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Cess aveva urlato: la mano che l'aveva afferrato era gelida. Invece di voltarsi si fiondò sulla porta, ma il pomello gli parve in quel momento ardente e lo lasciò, rovinando sul pavimento polveroso.
"Oh mio Dio" pensò un attimo dopo guardando la porta "è sparito". E infatti il pomello, così come la porta, si era dissolto. La "cosa" che l'aveva toccato non si era mossa, a giudicare dalla mancanza di suoni dietro di lui. Aveva visto (o forse solo creduto di vedere) delle scintille azzurre e verde acqua.
Si rintanò nell'angoletto. Ma...
"Cosa diavolo succede?" si chiese "sto forse impazzendo?". Improvvisamente la capanna era diventata circolare, e Cess non riuscì a riparare in nessun angolo. Il panico iniziò a divorarlo.
A circa due metri da lui c'era un uomo vecchio, ma molto vecchio. A dire il vero, Cess non ricordava di aver mai visto una barba tanto lunga. Come minimo era lunga cinque metri, anche se era raggomitolata e contorta. Era inoltre di un bianco brillante, come il ragazzo non aveva mai visto.
Indossava solo una pezza dall'aspetto lurido: forse era un barbone. E per questo Cess ne fu terrorizzato.
Ci furono (e stavolta Cess ne fu sicuro) lampi azzurri e verde acqua. L'emanazione di questi quasi lo accecò, e dovette coprirsi gli occhi con un braccio. La luce in qualche modo era gelida, tanto da farlo tremare. "Oh mio Dio" pensò "fra un po' morirò assiderato". Anche per metà dicembre il freddo era estenuante.
Ma poi il freddo passò, e la temperatura divenne un po' più gradibile. Fredda, ma non troppo. Anche la luce diminuì lentamente, come se si ritirasse su se stessa.
Quando svanì, Cess rivide il vecchio. Stavolta questo però era tutto in tiro: scarpe lucide, giacca e cravatta, fazzoletto nel taschino, capelli ben pettinati e barba curata. In più gli vide stringere uno stano oggetto nella mano destra. Era un'ampolla.
Non un'ampolla semplice, ma una con la base grossa e un lungo collo dove afferrarla. Era alta qualcosa meno di mezzo metro, ma il vecchio la maneggiava come se avesse nel palmo uno stecchino. Ma quello che più stupefaceva erano i colori: decisamente sgargianti e vividi. Il verde acqua e l'azzurro si associavano in una spirale lungo il collo dell'oggetto. Il tutto le dava un aspetto magnificente.
«Chi ... chi» cominciò Cess, continuando a strisciare verso dietro finché con la schiena non ebbe raggiunto il muro di legno. Quasi gli venne un mancamento, ma in qualche modo il nuovo aspetto del vecchio gli dava una certa sicurezza.
«Per prima cosa, chi sei tu?» tuonò la voce preponderante dell'uomo. Il suo tono non lasciava spazio a repliche, ma Cess cercò di spiccicare qualcosa.
«Sono...mi spiace...mi inseguivano...» bofonchiò, e sperò che il vecchio comprendesse che era stata una questione di vita o di morte. Quello guardò il ragazzo con occhi truci, simili a fessure. Cess si sentì strano, non solo perché il vecchio lo guardava. Si sentiva osservato dentro.
«Siediti...non avere paura» gli disse poi il vecchio sorridendo. Lo fece all'improvviso, come risvegliato da un sonno profondo. Cess non ne fu sorpreso. Lo attirò invece il fatto che il vecchio lo aveva invitato a sedersi, quando nella stanza non c'erano né sedie né panche di alcun tipo.
"E' matto" pensò Cess "è meglio che io me la squagli". L'uomo non batté ciglio, e fissò lo spazio vuoto accanto al muro dove Cess poggiava la schiena. Il ragazzo sgranò gli occhi, senza sapere se credere o no ai suoi occhi: dall'apertura dell'ampolla erano improvvisamente giunti dei versi, come i gemiti di qualcosa che si arrampicava. Due fili erano sbucati dall'imboccatura dell'oggetto.
"Sembrano ... ragnatele" pensò Cess "ragnatele colorate".
