Test numero 2

Respira a fondo. Cattura l'aria attorno a te, perchè a breve potrebbe venire a mancare.
Dafne era seduta sul divano di casa, in felpa e canadese. Non era andata a scuola, si era data per malata.
Sua madre nemmeno le aveva preso la temperatura. Probabilmente era perfettamente consapevole che sua figlia le stava mentendo.
Per un lungo attimo, sentì di compatire quella donna. Fino a due mesi prima conduceva una vita perfetta, con una figlia normale.
Ora ogni mese doveva pagare il conto dello psichiatra, nella speranza di non dover più raccoglierla da un letto di ospedale perchè aveva passato la notte a correre con i suoi demoni.
E una donna così, farebbe qualunque cosa per il bene di sua figlia.
Il cellulare cominciava a diventare caldo. Era un problema del suo smartphone: si surriscaldava davvero troppo facilmente. Sentiva un leggero fastidio sulla falange, ma non mollò la presa.
Quel dolore la stuzzicava bene, tutto sommato.
Di fronte a lei, sul tavolino laccato in legno, troneggiava il cellulare di sua madre.
E sullo schermo del suo cellulare, il contatto della rubrica "MR ROMPIPALLE" aspettava solo di essere chiamato. Il suo pollice esitava sul simbolo del telefono verde. Sapeva che sua madre si sarebbe sentita tremendamente in colpa, a sapere cosa aveva pensato lei, quando aveva letto quel messaggio. E ricordava perfettamente quanto aveva pianto, le prime notti, sulla spalla del marito, perché sua figlia era pazza. La sua piccolina. Dafne, la figlia perfetta che non le aveva mai creato nessun dannatissimo problema.
Un sorriso amaro serpeggiò sul suo viso: no, se davvero sua madre le aveva fatto quello scherzetto, non poteva biasimarla. Gliene avrebbe parlato con calma: le avrebbe spiegato che per la sua terapia non dovevano apparire chiamate anonime sul suo cellulare, perché quella bastardissima parte di lei di cui il Boss parlava, quella che non avrebbe mai accettato la morte di Anna, su cose come quella ci costruiva film degni di Steven Spielberg, con tutte le eventuali ricadute di follia notturna che lei ,come sicuramente sua madre ,voleva evitare.
Premette il verde. Il cellulare della madre non diede segnali di vita. Dafne scaraventò il proprio sul divano, sbuffando malamente.
Per provare con il cellulare di suo padre, avrebbe dovuto attendere a notte tarda: era già stata costretta a saltare la scuola per prendere dalla sua borsa quello di lei, e poteva solo sperare che pensasse di esserselo scordata a casa.
Sentì il divano sotto di lei vibrare. Alla sua destra, lo schermo del suo cellulare si era illuminato e, con esso, per un brevissimo inconsapevole istante, il suo viso.
Tommy.
La stava chiamando. Non lo sentiva da tre giorni, da quel ultimo messaggio mentre era con Gio.
Non credeva che si sarebbe fatto vivo.
Si concesse un lungo respiro, prima di prenderlo tra le mani. Di nuovo, il pollice esitò sullo schermo, tra il rosso e il verde.
Doveva porre fine a quella cosa, qualunque cosa fosse. Non aveva voglia di qualcosa di serio, e con Tommy non c'erano troppe alternative. E se le fosse riapparsa Anna mentre stavano insieme? Tommy avrebbe scoperto che era pazza da legare! Già molti a scuola lo sospettavano...nononono non avrebbe coinvolto il ragazzo migliore che aveva mai conosciuto in quel casino che era ormai diventata la sua vita.
Doveva allontanarlo.
Ecco!Avrebbe risposto, sì, ma solo per chiudere la loro non-storia definitivamente.
-Ciao- sussurrò. Silenzio. A quanto pare erano in due a non avere creduto che lei potesse rispondere.
