34. La mattina dopo

Christian

Quando mi sveglio ci vogliono letteralmente pochissimi secondi prima che mi renda conto di essere a casa di Nora e prima che quello che abbiamo fatto mi torni in mente.
Chiaramente rivivo il momento in cui i nostri corpi erano uniti e mi sembrava che tutto fosse tornato a come era prima che facessi quella enorme cazzata, e per la prima volta da una settimana sorrido in modo sincero e non solo perché non devo far preoccupare i miei amici o per non dimostrare quanto sto male.
È un sorriso reale, merito della donna che amo che si è lasciata andare con me e che si è affidata a me, come se la mia presenza le fosse indispensabile come non mai.

Mi giro verso la sua parte del letto e mi rendo però conto che non c'è, mi acciglio immediatamente e allungo la mano per sentire il calore sulle lenzuola, in modo tale da capire se si sia alzata da tanto o meno, e mi rendo conto che sono gelate, ottenendo così una risposta.
Sospiro pesantemente e una vocina fastidiosa nella mia testa mi suggerisce che questo non è una cosa positiva, e non è una cosa che Nora ha mai fatto prima d'ora.

Decido di andare immediatamente a vedere dove sia, senza farmi prendere dal panico o trarre conclusioni affrettate. Con addosso solo i boxer e una semplice maglia a maniche corte mi dirigo in cucina, dove la trovo tranquillamente a fare colazione, come se io non fossi nella sua stessa casa e non le importasse minimamente di me.

"La colazione è pronta se hai fame, altrimenti puoi pure andare." non mi saluta nemmeno, queste sono le uniche parole che mi rivolge, me lo dice continuando a guardare la sua tazza di the e biscotti.

Sento una bruttissima sensazione alla bocca dello stomaco appena la sento dire questo. La consapevolezza che aver fatto sesso non ha risolto niente tra noi, non ha significato niente per lei mi colpisce come un martello nel petto. "Nora... dobbiamo parlare di stanotte."

Solo ora alza lo sguardo su di me e mi osserva come se mi fosse spuntata una seconda testa, è così assurdo ciò che ho appena detto? Per me è stato importante, io ci ho messo il cuore come sempre, non posso credere che per lei non sia stato lo stesso.

"Vuoi parlare di stanotte? Credi davvero che basti fare sesso per farmi scordare che mi hai tradito e mentito?" ride senza nessuna traccia di umorismo e allontana la tazza da lei come se le fosse passata la fame tutta d'un colpo "Ti rispondo io: no. Non basta questo, e non basterà tutto il mondo. Non dimenticherò mai cosa mi hai fatto e non ti perdonerò mai. Non mi posso rifidare di chi mi ha fatto una cosa del genere." la sua voce si incrina e capisco che non sta parlando a cuor leggero, ma nonostante tutto lo sta facendo, mi sta ancora allontanando da sé.

"Perciò perché abbiamo fatto sesso? Io ero qua a consolarti e tu hai ceduto?" mi innervosisco, sentendomi ferito e confuso. Quasi non riconosco la ragazza davanti a me, vuole mostrarsi fredda e senza sentimenti, e mi chiedo se la sua paura dell'abbandono non sia così forte da cacciare via tutti prima che loro vadano via. Ma come faccio a farle capire che io non andrei mai via da lei? Non posso dimostrarglielo... dopo ciò che le ho fatto non posso.

Scrolla le spalle e si alza lentamente, venendo davanti a me. Anche lei non si è completamente rivestita, ha addosso solo una lunga maglia che le arriva a metà coscia. È così bella, da togliere il fiato, pure con i capelli spettinati, ma io non posso nemmeno sfiorarla e questo mi lacera l'anima.

"Tu eri lì, io avevo bevuto, e mio malgrado ti amo ancora, ma questo non significa niente. È stato solo e semplice sesso, non bisogna stare insieme per farlo, non so se te l'hanno mai detto." già, ma lei non è così. "E poi non ricapiterà più, ero solo molto giù, ma da oggi ognuno riprende a fare la propria vita, saremo separati nuovamente."

