21 - CONDIVIDERE IL DOLORE
Quando Akira si svegliò Naoya non era più nel letto vicino a lui, allungò una mano e sentì il lenzuolo ancora caldo segno che si era alzato da poco. Chiuse gli occhi e ripensò alla sera appena trascorsa.
Alla fine Naoya era rimasto a dormire a casa sua.
Avevano cenato insieme, avevano ordinato take away come la prima volta che si erano visti, quando ancora i dubbi erano tanti e non sapevano minimamente dove li avrebbe condotti quella strana attrazione.
Avevano parlato, avevano discusso e alla fine avevano rifatto sesso, questa volta era stato lui il seme.
Avrebbe voluto essere dolce per far capire a Naoya i suoi veri sentimenti, ma non c'era riuscito.
Era stato impulsivo e poco delicato, tanto da far imprecare il moro fra i denti.
La voglia di averlo era troppa dopo aver passato un mese a cercare di dimenticarlo.
Non lo aveva nemmeno fatto arrivare al letto, lo aveva sbattuto con forza con la faccia contro la porta della camera e gli aveva fatto sentire chiaramente la propria eccitazione contro il sedere.
Baciandogli il collo gli aveva tolto i pantaloncini che gli aveva prestato, poi continuando a tenerlo bloccato in quella posizione, aveva preparato la sua apertura con le dita mentre con l'altra mano lo masturbava.
Aveva sentito l'amante fremere per quel doppio piacere e le sue gambe cedere, così lo aveva stretto più forte contro la porta con il suo corpo.
Naoya aveva appoggiato la testa sulla sua spalla e si era lasciato andare alle sue abili mani.
Quando lo aveva ritenuto ormai pronto, aveva liberato il proprio sesso e senza perdere tempo per spogliarsi lo aveva penetrato da dietro strappandogli un mugolio di dolore. Lo aveva scopato lì in piedi contro quella porta con forza e irruenza tanto da temere di farla cedere.
Aveva ancora nelle orecchie i gemiti trattenuti di Naoya.
Erano venuti insieme, Naoya nella sua mano e lui dentro di Naoya.
Quando si erano staccati Naoya aveva fatto l'offeso e gli aveva detto prima di andare a fare la doccia "Idiota cos'ha il letto che non ti piace?"
Akira si riscosse dai suoi pensieri e guardò l'orologio per capire che ora fosse, ma tutta la sua attenzione fu catturata dalla data.
Si alzò e andò a cercare il moro.
Lo trovò in piedi a bersi un caffè.
Con voce delusa gli chiese "Te ne stai andando?"
Naoya lo guardò male "No, ma mi fa male il culo a stare seduto lì" e indicò lo sgabello della cucina.
Akira cercò di trattenere una risata di fronte alla sua faccia arrabbiata e disse un poco convinto "Scusa"
Che fece solo sbuffare l'altro.
Il biondo cercò di giustificarsi "Comunque anche il mio non sta meglio..."
Naoya assottigliò lo sguardo "È colpa tua anche quello!"
Akira sorrise "Hai ragione." poi si accostò all'amante e si versò un po' di caffè in una tazza, dopo avervi aggiunto del latte, prese anche una brioche e dei biscotti.
L'altro lo guardò divertito ricordandosi come si era lamentato la mattina a casa sua, la prima volta che avevano dormito insieme.
Akira vedendo il suo sguardo sorrise "Adoro fare colazione in stile occidentale, amo le cose dolci."
Naoya sbuffò "Me ne sono accorto"
Dopo aver mangiato si sentì pronto per quello che voleva chiedere a Naoya.
"Vorrei che tu questa sera venissi con me in un posto."
Naoya ci pensò un momento "Oggi è l'ultimo giorno della festa di O-bon"
(N.A. Della festa di O-bon ne avevo già parlato in un capitolo precedente)
Akira gli fece cenno di sì e guardò il piccolo lumino ancora acceso in casa sua.
"Va bene. Vengo a prenderti io. Adesso però devo andare a casa a cambiarmi, non posso venire così."
