I

I sassolini scricchiolavano sotto i suoi stivali, l'unico rumore che la accompagnava in quel tragitto che sembrava eterno. A ogni passo i piedi le mandavano scosse lancinanti di dolore, ma lei digrignava i denti e proseguiva senza mai voltarsi indietro. I raggi accecanti del sole le illuminavano l'esile figura avvolta in un lungo mantello nero. Aveva caldo e stava sudando, ma non doveva fermarsi. Avrebbe voluto, ma non poteva. Il vento le soffiava addosso, dandole un minimo di sollievo alla sofferenza che era diventata la sua vita da ormai un anno. 

Con il cappuccio tirato a coprirle la fronte, continuò a camminare, affidandosi alla sola forza delle braccia per trainare con sé il carro di legno alle sue spalle. L'ambiente afoso e roccioso in cui si trovava stava mettendo a dura prova la sua resistenza fisica, ma ormai non mancava molto per arrivare a destinazione. Udì dei rumori in lontananza, ma li ignorò. Riconobbe uno calpestio di zoccoli sempre più vicino e, solo quando una voce urlò, fu costretta a fermarsi.

<<Altolà! Resta dove sei>>.

Era convinta di passare inosservata in mezzo a tutti quei massi e canyon rocciosi, ma si sbagliava. I cavalieri di Camelot dovevano aver notato i suoi spostamenti sospetti. Si chinò per depositare le maniche del carro a terra e restò voltata di spalle, mentre quattro cavalieri scendevano dai loro cavalli per avvicinarsi a lei.

<<Dove vai?>> la interrogò uno di loro, Sir Leon.

<<Ai Mari di Meredor>> rispose lei, girando leggermente le spalle, senza però lasciar intravedere nessun dettaglio del suo volto grazie al cappuccio.

Leon non la riconobbe dalla voce, eppure gli sembrava qualcuno di famigliare.

<<Cosa c'è nel carro?>> domandò, ma non ottenne risposta.

La donna accennò qualche debole passo, spostandosi quasi di profilo e rivelando ai cavalieri lunghi capelli scuri. Con un cenno della mano Leon incitò i suoi compagni ad avanzare e a quel punto la donna si girò completamente, mostrando loro la sua identità.

<<Lady Morgana!>> esclamò Leon, esterrefatto.

Neanche il tempo di reagire, che Morgana scaraventò per aria sia lui e altri due cavalieri con i suoi poteri. Solo Elyan ebbe la prontezza di estrarre la spada, ma anche lui subì la stessa sorte dei compagni. Con i quattro cavalieri svenuti a terra, Morgana si guardò attorno per assicurarsi che non ci fosse nessun altro nei dintorni. Una volta constatato di essere al sicuro, si levò il cappuccio dalla testa e si avvicinò alla vecchia carrozza.

<<Tutto bene?>> sussurrò dolcemente, scostando la misera coperta sotto la quale custodiva gelosamente l'unica persona con cui aveva condiviso l'ultimo anno di dolore e agonia.

<<Sì, grazie, sorella, ma dobbiamo sbrigarci. La notte sta per calare e c'è tanta strada davanti a noi>> la avvisò Morgause.

La strega era pallida in viso, molto di più di quando erano partite. Lo sfregio che marcava tutto il lato destro del volto peggiorava sempre più velocemente, motivo per cui Morgause aveva convinto la sorella a fare quel lungo viaggio.

A Camelot...

Da quando era sceso dal letto quella mattina, Merlino non aveva smesso un attimo di lavorare. Tutta Camelot era in continuo movimento quel giorno, dai cavalieri ai semplici domestici. Il servo si fece spazio a fatica tra corridoi, sale e scale gremite di popolani come mai prima d'ora. Si chiese come faceva ad avere tutta quell'energia in corpo, considerando che la notte prima non aveva neanche chiuso occhio per lavorare al discorso che Artù avrebbe dovuto tenere alla sera e che era motivo di tutto quel fermento al castello.

Al calar della sera...

Morgana si fermò, seguendo le indicazioni della sorella. L'aiutò a scendere dal carro e la sostenne, mentre la strega osservava in lontananza il motivo del loro sfiancante viaggio.

