CAPITOLO 23
IL SEME DELLA RIVOLTA
Jon Snow continuava a fissare quelle lettere vergate sulla pergamana come fosse preda di un incantesimo. Con la punta dita scorreva senza sosta i bordi intarsiati della scrivania. Come avrebbe fatto a comunicare una tale notizia a Daenerys! Con la mano percorse il capo dalla cima dei capelli sino alla punta della coda, il pugno ricovero per il viso molle e stanco.
Ultimamente le brutte notizie sembravano giungere come fiocchi di neve duramente una nevicata.
Lo distrasse l'arrivo di sua moglie, sicuramente di ritorno da un volo su Drogon. Era bellissima abbigliata di pelle brunita, la cinta e gli spallacci adornati da placche metalliche a foggia di scaglie e un copricapo che scandiva perfettamente i suoi due simmetrici lati del viso, gli occhi di ardente viola ancora più brillanti.
Come poteva dirle una cosa del genere. Sembrava così felice in quel momento nonostante i problemi già esistenti. Volare sul suo adorato Drogon le infondeva sempre serenità anche nei momenti più difficili. Ma questa notizia... No! Questa l'avrebbe divorata come il morso improvviso e inaspettato di un drago!
Si sistemò sulla sedia di fronte a lui, sorrise gioiosa levandosi il copricapo e lo poggiò sulla scrivania. «Jon cos'hai? Sei accigliato. Più del normale oserei dire.» lo guardò stranita.
Aveva già inteso che qualcosa non andava bene. «Dany ascolta...»
Si levò di colpo dalla sedia, il suo viso assunse un'espressione severa. Poggiò le mani sulla scrivania fissandolo negli occhi occhi. «Cosa... è... successo!» scandì parola per parola.
Jon si alzò dalla poltrona, girò intorno la scrittoio e cinse le mani della sua Dany. I suoi occhi ametista tremarono, le palpebre si muovevano veloci. «Parla» quasi supplicò.
«E' giunta... ecco.» si martoriò le labbra. «E' giunta una missiva da Approdo del Re da parte di ser Davos.»
Dany gli lasciò le mani di colpo. «Stanno tutti bene» il suo respiro era affannato.
«Dany, non voglio girarci intorno, la nostra Rhaeny è stata rapita.»
«Cosa!» Si coprì gli occhi, le mani, come artigli, scompigliarono le sue trecce. «No, no, no! La mia bambina! Chi è stato! >> esplose improvvisa. «Cosa si sa.»
«Arya e Arianne Martell sono riuscite a scoprire che è stata imbarcata su di una nave per Pentos. Era in compagnia di una donna.»
«Un..a don...na» cadenzò quelle lettere. Scosse il capo in preda al delirio. «Jon, dobbiamo andare a Pentos ora, subito. Non sappiamo quando siano arrivate e quanto tempo sia trascorso sino a quando la missiva è giunta qui!»
«Sì, andremo insieme e ritroveremo Rhaeny, te lo prometto. Vado a parlare con Hightower, Daario e Verme Grigio. Partiremo oggi stesso.»
***
Si guardò intorno spaesata. Rhaeanne era finalmente libera da catene e bende, pur sempre tenuta strettamente per mano dalla donna che le aveva detto chiamarsi Kinvara. Teneva il viso basso, eppure un mendicante per strada la fissò fino a quando lo ebbero sorpassato. La pescivendola subito dopo la squadrò dalla testa ai piedi. Perfino un bimbo di non più di sei anni girò il capo puntando il suo volto. Una ragazzina dai capelli argentei e occhi viola non passava inosservata, di questo era perfettamente conscia.
«Perchè siamo qui a Volantis, avevi detto che mi avresti portato dai miei genitori.» Rhaeanne cercò lo sguardo di Kinvara, ma lei perpetrò diritta per sua strada, come non avesse aperto bocca.
«Mi hai sent__»
«Devo andare al tempio per parlare con una persona, poi proseguiremo per Meereen, ora cerca di non disturbarmi, sei una ragazzina molto molesta!»
«Io sarei molesta!» Sollevò entrambi i sopraccigli aggrottando la fronte, un lieve sorriso ironico le si stampò in volto. «Sei tu che mi hai rapita dal mio castello chissà per quali oscure ragioni.»
Eppure kinvara non diede peso nemmeno stavolta a quello che aveva detto. Continuava a guardarsi intorno, la gente per strada era tanta. Per quanto tenesse stretta Rhaeanne per mano spesso venivano spintonate. Si udivano voci lontane, urla, impossibile riuscire a capire cosa dicessero.
«Dobbiamo sbrigarci» incitò a Rhaeanne decisa. Il suo volto aveva assunto un'espressione più severa del solito.
