Fiori, mare e magia
L'aereoplano sorvolava lungo l'oceano Greco. Schizzi d'acqua fluttuavano nel vuoto e raggiungevano i visi delle due ragazze, creando così ricami liquidi sulle guance. Appena Aria vide la sagoma del Pantheon, timida e nascosta dal fogliame, decise che avrebbe nascosto il veicolo in quel punto ombroso. Lentamente l'uccello artificiale si fermò e si posò delicatamente dietro ad un pilastro di colonne saturo di polvere.
La demone e la bambina scesero caute, sicché neanche il custode dalla vista più acuta avesse avuto la possibilità di vederle. Daphne, sebbene sapeva di essere tornata a casa, guardava esterrefatta ogni piccola foglia striata dal sole, come se quei boschi, quelle rovine venerande abbandonate dal tempo e quei fiori rosei nascenti, componessero una terra selvaggia, simile all'isola del racconto del signore delle mosche.
La terra scricchiolava sotto le suole degli stivali da aviatore e Aria lanciava occhiate sospette, poiché temeva che qualcuno le stesse osservando nel silenzio della foresta. Un vento leggero passava lungo gli alberi, portando in sè l'olezzo delizioso della primavera, della salsedine, dei capperi in fiore e delle pesche. La ragazza, a volte, rideva tra sè e sè. Come poteva un luogo così tranquillo avere un nemico? Che idiozia! A volte era veramente paranoica. Angel glielo diceva sempre, quando Aria immaginava di cadere dal palco o di sbagliarsi un passo nella danza del palo.
Dopo che uscirono dalle rovine, la coppia fu investita da una bufera di luci, colori, abiti e strilla. Ai lati della strada polverosa, mercanti dalle braccia sudate e dalla lingua aspra, facevano rieccheggiare le loro voci per attirare i clienti. Vecchie zingare rimanevano silenziosamente accucciate negli angoli più angusti delle case. Si potevano intravedere le carte che danzavano nelle dita rugose o una sfera di cristallo dal cui interno si formava una sfera fumosa. Donne dalle gonne azzurre formavano un gruppetto per discutere degli ultimi pettegolezzi. Uomini dal gilet rosso estraevano dai loro calzoni una fiaschetta di assenzio e facevano nelle loro gole, quel fiume bruciante dal sapore intenso e acre. Bambini dalle gambe corte correvano rumorosamente e si sentiva il loro pianto per tutto il mercato. Aria teneva stretta la mano di Daphne, affinchè non la perdesse a causa di quella confusione. Si udivano parole ed esclamazioni in greco come "Po po!" o "Scandarilissa!", ma, per sua fortuna, qualche domanda italiana o inglese si alzava da quelle parole sconosciute. La ragazza continuò ad aggirarsi silenziosamente, avvolta da quella folla disordinata e rumoreggiante. Intanto, il cielo biancheggiava quieto e il canto dei grilli si risvegliava dal sonno della natura. Le case erano identiche. Nessun tetto azzurro e neanche una parete candida aveva qualcosa che si distringuesse. La demone faceva girare lo sguardo, impaziente. Diamine! Non potevano lei e la piccola dormire per sempre sotto gli alberi oppure accerchiate da colonne lercie! Fortunatamente, una vecchia corpulenta dalla camicia bianca e dalla gonna viola, si avvicinò alla coppia. Avanzando, la crocchia argentata saltellava.
-Buonasera, mie care!- esclamò la donna, cordiale. Aveva due occhi azzurri che splendevano nella luce del chiostro.
-Buonasera, vecchia.- disse Aria, cercando di nascondere il viso piumato con il foulard marrone.
-Non siete di queste parti, vero? L'ho visto! Qui da noi non c'è nessun albergo, purtroppo. Se state cercando un luogo dove stare, potete alloggiare nella mia dimora, a patto che voi ripaghiate i miei servigi.- disse la donna, con il volto che diventava prima severo, poi dolce quanto un'albicocca. Daphne lanciò un'occhiata diffidente ad Aria, come se non osasse accettare le offerte della sconosciuta.
-La ringrazio, signora. In qualche modo, cercheremo di sdebitarci.- replicò la ragazza, muovendo i capelli rossi legati in una crocchia disordinata. La vecchia sorrise. Ogni singolo dente che componeva la mandibola era sporco, minuscolo e segnato dallo smalto giallo.
-Molto bene. Statemi dietro. Comunque, io sono Clarissa Arkos. - ribattè l'anziana donna, prima di avanzare lungo la città.
Man mano il trio si allontanava sempre di più. Ormai le case azzurre e bianche, i geranei e il mare si erano dissolti nella notte. Era rimasta una prateria verde, colorata da gigli bianchi e punteggiata da qualche ciliegio. Aria si chiedeva dove stessero andando. Non si fidava di Clarissa. Se fosse stato un demone incaricato da qualcuno per riportarla a Pentagram City? O magari era Al che aveva usato i suoi poteri per avere le sembianze di una donna grassa? Il suo cuore mormorava alla sua coscienza di fermarsi, di scusarsi con la signora e di trascinare Daphne nelle rovine. Ma sapeva che se avesse fatto tali cose, la sua missione sarebbe fallita e tutte le possibilità che si era immaginata le sarebbero state chiuse, come delle porte sbattute dalla rabbia. Niente morte di Valentino, niente Paradiso. Avrebbe passato la sua esistenza a ballare su un palo e a bere vodka, per riempire i vuoti che colmavano la sua anima. Perciò, volente o nolente, doveva seguire la vecchia fino alla sua casa.
Dopo un'ora di cammino, vide in lontananza un cottage all'inglese circondato da una staccionata bianca. Aveva un tetto di paglia, da cui spuntava il cumulo nero del camino. Le mura, di pietre bianche erano pulite perfettamente e ogni finestra di vetro era decorata da vasetti di fiori colorati. All'esterno una sedia a dondolo guardava un giardinetto colorato da foglie scintillanti sparse disordinatamente e da rose rosse. La demone sorrise, nel trovare quella dimora deliziosa ed elegante. Arrivate alla meta, le tre donne si fermarono. Clarissa sorrise fiera e prese il pomo rosso della porta di legno, per aprirla.
-Benvenute nella mia umile mansione.- disse, per poi mostrare una stanza graziosa composta da una cucina vecchio stile, da un tavolo con tre sedie annerite, un divano e un pianoforte invecchiato di trecento anni. Al piano superiore erano sistemati due pagliericci coperti da lenzuola bianche. Vicino a esse, due piccole finestre davano all'occhio umano una distesa di gigli, ciliegi e nuvole bianche.
-Scusate, non è un granché. Mio marito è stato arrestato per i debiti economici ed è morto nella sua prigione, sicché sono sempre vissuta nella miseria.- disse Clarissa, mordendosi il labbro. Aria fu intenerita da quel piccolo racconto. Povera Santa, aveva bisogno di qualcuno che l'aiutasse!
-Comunque, salite di sopra e sistemate le vostre cose. La mattina ci si sveglia alle sette. Dovrete occuparvi delle rose scopare il pavimento, e tagliare gli alberi per procurarsi la legna per la stufa. Ah, dovete anche raccogliere le ciliegie appena matureranno!- spiegò la vecchia, dolcemente. Forse pensava che se avesse detto tutto questo con il tono di un sergente, le sue ospiti avrebbero disobbedito ai suoi ordini.
-Vieni, Daphne. Andiamo a sistemare le nostre cose.- disse Aria, prima di trascinare la bambina nella loro stanza.
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