<<L'Isola dei Beati>> constatò.

Morgana, al suo fianco, scrutava quel punto indefinito in mezzo al lago e dei brividi lungo la schiena la colsero impreparata. Era la prima volta che poteva ammirare il luogo definito da tutti gli stregoni come la culla della magia, eppure si immaginava tutt'altro del vecchio castello che ancora si ergeva da solo nonostante i secoli trascorsi. La notte appena scesa, le nuvole scure sopra il cielo e la nebbiolina nefasta sulla superficie dell'acqua non facevano altro che accentuare quel luogo così magico, ma tragicamente oscuro allo stesso tempo. 

Si incamminarono verso la riva del lago dove c'era un uomo affiancato da una barca di legno. L'anziano allungò una mano schiusa e Morgause gli porse una moneta come pegno per poter essere condotte verso l'isola. Mentre la barca si avvicinava sempre di più alla destinazione ambita, Morgana avvertì l'ombra del castello incuterle addosso e istintivamente strinse a sé più forte la sorella. Scorse delle creature simili a draghi volare intorno al maniero, ma non volle sapere cosa fossero. I loro versi acuti le stordivano le orecchie e non era più sicura di voler proseguire con il piano di Morgause. 

Intanto, i cavalieri sconfitti da Morgana si ripresero dallo stato di incoscienza, ma solo Leon e Elyan fecero ritorno a Camelot. Si diressero nella sala del consiglio per informare Artù e la corte presente.

<<I rapporti sono veri, Sire: abbiamo raggiunto Morgana alle pianure di Denaria>> affermò Leon.

<<Era da sola?>> volle sapere il principe.

Elyan scosse la testa. <<C'era qualcun altro. Morgause, non lo so>>.

<<Dove si stava dirigendo?>> intervenne un uomo a braccia conserte, posizionato in un angolo della sala.

<<Ai Mari di Meredor>> gli rispose Leon.

<<L'Isola dei Beati>> dichiarò Gaius e Merlino, al suo fianco, si mise all'erta.

Artù intercettò lo sguardo cupo del vecchio medico. Sapeva che quel posto non era un buon segno e Merlino condivideva lo stesso timore.

<<Invierò delle pattuglie alle prime luci>> decretò lo sconosciuto dai capelli neri, avanzando di qualche passo e Artù lo ringraziò.

<<Sire, i suoi poteri sono aumentati. Sir Bertrand e Sir Montague sono morti>> lo avvertì Sir Leon e lui chinò il mento, addolorato dalla notizia appena ricevuta.

Aveva notato l'assenza degli altri due cavalieri, ma non immaginava che il motivo della loro mancanza fosse così grave come la morte. Anche Merlino ne fu sinceramente dispiaciuto perché si stava rendendo conto che la sua vecchia amata era ormai irraggiungibile. Era troppo avvelenata di oscurità per poterle donare luce e lui si sentiva in colpa di ciò ogni giorno. 

Aveva sempre anteposto il suo destino al fianco di Artù al loro amore, anche quando lei gli aveva rilevato di aspettare un figlio. Non aveva più avuto contatti con lei da ormai un anno, dopo la sua fuga da Camelot con la sorella inerte tra le braccia, ma conosceva Morgana e sapeva che non avrebbe rinunciato alla vendetta nei confronti di Uther e Camelot. E, soprattutto, nei confronti del fratello.

<<Tenetemi informato di ogni sviluppo>> decretò il reale e tutti i presenti si congedarono, lasciando Artù e lo sconosciuto da soli.

<<Per mesi niente, perché ora?>> confidò il giovane.

<<Non poteva nascondersi per sempre. Non possiamo vivere nel terrore, Camelot è forte. Se Morgana volesse agire, noi saremo pronti>> gli fece notare l'uomo e Artù annuì.

Concordava con lui, ma le mosse astute della sorella lo lasciavano con tanti dubbi nella testa. Perché si era spinta così lontano come l'Isola dei Beati? Che altro piano maligno aveva in mente stavolta? Cosa c'era di così importante in quel posto da rischiare di essere scoperta dalla pattuglia di Camelot?