Le grida si facero sempre più vicine. Libertà dicevano in valyriano. Libertà. Stava succedendo qualcosa, Rhaeanne ne era certa.
Quando si spostarono dalla strada che stavano percorrendo alla piazza che si apriva alla loro destra kinvara si fermò all'istante. Schiavi imbracciavano forconi, spade, mazze e continuavano a gridare libertà, morte ai padroni.
«Dobbiamo andare via!» urlò la sacerdotessa. Ma furono risucchiate in quella calca di gente che si dirigeva tutta in un'unica direzione. Rhaeanne non sapeva dove stessero andando, continuavano a strattonarla, a pestarle i piedi. Fu sempre più difficile tenere la mano di Kinvara.
«Aiutaooo!» Cercò lo sguardo della donna che continuava a stringerla forte per il polso.
Caddero entrambe in terra. Rhaeanne si coprì la testa. Non facevano caso a lei. Alcuni la pestarono senza ritegno. Il dolore si propagò nelle braccia, sulle spalle. Gattonò tra quelle infinite gambe che marciavano senza sosta per rannicchiarsi in un angolo, almeno lì sarebbe stata più al riparo. La sfilata macabra di quella gente continuò per un tempo che non seppe dire. Quando iniziò a diradarsi Rhaeanne ebbe finalmente la possibilità di guardarsi intorno. Kinvara non c'era! I suoi occhi saettarono in tutte le direzioni, ma di lei non c'era traccia. Non che fosse certa che ciò le aveva detto fosse vero, che l'avrebbe condotta dai suoi genitori, ma Rhaeny adesso era sola in una città che non conosceva, in un continente sconfinato. Come avrebbe fatto a raggiungere Meereen da sola!
Era spaventata, non sapeva cosa fare. Si accucciò in quell'angolo, le ginocchia piantate nel petto e la testa nascosta tra le gambe. Aveva paura, la principessa futura regina di Westeros ammise a se stessa che aveva dannatamente paura!
Sollevò piano la testa, ghermì le lacrime che, calde, le scendevano sul viso.
Pensa Rhaeny, pensa! Non puoi restare qui!
Quella gente ormai non c'era più, ovunque fosse diretta aveva abbandonato quella zona.
Il tempio!
Fu come un'epifania. kinvara stava andando al santuario del dio rosso per incontrare qualcuno. Ecco l'unica cosa che poteva fare, raggiungere quel luogo. Con un po' di fortuna, forse, anche lei sarebbe stata lì.
Agguantò l'orlo della veste, ne strappò un grosso pezzo e si coprì capo e capelli, almeno in questo modo sarebbe stata meno osservata. Doveva solo arrivare al tempio. Sentiva che quella era la giusta decisione.
Si rimise in piedi e cominciò a percorrere la piazza. Avrebbe chiesto informazioni al primo viandante che avesse incontrato.
***
Costeggiarono il mare ormai loro dominio e raggiunsero il palazzo residenza del nuovo governo di Pentos tra l'acclamazione di coloro che erano il strada. Drogon si levò in volo e Daenerys, seguita da Jon, per una volta entrambi incuranti delle attenzioni del loro popolo, si inoltrò nell'ingresso a volta dove le guardie dell'esercito non mancarono di salutare rispettosamente.
Daenerys non si rese nemmeno conto di essere già dinanzi al principe Norratys e agli altri membri del concilio quanto sovra pensiero fosse e di corsa avesse percorso le scale del palazzo cittadino.
«Vostre grazie.» Norratys si alzò in piedi, il viso evidentemente preoccupato. «Immagino la ragione per cui siete qui!» chinò il capo.
«Dunque la missiva da Approdo del Re è giunta» proferì con un filo di voce accorato Jon.
«Si ... purtroppo.»
Daenerys fece qualche passo in avanti, come se quel suo movimento potesse portarla un po' più vicino al ritrovamento della sua Rhaeny. «Cosa avete saputo.»
«Vostre grazie la missiva è giunta da poco. Tuttavia prima di tale arrivo ci era stata segnalata una giovane fanciulla dai lunghi capelli argentei in compagnia di una... sacerdotessa del dio R'Hllor. Se solo avessimo saputo prima del rapimento le avremmo fermate immediatamente.» disse contrito il giovane principe.
«Una sacer...dotessa» Jon cadenzò ogni sillaba di quelle poche parole.
Daenerys sentì il viso andarle a fuoco, ancora una volte i preti rossi si immischiavano nella sua vita e in quella della sua famiglia. Il nome che si fece strade nella sua mente fu uno e uno solo. «Kinvara!» ne era più che certa.
«Cosa!» Jon sgranò gli occhi. «Pensi davvero sia ancora viva.»
