Una strana ragnatela

Aveva il fiatone e ansimava, ma non poteva fermarsi. Lo inseguivano ormai da un po' e non c'era verso di seminarli, depistarli, o far perdere le sue tracce in qualche modo. Avrebbe dovuto pensarci meglio prima di essere imprudente, ma certe cose prima o poi vengono a galla comunque.

I suoi stessi vestiti gli rallentavano la corsa: i pantaloncini corti non erano l'ideale per correre nella fitta boscaglia, perché i rami più bassi lo colpivano inesorabilmente sulle cosce nude, ferendolo talvolta. L'umidità poi aveva reso il terreno fangoso e lui rischiava continuamente di scivolare. Non poteva urlare per il dolore né concedersi un momento di riposo. Era già andato oltre le sue possibilità fisiche. Ma non si sarebbe fermato: preferiva farsi scoppiare le coronarie piuttosto che prenderle.

Se volevano solo picchiarlo.

Ma chissà come loro gli stavano sempre dietro. E dal rumore dei loro passi capiva che guadagnavano rapidamente terreno.

Francesco accelerò. Chi lo avesse visto (e lui sperava che accadesse), avrebbe pensato ad uno strano ragazzo di quindici anni che aveva una terribile fretta. La quale capita a fagiolo se ti trovi in pericolo di vita.

Non gli capitava spesso di far colpo su una ragazza, perché lui non era un tipo "tosto". Nemmeno lei era una ragazzaccia, ma vagava in mezzo a gente così. Il suo nome, lui si scioglieva al solo pronunciarlo, era Serena. Purtroppo l'ex di lei, un piccolo bullo di quartiere, non la prese molto bene quando vide la sua ragazza fra le braccia (e soprattutto fra le labbra) di uno sfigato.

Il bullo, Matteo si chiamava, aveva radunato due suoi amici e aveva dato inizio all'inseguimento appena fuori dalla scuola, ancor prima che suonasse la campana.

Non che quei ragazzi ci tenessero molto a seguire le lezioni, anzi: preferivano inseguire una qualche vittima nella piccola boscaglia romana, e quando la prendevano...beh, era tempo di improvvisazione.

Nessuno sfuggiva mai: la boscaglia era troppo piccola per nascondercisi, e anche se si usciva di la si era perfettamente rintracciabili. Davanti alla scuola Francesco non avrebbe ricevuto alcun aiuto, e nella boscaglia era altrettanto difficile trovarne.

Non appena loro si erano messi alle sue calcagna, Serena gli aveva detto: « Corri Cess, corri!». Tutti lo avevano sempre chiamato con quel nome, perfino lei lo trovava simpatico. In seguito il ragazzo aveva optato per attraversare il boschetto.

Era vero che Serena lo chiamava così, ma lui lo accettava di buon grado, perché lo faceva con fare bonario. Lei era intelligente, e non superficiale come lo erano quasi tutte le ragazze che conosceva, e Cess se ne accorse quando sentì la voce di lei nella direzione opposta a quella da cui scappava.

«Cess...sono io, Cess... » udì gridare nel folto del bosco.

"Oh, Sere..."pensò Cess " anche stavolta mi aiuti".

Si girò e corse nella direzione opposta, non proprio quella da cui sentiva arrivare gli inseguitori, ma comunque lontano dalla voce di Serena. L'avrebbe baciata per questo: lo stava aiutando a scappare. E ci riuscì: i tre idioti, il cui capo era Matteo, finirono a seguire la voce di lei, mentre Cess era ormai lontano dalla loro portata.

«Oh Sere» le aveva detto la prima volta che erano usciti insieme «sei un raggio di sole». Era un cambiamento inaspettato nella sua vita piena di...beh, in ogni caso ora era piena davvero. Per lei invece lui era stato una svolta. Non le andava più di divertirsi vedendo il suo ragazzo prendere a pugni la gente: ora voleva un vero amore.