È come un proiettile che mi trafigge la carne e mi fa bruciare la pelle, parole avvelenate che mi fanno sentire un dolore immenso mai provato. Mi sono sentito tornare in paradiso ieri notte grazie a lei, e ora mi sento ricatapultare all'inferno, nel luogo più profondo e oscuro che esista.

Non so come, non mi rendo conto il momento esatto in cui inizio, non ricordo nemmeno l'ultima volta che l'ho fatto, ma le lacrime salgono ai miei occhi che iniziano a bruciare. Fa male, da morire, vederla impassibile mentre alcune lacrime scendono sul mio viso. Mi vergogno terribilmente di questa mia reazione, ma davvero non ho saputo fare niente per contenermi.
Al momento è come se mi avessero tolto ogni emozione positiva da dentro, come se un essere maligno avesse aspirato ogni sentimento positivo da dentro me, lasciandomi solo il dolore.

"Nora... ti prego." allungo la mano verso di lei, ma indietreggia. Vedo i suoi occhi luccicare, e questo mi fa credere che allora non gli è totalmente indifferente vedermi in queste condizioni, perciò provo a insistere. "Non riesco a credere di aver eliminato tutto... ma stanotte pensavo avessimo fatto un passo avanti, io ero sincero in tutte le cose che ti ho detto, e tu non avresti dovuto fare l'amore con me se non volevi nient'altro dopo."

"Davvero ti lamenti di aver fatto sesso? Dio... vai fuori di qui Christian." si porta le mani sulla fronte e sposta i capelli che disordinatamente le cadevano sul viso "Vestiti e vai via da qua, non abbiamo più niente da dirci."

"Star, per favore." mi avvicino nuovamente a lei e la bacio a fior di labbra, lei ricambia per qualche istante, non potendone evidentemente farne a meno, ma poi si stacca e vedo anche i suoi occhi riempirsi di lacrime. Non sto risolvendo nulla, restare qua mi sta solo facendo peggiorare le cose. Non c'è nulla che io possa dire per farle cambiare idea e farla stare meglio, per farle capire che sono sempre io, quello di cui si è innamorata, che non rifarei mai una cosa del genere, e che volevo solo proteggerla anche se nel modo più stupido che esista. "D'accordo... vado via. Non ti darò ulteriormente fastidio."

Lei annuisce distrattamente e si appoggia al tavolo, forse per cercare stabilità. O almeno è ciò che farei io se potessi, perché mi sembra che tutto mi stia precipitando addosso e vorrei solo fermarmi e prendere una boccata d'aria, tutto mi sembra che si stia sgretolando senza che io possa controllarlo.

Mi vesto velocemente, davanti a lei che non mi guarda ormai più, asciugandomi poi le lacrime con la manica del maglioncino. Non voglio più piangere, non risolverò niente così, ma è forse la dimostrazione del gradino basso che ho raggiunto consapevole di averla persa. Se prima nutrivo una piccola speranza che lei mi perdonasse, forse anche a causa dei miei amici che mi ripetono sempre in loop la stessa cosa, ora anche quella piccola fiammella si è spenta. La realtà mi è appena stata sbattuta in faccia da lei stessa che è la protagonista della nostra storia, se lei ha deciso nessun altro potrà fare nulla per cambiare le cose.

Finisco di vestirmi e la guardo per l'ultima volta, non sapendo quando ci rivedremo, so che farà di tutto per evitarmi, e so che mi mancherà da morire.

"Io vado... sappi che comunque ti amo più della mia stessa vita, che ho sognato davvero un futuro con te, sappi che stanotte è stato speciale come sempre... non tenerti tutto dentro e affidati alle tue amiche, ci tengono a te." lei stavolta alza lo sguardo e mi osserva, vedo il mento tremarle, segno che sta trattenendo il pianto, mentre io non riesco a farlo e alcune fastidiose lacrime riprendono a scendere dai miei occhi.

Non ribatte una sola parola, si porta solo la mano al petto come se le facesse male perfino respirare.
Vorrei stringerla tra le mie braccia e farla calmare, ma so che peggiorerai soltanto le cose, perciò sospiro pesantemente e con il cuore in gola esco dal suo appartamento.