«Una maledizione che ti ha lasciato senza memoria per mesi interi, un drago che riaffiora dopo secoli dalle viscere di Valyria, il rapimento di nostra figlia! Non può che essere lei. Benerro non ha mai confermato che fosse morta quando l'ho incontrato la prima volta.» sbottò senza più trattenersi. «Se quella donna torce un solo capello a nostra figlia» Jon strinse i pugni così forte che le vene sembrarono dovessero scoppiargli. «Perchè l'avrà rapita.»
«Non lo so Jon, ma quando c'è di mezzo kinvara bisogna stare sempre all'erta.» Il respiro di Dany era quello di un drago in procinto di esplodere. «Ci avrebbe nascosto per dieci anni la morte di un figlio se non fosse stato per gli eventi accaduti prima della partenza. Cosa voglia questa volta davvero non lo so, ma sono certa che se c'è un posto dove potremo avere sue notizie, con le buone o le cattive, sarà al tempio di Volantis.»
Il principe Norratys si sgranchì la voce «Se pensate di recarvi a Volantis dovrete stare molto attenti. Oltre essere ancora avamposto nemico, ci sono giunte voci di sommosse di schiavi che si oppongono al governo della città. Si tratta di una notizia positiva sicuramente, ma quando ci sono disordini chiunque può perderci la vita, anche coloro che non hanno nulla a che fare con la causa della rivolta.»
«Non possiamo fare diversamente.» Daenerys fu ferma nelle sue parole. Sua figlia veniva prima di tutto.
«Naturalmente» Jon non se lo fece ripetere due volte. «Partiamo appena calerà il sole. Col buio sarà più facile spostarci dall'alto senza. essere visti»
***
Il sole era ormai calato. Rhaeanne, dopo varie richieste di informazioni, alcune errate altre giuste, si ritrovò dinanzi il tempio del dio Rosso, non poteva essere diversamente. Si stagliava imponente con quelle torri rosse affusolate che si protendevano verso il cielo come fiamme trasmutate in pietra. Era di una grandezza immane, ma quantomeno, dinanzi a lei, vi era un'unica porta si accesso. Stanca e istanbile sulle gambe si trascinò verso quella grande apertura frastagliata, ma sulla soglia fu fermata da un uomo, un sacerdote con ogni probabilità.
Alto, con la pelle scurissima, aveva capelli e barba bianchi che gli incorniciano il volto come la criniera di un leone e dei tatuaggi rosso fuoco su fronte e zigomi.
Per un attimo Rhaeanne ne fu intimorita.
«Giovane principessa finalmente sei giunta. Ti aspettavamo con ansia.»
Rhaeanne fece qualche passo indietro, stringendosi nelle braccia. «Tu... come...»
«kinvara era certa che saresti riuscita ad arrivare qui e non si sbagliava» le sorrise.
«Dunque lei è qui!» sospirò a pieni polmoni.
«Certo, vieni avanti,>> le fece un cenno con la mano. <<Ti conduco da lei.»
Rhaeanne sentì il cuore più leggero, non era più sola in una città sconosciuta. Mosse i primi passi, ma si arrestò di colpo.
E se quest'uomo mi stesse mentendo!
«Preferisco aspettarla qui. Ditele che sono giunta.»
Il sacerdote sorrise ancora. «Non ti fidi di me. Lascia che mi presenti, mi chiamo Moqorro.»
«Va bene, ma io attendo qui» fu irremovibile.
«Sarai stanca, non vuoi riposare, mangiare qualcosa mentre cerchiamo kinvara.»
L'insistenza di quell'uomo nel volerla far entrare a tutti i costi insospettì Rhaeanne ancora di più. «Penso di poter aspettare per bere e mangiare. Voglio prima vedere kinvara.»
«E sia, come desiderate giovane principessa. Cercherò di trovarla presto, il tempio è grande, abbiate un po' di pazienza.»
Rhaeanne si piantò salda sulle gambe, il viso deciso. «Aspetterò il tempo che ci vorrà.»
Moqorro, o quantomeno quello era il nome con cui si era presentato. si allontanò. Rhaeny strusciò con la schiena contro la parete del tempio, strinse le ginocchia contro il petto. Una lacrima rigò il suo viso. Aveva paura, voleva i suoi genitori, voleva tornare a casa, ma per ora tutto quello che le era dato di sperare era che davvero kinvara fosse lì al tempio.
Non seppe dire quanto tempo avesse passato rannicchiata contro il muro, si era assopita. Il sole era ormai calato del tutto c'era solo una luna tonda e bianca a rischiarare l'oscurità della sera. Si rimise in piedi, con un colpo di mano tolse via un po' di polvere dall'abito ormai sporco. «Rhaeanne.»
