos, ricreare una nuova Valyria.>>

<<Una Valyria diversa >> Daenerys lo corresse subito. << Una Nuova Fortezza dove le città annesse dovranno abbandonare il bieco rituale della schiavitù, dove non ci saranno più bambini castrati e struttati per divenire Immacolati. Certo, ci sarà ancora un corpo militare di siffatta importanza, ma addestrato senza le disumane usanze adottate sinora. Saranno liberi uomini che decideranno di entrare a far par parte di una tale milizia, addestrati da chi prima di loro ha dovuto subire sevizie e dolori inenarrabili. Impareranno l'arte della guerra, della fedeltà ma nulla di più. >> Pestò un pugno su quel logoro tavolo. << Niente di orribile sarà loro fatto come in passato. La nuova Valyria diverrà un'annessione alla già esistente Baia dei Draghi, dove in questi anni la schiavitù è stata del tutto abolita, così come nelle terre della vecchia e nuova Ghis al suo confine. >>

<< Magistro Illyrio ci aveva anticipato le vostre intenzioni>> proseguì lo smilzo dagli occhi sottili. << Dunque ne abbiamo a lungo discusso. >> Si fermò un attimo, come se fosse difficile per lui proseguire quel discorso. Poi si morse le labbra quasi indispettito, ma infine lo disse. << Pentos si piega ai Draghi.>>

Ci fu un mormorio generale di approvazione unanime. Daenerys e Jon si guardarono l'un laltro, un mutuo sorriso, felici di non aver dovuto ricorrere alle armi diversamente da quello che avevano creduto. Illyrio era stato di parola, tutto era andato come prospettato e concordato.

Si strinsero reciprocamente le mani, un profluvio di mani che si incrociavano e si congiungevano, il principe Norratys burattino e spettatore elegante di ciò che era già stato deciso dai magistri. Sollevato dal reciproco intendersi Nelyo, con uno sfarfallio di mani, impaziente, invitò tutti ad assistere ad grande evento celeste che stava per iniziare. Il mormorio generale era tale che non si poteva avere alcun dubbio. Salirono veloci la scalinata che portava sul grande terrazzamento della magione di Illyrio.

I visi dei tanti erano rivolti verso l'alto, uno sfolgorante accecante insieme di pacchiani abiti, colori e capigliature.

Dany e Jon non riuscivano a farsi convinzione di quello che stava succedendo. L'astro notturno, di nero vestito, piano, lentamente, stava coprendo lo scintillio dorato del sole.

<< Dunque è vero! >> Jon sorrise a Dany, impaziente di assistere al seguito.

Ci furono cori, mugolii di meraviglia, nessuno aveva creduto a tale congettura per davvero sino a quel momento. I loro occhi erano puntati sui due astri: adagio il sole stava sparendo dietro la luna, sempre di più... fino a quando più non fu.

La luce del giorno fu oscurata per attimi che sembrarono eterni.

Ahaaaaaaaaa!!!

L'urlo disumano di qualcuno!

Daenerys si voltò sollecita, terrorizzata. Il terribile lamento proveniva da qualche d'uno prossimo a lei tale era la sua forza, l'intensità con cui le martellava le orecchie. Il fiato venne a mancarle di colpo quando vide Jon, il suo Jon piegato, in ginocchio, che gridava dilaniato dal dolore, mentre si teneva il ventre con le braccia, la sua bocca una fontana traboccante fiotti di sangue, insozzante il lucido marmo giallo del terrazzo.

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