E in effetti erano in parte di colore azzurro e in parte verde acqua. Ne comparvero altre, poi altre ancora. Poi Cess non riuscì a reggere la forte luce emessa dalle ragnatele. Divennero più di quante ne potrebbe mai produrre un ragno durante la sua vita, e si concentrarono come un bozzolo intorno al vuoto accanto al ragazzo.
Il groviglio di fili si muoveva e agitava come se fosse vivo, e quel movimento emetteva bagliori colorati. Si manifestò anche un'altra ondata di freddo, ma molto meno gelida di prima. Cess era terrorizzato e con le spalle al muro.
Quando il tutto fu passato, Cess sapeva già cos'avrebbe trovato una volta che avesse alzato lo sguardo. Ma lo fece, e vide una sedia vecchia, ma dall'aspetto decisamente solido. Il tutto era durato circa sette o otto secondi, e passati questi il ragazzo accettò l'invito dell'uomo. Si alzò frettolosamente, contento di staccarsi dal pavimento umido, ma si tenne sempre a distanza di sicurezza. Ancora non si fidava abbastanza. Poi Cess lo sentì.
Qualcuno che correva nel bosco: era lei. Il ragazzo corse alla finestra, vecchio o non vecchio davanti a lui.
"E ora come farà?" si disse "non c'è più la porta". Voleva e doveva aiutarla. Cess guardò negli occhi il vecchio, senza però riuscire a pronunciare parole concrete. Il suo respirò cominciò di nuovo a diventare pesante, ma il vecchio non si impietosì.
«Farò entrare la tua amica» disse alla fine. Agitò la misteriosa ampolla verso la parete accanto alla finestra.
"Oggi non sarei dovuto neanche uscire di casa" pensò Cess mentre dall'oggetto uscivano grovigli e grovigli di ragnatele colorate "chi me l'ha fatta fare di venire durante l'autogestione? Ora io e Sere staremmo al sicuro da un'altra parte...».
S'impigrì su questo pensiero, quando vide dal folto della selva apparire la sua ragazza. Si piazzò davanti alla finestra perché lei lo vedesse. La ragazza guardò lontano, ma ebbe un attimo di indecisione.
"Una capanna in mezzo del bosco?" pensò, diversamente da Francesco "come Hansel e Gretel?".
Certe cose accadevano solo nelle favole, per quel che sapeva. Si lanciò verso il suo ragazzo proprio mentre una mano era appena sbucata fuori dai rami, strattonandola per la giacchetta.
La ragazza cadde a terra. Lei e Cess urlarono allo stesso tempo. Il ragazzo era più che deciso ad aiutare la ragazza. Quando avanzò vide un altro lampo colorato e si sentì improvvisamente pesante. Poi guardò nella sua mano: stringeva nel pugno alcuni sassi di medie dimensioni, e allora capì: il vecchio lo stava aiutando.
Matteo era appena uscito dalla radura e insieme ai suoi compari si era schierato in circolo alla ragazza, che guardava disperata verso Cess. I tre guardarono a loro volta da quella parte, ma videro solo una capanna con una finestra e per giunta senza porta.
"Non vai da nessuna parte troietta" pensò Matteo "ora mi diverto un po'".
Un sasso gli arrivò in faccia. Seguì un attimo di smarrimento e poi venne il dolore allo zigomo. Il ragazzo urlò anche per lo sconcerto. Gli altri due lo guardarono alzando le spalle, sconcertati anche loro. Non c'era nessuno lì oltre a Serena, ma lei non poteva averglielo tirato. Un altro sasso uscì fuori dalla capanna, e Matteo intuì da dove venivano i colpi. Infatti schivò quello che sarebbe stato un sasso molto più grosso del primo, e che gli avrebbe fatto anche più male. Ma ciò che contava era che lui ora si trovava a terra. Serena si alzò per entrare nella porta della capanna, che a quanto pare vedeva solo lei. La guardarono mentre andava incontro all'ostacolo.
Cess saltò fuori dal suo nascondiglio con in mano il terzo sasso. Lo lanciò con velocità fulminea contro l'amico di Matteo che era più vicino a Serena, colpendolo alla gola. Il sangue e il dolore furono immediati, e il ragazzo emise un rantolo straziante. Serena non arrivò nemmeno alla porta della capanna. Si fermò sulla soglia fra le braccia di Cess. Ma non era finita. Il ragazzo la trascinò dentro che già il vecchio aveva fatto il suo strano incantesimo. Serena urlò nel vedere che Matteo si era tuffato per afferrarla a un piede e l'aveva mancata per un niente.
