Guardati
Oltre la porta, un sorriso. E una voce profonda ma dolce come una ninna-nanna.
"Oh, bene. Finalmente ti sei svegliata."
Una voce che riconosco e che dissolve in mille frammenti la mia paura.
La porta si richiude; l'uomo avanza tranquillo e prende posto sul sedile di fronte a me, senza smettere di sorridere. "Ciao, Nozomi. Hai dormito bene?"
Mi concedo qualche momento per osservarlo, prima di replicare.
Occhi color del ghiaccio, eppure caldi da sciogliermi il cuore; capelli e baffi argentei, come quei saggi maghi nei racconti di fantasia. Abiti semplici, color della cenere.
Sembra un uomo normalissimo, con il cuore gentile e il corpo non più giovane. Ma ha qualcosa di diverso nello sguardo. Una scintilla di vita, un brillio di gioia che non ho mai visto negli occhi di un anziano. Sessanta o cento anni? Impossibile definire la sua età.
Mi sento attratta e al tempo stesso respinta da lui. Emana una strana aura.
E'diverso. Non so nemmeno io cosa intendo, è solo diverso.
Ma perchè?
Annuisce incoraggiante, come se avesse capito ogni cosa. "Vuoi chiedermi qualcosa? Parla."
Non lo faccio. Continuo semplicemente a guardarlo. Ho quasi paura di rompere l'incanto di questo silenzio. O forse solo di sentire ciò che ha da dirmi.
"Non torturare te stessa, Nozomi. A volte si dice ciò che si vorrebbe sentire, perciò parla, non aver paura." Ci sa fare, il vecchio.
E'dannatamente incoraggiante, fin troppo convincente.
Talmente convincente che obbedisco.
"Che ci faccio qui?" le parole escono da sole e subito mi mordo un labbro, sentendomi stupida.
Che brillante inizio di conversazione, Nozomi. Non sai il suo nome, non sai perchè ti conosce, non ricordi chi sei e la prima cosa che chiedi è: "Che ci faccio qui?"??
Lo sconosciuto si fa improvvisamente serio, per poi ridacchiare volgendo altrove lo sguardo.
"Avresti per caso una domanda di riserva?" tenta di scherzare, ma io mi irrigidisco. Ha evitato di rispondere, e non mi piace.
"Che ci faccio qui?" ripeto meccanicamente, stavolta con una punta disfida.
Non so se sia una buona idea mettersi contro all' apparente unico altro essere umano nel raggio di miglia, ma è più forte di me. Mi sembra di essere su questo treno deserto e sconosciuto da anni, non desidero altro che qualche certezza.
Per tutta risposta il mio interlocutore scoppia a ridere. Una risata strana, profonda e benevola. Di nuovo non posso fare a meno di provare simpatia per lui, anche se non so chi sia. "Come sospettavo, sei una persona alquanto testarda." Mi guarda divertito. "Che ci fai qui. Beh, questa è certamente una domanda interessante. Temo, tuttavia, di non poter rispondere."
Me lo sentivo.
"E perchè? E, se posso chiederlo, dove sta andando questo treno?"
"Anche a questo, non posso rispondere. Sarai tu, mia cara, a doverlo indovinare." L'uomo scrolla la testa, improvvisamente sconsolato.
Cosa?
La mia calma comincia a vacillare, anche se so che non devo permetterglielo.
Inspiro, espiro.
Tento di sorridere. "Le sono grata per la compagnia, davvero, ma la prego di capire che non sono in vena di giochetti."
Lui mi guarda tranquillamente, imperterrito. "Nessuno sta giocando, cara. Semplicemente non posso darti risposte che non ho. Tutto questo" abbraccia l'ambiente circostante con un ampio gesto del braccio "non dipende da me."
"Ma-"
"Non ho la minima idea di dove stiamo andando." continua, ignorandomi "E, come te, sono ansioso di scoprirlo. Tuttavia, non intendo permettere a questa fretta di rovinarmi il viaggio. Perciò, ecco, invece di pormi domande complicate, penso che semplicemente aspetterò. Un po' di ozio ogni tanto non fa male, in fondo. L'inerzia dona una straordinaria quantità di tempo per pensare, un'azione tanto preziosa quanto dimenticata, al giorno d'oggi. Dovremmo approfittarne, non credi anche tu?"
