1. Città nuova, vita nuova
Saluto educatamente scendendo dal pullman cittadino e cammino per qualche minuto, trovandomi davanti al mio palazzo. Devo ammettere che i primissimi giorni è stato difficile orientarsi, tornare da lavoro a casa è stato complicato, ma a distanza di una settimana inizio ad ambientarmi, per fortuna.
Cerco le chiavi nella mia enorme borsa nera e poi entro dentro il palazzo, rilasciando un sospiro di sollievo, dopodiché mi dirigo all'ascensore e schiaccio il tasto per chiamarlo al piano terra. Non vedo l'ora di sdraiarmi in casa, sono esausta.
Amo il lavoro che faccio, sono stata fortunata nel trovare impiego nell'ambito che amo, ma interagire con così tante persone, ora che non sono ancora ambientata, mi scombussola un po'.
Il campanello che segna l'arrivo dell'ascensore mi fa destare dai miei pensieri.
Appena le porte si aprono faccio per salire, ma mi blocco quando sento qualcuno chiedermi di aspettare. Mi giro all'istante e i miei occhi si posano su un ragazzo che avrà all'incirca la mia età.
"Ehi- scusa... ma devo salire all'ultimo piano, se non ti dà fastidio potrei salire con te." scuoto la testa sentendo le sue parole, guardandolo quasi incantata, senza proferire parola, poi gli faccio un gesto per invitarlo a seguirmi, e lui lo fa.
Appena le porte dell'ascensore si chiudono, mi permetto di osservarlo un po' meglio. Hai dei capelli ricci che lo rendono piuttosto carino, gli occhi color nocciola e il braccio sinistro completamente tatuato. Non è tanto alto, ma ha un fisico visibilmente allenato. Ha qualcosa che mi attira... ed è strano che una persona che non conosco mi incuriosisca così.
Tossisco per mascherare l'imbarazzo e per spezzare un po' questo silenzio, così lui si volta verso di me, facendomi stringere lo stomaco. Che diavolo mi prende? Non sono mica una ragazzina davanti alla sua cotta del liceo!
"Sei nuova? Non ti avevo mai vista." Per fortuna inizia a parlare, così posso smetterla di avere questo atteggiamento infantile.
"Sì... sono qua da una settimana. E tu? Dall'accento direi che sei americano."
Annuisce, sorridendo, poi mi porge la mano per presentarsi. "Sono qua da qualche mese, scusami se parlo poco bene, ma sto ancora imparando certe cose. Comunque sono Christian." gliela stringo prontamente, ignorando la scossa che mi scolpisce all'istante.
"Lo parli già molto bene, immagino non sia semplice imparare un'altra lingua così veloce, perciò complimenti. Io sono Nora."
Sciogliamo la stretta e lui annuisce "Nora... bel nome." sentirlo pronunciare da lui, con il suo accento, mi fa uno strano effetto. "Ti sei trasferita qui da sola? O con la tua famiglia?"
"Da sola." faccio spallucce, minimizzando la cosa "Avevo bisogno di cambiare aria, e ho trovato un bel lavoro. Ho preso la laurea in scienze della comunicazione da poco, faccio la giornalista."
Arriccia le labbra e un'espressione stupita e colpita gli illumina il volto. "Wow, complimenti. È fantastico. Ci vuole coraggio a trasferirsi soli per lavoro."
Lo ringrazio, arrossendo leggermente e chiedendomi da quando in qua ho queste reazioni solo a parlare con un ragazzo. "E tu invece? Cosa ti porta a Milano?"
"Il lavoro. Gioco al Milan."
Sgrano gli occhi sentendo le sue parole e capendo di aver appena fatto una figuraccia. Ovvio, ero già meravigliata non ne avessi ancora fatta almeno una. Nora e le figuracce sono una cosa sola, non sarei io se non ne facessi almeno una come presentazione. "Scusami... non seguo il calcio, non ne avevo idea. Sono un'idiota."
Lui scuote la testa, come ad allontanare ciò che ho detto. "Non scusarti, non sei idiota. Non penso che tutti devono conoscermi, sono consapevole che il calcio non piace a tutte le persone." sentirgli dire questo mi fa sorridere, dimostra di non essere un pallone gonfiato, dimostra umiltà e trovo dolcissima questa cosa. Non è per nulla scontato che una persona famosa a questi livelli non si atteggi.
L'ascensore suona improvvisamente, fermandosi al penultimo piano, ossia al mio, così capisco di essere arrivata. Devo ammettere che un po' mi dispiace che questo viaggio sia durato così poco, Christian è una persona piacevole ed è la prima volta in questa settimana che chiacchiero con qualcuno in modo così naturale e senza essere guardata storta. Insomma, a lavoro mi osservano come se fossimo tutti nemici tra di noi e fosse proibito stringere amicizia... capisco essere ambiziosi, capisco voler eccellere, ma ogni mattina che arrivo in redazione mi sembra di camminare in mezzo ai serpenti a sonagli, non accennano nemmeno un sorriso, come se potessi fargli le scarpe da un momento all'altro.
"Io sono arrivata. Il mio appartamento è a questo piano." scendo dall'ascensore e indico al riccio la porta di casa mia.
"Buono a sapersi. Io, ripeto, sono all'ultimo piano. Magari un giorno di questi, se ti va, potremmo bere un caffè." Mi sorride in modo dolce e il mio stupido cuore ha un sussulto. Mi sento una vera cretina, ma ha un aspetto tenero quando sorride... ha due fossette sulle guance che gli donano un'aria rassicurante e carina.
