Una lettera per lei

Pioveva al Cimitero di Quartu. La pioggia bagnava gli abiti neri dei presenti: il prete, alcuni uomini e donne; due ragazzi, e due coppie di coniugi, una in lacrime, gli altri intenti a consolarli. Dafne stava in disparte, incapace di consolare i genitori della ragazza, perché lei stessa incapace di smettere di piangere. Singhiozzando, lesse in silenzio la scritta sulla lapide.

Anna Maria Puddu.

3 giugno 1991-8 ottobre 2009

Il suo ricordo animerà per sempre il cuore dei suoi cari.

Erano passati appena tre giorni dalla morte di Anna, ma le erano sembrati un'eternità. In fondo, l'8 ottobre era stata una giornata come un'altra, fino alle due del pomeriggio. Lei e Anna quella mattina avevano la versione di latino, ma non erano preoccupate: avrebbero scopiazzato allegramente da Federica. E così era stato. Di sera si erano date appuntamento al Castello: era sabato, no? Anna avrebbe dovuto ubriacarsi e cantare a squarciagola, come faceva ogni volta che ci andava giù pesante, e Dafne le avrebbe dato corda, seppure fosse rimasta sobria per guidare. Un normale sabato sera: così sarebbe dovuto essere quell'8 ottobre 2009. Invece, no. Eccolo lì, su quella lapide, a ricordarle cosa era davvero successo.

-È assurdo morire così- sentì dire alle sue spalle. Non si voltò, non le interessava sapere chi aveva osato dire una tale banalità. Ma la aveva detta, e così facendo aveva rievocato nella sua mente l'immagine di Anna che, all'uscita della scuola, veniva travolta da un pirata della strada, cui macchina l'aveva trascinata per dieci metri, per poi abbandonarla in strada, in fin di vita. Dafne aveva urlato, disperata, mentre correva verso l'amica. Un poliziotto intervenne, allora.

-Signorina non la deve toccare-

-Anna! Anna!-

Ricordava ancora i suoi occhi marroni assenti, i capelli bagnati di sangue, le braccia, le gambe piene di lividi e piaghe.

-Anna!-

Queste erano le immagini che gironzolavano per la sua mente, mentre i suoi la riportavano a casa. Tante furono le parole di conforto, nessuna di queste le fu di aiuto. Un fantasma era sceso da quella macchina, entrato in camera sua, e si era sdraiato sul letto, e quel fantasma era tutto ciò che restava di Dafne Richmond. Il suo cuore era spezzato in più frammenti, come se ad essere frantumate fossero state le sue ossa e il suo cranio, non quello di Anna. I lividi erano sulla sua pelle: sennò perché provava tanto dolore? Era morta lei, non Anna. Lanciò un'occhiata alla sua chitarra, in piedi in un angolo della stanza: forse suonarla l'avrebbe fatta stare meglio. Strisciò fin lì, la imbracciò e provò a suonare qualche accordo; ma fu tutto inutile. Stranamente il suono delle corde pizzicate dal plettro non la rincuorava, le sembrava perfino sgradevole.

"Anna avrebbe voluto creare una band" pensava "Io la chitarra, e lei la voce"

D'impulso posò la chitarra sul letto e si mise alla scrivania. Le sue mani scivolarono su una foto, di due anni prima: lei e Anna al mare insieme, come spesso facevano, alla spiaggetta di Geremeas. Se chiudeva gli occhi, poteva tornare a quella mattina: l'acqua fresca sulla cui superficie si riflettevano i raggi del sole di Agosto, un cormorano che si immergeva, come per timidezza, la spiaggia che man mano si affollava. Lei e Anna stavano parlando dell'università.

-Dove andrai tu?- aveva chiesto lei.

-A Bologna, linguistico-

-È lontanino...-

-Sta tranquilla. Io e te siamo amiche, se non sorelle. Non c'è distanza che possa dividerci-

E invece? Era bastato il caso a separarle irrimediabilmente. Ed era semplicemente incredibile, nel senso che faticava a crederlo: Anna, la macchina...era tutto così surreale.