Il biondo rise di fronte alla sua faccia schifata.
Era davvero strano vedere Naoya vestito in quel modo, con i calzoncini bianchi e la maglietta azzurra, che gli aveva prestato, lui che solitamente era sempre perfetto anche nel vestire.
"Ok ci vediamo quando farà buio"
Akira quel pomeriggio aveva cercato di studiare, ma non aveva ridotto molto, era troppo preso da ciò che era successo e mille pensieri affollavano la sua mente.
Come si sarebbero comportati da quel momento in avanti?
Come avrebbero affrontato gli altri quando la loro relazione sarebbe diventata di dominio pubblico?
Come l'avrebbe presa il padre di Naoya? E Ryoma?
E tanti altri ancora ...
Ma nessun dubbio gli faceva paura adesso che erano finalmente insieme, insieme veramente senza bugie e fraintendimenti.
Avrebbero affrontato un problema alla volta nel momento in cui si fosse presentato ... avrebbero affrontato tutto insieme.
Adesso voleva rendere Naoya partecipe di parte del proprio passato per colmare quelle lacune che c'erano sempre state nel loro rapporto per cercare di farlo diventare veramente una relazione.
Si alzò dalla scrivania e andò a preparare il necessario.
Poi mandò un messaggio a Ryoma "Non preoccuparti, quest'anno non sarò solo"
Quando era piccolo lui e Ryoma passavano quel giorno sempre insieme, partecipavano alla cerimonia delle lanterne con tutti e lui ne era molto felice, ricordava ancora l'emozione che provava ogni volta davanti a quell'incredibile spettacolo di luci, tutte quelle lanterne lasciate sull'acqua.
Adesso invece preferiva rimanere da solo, non partecipava più alla cerimonia ufficiale e teneva nascosto al suo tutore il luogo in cui si recava facendolo ogni volta preoccupare.
Tutto era cambiato il giorno in cui Ryoma gli aveva raccontato il vero motivo che aveva condotto i suoi genitori alla morte.
Da allora Akira aveva bisogno di un momento da passare da solo per poter dar libero sfogo al suo odio.
Un odio profondo che non voleva mostrare nemmeno a Ryoma.
Era il demone che albergava in lui e che a nessuno voleva rivelare.
Naoya sarebbe stato il primo a cui avrebbe concesso di vederlo.
Non aveva seguito le orme di suo padre, studiando legge perché da quel giorno per lui la parola giustizia aveva perso ogni significato.
Se avesse incontrato un giorno l'assassino dei suoi genitori non sarebbe stato in grado di giudicarlo secondo la legge, ma occhio per occhio...
Naoya arrivato a casa ricevette una telefonata da suo padre.
"Naoya cos'è questa storia? Mi ha chiamato il padre di Miya. Hai rotto il fidanzamento?"
Era arrivato il momento di essere chiaro con suo padre e di fargli incontrare Akira, sperava che la sua identità fosse il suo asso nella manica.
"Domani verrò a trovarti a casa e ti spiegherò tutto."
"Spero tu abbia un buon motivo per il tuo comportamento"
"Sì padre, e porterò una persona"
Tokuma era sorpreso Naoya sembrava felice come quando era ancora viva Mikoto.
Chissà chi era questa persona e se ne era il responsabile?
Tokuma guardò la foto della moglie che teneva sulla scrivania.
Quanto l'aveva amata...
Per far fronte al dolore immenso della sua perdita e alla solitudine che sentiva, si era chiuso in se stesso e aveva rinnegato tutti i sentimenti, tutto ciò che poteva essere collegato a lei e che gli faceva ricordare quanto gli mancava.
Era stato duro con i suoi figli, li aveva lasciati soli per dedicarsi anima e corpo al lavoro e adesso pretendeva che anche loro si comportassero allo stesso modo, rinnegando ogni sentimento e ogni debolezza.
Perché la vita prima o poi ti porta via ciò che ami, perciò è meglio non amare affatto.
Guardò la foto di Kyoji. Lo aveva amato più di un fratello.
