OC #25: NIGHTMARE OF A MID SUMMER NIGHT ; roleplay
I. NOME
"Gledisa Viktoria. Quanto mi dispiace dirlo"
Non si sia certi da dove derivi il nome Gledisa, forse dal celtico "Gledis", possibile corrispondente di Claudio; forse deriva dal fiore del gladiolo. Generalmente, è un nome utilizzato nell'est dell'Europa.
Viktoria è una variante del nome latino "Vittoria", ovvero "colei che vince".
Spesso suo fratello la chiamava Vika, nonostante lei usasse solo il suo primo nome; mentre suo padre e sua madre la chiamavano solo Gledisa.
Lei ama profondamente entrambi i suoi nomi, ma da qualche anno li sente stonare ogni qualvolta li pronunci, come se le fossero stretti, come se non fossero suoi, come se non le appartenessero.
II. COGNOME
"La signorina Gradinar è attesa nelle stanze della contessa Gradinar."
L'origine del cognome è incerta, ma si sa che proviene dall'est ed è diffuso principalmente tra Romania e Moldavia.
Ormai, Gledisa è abituata a sentire gli altri riferirsi a lei come "Signorina Gradinar", più che col suo nome. Chiunque la chiami, per la verità, utilizza prima il cognome, rendendola quasi un reale annunciato sul campo di battaglia.
III. ETA'
"I am seventeen, going on eighteen...non faceva così?"
Preferisce dire che ne ha quasi diciotto, in realtà: difatti, compirà gli anni il quattro di luglio, sotto al segno del cancro.
Da quando è in America, però, è costretta a dire di essere nata il cinque di luglio, per fare in modo che le persone si ricordino del suo compleanno.
IV. ASPETTO
Elle Flanning
H
a i capelli colore del burro e gli occhi che riflettono il cielo, la pelle candida e i lineamenti estremamente delicati. Eppure, oltre ad avere un fisico sottile, sembra averlo più tonico e maschile rispetto a quello che dovrebbe avere una diciottenne.
Raggiunge un'altezza di 1.75 metri e pesa circa 55 kg, di cui i grassi sono quasi inesistenti, a causa del peso costantemente in calo.
V. CARATTERE
«Ero solo una bambina, ho visto cose che non avrei dovuto vedere, sentito cose che non avrei dovuto sentire e visto gente che ha voluto vedere, senza il diritto di dire nulla. Adesso non aspettarti che io resti in silenzio»
Che più che un avvertimento per gli altri, era una sida per sé stessa.
Sin da piccola le era stato insegnato come essere silenziosa ed accondiscendente, obbediente e senza pretese.
Nell'esercito, non potevano arruolarla per via dell'età, così aveva fatto da spia: furba, agile, indipendente, ha imparato a resistere ai morsi della fame e ad auto medicarsi le ferite peggiori, scoprendo ben pesto che in quel sistema corrotto non ci si allenava per combattere quella grande bestia che erano gli Stati Uniti d'America, ma il piano era una rivolta interna volta ad un solo scopo: riconquistare l'indipendenza dalle forze sovietiche.
Così imparò a tacere anche lì, prendendo rassegnatamente e coraggiosamente parte a quello spietato gioco di sopravvivenza che, per assurdo, era l'unica cosa che le avrebbe permesso di vivere dignitosamente una volta fuori.
Non è facilmente impressionabile, in quanto le esperienze militari le hanno insegnato ad avere uno stomaco di ferro e un cuore forte; prende decisioni in fretta, ha lo spirito d'iniziativa, sembra non avere paura di nulla, ha i riflessi pronti ed è in grado di distinguere le situazioni dove c'è da combattere e quelle per cui è necessaria la bandiera bianca.
Il suo modo di dimostrare affetto è nel prendersi cura degli altri, soprattutto in campo medico: cura ferite, prepara infusi, cucina per gli affamati, durante l'anno presta volontariato alle strutture adibite al soccorso; cose del genere.