Era la voce di kinvara!
Si precipitò versò l'ingresso del tempio. «Allora quel monaco non aveva mentito, sei davvero qui.» Un sorriso le si stampò in viso, finalmente sollevata dal dubbio di un imbroglio.
kinvara fece qualche passo verso Rheany.
«Allontanati immediatamente da lei!»
Una voce rimbombò potente. Kinvara si bloccò, Rhaeanne sgranò gli occhi, il cuore pompò ad un ritmo vertiginoso. Girò appena il capo, le lacrime stariparono sul suo viso come un fiume in piena. «Mammaaa, papàààà!» piroettò indietro e si precipitò ad abbracciarli, finalmente al sicuro tra le amorevoli braccia dei suoi genitori.
La strinsero a loro circondandola da entrambi i lati, il suo viso rinsaccato tra il petto della mamma e del papà.
«Stai bene amore mio» Daenerys increspò gli occhi guardando la sua bambina finalmente ritrovata. «Ti ha fatto del male.»
«Non avresti mai dovuto farlo, rapire nostra figlia» intervenne suo padre.
«Papa, ma...mma, non... mi ha rapita. Cioè, insomma. E' vero, mi ha portato via dal castello, ma stavamo venendo da voi.» Rhaeanne rivolse lo sguardo a kinvara che, le mani incrociate all'altezza del grembo, sembrava ormai una statua più che una persona.
«Tesoro, quella donna è una bugiarda» vomitò sua madre senza mezzi termini. «Non devi credere ad una sola parola di quello che dice. Tu non hai idea di cosa sia capace e quanto crudele possa essere.» I suoi occhi scintillarono rischiarati dalla luce della luna.
«Mamma... lei mi ha detto che ha fatto qualcosa di sbagliato e__»
«Sbagliato» urlò Daenerys. «Sbagliato non inizia nemmeno a far comprendere la sua cattiveria.»
Il ticchettio dei saldali di Kinvara attrassero l'attenzione di Rhaeny, Dany e Jon. A passi lenti aveva varcato l'arco e, ferma sul ciglio, si sistemò il monile al collo deglutendo vistosamente.
«Tua madre ha ragione, ma quello che ho fatto è stato per il bene di Westeros, affinchè finalmente le tenebre sparissero e i legittimi sovrani sedessero sul trono di spade.»
«Tu dovevi dirci la verità» urlò suo padre.
Rhaeanne non l'aveva mai visto così adirato. Era chiaro che quello che era successo doveva essere davvero grave.
«A quest'ora dovresti essere morta» proferì sua madre tra l'ironico e il sarcastico. «Invece sei ancora qui, viva e vegeta. Ma ancora per poco... credimi.»
«Mamma cosa dici!» Rhaeanne si distanziò dal loro abbraccio. «Cosa è successo! Voglio sapere cosa ha ha fatto e perchè mi ha portata qui.»
«E' vero. Ho fatto qualcosa di terribile ed è giusto che tu lo sappia.» Kinvara aveva uno sguardo deciso, impassibile nonostante la scomoda verità che Rhaeanne intuì si apprestasse a rivelare.
«Non osare aggiungere un'altra parola dannata strega!» Suo padre fece un passo avanti a pararsi dinanzi a Rhaeny, gli due spilli ossidiana che trasudavano odio.
«Io voglio la verità!» urlò Rhaeny. «Non sono più una bambina!»
Daenerys le carezzò la guancia. «E la saprai tesoro mio, ma non ora. Andiamo via, verrai con noi a Meereen.»
«Non potete!» La pacata voce di kinvara bloccò nuovamente tutti.
Daenerys la squadrò dalla testa ai piedi. «E chi ce lo impedirà, tu... Provaci solo.»
kinvara avanzò ancora e ancora Jon e Dany schermarono Rhaeanne con il loro corpo.
«Come fermerete il drago di Valyria.»
«Quale drago» Rhaeanne alzò il viso verso la mamma e poi il papà, ma entrambi sembravano ipnotizzati dalle parole di kinvara.
Il gracchiare di un corvo spezzò quel silenzio tombale.
«Come abbiamo già fatto con gli Estranei, con quello che tu ci hai permesso di diventare a caro prezzo. Muori!» disse con voce triste sua madre. «... Come avresti dovuto fare già da molto tempo.»
«Non potete.» Ancora una volta la voce ferma e sicura della sacerdotessa fermò il loro cammino.
«Voi... non siete più quello che credete... dal giorno in cui Jon... è morto.»
Rhaeanne sussultò, sua madre e suo padre restarono pietrificati, scossi dalle parole della donna rossa.
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