-E infatti non è mai successo- disse una voce alle sue spalle. In piedi, sul suo balcone, alle soglie di una portafinestra semiaperta, la sua migliore amica Anna torreggiava con un sorriso beffardo stampato in volto.

-Credevi davvero che bastasse così poco per togliermi di mezzo?-

-Anna!-

Dafne si precipitò ad abbracciarla.

-C-come è possibile? Io ti ho visto morire!-

-Ah-ah! Errore, sorella. Te lo hanno fatto credere, ma non ero io quella...mi somigliava, lo ammetto, ma solo se vista di spalle! Io sono molto più bella-

-Ma-ma sei sparita, dopo-

-Sono stata rapita...volevano farmi sparire definitivamente dalla circolazione-

-Ma perché?-

-Non ne sono sicura, ma lo scopriremo, se vieni con me-

-Dove?-

-Ti indicherò io la strada-

-E cosa dovrei dire ai miei? Scusate, prendo un momento la macchina: sapete devo indagare sul tentato omicidio della mia migliore amica; a proposito, Anna è viva! È stato tutto un equivoco!-

-Non dirgli niente allora-

-Sei impazzita! Hai forse lasciato il cervello nell'oltretomba?-

-Può darsi... e dai! Si tratta di un paio di ore. Che cosa potrebbe mai succedere?-

-Non lo so, sono un po' confusa-

-Vieni con me. Se poi non arriviamo a niente entro questa notte, tornerai a casa e dimenticheremo tutto. Che ne pensi? Ci stai?-

Dafne sorrise: Anna era viva e la invitava ad affrontare una nuova avventura, forse l'ultima, insieme. D'altronde non poteva non pensare a cosa avrebbero creduto i suoi genitori vedendo il suo letto vuoto la sera stessa del presunto funerale della sua migliore amica.

-Avanti! Puoi guidare tu, se vuoi-

-Va bene- disse infine Dafne -Solo per questa notte-

Dafne prese le chiavi della sua vecchia Panda, grigia per la polvere (non la lavava da due mesi), e tramite un vecchio albero di fronte a camera sua scese in giardino, seguita poco dopo da Anna. Uscì dal portone di casa, inforcò le chiavi e entrò in macchina. Sistemando lo specchio retrovisore, vide Anna seduta sul sedile di dietro.

-Come mai ti sei messa lì?-

-Preferisco sdraiarmi un po'-

-Mi devi indicare la strada, hai scordato?-

-Guarda qua-

Anna le porse uno stradario, aperto a pagina 16. Un tragitto era segnato con la penna rossa, attraversando tutta Quartu, sino a inoltrarsi nelle campagne di Flumini.

-Cosa c'è sulla x?- chiese Dafne.

-Lo vedrai quando arriveremo-

Dafne sbuffò, mentre la sua mano esitava ad accendere il motore.

-Ci sono troppi segreti, Anna. Fino a ieri io e te ci dicevamo tutto-

-E io ti dirò tutto. Ti devi solo fidare di me- rispose, mettendole una mano sulla spalla. Dafne trattenne il respiro, accese il motore e si allontanò da casa sua, lanciando una breve occhiata alla finestra della stanza del primo piano, a destra, dove probabilmente i suoi genitori stavano pacificamente dormendo.

-Vedrai- disse Anna, notando il suo sguardo -Non si accorgeranno neanche della tua assenza, saremo di ritorno prima che sorga il sole-

Nei primi dieci minuti regnò il silenzio più assoluto e una tensione che Dafne non avrebbe mai pensato di sentire tra di loro.

-Perché mi sembra tutto diverso tra noi?- chiese Anna, seria.

-Colpa mia, sono un po' scioccata, nel giro di una giornata mi sta succedendo di tutto. Sul serio, se ora vedessi una mucca volare, non mi sorprenderei-

-Sorprenderti? Io la mungerei! Ho una fame che mi divorerei un bue con le corna! Ti va di fermarci a mangiare?-

-C'è un fast food qui vicino, se vuoi-

-E che stiamo ancora aspettando? Che anche le patatine si mettano a volare?-

Dafne accostò a un Drive in. Una signora particolarmente florida, in una succinta divisa arancione macchiata di olio, si affacciò al suo finestrino, chiedendo le ordinazioni mentre masticava una gomma americana.