Ha buone capacità d'ascolto e non è assolutamente esperta in questioni sentimentali, non è una persona romantica e nasconde ogni emozione dietro ad un volto quasi sempre cereo, vederla sorridere per davvero è raro, ma è molto brava a mettere per iscritto ciò che prova.
Gli anni l'hanno forgiata come un ottimo leader ed una guida capace, che non esiterebbe a dare la vita per salvare qualcuno, o meglio, per salvare tutti.
VI. STORIA
Kaunas, Lithuania, 1944
«KRISTEVA, PRENDI LE CHIAVI, SCAPPA!»
Rumori, passi, scalpiccii, grida spietate, l'odore nell'aria è quello del sangue mischiato alla polvere da sparo e e uniche cose che si sentono sono le sirene che preannunciano quella che sarà una delle stragi in massa più pesanti della Shoah.
Una ragazza dai biondi capelli setosi e il vestito rosa di ciniglia, tutto orlato in pizzo e ben pulito e stirato, raccoglieva da terra un mazzo di chiavi e scivolava sulle rocce della casa ormai diroccata, coprendosi la testa con niente più che un libro; "Cime Tempestose".
Sul braccio aveva una fascetta rossa completamente strappata e valutava come sarebbe scappata da quell'inferno: forse era abbastanza magra da passare attraverso il cancello che si sarebbe richiuso dietro al furgone che traportava i bambini impauriti...
Con il cuore in gola, chiuse gli occhi nel salto e le sembrò di riaprirli solamente quando sentì silenzio attorno a lei.
Davanti a lei, una lapide citava: in memoria di Endel e Leida Danilevičius.
Era molto più in basso rispetto a quando aveva chiuso gli occhi...
«Ho sempre saputo che portare le rose a papà si sarebbe rivelato utile prima o poi.»
Sibiu, Romania, 1948
«Muoviti, andiamo, sali sul treno!»
«Ma mamma, per quale motivo dovrei andarmene? Ma poi perché proprio adesso che ho tutti i miei amici e la mia fidanzata qui?»
«Per quale motivo?! Qui la Monarchia è andata, Sasha, lo capisci che se rimaniamo qui diventiamo nessuno?! Conti...conti di cosa, che non esistono più le contee? E tu mi parli di fidanzata, figlio mio, a quindici anni. Ma che ne vuoi sapere di fianzate.»
E così il paesaggio scorreva piano fuori dal finestrino, poi sempre più veloce mentre il giovane dai capelli nocciola si sistemava un ciuffetto scappato alla presa del gel.
"Chissà poi perché proprio la Lituania..." pensava continuamente Sasha, che sentiva la presenza imponente della madre affianco a lui. Non era una donna dolce e aveva circa vent'anni in meno rispetto a suo padre, che ormai aveva più di sessant'anni, ma era pur sempre sua madre.
Chiuse gli occhi sul treno e quando li aprì aveva davanti una lastra di pietra più che fredda: "Qui giace Cezar Costantin Gradinar, R.I.P"
Kaunas, Lithuania, 1963
«Ho sempre saputo che portare le rose a papà si sarebbe rivelato utile prima o poi.»
«Santi numi, da dove sbuchi?!»
«Dal...vialetto lì dietro? Beh, non che abbia molta scelta. Queste sono per te, comunque»
Sasha allungò tre rose alla giovane che aveva davanti.
Lei le prese timidamente.
«Per me? Ma non ci siamo neanche mai visti...»
«Ti correggo: tu non mi hai mai visto. Io ti vedo da sette anni ormai, da quando porto i fiori a mio padre. Vieni qui tutti i giorni e sei la ragazza più carina che io abbia mai visto»
«Tu non sei di qui, vero?»
«No, io sono rumeno. Tu sei di qui?»
«Precisamente. I miei genitori si fingevano le guardie filonaziste del ghetto di Kaunas, ma nascondevano gli ebrei. Li hanno scoperti, non voglio immaginare che cos'abbiano subito. Però, all'orfanotrofio, erano simpatici con me. Tu come sei arrivato qui?»