-Dafne, puoi dirmi che succede? Perchè sei scappata via in quel modo? Se non vuoi uscire con me...okay, capisco...anzi, no! Non capisco affatto! -
-Non provo niente per te- disse tutto d'un fiato, mentre la sua coscienza gridava alla menzogna.
Altro silenzio. Che finalmente il grande Superman avesse rinunciato a quella pazza furiosa?
-Sappiamo entrambi che non è vero!-
Colta in fragrante. Attacco diretto. Ritirata dietro il sarcasmo. -Wow, non ti facevo con un ego tanto sviluppato-.
Prese a camminare lungo tutto il salotto. Ogni volta che Tommy parlava, lei chiudeva gli occhi, per perdersi completamente in quella voce tanto armonica.
Ma poi lui smetteva di parlare, e voleva delle risposte. Risposte che nemmeno lei aveva, in realtà.
Non faceva che preoccuparsi di ferire quel bravo ragazzo, ma sembrava che più cercava si tenerlo a distanza di sicurezza, più lui ci rimaneva male. Ma, da bravo autolesionista, questo non bastava a farlo demordere...tutt'altro.
-Il mio non è ego. Tra noi c'è qualcosa, c'è sempre stato. Ti ricordi quando ci siamo conosciuti?-
Dafne chiuse gli occhi, per poi scoprire di ricordare ancora i SUOI occhi, mentre le fiamme del falò di novembre danzavano i quei grandi occhi castani.
-Certo-
-Non sei troppo piccola per feste come questa?- si sentì chiedere, Dafne. Era rimasta completamente incantata dalla danza delle fiamme davanti a lei, e non si accorse di quanto si fossero stancati i suoi occhi finché, al suono di quelle parole , non si era voltata.
Detestava ammetterlo, ma non era stato amore a prima vista.
Tommaso, come si era poi presentato quel ragazzo, era in realtà il genere di ragazzo che può piacere come non piacere. E lei, in genere, li preferiva molto più atletici. Magrolini e mingherlini così...sembravano pronti a spezzarsi in caso di forti raffiche di vento. E ultimamente la sua vita sembrava la tempesta perfetta.
Ma poi avevano parlato. Avevano bevuto, e riso! Diosanto, ma da quanto tempo non rideva così tanto? Quel Tommy sarebbe stato capace di far ridere raccontando un funerale!
-Vorresti dirmi che non ha significato nulla per te?-
-Non ho detto questo- , ma con tutto cuore avrebbe preferito riuscire a dirlo.
Ma quella sera, al falò, tra le braccia di Tommy che la faceva volteggiare sulla sabbia, contro i loro petti ansimanti per la fatica per il caldo e per tutte quel contatto tra loro, quella sera, contro le sue labbra sottili, al sapore di menta, leggermente increspate dal velo di barbetta, Dafne si era finalmente risentita viva.
-Anche allora sei scappata via- ammise lui, forse più a se stesso che a lei. Dafne sentì una pietra precipitarle sullo stomaco.
-Tommy, tu mi piaci. Davvero. Ma la mia vita è un casino che non immagini...non te lo meriti-
-Questo voglio deciderlo io, Dafne-
-Ti farei decidere se dimostrassi di non avere perso il lume della ragione-
Povero ragazzo: se solo avesse saputo che a dargli del folle era una probabile schizofrenica!
-Credi che non sappia badare a me stesso? Dafne ho tre anni più di te, ho visto il mondo, credimi-
-Non voglio crearti problemi-
-Me li hai creati da sempre, da quella sera al falò, ma come vedi sono ancora qui-
-Perchè! Tommy, perchè vuoi farti del male, eh??? Spiegamelo-
Un attimo di silenzio. Un altro. I silenzi di Tommy erano spaventosi, tanto era abituata a sentirlo parlare.
-Solo se apri la porta-
Dafne non comprese subito.
-Apri questa maledetta porta, Dafne, o giuro che entro dalla finestra. Sono davanti casa tua-

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