Le uniche due persone che aveva amato gli erano state portate via. Adesso gli restavano solo i suoi due figli e lui voleva proteggerli ad ogni costo.
Soprattutto Naoya, perché dei due era quello che aveva sofferto maggiormente per la scomparsa della madre, lo aveva visto distrutto dal dolore.
Perché in fondo aveva un animo più propenso ad amare e ad esporsi completamente, a donare tutto sé stesso, e quindi a rischiare e a soffrire maggiormente.
Così sceglieva lui la fidanzata a Naoya dicendogli che l'amore non era importante, che contavano solo i soldi e il buon nome della famiglia, sapendo che non si sarebbe mai innamorato della ragazza che gli veniva imposta. Tutto questo solo perchè voleva proteggerlo, perché l'amore faceva solo soffrire.
Naoya forse nonostante tutto era andato contro i suoi insegnamenti.
Per lo stesso motivo spronava Yukio a buttarsi sul lavoro e con lui sembrava esserci riuscito.
Forse non era il modo più adatto per affrontare il problema, ma lui non sapeva che altro fare per proteggerli.
Naoya arrivò come promesso sotto casa di Akira appena fece buio, il biondo lo raggiunse portando con sé uno zaino, salì in macchina e gli indicò la strada senza fare nessuna delle sue solite battute.
Naoya capì subito che Akira riteneva la cosa che stavano per fare particolarmente importante, così non gli chiese niente e si limitò a seguire le sue indicazioni.
Quando il biondo gli disse di parcheggiare Naoya riconobbe la spiagge dove erano stati insieme.
Lo guardò interrogativo, ma Akira si limitò a dire "Junichiro mi fa stare qui tutte le volte che voglio." E gli mostrò la chiave per aprire il cancello.
Era ormai tardi e in giro non c'era più nessuno, probabilmente erano tutti alla celebrazione ufficiale.
Naoya seguì l'altro all'interno della spiaggia, poi sopra un lungo molo che arrivava fin dove l'acqua a quell'ora era nera e silenziosa come la notte che li circondava e i rumori e le luci di Tokyo sembravano così lontani.
Akira tirò fuori dallo zaino 2 lanterne, una la passò al moro, poi si mise a guardare il mare, perso nei suoi pensieri.
Proprio quando Naoya ormai pensava che non avrebbe detto niente lo sentì parlare
"Questo è il quinto Tourou-nagashi che passo qui. Ed è la prima volta che permetto a qualcuno di accompagnarmi."
(N/A: Tourou-nagashi e' la suggestiva cerimonia durante la quale si pongono delle lanterne di carta in mare o su un fiume e le si lascia scorrere sulla superficie dell'acqua. Anticamente, infatti, si credeva che dall'altra parte del mare o di un fiume vi fosse il mondo dei defunti. Per questo, la sera dell'ultimo giorno di o-bon per facilitare il ritorno delle anime dei morti venute a far visita alla famiglia durante la festività)
Naoya si sentì incredibilmente felice, però preferì non dire niente, perché capiva che Akira aveva bisogno di tempo e silenzio per esprimere ciò che provava.
Infatti dopo poco riprese "Quando ero piccolo i miei genitori furono uccisi durante una rapina, anch'io ero con loro, stavamo rientrando da una cena, eravamo appena usciti dal ristorante. Loro furono uccisi e io invece fui risparmiato, forse perché troppo piccolo per poter rappresentare un pericolo. Non so dirti se sono stato fortunato oppure no. Per anni ho desiderato essere con loro invece che qui da solo...
Dopo l'accaduto, ho dimenticato tutto, forse per lo shock oppure perché ero davvero troppo piccolo, non avevo ancora 5 anni, la polizia mi ha anche interrogato senza ottenere niente.
Mio padre aveva lasciato scritto che se gli fosse successo qualcosa dovevano contattare Ryoma, un suo sensei che gli aveva fatto anche da tutore.
Ryoma appena seppe la notizia venne a New York e per proteggermi mi portò con sé in Giappone.
