capitolo sedici
BENJAMIN
"Ancora cinque giorni..."
Benjamin sbuffò, osservando Olivia poco distante da lui: aveva la macchina fotografica davanti al viso, la bocca storta e l'obiettivo rivolto verso un anziano che, seduto davanti l'enorme fontana dei Jardin Royal, fissava meditabondo la vasca priva di acqua.
Infilò il volto nelle pieghe della sciarpa, osservando Olivia completamente assorta e certo che non l'avesse sentito: "Non ti facevo tipo da contare i giorni che mancano alle vacanze" gli disse lei, dopo aver fatto lo scatto e abbassando la macchina fotografica, fissandolo con il sorriso sulle labbra.
Lui storse la bocca, allungando le gambe davanti a sé e cercando di ignorare la panchina fredda sotto il suo sedere, spostando poi lo sguardo verso un punto non imprecisato senza sapere cosa rispondere. Non è che stesse facendo il countdown verso l'inizio delle vacanze, semplicemente si era ritrovato a contare quei giorni...
Sbuffò nuovamente, voltandosi verso Olivia e ritrovandosi l'obiettivo della macchina fotografica puntato verso di lui: "Ehi! Non ti ho dato il permesso" le disse, vedendola comunque eseguire lo scatto.
"Non eri male, molto pensieroso..." gli disse lei, guardando il suo operato e poi rivolgendosi un sorriso, guardandosi attorno come se fosse alla ricerca del soggetto successivo da immortale.
"Mi sto congelando" brontolò Benjamin, affondando meglio le mani nelle tasche del giaccone e guardandola, mentre lo raggiungeva e si fermava a pochi passi da lui: "Possiamo andare in un posto caldo?" la supplicò, incontrando lo sguardo chiaro che lo fissava tranquillo, mentre lui allungava una mano e le sistemava un ciuffo rosso dietro l'orecchio.
Erano differenti, l'uno con l'altra.
Il quasi bacio aveva cambiato qualcosa fra di loro, anche se non avevano mai riportato a galla la questione o tentato una seconda volta. Era qualcosa che c'era stato e che entrambi facevano finta di...
Di cosa non lo sapeva nemmeno lui.
Non era stato cancellato, no era ancora lì nella loro storia, eppure...
Eppure era come se non fosse avvenuto.
Una specie di bacio di Schrödinger, che poteva essere avvenuto come no.
O forse quel paragone era totalmente errato.
"Non ti porto più con me" bofonchiò Olivia, pizzicandogli il naso e facendogli storcere il naso, mentre avanzava e si infilava fra le sue gambe: "Sei un lamento continuo" continuò, dando ancora il tormento al suo naso.
Benjamin sospirò, appoggiando la fronte contro il suo addome e aspirando il profumo floreale che sprigionavano i suoi vestiti: "Vorrei ricordarti che qualche giorno fa io avevo la febbre" borbottò, sentendo le dita di Olivia giocherellare con i capelli sulla sua nuca.
"Sono passate due settimane quasi e mi sembra che stai benissimo" gli disse alla fine lei, tirandogli un orecchio e facendolo sbuffare.
"Andiamo in un posto caldo, ti prego" Benjamin alzò il viso, fissandola in volto e pregandola sia con le parole che con lo sguardo: "Ti offro tutto quello che vuoi, ma andiamo."
"Anche..."
"Tutto tranne quello stramaledetto videogioco" le dichiarò, alzandosi in piedi di scatto e intrecciando la mano a quella di lei, sentendo le sue dita fredde come il ghiaccio e vedendola inclinare la testa di lato.
"Stramaledetto?"
"Non è una parolaccia. Posso usarla" dichiarò Benjamin, puntandole contro l'indice della mano libera: da quando aveva scoperto la questione sulle parolacce nella sua famiglia, si divertiva in quel modo e cercava sempre di scovare falle nel suo modo di parlare. La esortò a camminare, tirandola appena per le loro mani intrecciate, dirigendosi nella direzione da cui erano arrivato a Palais Royal. Se ricordava bene, lungo il tragitto dalla fermata a lì aveva visto uno Starbucks: "Dopodomani che fai?" le chiese, quando raggiunsero le inferriate nere che delimitavano il parco.
"A parte sopportare mio fratello?"