Per un attimo spero mi fermi, che mi segua e mi urli di non andarmene, ma non lo fa. Ovviamente non lo fa, è stata categorica: io l'ho distrutta e lei non mi perdonerà mai.

Mi asciugo il viso ancora una volta e poi lancio un'occhiata al mio cellulare. Sono appena le sette del mattino, ma non ho nessuna intenzione di tornare a casa, ci sono troppi ricordi di noi lì dentro, e al momento non posso sopportarli.

Ho bisogno di parlare, sfogarmi... ma ho bisogno di farlo con qualcuno che la conosce bene. Non voglio che i miei amici mi vedano così, li ho fatti preoccupare già troppo nei giorni passati. Per questo la soluzione migliore mi sembra quella di andare al bar delle sue amiche. Loro sono le uniche che possono spiegarmi al meglio il comportamento che ha avuto, le contraddizioni... sono le uniche che mi possono dire se davvero devo scordarmi di lei, anche se io non voglio.

Starei tutta la vita fermo ad aspettare il suo ritorno, starei tutta la vita fermo per rivedere il suo viso e il suo sorriso nuovamente protagonisti delle mie giornate. Ma davvero questo ha senso? Ci sarà davvero un domani per noi? Al momento non lo credo, sono senza speranza, vedo solo buio...

E non posso prendermela con nessuno se non con me stesso, avevo tutto con lei, ero felice come non ero mai stato, e ho buttato ogni cosa alla spazzatura come un vero imbecille, e questo senso di colpa nessuno potrà farmelo passare, convivrò per sempre con questo sentimento letale.

*****

Nora

Appena Christian esce fuori dal mio appartamento, mi lascio andare in un pianto disperato che presto mi fa mancare il fiato e bruciare gli occhi. Butto fuori tutte le lacrime ricche di dolore, cercando di liberarmi di questo male, ma capisco presto che non è una cosa possibile.

Sapevo che fare sesso con lui stanotte avrebbe complicato le cose, ma sono così deficiente che averlo accanto mi ha ricordato cosa eravamo e non ho saputo evitarlo. Avevo bisogno del suo calore, della sua capacità di spegnere i miei tormenti, avevo bisogno di lui. Mi sono concessa questo lusso, mi sono concessa di tenerlo ancora un po' con me, e stamattina ho dovuto fare la cosa più spregevole di tutte, ossia cacciarlo dopo una notte insieme.

Sono stata meschina, e questo gesto ha ferito persino me stessa, ma io non posso permettergli di tornare nella mia vita. Mi ha distrutto e non posso perdonarlo. Non riesco a dare seconde possibilità, so che è un mio limite, ma non ce la faccio. So che chi ti fa del male lo rifarà ancora, e io non voglio che accada mai più.

Cerco di calmarmi, di smettere di piangere e tremare, ma non riesco. La rabbia si mischia al mio dolore e al vuoto, una rabbia così forte per il pensiero che tutto debba sempre andarmi male. Sono scappata qua per ricominciare da zero, ma sono caduta al suolo un'altra volta. Scappo, scappo e scappo... ma la verità è che il male me lo porto dentro, ovunque andrò non sarò mai davvero felice, è come se io e la vita non fossimo compatibili, e questo è un pensiero struggente.

In preda alla collera afferro la lampada che sta sopra al mobiletto del soggiorno e la sbatto a terra, lo faccio più volte finché non si frantuma completamente. Mi rendo così conto di essere completamente fuori di me, di star toccando il fondo, di aver nuovamente bisogno di aiuto.

Non reggo il peso di tutto questo, non ce la faccio, è tutto troppo... ho perso troppe cose importanti in poco tempo, ho subito troppi nuovi torti in poco tempo... e tutto mi sta schiacciando come se fossi una formica con il peso del mondo sulle spalle.

Mi siedo a terra, poggiando la schiena al divano, e continuo a piangere con le mani tra i capelli, mentre sussurro a me stessa tra i singhiozzi che non è giusto che debba sempre soffrire, che sono stanca, maledettamente stanca.

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