Non ricordavo cosa fosse successo ai miei genitori e Ryoma preferì non dirmelo.
Io mi sentivo terribilmente solo e non capivo perché se i miei genitori mi volevano bene non mi avevano portato con loro...
Ryoma faceva del suo meglio, ma in quel piccolo paesino di montagna ero guardato con diffidenza e sospetto a causa del mio aspetto e del mio accento. Gli stranieri non era graditi. Nessun bambino poteva o voleva giocare con me. Mi sentivo terribilmente solo.
Alla fine Ryoma per il mio bene ha lasciato il suo posto di insegnante e ci siamo trasferiti a Tokyo. Ho avuto difficoltà a fidarmi nuovamente degli altri, ma alla fine ci sono riuscito ..."
Naoya ascoltava quella storia in silenzio, aveva un gran voglia di abbracciarlo, ma sentiva che Akira era completamente perso nei suoi ricordi e non voleva disturbarlo.
Akira riprese "Avevo circa 15 anni quando ho iniziato ad avere terribili incubi su quella dannata sera, forse la mia mente non riusciva più a tenermelo nascosto. Vedevo il sangue, gli spari e mi svegliavo durante la notte urlando. Così Ryoma decise di raccontarmi tutto.
Ho sentito un odio profondo nascere in me e crescere ogni volta che ripensavo o rivedevo in sogno l'assassinio dei miei genitori.
In quel momento ho capito che non avrei mai potuto fare l'avvocato come mio padre. Io non credo più nella giustizia. Non credo nella legge. Se mi trovassi davanti quell'uomo, purtroppo ancora senza volto, non riuscirei a non far uscire tutto quest'odio. Sono sicuro, diventerei un demone.
Così ogni anno vengo qui da solo e accendo la candela per i miei genitori, ho bisogno di questo momento per dare libero sfogo a questo odio. Urlo a squarciagola finché non ho più fiato... poi rimango qui a guardare la candela allontanarsi lontana. Mi sveglia la mattina dopo Junichiro..."
Akira gli aveva regalato parte del suo passato, aveva condiviso con lui il suo dolore, Naoya sentì il bisogno di contraccambiare, di renderlo partecipe della sua vita.
"Eravamo una famiglia molto legata e felice, per quello che riesco a ricordare. Andavo molto d'accordo con mio fratello maggiore, mia madre mi coccolava e mio padre era molto presente.
Però quando mia madre morì per una grave malattia, tutto cambiò. Io avevo solo 8 anni, fu molto dura accettarlo, ero molto legato a lei. Mio padre da quel momento si dedicò completamente al lavoro lasciandoci soli. Io iniziai a vedere mio fratello come un rivale, qualcuno da superare per avere l'attenzione e l'apprezzamento di nostro padre. La nostra casa una volta piena di amore diventò per me fredda e inospitale. Un posto da cui scappare il prima possibile. Troppi ricordi, troppo diversa da ciò che era... Adesso non ho praticamente nessun rapporto con loro a parte le cene a cui mio padre ci costringe a partecipare, però nonostante questo continua a voler decidere della mia vita."
Akira guardò con riconoscenza Naoya per aver voluto condividere anche lui parte della sua anima. Adesso non erano più due estranei, non erano più legati solo dal sesso, ma un forte sentimento di voler rendere partecipe l'altro della propria vita, di volere lasciare avvicinare l'altro li univa.
Se questo era amore non lo sapeva, ma era la prima volte che lo sperimentava.
Akira prese un fiammifero e lo passò a Naoya.
Accesero le due candele e le lasciarono scivolare sull'acqua.
Akira prese un gran respiro è iniziò a gridare con tutta la voce che aveva in corpo. Naoya rimase in silenzio ascoltando quell'odio e quel dolore uscire fuori, era quasi tangibile, faceva male.
Poi quando Akira si fermò sfinito, Naoya lo abbracciò da dietro per sorreggerlo e fargli sentire la sua vicinanza, mentre lacrime silenziose rigavano il viso abbronzato del biondo.