<<Sì, hai ragione. Come avrei affrontato questi mesi senza di te? Grazie, zio>> affermò.

<<Ho fatto una promessa a tua madre. Ci sarò sempre per te>> gli rammentò l'uomo e il ragazzo si limitò ad annuire prima di uscire dalla sala del consiglio.

Qualche ora dopo...

Il banchetto nella sala delle cerimonie stava procedendo senza intoppi. Tutti ridevano e scherzavano a tavola, gustandosi le prelibatezze della cucina reale e sorseggiando dell'ottimo vino pregiato. Artù decise di prendere parola nel bel mezzo della cena e si alzò dal suo posto. Subito calò il silenzio e tutti gli invitati gli rivolsero la loro completa attenzione.

<<Samhain è il periodo dell'anno in cui ci sentiamo più vicini agli spiriti degli antenati. È il periodo per ricordare chi non c'è più e celebrare la morte>>.

Merlino notò subito che il principe non condivideva lo stesso entusiasmo dei presenti. Non c'era da stupirsi, dopotutto: fino a un anno fa banchettava serenamente con suo padre e si scambiava screzi con la sorella. Ora, invece, non aveva più nessuno con cui ridere e chiacchierare. 

Morgana era diventata una fuggiasca che lo ripudiava per essere l'erede al trono e per aver preso le difese del padre nonostante tutto il male che aveva causato e Uther si era isolato completamente in sé stesso e aveva deposto la corona e le redini del regno nelle spalle del figlio, troppo addolorato e pentito per aver perso la figlia. Adesso Artù contava sull'aiuto dello zio per governare Camelot al meglio delle sue capacità, ma il vuoto che aveva creato l'assenza di Morgana e Uther era qualcosa che non poteva essere colmato dalla presenza di un altro membro della famiglia reale. 

Anche Merlino provava lo stesso vuoto di Artù quando pensava a Morgana e in quel momento avrebbe tanto desiderato riavvolgere il passato e rivivere i momenti della sua relazione con la principessa. Quando lei era ancora luce e non oscurità. Quando ai banchetti poteva lanciarle qualche occhiata di nascosto e scambiarsi con lei un sorriso pieno d'amore. Quando poteva sfiorarla e baciarla appena erano soli. Quando poteva dormire al suo fianco con il suo profumo di Ortensia addosso.

All'Isola dei Beati...

<<Il Samhain ormai è giunto, affrettiamoci>> dichiarò Morgause, avanzando zoppicante.

Morgana perlustrò rapidamente la grande sala buia e fredda nella quale la sorella l'aveva condotta. Quel posto è molto più tetro di quanto pensasse. I rimorsi di quello che avrebbe dovuto compiere a breve tornarono a tormentarla. Non voleva più stare lì, voleva solo tornare a casa con Morgause. Anche se non avevano più una casa da un anno, anche se sopravvivevano come fuggiasche, anche se a malapena riuscivano a mangiare, a Morgana premurava soltanto che fossero assieme.

<<Non posso farlo>> ribatté.

Morgause si voltò a guardarla e la incitò a seguirla.

<<Sorella, ricorda quello che ti ho detto: questo è l'unico modo. Ciò che stai per fare avrà effetto su tutti, anche su di te, ma la cosa più importante è che farà cadere i nostri nemici in ginocchio>> le spiegò, mentre raggiungevano l'altare di marmo al centro della sala.

<<Devi essere forte, ricordatelo!>> la incoraggiò, avvicinandosi all'altare.

La strega le porse un pugnale dalla lama affilata e Morgana ebbe l'ennesimo tentennamento.

<<Non devi esitare>> le consigliò e lei afferrò l'arma.

<<Non appartengo più a questo mondo, per me non c'è rimasto più niente qui>> dichiarò la strega.

Morgana cercò di trattenere le lacrime che le appannavano la vista. Non era vero che non aveva più nessun motivo per continuare a stare lì: aveva lei. Aveva una sorella che, anche se aveva ritrovato da un paio di anni, avrebbe sacrificato qualsiasi cosa pur di restare con lei. E se ora lei se ne andava, Morgana non avrebbe più avuto nessuno per davvero. 