«Come sono arrivato qui? Buffa storia. La monarchia è caduta.»
Si sposarono, alla fine. Quello stesso anno, infatti, lei rimase incinta e, per forza di cosa, furono obbligati a sposarsi e ad andare a vivere nella grande villa che apparteneva ai genitori di lui e fu lei a rovinare i loro rapporti, a dire la verità.
Kaunas, Lithuania, 1975
«E tu come ti chiami?»
«Gledisa Viktoria Gradinar, nipote del Conte Gradinar, primogenito della sesta generazione»
Con queste parole cominciò la storia di Gledisa, la bambina identica alla madre e al fratello maggiore, Axl (sì, come Axl Rose, il cantante).
Nacque il quattro di luglio, sei anni dopo suo fratello.
I suoi genitori non sembravano neanche vivere nella stessa casa: dopo lo scandalo della prima gravidanza, Doris aveva proibito al figlio e alla nuora di vivere nella stessa casa dei figli, così che non li condizionassero con le loro condotte alquanto disdicevoli. Era infatti usanza che la ragazza sposasse il ragazzo che presentava ai suoi genitori e viceversa, senza ovviamente consumare l'unione prima del matrimonio in sé. La cosa triste? Questa regola non è mai cambiata.
I bambini, allora, crebbero in una casa dello stesso complesso di ville, ma separata; insieme alla nonna materna e alle donne che lavoravano in casa.
Doris fece da istitutrice ai suoi nipoti, era rigida come un palo e fino alla fine mantenne un regime serio e immutabile: non erano ammessi errori, brutte calligrafie, letture traballanti, lingue senza accenti o macchie sui grembiuli.
Axl doveva sempre portare i capelli pettinati all'indietro, Gledisa aveva sempre due lunghe trecce bionde e si controllava sempre che le mani fossero pulite prima di cominciare le lezioni e dopo ogni pasto.
Se si usciva, era l'unica opportunità che la famiglia aveva per sembrare effettivamente una famiglia e Doris, da donna egocentrica qual'era, aveva sempre esatto che mostrassero le loro ricchezze al popolo relativamente povero che prevaleva nell'est Europa dell'epoca.
Quando morì, nessuno la pianse.
Neanche quando morirono Kristeva e Sasha si pianse molto, ma almeno si pianse. Nessuno sapeva di cosa esattamente fossero morti, ma da un giorno all'altro Axl e Gledisa si ritrovarono soli.
Ma questa volta per davvero.
Tutto quello che si sapeva era che i genitori avevano lasciato la loro eredità solamente ai figli e con quella anche una lettera dove dichiaravano di aver avuto due figli maschi; Axl e Andrei, pronti ad arruolarsi nell'esercito.
Inizialmente, nessuno dei due capì la scelta, ma quando si trattò di inviare una piccola squadriglia negli USA allora fu tutto più chiaro.
Edwards Air Force Base, LA, California, 1985
«Svelta, nasconditi qua, dietro a questo piccolo. Sbrigati!»
«Scusa, scusa, mi è difficile respirare e mi fanno tanto male le gambe e la pancia...»
«Come sarebbe a dire?! Dai, non fare storie e stai giù, prima che ci vedano!»
E la storia sembrava ripetersi: grida, lampi di tutti i colori, l'odore della polvere e dei motori che bruciavano la terra; il rumore sordo degli aerei che decollavano...
Una ragazzina aveva una fascettina gialla, verde e rossa sulla divisa militare sporca e consumata, un ragazzo già adulto sembrava solo la sua versione più alta e agile.
Sentendosi presa per il polso, Gledisa chiuse gli occhi e...
Riverside, California, 1988
La nonna aveva sempre preferito lei, lo sapeva. Lei era la figlia legittima, nata durante il matrimonio, figlia dell'apparente unione felice dei suoi genitori.
Che cos'era, se non perfetta? I capelli color burro erano setosi e perfettamente lisci, la pelle sempre trattata era porcellana e risaltava gli occhi cristallini ed aveva un fisico più tonico di quanto sembrasse a causa del servizio militare.