Ora il varco si era richiuso: Cess e Serena dentro col vecchio, Matteo e i suoi amici fuori.
«Porca troia» urlò l'aguzzino «venite fuori, froci bastardi!». I compari non riuscirono a calmarlo, mentre nel frattempo la sua guancia perdeva sangue.
«Bastardi!» cominciò a battere i pugni sul legno della capanna «uscite ho detto».
E infine si accorse della finestra, e di chi c'era dietro. Ghignò, e Serena ebbe un brivido lungo la schiena.
«Niente paura» disse il vecchio, e Serena sussultò ancora. Non lo aveva visto quando era entrata.
Agitò l'ampolla verso la finestra. Ora anche la ragazza rimase quasi pietrificata davanti all'enorme mole di fili o ragnatele che si diffuse nella capanna. Per non parlare dei bagliori colorati, stavolta potenti come fuochi d'artificio. Cess abbracciò la ragazza, avvertendo che stavolta era lei a patire di più il freddo. Lui, invece, si era abituato a quella sensazione sgradevole.
Comparvero delle sbarre che contornavano la porzione della capanna dov'erano loro tre. La serratura era anche munita di chiave.
"Meglio di Guerre Stellari" pensò Cess "ma non mi ispirano le sbarre".
Dovette comunque adattarsi, perché il vetro venne sfondato con una fucilata di sassi, e i tre aguzzini entrarono dalla finestra.
«Ora gioc...» cominciò Matteo, ma poi vide le sbarre e le tre figure rinchiuse da esse. Si accorse subito che non sarebbe mai riuscito a far passare attraverso di esse sassi decenti. E lui non voleva solo far male, voleva uccidere.
«Venite subito fuori!» tuonò, ma nessuno gli diede credito. I suoi amici si guardarono estraniati, poco convinti che il loro amico fosse ancora sano di mente.
«Fate qualcosa» urlò contro di loro. Non seppero cosa fare, spaventati proprio dal loro capo.
A quel punto Matteo decise di prendere di petto la situazione. Estrasse il coltello a scatto che riponeva nella tasca. I sassi non sarebbero passati, ma quello si. Lo lanciò tenendolo per l'estremità del manico. L'arma fece tre capriole, poi andò a conficcarsi dentro lo sterno del vecchio.
La giacca elegante si riempì rapidamente di sangue. All'interno del piccolo spazio delimitato dalle sbarre il suo sangue dilagò, e l'uomo spirò. Cess e Serena urlarono, cercando inutilmente di allontanarsi dal sangue.
Matteo, come se nulla fosse, si fece largo fra i suoi due amici. Erano rimasti impietriti, come statue. Quello col berretto aveva fatto un passo indietro, pronto a filarsela non appena Matteo avesse dato un altro segnale di squilibrio.
Il capo infilò un braccio nella gabbia e afferrò il braccio del vecchio. Tirò il cadavere verso il limite della sbarra. Cess lo guardò negli occhio, e Matteo gli mostrò un perfido ghigno: voleva ripetere il giochetto.
Cess abbandonò per un attimo Serena e si gettò sull'altro braccio del vecchio, cominciando anche lui a tirare. Cercò di ignorare il fatto che i calzoni gli si stavano inzuppando di sangue. Nauseante arrivò anche l'odore di putrefazione.
Ma poi gli altri due lo aiutarono, dando tutti e tre insieme uno strattone al corpo. Serena non ce la fece ad aiutarlo. In effetti, non era riuscita neanche a guardare il sangue. Non ci si sarebbe mai immersa né avrebbe toccato il morto, altrimenti sarebbe svenuta. Ma Cess non se la sarebbe mai presa con lei, non avrebbe potuto.