-Per me una di patate media e pollo fritto. E una cola, grazie. Tu Anna cosa vuoi?-

-Lo stesso-

-Ok, allora due- aggiunse, rivolta alla commessa, che la guardava storto.

-Per favore- aggiunse, imbarazzata. La donna scrisse sul blocchetto, cercando di mascherare quella smorfia del viso, per poi passare i due vassoi alla ragazza, che ne passò uno a Anna e ingranò la quarta, ansiosa di allontanarsi.

-Strana quella signora, vero?- disse Dafne, quando la Panda si fermò nel parcheggio di un supermercato.

-Lo hai detto. Forse non mi ha visto, qua dietro-

-Probabile- concluse, infine, sorseggiando la bibita -Allora, ti decidi a vuotare il sacco?-

-Va bene, va bene! Come ti ho già detto, c'è qualcuno che vuole farmi sparire, e si fa chiamare Big M-

-Big M?- fece eco Dafne, scoppiando a ridere -Tu sei fuori!-

-Ho trovato la sua firma su quella che doveva essere la mia bara, su un bigliettino legato a una rosa gialla-

-Ok: ammesso, non concesso,che questo tipo esista, perché avrebbe dovuto prendersela con te?-

-Credo che sia un modo per vendicarsi sui miei. Lo sai che sono poliziotti, credo che si tratti di un evaso. Non sarebbe poi così strano-

-Si, ora ha più senso. Che ore sono?-

-Sono appena le dieci-

Dafne riaccese il motore, diretta verso quella x indicata sulla mappa. Non voleva ammetterlo, ma aveva paura: polizia, criminali, omicidi, vendette. Nulla di incoraggiante, nulla rispetto alle quali lei si sentisse all'altezza. Viaggiare verso quella x era come dirigersi al patibolo, con la sola differenza che non lo stava facendo per sé, ma per Anna.

-Non puoi proprio fare a meno di mettermi nei casini, vero?-

-Già- rispose Anna, ridacchiando -Come quella volta alla fiera. Io avevo cercato di rubare una calamita, mi avevano beccato e ci hanno messo a lavare in terra tutto l'edificio-

-Beh, siamo state fortunate: o quello o la denuncia. Ti ricordi quella volta al ristorante? Avevi detto che pagavi tu, ma avevi dimenticato il portafoglio a casa...-

-...e ci avevano messo a pulire le pentole-

-Non c'è che dire: siamo casalinghe provette!-

Una sonora risata scoppiò spontanea, in piena sintonia, quella stessa sintonia che, Dafne lo sentiva, aveva sempre caratterizzato la loro amicizia e che era riuscita a imporsi anche in quella situazione critica. Anna stese il braccio e accese la radio.

-Non ci credo! Lo sai che canzone è questa, vero?- fece Dafne.

-Certo che lo so! Alza, alza!-

E mentre erano imbottigliate nel traffico della statale, tra i suoni dei clacson e i colorati commenti degli autisti, le due amiche cantavano a squarciagola "One more time" di Britney Spears. Dafne aveva le lacrime agli occhi per la felicità: non solo Anna era viva, ma era la stessa di sempre. Sua amica, sua sorella, sua gemella.

-Non ti sembra un po' strano che io e te siamo amiche?- disse improvvisamente Dafne -In fondo, siamo molto diverse. Tu sei figlia di poliziotti, ma non esiti a rubacchiare, adori il rap, la discoteca, il mare...-

-...mentre tu- continuò Anna -sei figlia di professori, fai sempre la brava ragazza, preferisci il rock, odi ballare, e adori le scampagnate in montagna. Tuttavia, noi siamo affini-

-Affini?-

-Ogni volta che tu mi parli di un tuo problema, io so esattamente cosa intendi. È strano, ma è così-

-Vale anche per me. È come se vedessimo il mondo con gli stessi occhi. Non so davvero come avrei potuto fare senza di te-

-Dafne, ci siamo- annunciò Anna, indicando un vecchio caseggiato abbandonato.