"A parte quello sì" Benjamin sorrise, sentendo le dita di Olivia stringersi maggiormente alle sue, mentre attraversavano la strada e raggiungevano il lato opposto di quella che sembrava una piazza, anche se era più l'incrocio di più strade assieme.
"Il solito: casa, televisione..." Olivia scosse il capo, arricciando il naso e poi puntando lo sguardo chiaro su di lui, mentre continuavano a camminare e le classiche tende verdi di Starbucks non erano molto distanti da loro.
"Ti andrebbe di venire con me?" le chiese Benjamin, fermandosi a pochi dal locale e guardandola in volto.
"Disse il killer alla sua ignara vittima."
"Se pensavi che fossi un killer non penso accettavi la mia presenza" le disse, tirandola appena verso di lui e piegando la testa verso il basso, fino a colpire quella di lei: "Mia madre, con alcune signore, fa una cena di beneficenza per Natale e abbiamo bisogno di un po' di aiuto" si fermò, ricordando l'anno precedente dove, a un certo punto della serata, si era visto lanciare i piatti di plastica alle persone venute lì: "Tanto aiuto,"
"In pratica mi vuoi schiavizzare."
"Con tanto di catene e frusta" decretò Benjamin con la risata nella voce. Si guardò intorno, osservando una signora guardarlo con la bocca aperta e lo scandalo nella voce; rimase a fissarla mentre si stringeva nel cappotto chiaro e si allontanava da loro a passo svelto, con il suono dei tacchi che quasi rimbombava nonostante il rumore del traffico: "Quella signora penserà malissimo di me, adesso" mormorò, scuotendo il capo e sentendo la risata di Olivia.
La fissò male, vedendola sghignazzare ancora e lui piegò le labbra in un broncio: "Io non so cucinare tantissimi piatti, ti avviso" gli disse, riportando l'attenzione sul discorso originale e riprendo a camminare, fermandosi davanti la porta di Starbucks.
"Tranquilla, più che altro serve una mano per passare i piatti, sparecchiare le tavolate" si fermò, storcendo la bocca e incassando la testa nelle spalle: "Si tratta di gente che non ha niente e, almeno in queste occasioni, si cerca di fare quel che si può."
Si trattava semplicemente di dare un mano a chi aveva di meno.
Si trattava di far sentire quel calore natalizio, quasi dato per scontato, a chi non aveva più nessuno.
Per lui era diventata quasi una tradizione, portata avanti prima dai nonni e poi da sua madre: essere in quegli stanzoni enormi, incontrare gli sguardi di chi non aveva più niente e vederli illuminarsi per cose che sembravano scontate.
Un piatto caldo, la presenza confortante e il calore di altre persone...
Se fosse stato per lui, cene del genere sarebbero state fatte ogni sera, ma purtroppo non era possibile e dovevano seguire il flusso monetario che, ovviamente, per Natale diventava maggiore.
A Natale si è tutti più buoni, quindi anche chi faceva le donazioni ai centri dava quel qualcosina in più...
"Quando finirai di essere così perfetto?" Olivia sospirò, mentre lui ghignò a quel complimento: era un grande passo, era passato dall'essere un ladro e nemico numero uno di Olivia a ragazzo perfetto.
Quasi voleva piangere per quel traguardo...
"Vieni. Sì o no?"
"Secondo te?" gli domandò a sua volta Olivia, sorridendo ed entrando nel locale, mentre lui le teneva la porta aperta.
Sì, Olivia sarebbe stata con lui alla cena di beneficenza.
a/n: ero convinta che l'abitudine delle cene di beneficenza fosse una cosa prettamente americana, invece ho scoperto che anche in Francia - seppur con molta meno pubblicità e interesse - si fanno. Fra l'altro preparatevi, perché in quel capitolo ci saranno due vecchie conoscenze per chi legge La vie en rose...
Ormai penso sia chiaro che anche questa storia faccia parte dell'universo di Paris in Love: la presenza di Aristide, il fatto che Marie è la sorellina di Daniel...
Non era voluta come cosa, devo dire, però è nata mentre preparavo il plot.
Detto ciò, come sempre io vi ringrazio per ogni lettura, stellina e commento. Mi scuso per gli eventuali errori lasciati qua e là (Quasi sicuramente ho messo qualcosa riferito a Benjamin al femminile, mentre scrivevo era un continuo riferirmi a lui come una lei) e vi do appuntamento a domani con un nuovo capitolo!
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