Capitolo 4: Segreto svelato
Apro gli occhi e sono un po' stordita, mi fa male la testa e mi sento ancora debole. Osservo meglio le pareti e sono bianche, girando un po' la testa mi accorgo di essere in ospedale. Cosa mi è successo? Non ricordo più niente da quando ero in attesa del mio turno dal ginecologo.
Un'infermiera con la divisa bianca entra nella stanza in cui mi trovo, sembra che si voglia accertare delle mie condizioni.
«Signora Bernardi, vedo che sta meglio». Mi sorride con sincerità e si avvicina per controllare i miei parametri.
Ma come sa il mio nome? Non credo di averla mai vista prima d'ora. Ha la pelle chiara e i capelli biondi sono corti e lasciati sciolti. Credo che abbia più o meno la mia età e il cartellino che porta al collo rivela che il suo nome sia Stefania. Non mi viene nulla in mente. Lei sembra poter sentire i miei pensieri e risponde alla mia domanda.
«Mi sono permessa di controllore i suoi documenti per poter raccogliere i dati. Inoltre, ho preso il suo cellulare per chiamare un famigliare e avvisarlo. Ho provato a chiamare suo marito, ma non ha risposto. L'altro numero di emergenza era quello di sua madre e sta già arrivando.»
Nonostante senta ognuna delle sue parole, il mio cervello si ferma alla parola marito e ho di nuovo una sensazione allo stomaco come se si stringesse. Afferro la coperta tra le mani e cerco di scaricare tutta la tensione.
Faccio solo un cenno con la testa e non dico altro, ho la bocca secca e non riesco a pronunciare qualcosa che possa sembrare sensato.
La donna esce dalla stanza e ritorna pochi minuti dopo con una vaschetta in metallo e la poggia su un piccolo tavolo accanto a me. La fisso incuriosita e si accorge di essere osservata.
«Non si preoccupi, sono solo delle normali analisi al sangue per controllare che vada tutto bene.»
«Sì, va bene», dico un po' distratta, porgendo il braccio sinistro.
L'infermiera fa tutto e mi lascia di nuovo sola. Il mal di testa è sempre più pesante e spero che mi diano qualcosa per farmelo passare. Dopo poco tempo vedo mia madre arrivare di corsa e col fiatone. Avevo già rimosso che lei era stata informata del mio malessere.
«Tesoro, che ti è successo?» mi chiede preoccupata.
«Sicuramente solo un calo di pressione», rispondo. In realtà non so neanche io con precisione cosa mi sia successo.
Lei si siede accanto a me e resta qui a farmi compagnia, riesco a scorgere la sua agitazione e mi dispiace averla fatta preoccupare, ma tutto questo non era messo in conto. Non vedo l'ora di uscire da questo posto e tornare alla mia vita di sempre, gli ospedali non mi sono mai piaciuti, ma a maggior ragione dopo quello che ho dovuto vivere con Leonardo.
Più passa il tempo più mi sento meglio, sarà merito anche della flebo che mi hanno messo. Spero che prima o poi passi qualcuno che dica se posso tornare a casa.
D'un tratto i miei pensieri si spostano tutti su Edoardo, se mia mamma è qui, chi penserà a lui? Scatto seduta e lo chiedo a lei, mi poggia la sua mano sulla mia e mi risponde con molta tranquillità.
«Non preoccuparti, a lui ci penserà tuo padre. L'ho già avvisato e lo porterà a mangiare qualcosa fuori».
Mi calmo e cerco di rilassarmi di nuovo, non mi fa bene tutta l'ansia che mi metto addosso. D'istinto mi tocco la pancia e penso al bambino che porto in grembo, non so ancora le sue condizioni e questo non mi fa stare per niente serena, ma tornerò un altro giorno.
Il tempo scorre e non abbiamo più visto nessuno del personale sanitario entrare nella stanza in cui mi hanno sistemata, sono un po' spazientita ma cerco di non darlo a vedere.
Solo dopo due ore da quando mi hanno fatto il prelievo, un medico spunta nella camera.
«Buongiorno signora Bernardi. Ho qui i primi risultati delle sue analisi, dalle beta emerge il normale proseguimento...»
Faccio un cenno con le mani, invitando il medico a smettere di parlare e cercando di non farmi notare da mia madre. Lui sembra non notarmi ed è ben concentrato a leggere i fogli con il referto.
«... della gravidanza».
Appoggio il palmo della mano sugli occhi. Al momento vorrei scomparire e ricomparire tra qualche giorno, quando mia mamma forse se ne sarà dimenticata.
«Gravidanza?» ripete lei, perplessa.
«Sì, dai valori sembra aver passato il primo trimestre, come già saprete. Tra qualche minuto un'infermiera la verrà a prendere e la accompagnerà a fare l'ecografia.»