Parcheggiò e scesero dalla macchina, camminando a schiena curva e ginocchia piegate, facendosi scudo della notte e delle piante selvatiche. Arrivarono a circa dieci metri dall'edificio.

-Ci sono due sentinelle nel portone principale- disse Anna, indicando due uomini armati di fucile ai due lati di un grande cancello arrugginito -Ma dovrebbe esserci un'entrata secondaria-

Girarono attorno all'edificio, finché Dafne non scorse una porta grigia di acciaio per lo più nascosta dall'erba alta. La aprì.

Le due si ritrovarono in un magazzino colmo di scatoloni di legno. Anna prese un piede di porco da terra e lo infilò in una di queste, indirizzata per la Cina.

-Che fai?-

-Ti faccio vedere una cosa- sussurrò, aprendola: era colma di peluche di animali e bambole di pezza. Ne afferrò una e le staccò la testa. Dafne stava per riprenderla, quando una cascata di polvere bianca si versò a terra come sabbia al vento.

-Ma questa è cocaina!-

-Precisamente. Abbiamo a che fare con spacciatori in grande stile. Tieni questa come prova- aggiunse, porgendole una giraffa azzurra.

-Chi va là?- sentirono gridare. Dafne trasalì, mentre i passi si facevano sempre più vicini. Le due si nascosero dietro una pila di scatoloni. Alla loro destra, l'ombra di un uomo si proiettava sulla parete, mentre un sottile suono di metallo ricordava quello di una mano su un fucile.

-Lore, che fai?- chiese qualcuno dal cancello ora aperto.

-Credo di avere visto qualcuno-

-Lascia stare, dai. Chi vuoi che prenda questa roba? Andiamo a farci una birra, su!-

Dafne ebbe un sospiro di sollievo: a quel punto sarebbe bastato andarsene non appena il cancello si fosse richiuso. E così fece.

-Ritorneremo?- chiese Anna, prima che aprisse la porta che le avrebbe portate in salvo.

-Si, con la polizia. E i tuoi. Ora andiamocene prima che ci becchino-

Uscì all'aria fresca delle mezzanotte, sotto un cielo stellato. Non poté resistere: alzò gli occhi al cielo, e indicò ad Anna le costellazioni, come avevano sempre fatto quando uscivano insieme.

-Visto, Dafne?- disse Anna -Niente e nessuno potrà mai dividerci-

Quelle furono le ultime parole che si stamparono nella mente di Dafne Richmond, prima che la sentinella, appostata all'angolo, le sparasse, prima che la ragazza cadesse a terra e le si chiudessero gli occhi.

Tre giorni dopo, un gruppo di quattro persone, due uomini e due donne, discutevano sommessamente in un ospedale vicino. Ai quei sussurri, Dafne riaprì gli occhi. Aveva un forte mal di testa, tutto era confuso e sfocato.

-Mi hanno dato un sonnifero- sussurrò -Anna!- chiamò -Anna!-

Nessuno rispose, ma sua madre, seduta alla sua sinistra, scoppiò a piangere.

-Tesoro...Anna se ne è andata-

-Ah. E dove? Te lo ha detto?-

La donna trattenne un singhiozzo -Lo sai dove...in cielo. Non ricordi?-

-No, no, mamma! Anna è viva! Ci ho passato tutta la notte a indagare. Siamo andate a mangiare, perché aveva fame e...-

-Lo sappiamo- disse suo padre, entrando assieme ad una donna di mezza età. Senza divisa da lavoro, Dafne fece seriamente fatica a riconoscerla: era la inserviente del fast food.

-Io ti ho visto- disse la donna -Ma eri sola. Non c'era nessuno con te. Parlavi da sola-

-No, si sbaglia! Nel sedile di dietro c'era Anna, forse non l'ha vista per quello-

-Neanche io ho visto altre- disse un uomo di seguito a suo padre.