"Certo, se magari non ho degli impegni di lavoro, perché no?" accetto, cercando di non mostrarmi troppo entusiasta "Buona serata, Christian."
"Buona serata a te, Nora." muove la mano timidamente, a mo di saluto, e poi le porte si chiudono, interrompendo il contatto visivo tra noi.
Per qualche secondo resto ferma, fissando davanti a me, con un sorriso ebete stampato sul volto, poi mi obbligo a riprendermi e ad entrare in casa, obbligandomi anche a smettere di reagire in questo modo che non è assolutamente da me.
*****
Christian
"Sei pensieroso, o sbaglio?" Olivier si accomoda accanto a me dopo l'allenamento, distraendomi dai miei pensieri e facendomi sorridere. Sono anni che ci conosciamo, dai tempi del Chelsea, e a quanto pare ha imparato a conoscermi davvero bene.
"Sì, stavo pensando. Ma non è qualcosa di negativo. Anzi..."
Lui sorride e mi dà una leggera gomitata sul fianco, incentivandomi poi a parlare. "Avanti, dimmi. Cosa cattura in questo modo la tua attenzione? O forse è meglio dire chi?"
"Ieri, nell'ascensore del mio palazzo, ho incontrato una ragazza. È una mia vicina, abita nel piano sotto al mio. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere... si è trasferita da poco." ho pensato un po' a lei da ieri, non so perché, ma mi ha colpito particolarmente. Forse il suo arrossire timidamente, forse la sua gentilezza e dolcezza, forse il fatto che sia innegabilmente una bella ragazza.
"Bene bene, una ragazza. Perciò?" curioso mi chiede di continuare il racconto, anche se un continuo non c'è.
"Perciò niente. Lei è scesa al suo piano e io sono tornato a casa. Le ho semplicemente detto che magari potremmo prenderci un caffè un giorno, visto che ci siamo entrambi trasferiti qui da poco, nient'altro. Non volevo sembrare strano."
Olivier sorride e, quasi con fare paterno, mi posa una mano sulla spalla. "E lei che ha detto? Ha accettato?" Annuisco debolmente, il suo dopotutto era un sì, no? Sorrido come un cretino a ricordare la sua espressione imbarazzata. Ma che mi prende? Non mi è mai successo di provare interesse per una ragazza appena conosciuta. "Caro mio Chris, hai tutti i sintomi di un bel colpo di fulmine!"
Sussulto sentendo le sue parole e rido nervosamente. "Ma che dici? Non esistono i colpi di fulmine, sono solo una sciocchezza da romanzo rosa o da film romantico."
Scoppia a ridere fragorosamente, come se avessi detto la cosa più divertente del mondo, tenendosi pure la pancia. Ma cosa c'è da ridere in questo modo? Ho detto solo quello che penso. "Ma sei serio, Chris? Non puoi esserlo davvero. Ti stai facendo paranoie per una ragazza che hai conosciuto ieri e con la quale hai parlato per pochi attimi e mi dici che non esiste il colpo di fulmine? Ti ha colpito eccome, inutile che lo neghi."
Ci penso su qualche secondo, sospirando subito dopo. Mi sento a disagio, mi imbarazzano questi argomenti. "Okay non sono interessato a etichettare la cosa, ma cosa dovrei fare? Mi presento al suo appartamento e le chiedo se le va di uscire con me? E se ha un ragazzo? E se ho frainteso? Magari non voleva accettare e l'ha fatto solo per cortesia sperando di non vedermi più. E se pensa che sono uno stalker?" Mi interrompo vedendo l'espressione del mio amico. Sta cercando di trattenere le risate, con scarsi risultati, mantenendosi la pancia come fino a poco fa. "Okay, non dico più niente."
"Scusami, non essere permaloso, non voglio prendermi gioco di te, ma il fatto è che è divertente vederti così. Non ti avevo mai visto farti tutte queste paranoie." si obbliga a smettere di ridere e assume un'espressione seria, come chi deve darti un consiglio e vuole sembrare affidabile "Penso che dovresti buttarti. Vai da lei e le dici che vorresti mangiarci insieme. Se le va, bene, se non le va almeno non resterai per sempre con il dubbio. Sarebbe sciocca a rifiutare di conoscere un bravo ragazzo come te, ma se ti ha colpito così tanto dal primo attimo sono sicuro che non lo è."
"Non sapeva nemmeno chi sono... questo mi ha colpito ancora di più, perché significa che non era così dolce e carina solo per farsi notare, come a volte capita."
"Vai da lei appena torni a casa, Pulisic. Si vede che ti piace già, non farti scappare l'occasione." ora non c'è nemmeno una traccia di ironia o divertimento nella sua voce, ma scuoto la testa, non accettando il suo consiglio. Non posso andare presentarmi da lei come se fosse normale, sarebbe imbarazzante, affrettato e strano.
"Non credo che lo farò... aspetterò, in fin dei conti abita sotto di me, non scapperà da nessuna parte. Se ci sarà l'occasione, parleremo ancora e poi vedrò cosa fare." annuisco, come per confermare ulteriormente le mie stesse parole, mentre l'attaccante francese sospira appena, come se non fosse d'accordo, ma non ribatte, consapevole che ora non cambierò idea.
"Come vuoi, Chris. Se hai bisogno, comunque sai dove trovarmi." lo ringrazio debolmente e lui mi sorride, come a dirmi che non c'è bisogno che io lo ringrazi, poi interrompiamo così il discorso e io continuo a prepararmi per andare via da Milanello, completamente immerso nei miei pensieri.
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