E cos'era una ragazza perfetta, se non un ottimo mezzo per combinare matrimoni che portassero alla famiglia ricchezza e prosperità?
Lei era stata cresciuta proprio con quegli ideali.
Però essere donna le era quasi costato la vita: era stata fortunata ad avere le prime mestruazioni così tardi, durante i quindici anni...
Le avesse avute anche solo un mese prima, non avrebbe saputo cosa fossero e non avrebbe potuto chiedere aiuto.
Ricordava che non aveva neanche mai potuto andare al mare per colpa del suo essere donna.
Seduta su una poltrona, ricordava anche che nonna la viziava di nascosto, le comprava sempre dei vestiti nuovi, le dava più dolcetti da mangiare, le prese perfino una gatta che, non si sa con quale coraggio, aveva resistito a tuto.
«Lo so, lo so che ti manca il frutteto della nonna. Ma sai che non ci possiamo tornare là. E poi, ormai, sei vecchietta e un po' stanchina, non riusciresti neanche ad arrampicarti Žvaigždė¹...»
«Perché, al posto di parlare col gatto, non uscissi di casa e parlassi con persone vere?»
VII. PENSIERI SUL CAMPO
«I posti affollati non mi piacciono.»
Non è qualcosa che ha scelto lei, ma ripensando alle parole del fratello forse riconosce di averne bisogno. Forse, un'esperienza sociale che non comprenda ordini e minacce da un branco di adulti che ti sbraitano in faccia, a diciotto anni la può azzardare.
Nel suo cuore, però, c'è sempre quella speranza che lì possa trovare uno spiraglio di libertà e vivere qualche giorno senza il rumore delle bombe e delle mine antiuomo a rimbombarle nelle orecchie.
VIII. PRONOMI E ORIENTAMENTO
"Se sapessi davvero rispondervi, giuro che lo farei."
Costretta ad utilizzare i pronomi femminili, dopo il periodo passato nell'esercito verso ha passato gli ultimi anni a rimuginare su quanto fosse veramente a suo agio nei suoi panni di donna.
Ovvio che comunque non avrebbe potuto esprimere i suoi dubbi a nessuno, ma questo non ha fatto che renderla sempre più insicura circa la propria identità ed ora non sa proprio che pesci pigliare.
Sa solo che non può più ignorare a lungo la domanda che le ronza in testa da ormai quasi sei anni: e se fosse nata per essere maschio?
Essendo tutta una gran confusione, è difficile per lei capire che cosa le piaccia: solo uomini, è certa che no.
IX. PAURE E PASSIONI
«Concordo con la Creatura: il fuoco è cattivo. Per l'oceano, chiedete? Uhm, vediamo...Titanic vi dice niente?"
Sicuramente ha paura del fuoco e dell'acqua profonda degli oceani o semplicemente dei mari più vasti, non le piacciono le navi.
Ha invece una forte passione per tutto ciò che è meccanico, informatico o che c'entri con la medicina, anche se principalmente preferisce la tecnica meccanico-informatica.
X. PUNTI FORTI E DEBOLI
«Chiedetemi di decriptare un codice segreto captandolo attraverso dei disturbatori e lo farò, ma per carità, che non mi si chieda mai di capire le persone."
Gledisa è un'osservatrice e un'ascoltatrice, conosce la lingua dei segni a causa di un vecchio colonello rimasto sordo e a cui c'era da comunicare i messaggi americani decodificati.
Ha imparato, per l'appunto, a decodificare i messaggi criptati che ogni tanto le giungevano dall'America attraverso segnali radio e sistemi di disturbo che aveva imparato a costruire dopo averne osservato e studiato il comportamento, per cui è abile nell'uso delle tecnologie.
E' estremamente veloce nella scrittura e nella traduzione immediata, conosce il codice morse, il braille, il linguaggio dei segni, il russo, l'inglese, il francese e il lituano; oltre che ai vari codici più utilizzati.