-Chi è lei? Credo di avere già sentito la sua voce-

-Sono io che ti ho fatto quello- disse l'uomo, indicando la fasciatura sul suo braccio, dove il proiettile l'aveva colpita. Dafne fece per scappare ma sua madre la prese per il braccio.

-È stato lui a chiamarci-

-Sì- aggiunse l'uomo -Ti ho sparato, è vero, ma doveva essere solo per ferirti; avevo sentito che c'era un assassino in zona e quando ho visto la tua sagoma, ho avuto paura. Comunque, sapevo cosa facevo, quel colpo non avrebbe mai potuto uccidere nessuno E in effetti, sei svenuta per lo spavento, non per il dolore. Poi ho visto che eri una ragazzina, quindi ho chiamato la polizia, mi hanno detto che la tua descrizione corrispondeva a quella di una ragazza scomparsa poche ore prima-

-E Anna?-

-Credimi: non c'era nessuno lì con te-

-Sta mentendo! L'avete fatta sparire! L'avete uccisa perché sapeva troppo!-

-Troppo di cosa?- chiese suo padre.

-Abbiamo aperto una delle bambole: c'era cocaina a fiumi. Guardate!-

Dafne prese in mano il peluche a forma di giraffa che le aveva dato Anna, e lo strappò. Tutto quello che ne uscì, fu rivestimento per pupazzi. Nessuna polvere. Nessuna droga. Sotto gli sguardi pietosi dei presenti, si accasciò sul letto; pregò si essere lasciata da sola. Così fu.

Anna era morta davvero. Per tutto quel tempo, quello che aveva visto era un simulacro, una proiezione e uno scherzo della sua mente che aveva voluto giocare con il suo stesso cuore. Scoppiò a piangere, si portò le mani al viso per la vergogna. Per un'illusione aveva messo a repentaglio la sua stessa vita.

-Devo voltare pagina. Devo riprendermi, e devo farlo subito, o per me finisce male-

Chiese carta e penna: scrisse una lettera, e si fece portare al cimitero della città. Lì, la sotterrò vicino alla lapide di Anna, per poi andarsene senza più voltarsi indietro.

Una ragazza spuntò allora da un angolo e, senza farsi notare, dissotterrò la lettera. La lesse.

Cara Anna

Ricordi quando sei partita per Parigi e hai voluto che ci tenessimo in contatto scrivendoci delle lettere perché sms e e-mail erano troppo freddi? Beh, ora tu sei partita di nuovo, Anna, sei andata via e senza di me. Non lo hai scelto, lo so, ma è andata così, e non ci posso fare niente.

Non importa se non potrai mai leggere questa lettera; l'importante è che io sia riuscita a scriverla.

Non c'è nulla che io non ti abbia mai detto: non ho rimpianti sulla nostra amicizia, e non puoi averne neanche tu. Ma sta di fatto che io continuavo a piangere, alla prospettiva che non potrò più contare su di te e, chissà, proprio questo forse mi ha portato a un passo dalla follia e dalla morte stessa.

Dimenticare è impossibile, ma ricordare fa ancora troppo male.

Perciò ho deciso che la morte non ci dividerà: lo hai detto anche tu, no? Non c'è distanza che ci possa dividere, e così continuerà ad essere. Non mi presenterò alla tua tomba ritualmente, come per un rimorso di coscienza. Vi verrò invece solo quando avrò bisogno di confidarti qualcosa di importante, quando avrò bisogno di voltare pagina e iniziare un nuovo capitolo della mia vita, per quanto incasinata questa possa divenire, e per farlo, userò una lettera come questa, proprio perché tu sei partita e questo è l'unico modo per poter essere ancora ascoltata da te.

E non ti preoccupare se non potrai rispondermi: siamo affini, no? Mi hai sempre capita, hai sempre visto il mondo attraverso i miei occhi, e tramite me continuerai anche a vivere, nel mio cuore.

Alla prossima

Dafne

-Alla prossima, Dafne- sussurrò la ragazza, mentre sotterrava nuovamente la lettera.

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