Serena non si accorse che l'ampolla le era scivolata accanto tanto da sfiorarle una gamba. Urlò quando i tre riuscirono a prendere il cadavere e a issarlo davanti alle sbarre. Le fece un effetto orribile quella visione macabra. Matteo afferrò il suo coltello e lo cacciò fuori dal cadavere. Si sporcò anche di sangue, ma non parve accorgersene. Si limitò a ripulire la lama sulla sua maglietta, con un'insana soddisfazione.
«Ora tocca a voi, femminucce» ghignò, e si preparò a prendere la mira. Fece più volte finta, divertendosi a vedere Cess che si muoveva a zig-zag, per provare a evitare i lanci che gli sarebbero potuti andare contro. Matteo e i suoi compari risero divertiti.
"E' questo che vuole allora" pensò quello col berretto calmandosi "vuole solo farlo pisciar sotto, e lo sta facendo...".
Rise pensando che l'omicidio era stato un incidente, che nessuno gli avrebbe accusati di nulla se avessero magari detto che tentavano di proteggere le due femmin ... cioè, i due ragazzi dal vecchio. Magari lo avrebbero preso come maniaco o pedofilo, e loro tre sarebbero passati per eroi. Il pensiero di lui che veniva portato in trionfo lo esaltò a tal punto che quasi veniva di nuovo.
Un po' meno bene lo fece stare l'immagine di Serena che piangeva disperata, e che ogni volta tremava quando Matteo fingeva di lanciare l'arma.
«Basta» urlò lei alla fine. Tutti si fermarono a guardarla. Cess andò da lei: che lo colpissero se dovevano, ma non gli andava di vederla così.
«Sta lontano da lei, frocio» urlò Matteo e si preparò a lanciare, stavolta sul serio.
«Sei un mostro!» urlò la ragazza. Accanto a lei, l'ampolla cominciò a vibrare.
"Accidenti" pensò Cess. Se aveva capito bene come funzionava l'ampolla, prevedeva guai.
Il vibrare dell'oggetto diventò allarmante in pochi secondi, più simile a una ruota per le estrazioni del lotto. Anche Matteo si fermò a guardarla, incuriosito.
Dall'imboccatura della bottiglietta sprizzarono ragnatele azzurre e verde acqua. Ne uscirono centinaia in pochi secondi, invadendo lo spazio aereo della piccola cella. Il rumore che emettevano uscendo era simile a quello di un scoppio prolungato, proveniente forse da un vecchio motore. Matteo fece un passo indietro, un po' intimorito. I suoi amici avvertirono solo delle forti vibrazioni nell'aria, ma non riuscirono a vedere la cosa che si agitava fra le gambe della ragazza.
Il fiume di ragnatele dispersesi per aria filtrò ad alta velocità fuori da un riquadro delle sbarre, diretto su Matteo. Il ragazzo urlò. La pioggia di ragnatele lo ricoprì interamente, emanando bagliori forti come lampi. Il freddo nella stanza divenne siderale, e si formarono in pochi secondi stati di ghiaccio, stalattiti e stalagmiti.
Furono solo pochi attimi, dopo di che la luce si ritirò e il ghiaccio si sciolse di colpo. Il rumore e la vibrazione passarono di botto, e al posto di Matteo si intravide una nuova figura.
Era alta esattamente quanto il ragazzo, ma completamente diversa. Si levò un fetido odore all'interno della capanna, simile a uova marce e sterco, tanto forte da far star male i presenti. Il ragazzo col berretto si ritrasse tanto da arrivare con le spalle alla finestra, scosso a tal punto da continuare a indietreggiare anche stando contro la parete. Il ragazzo guardò cosa rimaneva dell'amico e a quel punto desiderò essere nella gabbia con Cess e Serena. Lì sarebbe stato più al sicuro.
Matteo aveva cambiato la propria forma: si ergeva eretto su quelle che ora erano zampe, munite di lunghi artigli giallastri. Tutto il suo corpo aveva un colorito verde mela, con muscoli che lo ricoprivano da capo a piedi. I suoi denti erano diventati neri, e fra di essi spuntava una lingua biforcuta violacea. La usò in quel momento per spazzolarsi i denti, e gli scivolò dalle fauci un lungo rivolo di bava gialla.
«Matteo...» riuscì appena a sibilare il suo amico, che ora si teneva stretto alla gabbia, sperando magari di passare attraverso le sbarre. Vide disperato che le chiavi le stringeva Cess, e non credeva che gliele avrebbe mai date. Il mostro si girò a guardalo. Emise un rantolo, poi un verso famelico.