Cess correva ora su una nuova traiettoria, guardandosi dietro e tendendo l'orecchio: nessuno lo seguiva, bene. Sbam!

Non guardando avanti era andato a sbattere pesantemente contro qualcosa di grosso. Ci mise alcuni secondi a rendersi conto che si trovava col sedere nel fango bagnato e con la faccia dolorante. Non solo: sentì anche un' avvisaglia di torcicollo.

Davanti a lui si stagliava un piccolo capanno di legno, grande si e no tre metri quadrati e alto poco più di due metri. Sembrava abbandonato da anni, viste le vistose ragnatele che si annodavano sulla maniglia e sugli angoli della porta...ma invece no! Dentro c'era chiaramente qualcuno che si muoveva. Non sembrava un bel posto dove nascondersi, ma dal boschetto provenivano urla di rabbia, seguite da uno strillo di donna. Poi solo qualcuno che correva in quella direzione. Pregò che fosse lei.

"O la va o la spacca" pensò e, aperta la porta, si chiuse all'interno della capanna. Dentro non vide nessuno. Si domandò cosa mai fosse successo nel boschetto quando aveva udito quelle grida. E in quel momento, mentre fissava la selva, una mano decisamente fredda lo afferrò alla spalla.

***

«Corri Cess, corri!».

E lui, senza neanche battere ciglio aveva obbedito. Matteo e gli altri due suoi compari gli corsero dietro come cani dietro a una bistecca. Lui non aveva riflettuto troppo sul da farsi: solo mentre prendeva la provinciale che portava al bosco decise di superare entrambi e arrivare così in una zona più abitata. Matteo e gli altri due se ne erano forse accorti, perché lo incalzarono di più, per evitare che trovasse aiuto.

Serena si sentì disperare: il suo passato le era tornato sopra come un'onda in una giornata senza vento. Ma voleva finirla, una volta per tutte voleva che quel gioco finisse. Era stufa di quel tipo di ragazzi grandi e grossi che la consideravano come una cosa di loro proprietà, inaccessibile a tutti, neanche una volta che tutto era finito.

Serena infatti l'aveva mollato, e Matteo non l'aveva presa affatto bene. Era ora vendicativo, e anche pericoloso. Così era cominciato l'inseguimento.

Ora Serena doveva rimediare. Era corsa anche lei nel boschetto, ma dalla parte opposta. Si era infiltrata fra i rami, tagliandosi i vestiti in più punti e rimanendo talvolta anche impigliata coi capelli.

Poi aveva udito il rumore di passi in quella direzione: di una persona sola per prima e di un gruppo dopo. Aveva capito.

"Devo aiutarlo" aveva pensato, e l'aveva chiamato, sperandolo che lui intuisse di starle lontano.

Cess aveva capito. I suoi inseguitori no. I tre si fermarono all'improvviso quando videro una figura con una chioma bionda correre nella loro direzione. Poi capì anche Matteo: la troietta li aveva depistati. Serena non si accorse che l'avevano individuata. Si fermò solo quando si trovò davanti alla faccia imbronciata del suo ex, a pochi metri di distanza.

L'espressione della ragazza si tinse di panico e terrore. Ora sarebbe stato peggio per lei, lo leggeva negli occhi del ragazzo. Matteo infatti avanzò di un passo.

«E così, ci rincontriamo» disse «dico bene puttanella?»

Serena squadrò i volti degli altri due: sembravano reggere il gioco al loro amico. Quello alla sinistra di Matteo portava un berretto della Roma, e rideva di gusto alle parole del suo capo.

Ma nei loro occhi non riuscì a cogliere il minimo segno di incertezza, quel pizzico che le sarebbe stato utile a scappare. Se invece si fosse mossa soltanto per prendere fiato, i due le sarebbero stati immediatamente addosso, senza darle neanche il tempo di urlare, prima che Matteo desse loro qualche ordine.