Tuttavia, poteva capire perfettamente perché Morgause desiderava farla finita a tutti i costi: la sconfitta dell'esercito immortale, l'incidente avuto con Gaius e Merlino da cui non si era più ripresa e l'aveva condannata a portare uno sfregio sul viso, rovinando per sempre la sua bellezza e infine la perdita del bambino che tanto aveva cercato per assicurare la loro discendenza le avevano dato il colpo di grazia in quell'ultimo anno. Si era sentita una donna totalmente inutile e non era riuscita ad adempiere ai suoi doveri di Sacerdotessa. Perciò, prese posto sull'altare e si accomodò a fatica.

<<Ti prego, sorella. Che la mia dipartita sia il mio ultimo dono per te>> concluse, distendendosi sulla superficie di marmo.

Morgana aggirò l'altare e si preparò a compiere l'atto decisivo.

<<Al re!>> annunciò il principe con il calice in aria. 

Subito dopo le campane suonarono, avvisando che era appena arrivata la mezzanotte. I presenti si alzarono in piedi, mentre il rintocco delle campane accompagnava quel attimo di rispettoso silenzio.

Morgana intravide la luna piena, alta sopra la sua testa, e capì che era arrivato il momento di agire. Iniziò a pronunciare l'incantesimo, ma le fu molto difficile restare concentrata e lucida. Sollevò le braccia, impugnando tra le mani la lama con la punta rivolta verso il suo sacrificio. Come poteva farlo? Come poteva spegnere la vita di una persona che negli ultimi due anni aveva solo migliorato la sua? Senza sua sorella adesso lei non sarebbe neanche una strega. 

Morgause chiuse gli occhi e Morgana si prese un secondo di calma prima di macchiarsi d'oscurità più di quanto si sentisse già. Recitò le ultime parole dell'incantesimo e conficcò la lama nel corpo della sorella che morì all'istante in un gemito di dolore. La principessa non ebbe neanche il tempo di metabolizzarne il lutto che un'improvvisa folata di vento la colse alla sprovvista e venne balzata all'indietro fino a crollare sul pavimento priva di sensi.

Mentre i presenti ricambiavano l'augurio del principe e si preparavano a concludere il brindisi, Merlino realizzò subito che qualcosa non andava. I suoi occhi captavano il tempo rallentare, riusciva persino a vedere le gocce di vino che si perdevano fuori dai bicchieri nel momento in cui gli invitati li facevano tintinnare tra di loro prima di portarli alla bocca. 

Quello che vide dopo, però, gli tolse completamente il respiro. Un'anziana donna si stagliava al centro della sala, completamente immobile a fissarlo. Indossava un mantello nero, rovinato e con strappi, il suo viso, l'unica parte del corpo scoperta, era bianco come le lenzuola del letto del suo padrone e in mano teneva un vecchio bastone in legno.

<<Emrys>> lo chiamò.

La sua voce profonda era piena di lamento e dolore. Incominciò a tremare convulsamente. Chi era? Nessuno si era accorto della sua presenza perché le persone continuavano a bere e conversare tra di loro. Era opera di qualche stregoneria, quindi era ovvio che non potevano vedere colei che aveva davanti. 

La donna continuò a pronunciare il suo nome, quello con cui tutti gli stregoni e maghi lo conoscevano, e il ragazzo sentì il terrore farsi strada dentro di lui fino a offuscargli la mente. La caraffa vuota che teneva tra le mani cadde sul pavimento, provocando un chiassoso rumore di metallo che fece girare tutte le teste verso di lui. L'anziana era scomparsa così come era apparsa e Merlino si sentì improvvisamente privo di forze. Cadde a terra e Lancillotto accorse subito da lui. Quando vide la scena, Artù si sentì per un attimo imbarazzato perché il suo servitore era appena svenuto nel bel mezzo di un banchetto con tutti gli occhi degli invitati addosso e già immaginava che quello svenimento fosse causato dall'eccessiva bevuta.

Morgana avvertì un tocco delicato sfiorarle la guancia, tuttavia era una carezza gelida e priva di vita. Corrugò le sopracciglia infastidita e si ridestò. Si alzò, aiutandosi con i gomiti a sostenersi, quando notò un indefinito squarcio nero che fluttuava nello spazio e una donna che la fissava ammutolita.