«Fammi entrare, fammi ENTRARE!» urlò il ragazzo, afferrando e scuotendo le sbarre. Cess era paralizzato, inerme. Magari avrebbe anche potuto provare ad alzarsi, ma le gambe non rispondevano al controllo, come le mani in cui stringeva le chiavi. La creatura fece un passo verso la preda. Il ragazzo col berretto si ricordò allora della finestra, e alzò una gamba per scavalcarla. Il pavimento scricchiolò sonoramente.
Il mostro si girò su se stesso e scrutò attentamente il ragazzo con la garba tesa. Questi rimase paralizzato come un ladro colto in fallo: sembrava uno stupratore nell'atto di prepararsi per un sadico giochetto.
Matteo cacciò la lingua viola, mentre Cess vide che sulla schiena aveva numerose scaglie, a centinaia, tutte giallo acido e vistosamente appuntite.
Il ragazzo col berretto si tuffò fuori dalla finestra, ma non face in tempo a voltarsi per correre che due zampe anteriori dotate di lunghi artigli lo presero alla gola, riportandolo nella piccola capanna. Al ragazzo venne strozzato l'urlo in gola. Poco dopo gli venne mozzata anche la testa. Uno schiocco secco si diffuse nell'aria nel momento in cui il capo del ragazzo veniva reciso. Il mostro, o qualunque cosa fosse, possedeva una forza immensa. Cess non ci volle pensare, ma capì che volendo, la creatura poteva anche sbriciolare le sbarre.
Matteo, o quel che ne restava, abbandonò il corpo mutilato del ragazzo, lasciando andare la testa. Questa rotolò fino quasi alle gambe della ragazza, che ormai non diceva nulla e aveva uno sguardo vacuo. Non aveva ancora proferito parola dopo che il suo desiderio era stato esaudito. E nessuno aveva più badato all'ampolla.
Il mostro si avventò sull'altro ragazzo. I due nella gabbia non vollero vedere. Con un solo artiglio la creatura aveva preso il ragazzo come un attaccapanni. Poi con un artiglio dell'altra mano... Cess e Serena non lo videro, ma in pratica era stato come un regalo di Natale che viene aperto con una forbice. Il mostro gli aveva aperto lo stomaco con l'utilizzo dell'unghia, e aveva rovesciato il contenuto del ragazzo per terra.
Poi la creatura si avvicinò alle sbarre.
Serena sembrò riprendersi. Sul suo volto iniziò a dipingersi una maschera d'orrore.
«Aiuto!» urlò, sperando che dalla finestra qualcuno li sentisse, «Aiutateci!». Ma Cess era più pessimista, se non li avevano sentiti nel bosco prima, perché avrebbero dovuto sentirli adesso? Il mostro prese a leccare le sbarre con la lingua. Le due biforcazioni di questa avvolgevano il metallo con bava giallastra. Svolse questa disgustosa attività per alcuni minuti, applicando quelli che forse erano litri di quella sostanza.
"Cosa diavolo vuole fare?" si chiese Cess "non vorrà mica mangiarle?".
Serena tremava, e sperava che la "cosa" non entrasse. A quel punto sarebbe finita.
La creatura però sapeva che fare. Le sbarre cominciarono a cigolare, cambiando a poco a poco colore. Dopo alcuni minuti comparve quella che era indiscutibilmente ruggine. Una delle sbarre cominciò a muoversi e a staccarsi dai sostegni del soffitto e del pavimento. Si stava aprendo un passaggio fra le sbarre.
La parte inferiore della sbarra si spezzò, e quella cadde dritta verso la ragazza. Serena vide il ferro venirle addosso e si spostò, facendo rotolare via l'ampolla. Questa emise un suono di vetro che strideva il legno. Cess temette di vederla rompersi: non sapeva cosa sarebbe potuto accadere e non intendeva scoprirlo.
Poi gli venne in mente proprio l'ampolla, grazie alla quale il mostro era comparso. Ma quello lo guardò attraverso i suoi occhi vitrei e privi di espressione. Vide paura e rabbia, e capì che da qualche parte lì sotto c'era ancora Matteo.