Naoya decise che era il momento di raccontargli la loro storia, la storia del loro destino.
"L'altro giorno sono stato nello studio di mio padre e ho visto una foto che non avevo mai notato. Mio padre era ritratto insieme a tuo padre."
Akira si girò in quell'abbraccio stupito dalla notizia "Come fai a sapere che era mio padre?"
L'altro lo guardò come avesse chiesto la cosa più ovvia al mondo "Siete due gocce d'acqua"
Il biondo fece un sorriso imbarazzato aveva proprio fatto una domanda idiota.
Naoya proseguì "Mio padre mi ha detto che erano molto legati ai tempi della scuola."
"Non ne sapevo niente..."
"Neanche io. Mi ha raccontato dell'incidente dei tuoi genitori e che appena ha saputo la notizia è partito per capire meglio cosa fosse successo e soprattutto per prendersi cura di te."
Akira spalancò la bocca a quella notizia "Cosa?"
Naoya annuì "Sì voleva portati a casa con lui e adottarti. Per il forte legame che aveva con tuo padre. Penso lo considerasse più di un fratello."
Akira guardò l'altro negli occhi "Avremmo potuto essere fratelli..."
Naoya fece una strana smorfia "Io di fratelli ne ho uno e mi basta... e poi non avrei mai scopato con mio fratello"
Il biondo sorrise "Io dico che avremmo iniziato molto prima... avremmo dormito nello stesso letto, fatto il bagno insieme... non avresti mai potuto resistermi..."
Quelle battute erano servite ad allentare la tensione e alleggerire l'aria carica di dolore.
Akira si girò nuovamente per guardare ancora le lanterne allontanarsi e con un ultimo saluto pensò "Papà, mamma guardatemi adesso non sono più solo".
Fu la stessa frase che Naoya rivolse a sua madre.
Mentre ritornavano a casa Naoya gli comunicò che il giorno seguente lo avrebbe portato a conoscere suo padre, facendo correre un brivido di eccitazione e paura al biondo.
Avrebbe conosciuto non solo il padre del suo amante, ma anche un grande amico di suo padre. Il suo passato e il suo futuro ...
Arrivati sotto casa sua Akira chiese a Naoya se voleva fermarsi da lui.
"Non mi va di stare solo..."
Il moro annuì, anche lui non aveva nessuna voglia di separarsi, ma non aveva detto niente per timore che Akira preferisse la solitudine in quella particolare notte.
Come furono in casa iniziarono a baciarsi con passione e spogliandosi con frenesia si diressero in camera lasciando lungo il loro percorso tutti i vestiti.
Senza smettere quella danza di lingue si stesero sul letto con solo l'intimo addosso.
Quando si staccarono Naoya scese a baciare il collo abbronzato di Akira lasciandogli un evidente succhiotto, poi passò alla clavicola lasciando anche su di essa un segno di possesso.
Torturò fra le labbra quei bottoncini rosa invitanti facendo fremere Akira di eccitazione e di piacere.
Naoya non si era mai soffermato molto a baciarlo erano sempre passati direttamente al sesso, quella sera però era diverso, voleva saggiare ogni centimetro di quel corpo che aveva scoperto di amare, voleva segnare ogni parte come sua.
Passò al suo addome piatto tracciando con la lingua il contorno del tatuaggio, gli abbassò i boxer per seguire anche le linee che sparivano dentro di essi.
Akira se li tolse completamente e afferrando la mano di Naoya si portò le dita in bocca leccandole e succhiandole in modo molto erotico, facendogli capire la propria impazienza.
Akira non era abituato a un tale trattamento, stava impazzendo dalla voglia di avere di più.
Naoya dopo aver lasciato altri segni rossi sul corpo di Akira passò ad occuparsi del suo sesso.
Tenendolo fermo con una mano leccò la lunghezza diverse volte poi si fermò a succhiare la punta strappando a Akira dei mugolii di approvazione. Quando lo prese in bocca e iniziò a pompare il biondo non riuscì a non gemere di piacere.