Il capo del branco la guardò con disgusto. In realtà era solo ferito, e non riusciva ad accettare che uno come Cess avesse avuto la meglio su di lui. Ma gliel'avrebbe fatta pagare, oh se gliel'avrebbe fatta pagare.

Adesso era lei che gli si presentava davanti, e avrebbe cominciato da lei. Si sarebbe per così dire ripreso quello che fino a poco tempo era suo: il corpo della ragazza, ma quella volta fino in fondo. Poi l'avrebbero pestata e minacciata di pestarla ancora se avesse detto qualcosa. Sperava anche che la ragazza urlasse abbastanza da attirare Cess fuori dal suo nascondiglio, in modo da prenderli entrambi senza sforzo.

«Dimmi solo perché» urlò Matteo. Serena non mosse un muscolo, ma rimase tesa, pronta ad approfittare della minima debolezza di uno dei tre. Ma erano tutti concentrati su di lei, tranne forse quello col berretto, impegnato a masticare una gomma e a spogliare la ragazza con gli occhi, con lo sguardo vacuo di un ebete.

«Perché quel ritardato quando avevi questi ...» si toccò i muscoli del braccio «questi che ti permetterebbero di avere ogni cosa tu voglia ...».

Il ragazzo col berretto sputò la gomma.

Serena si fiondò nella sua direzione. Lui fu sorpreso come non mai di quel gesto: vedersela arrivare davanti mentre se l'immaginava in situazioni a lui gradite. Rimase immobile. Serena lo spinse e lui cadde per terra, mentre lei prese ancora la via del bosco. Quella per cui era scappato Francesco.

Matteo si lanciò su di lei e l'afferrò per un risvolto della maglietta. L'altro compagno si mosse anche lui rapidamente, ma Serena riuscì a sottrarsi alla presa di entrambi, prendendo velocità. Un ramo la colpì in piena faccia, spaccandole il naso, ma non rallentò.

Udì anche un urlo nel folto del bosco.

"Cess" pensò "ma perché urla?".

Il dolore alla faccia era terribile, tanto che per un attimo rischiò di perdere l'equilibrio. Si mantenne solo per mezzo di un albero sul percorso. Si appostò proprio lì dietro, ma nonostante il riparo trovato si rese conto che doveva essersi rotta anche il braccio quando i ragazzi l'avevano strattonata.

«Dov'è andata?» urlò Matteo, non vedendo più la sua preda. Non sapeva che Serena era solo a un metro e mezzo da lui. Non gli importava nemmeno di essere lordo di fango, voleva prendere quei due e fargli la festa.

« Dov'è andata?» ripeté, e guardò i suoi compari. Lo guardarono perplessi, senza capire perché si sforzasse tanto. Videro anche che la sua semplice gelosia si trasformava lentamente in furore omicida. Sapevano che aveva un coltello a scatto in tasca, e questo li preoccupava ancor di più. Meglio non contraddirlo.

Ci fu un altro urlo di Cess, e stavolta lo sentirono anche loro tre. Matteo si voltò su se stesso, guardando nella direzione da cui era provenuto il grido. Fece qualche passo. La ragazza, appena due metri davanti a lui, strinse il pugno del braccio buono.

Uscì dal nascondiglio. Gli amici di Matteo rimasero sorpresi e strabuzzarono gli occhi: la ragazza aveva quasi tramortito il suo ex, mandandolo in ginocchio con un pugno.

«Io ti ammazzo!» urlò mentre tentava di rialzarsi, ma la ragazza era già filata via. Il ragazzo col berretto avrebbe potuto anche afferrarla se si fosse tuffato. L'avrebbe afferrata per i piedi facendola cadere. Magari, prima che Matteo si alzasse, avrebbe potuto anche darle una toccatina, giusto per calmare gli ormoni che gli erano esplosi in corpo poco prima. Quando la ragazza gli era andata in contro poco prima, infatti, era venuto nelle mutande.

Invece finì per aiutare il suo capo, mentre Serena spariva fra gli alberi.

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