La creatura lo squadrò mentre lui avvicinava lentamente le mani all'oggetto. Attraversò le sbarre. Ora si ergeva davanti a loro, e loro erano a terra come vermi, completamente impotenti. Avrebbe potuto schiacciarli, ma per loro forse aveva riservato di meglio. Molto meglio.
Cess strinse fra le mani l'ampolla, pronto a usarla, ma non aveva idea di cosa fare. In quel momento il panico lo assalì quando si rese conto che la sua mente si rifiutava di collaborare. Ed erano spacciati. Il vecchio l'aveva forse usata solo con la forza del pensiero, ma lui aveva la mente confusa.
Il mostro agì d'istinto. Afferrò la ragazza per la gola, issandola finché non ci fu almeno mezzo metro fra le scarpe di lei e il terreno. "Oddio sto morendo" pensò lei "mi manca l'aria". Cess vide che le usciva anche dal sangue dalla trachea.
"La sta strangolando" pensò Cess disperato, e il suo cuore si frammentò in un milione di pezzi. Il cervello si spense per la collera. Dove altri sarebbero scappati, lui si lanciò sulla creatura, prendendola alla sprovvista. Cercò di farla cadere per terra, ma quella era incredibilmente robusta. Fu lui invece a finire al tappeto. Il mostro però perse la presa sul collo della ragazza, che in quel momento cadde a terra. Iniziò a respirare a pieni polmoni per riprendersi. Il sangue le usciva dal collo e dalla bocca, ma non ci badò.
Prima di rendersene conto, Cess aveva ora le mani della creatura avvolte intorno al suo collo. Sentiva stringere forte, sempre più forte. Poi, quando lui smise di opporre resistenza, la creatura cacciò la lingua e lo leccò sulla fronte. Il dolore fu allucinante.
Cess provò a gridare, ma le urla gli si strinsero nella gola serrata, togliendogli quel poco ossigen che gli restava.
Si accorse che perdeva sensibilità da tutte le parti. Non era una sensazione del tutto spiacevole: gli dispiaceva solo di sapere che dopo di lui sarebbe toccato a lei.
La ragazza afferrò l'ampolla che le era rotolata accanto alla gamba. Vide Cess chiudere gli occhi. "Ti prego" si disse "Ti prego, fa che non sia troppo tardi".
Puntò l'imboccatura dell'ampolla verso il mostro, e poi si schiarì la voce.
«TU NON ESISTI!» urlò. La voce era rauca, simile quasi a ferri arrugginiti sfregati fra di loro, ma il senso era chiaro.
Dall'imboccatura dell'ampolla schizzarono fuori fiumi di ragnatele azzurre e verde acqua che avvolsero per la seconda volta il corpo di Matteo. Ci furono lampi talmente accecanti da far venire loro un capogiro, e un freddo glaciale e pungente, ma li sopportarono. Quando tutta la matassa di filamenti fu scomparsa, davanti a loro non c'era più nulla. Matteo si era dissolto.
«No!» urlò Serena vedendo che Cess non si riprendeva. Non poteva essere vero.
«Vivi» ordinò allora stringendo l'ampolla.
Niente.
«Vivi!» urlò ancora con l'ampolla in mano, ma niente. Provò ad agitarla, a sbatterla, ma non accadde nulla.
«Non è giusto...» gridò, e scoppiò a piangere, chinandosi sullo sterno del ragazzo.
Cess si alzò di netto con un sussulto. Versò sangue dalla bocca, ma dava l'impressione di stare bene. Fu costretto comunque a stendersi nuovamente da un dolore allo stomaco, che lo colpì in modo allucinante.
«Cos'hai?» chiese Serena allarmata. Lui le fece cenno che non era nulla, aveva solo bisogno di stare un po' steso.
Lei prese in mano l'ampolla, e la strinse a se, pensando a un desiderio. Tutto intorno a lei brillò di tutti i colori dell'arcobaleno, poi guardò Cess. Fuori cominciò a nevicare.
«Buon Natale, Serena» disse lui sospirando.
«Buon Natale, Francesco» rispose lei. Era la prima volta che lo chiamava col suo nome, e certamente non l'ultima. Si chinò sulla sua bocca e lo baciò.
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