Contemporaneamente Naoya violò la piccola apertura tra le natiche sode di Akira entrando e uscendo con le dita bagnate di saliva.
Akira gemette per il piacere intenso e portò le mani fra i capelli mori, ma a differenza di quello che si aspettava Naoya, invece di incitarlo lo fermò. Poi con voce stravolta disse "Ti voglio dentro... non voglio venire da solo"
Naoya era stupito "Non ti ho ancora preparato bene... ti farò male se entro adesso"
Il biondo lo guardò convinto "Questa sera ho bisogno di un po' di dolore..."
Naoya cercò di protestare, anche se sentiva l'eccitazione togliergli lucidità e la prospettiva di spingersi subito dentro di lui era tremendamente allettante "Ma..."
Akira sorrise "Non farti pregare per farmi fottere..."
Akira non era diventato tutto in una volta amante del dolore, ma quella sera aveva bisogno di un dolore fisico per cancellare un dolore che lo lacerava dentro. Il dolore che gli donava Naoya quando lo penetrava, era un dolore amato perché preannunciava un piacere intenso.
(N.A. : la parola dolore è volutamente ripetuta così tante volte)
Naoya annuì, dopo essersi tolto l'intimo si inginocchiò fra le gambe dell'amante e si cosparse la punta con il lubrificante che aveva appena preso dal comodino, poi se ne mise un po' anche sulle dita per bagnare l'entrata.
Posizionò il suo sesso alla piccola apertura e passando le braccia sotto le gambe di Akira lo afferrò per il bacino e lo penetrò cercando di spingersi dentro poco alla volta, perché sentiva chiaramente quanto fosse ancora stretto e i muscoli faticavano a cedere al suo passaggio.
Akira sentì un dolore atroce invaderlo, si sentì spaccato in due e non riuscì ad impedire ad una lacrima di rigargli il volto, ma gli fu estremamente grato per quello.
Naoya se ne accorse e si abbassò a baciarlo.
Quando si rialzò Akira lo incitò a muoversi "Muoviti Noya non mi rompo facilmente"
L'altro ne fu felice perché non era facile aspettare.
Anche se lo aveva già fatto diverse volte, non si sarebbe mai abituato alla magnifica sensazione di essere dentro Akira e di muoversi in lui.
Naoya uscì completamente e afferrandolo nuovamente con entrambe le mani per il bacino riaffondò in lui.
Poi prese a muoversi sempre più veloce cercando di dargli piacere.
Quando questo arrivò potente e agognato si mischiò al dolore surclassandolo.
Akira inarcò la schiena e gemette forte, poi portò una mano al proprio sesso bisognoso di attenzioni per masturbarsi, mentre Naoya continuava ad affondare in lui senza tregua.
Il moro voleva spingersi ancora più in profondità, così lo fece mettere a 90 appoggiando le mani al muro, poi riprese a penetrarlo con forza da dietro tenendolo per il fianco. Akira dovette fare forza sulle braccia per non sbattere la testa contro il muro.
Erano entrambi completamente stravolti dal piacere e dalla lussuria.
Akira fu il primo a venire e Naoya dicendogli "Resisti" continuò ad affondare in lui finché non raggiunse anche lui l'orgasmo.
Adesso Akira si sentiva completamente svuotato, anche il dolore sembrava scivolato via e sostituito da un senso di pace mai provato prima.
Certo non avrebbe mai dimenticato o perdonato e neanche smesso di sentire la mancanza, ma tutto ora sembrava più sopportabile.
Quando Akira andò in bagno per farsi la doccia e si guardò allo specchio rimase senza parole, prima perso dietro il piacere non si era accorto di niente.
Naoya gli aveva lasciato innumerevoli segni rossi inconfondibili.
Non sarebbe potuto andare in piscina per giorni se non voleva che qualcuno li vedesse.
Quel bastardo l'aveva fatto apposta per impedirgli di incontrare Subaru.
Akira sentì un brivido percorrergli la schiena al pensiero di dover convivere con la gelosia e la possessività di Naoya.
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