Nella corsa e nella forza è ferrata, frutto degli addestramenti replicati dagli altri soldati, sa nuotare e maneggia bene molte armi, dato che a lei toccavano i lavori di riparazione, più precisi grazie alle piccole mani che lavoravano svelte.
Conosce molte tecniche di sopravvivenza, compresi il perfetto mimetismo e la regolazione della temperatura corporea; ha delle competenze meccaniche ed ha l'abilità di usare il tatto per parlare con i pazienti o le loro famiglie.
Al contrario, è assolutamente impacciata con le persone, al di fuori del contesto medico; anche perché, non avendo mai frequentato una vera e propria scuola, non ha mai avuto delle interazioni umane che andassero oltre a quelle con suo fratello.
Non sa svolgere un gran lavoro di squadra, gestisce bene la pressione, ma non troppe persone le fanno salire un senso di prigionia e claustrofobia indicibile.
Ha estremamente difficoltà a chiedere aiuto a causa della sua autosufficienza e ha la tendenza a nascondere malesseri finché non sono cresciuti al punto da non essere più nascondibili; non riesce a più a dormire normalmente e ha molta paura del fuoco dopo essere quasi stata bruciata viva a causa di un errore di calcolo nella riparazione di un motore aereo.
XI. RELAZIONI
«Non possono fare così male, dopotutto, no?»
Curiosamente, è assolutamente disponibile a relazioni di ogni tipo, per quanto un po' la intimorisca il pensiero che delle persone si avvicinino emotivamente a lei; ha letto troppi libri dove le relazioni portavano a cose negative.
Soprattutto, la spaventa pensare a cosa potrebbe succedere se un suo ipotetico amico venisse a sapere dei suoi dubbi identificativi, ma ha promesso che cercherà di mettere da parte qualsiasi paranoia e provare a conoscere nuove persone senza troppe storie.
XII. CURIOSITA'
«Anche se farsi una spremuta di affari propri, certe volte, non fa che bene»
-Il quattro di luglio è una festa che le fa invidia, dato che sono anni che sogna l'indipendenza della Lituania dall'URRS, ma comunque la rispetta. Semplicemente non la festeggia e per questo è stata attaccata molte volte, perché considerata un'ingrata
-Ha sempre sognato di imparare a ballare
-Spesso si trova in uno stato di dissociamento da sé stessa o dalla situazione in cui si trova, cosa che aveva imparato a fare nell'esercito e che ora ha di riflesso
-Gli unici ricordi che ha dei suoi genitori sono un vinile di Elvis e un paio di scarpette rosse di sua madre, insieme ad una vecchissima chiave arrugginita che porta sempre con sé e che appartenevano ai suoi bisnonni materni
-Non ama particolarmente il cibo americano
-Nonostante ormai non abbia più le difficoltà economiche che le causava il servizio militare, le è rimasto il vizio di consumare solo il minimo indispensabile e di individuare nel cibo le calorie necessarie per la sopravvivenza giornaliera, così che nulla andasse sprecato, il che la porta ad avere vari disagi fisici
-Il suo cibo preferito è il pane: nell'esercito si davano da mangiare focaccine che erano o dure come mattoni o troppo gommose, se no si passava direttamente al pane raffermo, che ti spezzava i denti se cercavi di morderlo. Ad oggi, per lei, il pane è una vera leccornia e pure ogni cosa che comprenda del grano
XIII. PLAYLIST
Running Up That Hill (A Deal With God)-Kate Bush
"If I only could, I'd make a deal with God and I'd get him to swap our places"
If You Were a Woman (And I Was A Man)-Bonnie Tyler
"I'd like to try another way, oh baby, for just one day"
Russians-Sting
"How can I save my boy from Oppenheimer's deadly toy?"
I Will Survive-Gloria Gaynor
"You think I'd crumble?
You think I'd lay down and die?"
Survival-America
"I'm alive here, I can survive dear"
XIV. AESTHETIC
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