Rimaniamo di nuovo sole io e lei, e vorrei nascondermi da qualche parte pur di non affrontare l'argomento.
«Perché non ci hai detto niente, tesoro?» Sento che la sua preoccupazione e la sua ansia stanno superando la mia. Troppe domande, al solito suo, a cui non voglio rispondere.
«Perché sono cazzi miei.»
Giro la testa per non guardarla, gli occhi mi diventano lucidi. Il rumore della sua sedia che viene spostata risuona in quella stanza vuota, fa solo due passi e si siede ai piedi del letto.
«Da quanto tempo lo sai? Se ce lo avessi detto avremmo potuto aiutarti di più.»
«Lo so da ieri e comunque io. Non. Ho...»
L'infermiera che mi ha fatto il prelievo entra di nuovo in stanza interrompendomi, forse è meglio così.
«Il dottore la sta aspettando, andiamo.»
Di certo il suo lavoro non è dei più semplici, ma ogni volta che oggi ho incontrato il suo sguardo è sempre felice e questo infonde un po' di tranquillità a tutti i pazienti.
«Buongiorno, signora», esordisce il medico non appena varco la porta.
Anche lui è un volto nuovo per me, avevo prenotato la visita con lo stesso dottore che mi ha seguito per la gravidanza di Edo. Tutte queste novità non mi piacciono.
Tiro un sospiro di sollievo quando il medico mi dice che va tutto bene e il bambino non presenta alcun danno, almeno credo che al momento sia così. Io, invece, ho avuto solo un calo di pressione, come avevo sospettato. Mia mamma ha deciso di seguirmi all'interno dello studio per darmi più supporto possibile, anche se io non ne ho bisogno. Durante l'ecografia lei mi mette una mano sulla spalla e la sento tirare su con il naso, non capisco cosa ci sia di così emozionante, sono solo incinta e non è nemmeno la prima volta.
Con l'aiuto di un po' di carta pulisco il gel freddo e appiccicoso che ho sulla pancia e abbottono i pantaloni. Aspetto che il dottore mi consegni tutti i documenti della visita e lo saluto. Finalmente posso andare a sbrigare il resto delle faccende per la dimissione dall'ospedale. Maledetta burocrazia!
«Buona giornata, signora. Ancora complimenti a lei e suo marito per il bambino.»
Mi irrigidisco di nuovo, e la mia testa non riesce a mettere un freno alle parole che stanno per uscire dalla mia bocca.
«Glielo riferirò appena andrò al cimitero.»
Mia madre sbarra gli occhi e mi prende per un braccio trascinandomi fuori e scusandosi con il dottore più volte.
«Non c'è bisogno di essere così scandalizzata per una frase innocente», le dico alzando gli occhi al cielo.
«Ciao, Valeria!»
Una voce maschile e molto famigliare mi interrompe, quando mi giro riconosco la figura alta e imponente di Fabrizio, il padre di Leonardo.
«Ciao.» Fingo un sorriso e lo saluto, evitando altre sfuriate da parte mia che non sono necessarie.
«Ho saputo che eri qui e sono venuto a trovarti.» Con gli occhi individua la targhetta che indica il reparto di ginecologia e ostetricia e capisco a cosa vuole alludere.
Faccio un respiro profondo e capisco che le mie intenzioni di tenere per un po' di tempo tutto per me sono miseramente fallite.
«Sì, sono incinta e sì, il bambino è di Leonardo.»
«Oh, ma è fantastico! Noi... noi vogliamo sicuramente conoscere il bambino, per noi sei come un'altra figlia e ci farebbe piacere poterti stare accanto.» I suoi occhi si riempiono di lacrime, posso immaginare come si senta, anche se continuo a non capire perché commuoversi per una cosa del genere.
«Non vi avrei mai esclusi, l'ho appena scoperto e mi sa che è arrivato il momento di dirlo a tutti voi. Magari ci vediamo per una cena.» Mi mordo l'interno della guancia e continuo a mantenere il controllo della situazione.
Lo saluto di nuovo e gli prometto che sarei passata a casa loro il prima possibile, portando con me anche Edoardo per fargli passare un po' di tempo con i suoi nonni e i suoi zii.
Quando esco dalla struttura ospedaliera mi sento finalmente libera, ero entrata per perdere solo un'ora e invece aveva occupato tutta la mattina. La cosa più grave, però, è che il gran segreto che condividevamo io e il mio defunto marito adesso è alla mercé di tutti. Non posso più sottrarmi dal dirlo e il pensiero della cena mi fa venire il volta stomaco. Da quando ho aperto la bocca per parlare davanti alla tomba di Leonardo, è successo di tutto e adesso devo affrontare le conseguenze. Non dico niente per tutto il tragitto fino a casa, l'unica cosa di cui voglio occuparmi è mio figlio e non vedo l'ora di tornare nel nostro appartamento lasciando il resto del mondo fuori.
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