Lo fisso a bocca aperta.
Fantastico. Ne sa quanto me, e sembra anche un po' svitato.
Come può parlare con tanta leggerezza di una situazione così precaria?
"Senta." mi impongo di controllare la voce, più stridula ad ogni sillaba.
Calmati. Non reagire male, non è il momento.
"Sono lieta che lei consideri tutto ciò come una sorta di viaggio spirituale. Io però non sono della stessa opinione. Soprattutto, non ricordo di essere mai salita su questo stupido treno. Mi sono svegliata qui e basta. E so per certo" lo guardo intensamente"che lei sa qualcosa in più di me. Perciò, se davvero siamo nella stessa situazione, sia solidale: mi aiuti, per favore." Un pensiero mi balena nella mente. "E mi spieghi come fa a conoscere il mio nome!"
Sento un nodo di tensione avvilupparsi intorno alla gola, sempre più stretto, sempre più forte. Stringo i braccioli del sedile in una morsa frustrata. Sono protesa in avanti, lacrime nervose cominciano a bruciarmi gli occhi.
Oh, no. Non pensarci nemmeno.
Inspiro. Espiro.
Tu non piangi, con il cavolo che piangi davanti a lui.
Il mio irritante compagno non sorride più. Mi guarda, a metà tra lo stupito e il dispiaciuto, e tace.
Tace per quelle che sembrano ore, e mi guarda. Sempre.
Il silenzio diventa presto insostenibile, ma io non cedo. Sono sicura che il suo intento sia quello di mettermi in difficoltà, vedere quanto a lungo posso resistere prima di implorare il suo aiuto.
Non ti darò questa soddisfazione.
Rispondo al suo sguardo, seria, chiedendomi come possa esistere una persona capace di apparire tanto cordiale ed odiosa a momenti alterni.
Poi, con qualche minuto di ritardo, un pensiero emerge dalla ragione sfalsata di rabbia.
E se avesse voluto solo scherzare?
E se fossi stata io a reagire nel modo sbagliato?
Di colpo mi vergogno del mio comportamento. Torno a sedermi composta, mentre lui - quasi dovesse decidere come comportarsi con me – continua a scrutarmi.
Decido di provare a spiegarmi – e magari anche scusarmi – ma il vecchio rompe il silenzio per primo.
"So qualcosa" annuisce " e, per questo, non posso dirlo."
La mia pazienza incrinata si rompe definitivamente.
In un attimo la vergogna sparisce e la vaga irritazione di prima torna prepotente, trasformandosi in rabbia.
Al diavolo!
Scatto in piedi, sbottando: "E va bene. Mi aiuterò da sola!" Ma all'improvviso il treno imbocca un'altra galleria e lo spostamento d'aria mi fa cadere nuovamente a sedere. Lui si concede una risatina, mentre mi rassetto la sciarpa con imbarazzo. Nel farlo guardo involontariamente in basso; un piccolo sospiro di sollievo alleggerisce la tensione che mi grava sul petto.
Eccoli qui, torso e gambe; perfettamente normali, perfettamente uguali a quelli del riflesso. C'è almeno una traccia di normalità, in questa specie di incubo.
"Nozomi." La voce pacata dell'uomo mi riporta alla realtà. "Io voglio aiutarti, che tu ci creda o meno. Guarda." indica il finestrino. "Guardati."
Mi giro.
Mi vedo.
Perfettamente visibile sullo sfondo nero.
Un secondo.
Due.
Tre.
E il vecchio si copre le orecchie per non sentirmi urlare.
****
Nota: Eccoci qui, dopo mesi di silenzio finalmente il nostro treno riprende il suo viaggio. So di aver tenuto più di qualcuno sulle spine, ma avevo bisogno di tempo per capire a fondo cosa aspettarmi e cosa pretendere da questo racconto, che per me è davvero importante. Come forse avrete capito, questo capitolo prepara la diversa piega di eventi che avverrà entro pochi capitoli. E' un punto che ritengo cruciale e che ha richiesto molto tempo e lavoro per essere scritto, e ancora non so se mi soddisfa. A voi la sentenza, e grazie infinite per il sostegno! Se notate frasi pesanti o formule strane, vi prego davvero di farmelo notare, il mio desiderio è di migliorare sempre e ciò è impossibile, senza l'onesto parere altrui. A presto,
Halyke T.
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