<<Chi sei?>> le domandò.

<<Sono la Cailleach, la custode del mondo degli spiriti>> si presentò l'anziana donna dai profondi occhi turchesi.

La pelle era bianca come quella del cadavere della sorella appena sacrificata, le poche ciocche che Morgana riusciva a intravedere dal cappuccio tirato sopra il capo, erano brizzolati e spenti, aveva le occhiaie infossate e violacee e rughe profonde enfatizzavano la sua vecchiaia.

<<Hai strappato il velo che si trova tra i due mondi, liberando i Dorocha, le voci dei morti, e, come i morti, sono innumerevoli>> le spiegò la custode.

Alle sue spalle lo squarcio aperto rivelò ciò che dimorava al di là di esso e Morgana si terrorizzò all'istante nell'udire quelle urla strazianti. La Cailleach esibì un accenno di sorriso, riconoscendo la paura che alleggiava nelle iridi della giovane strega.

<<Fai bene ad avere paura, Morgana. I tuoi nemici piangeranno per questo giorno e per la distruzione che porterà. Strappare il velo tra i mondi ha creato un nuovo mondo, ma non lo potrai attraversare da sola. L'uomo che chiamano Emrys cammina nella tua ombra, lui è il tuo destino e la tua distruzione>> la mise in guardia.

Morgana si perse in quelle parole e sentire le urla dei Dorocha le causò ancora più confusione nella testa. Cosa significava tutto ciò? 

Intanto, a Camelot Lancillotto portò Merlino nella sua stanza, mentre Gaius cercava di capire la causa della improvvisa incoscienza del suo allievo.

<<Cosa è successo?>> si premurò il cavaliere, sistemando l'amico nel suo letto.

<<Non lo so. Non ho mai sentito nessuno così freddo prima>> confessò l'anziano, sentendo ancora le mani del mago ghiacciate.

<<Se la caverà?>> gli chiese Lancillotto.

Gaius, però, evitò di rispondergli. Non aveva la benché minima idea, ma ora doveva pensare a fare tutto il possibile per far tornare Merlino dal mondo dei vivi, qualunque cosa gli fosse successo tale da ridurlo in quello stato.

<<Mi servirà del biancospino per la circolazione e delle coperte. Parecchie coperte>> enunciò e Lancillotto obbedì.

Qualche ora dopo, Merlino ebbe la forza di scendere dal letto e, avvolto in una delle coperte che Gaius gli aveva messo sopra durante il sonno per riscaldarlo, uscì dalla sua camera per raggiungere il medico, il quale stava lavorando a qualche rimedio in attesa che il ragazzo si ridestasse. Si sedettero su una panchina e Merlino si confidò con il suo maestro.

<<Quando ha parlato, la sua voce era come se venisse dalle profondità della terra. I suoi occhi erano così tristi, c'era molto dolore. Ma chi era?>>.

Merlino ebbe un fremito in tutto il corpo e scosse le spalle per scacciarlo via. Aveva ancora nella mente l'immagine di quella anziana donna e solo averla vista l'avevo ridotto in quello stato pietoso, quasi morente e infreddolito.

Gaius, che lo stava ascoltando con grande attenzione, rispose: <<La Cailleach, la custode del mondo degli spiriti>>.

<<Perché era lì?>> gli chiese il servo.

L'anziano si prese qualche istante prima di riprendere a parlare. Ora che Merlino gli aveva raccontato ciò che aveva visto, gli ultimi avvenimenti stavano cominciando ad avere un loro logico fine. L'avvistamento di Morgana nell'altopiano di Denaria, il suo obiettivo di arrivare all'Isola dei Beati, i festeggiamenti per il Samhain e la comparsa della Cailleach erano tutti eventi collegati l'uno con l'altro.

<<È successo a mezzanotte, alla vigilia del Samhain, il momento in cui il velo che si trova tra i mondi è molto sottile. Non può essere una coincidenza>> ammise.

<<Perché solo io l'ho vista?>> postulò il ragazzo.

<<Tu hai dei grandi poteri. Per chi è così dotato, le visioni non sono rare>> gli spiegò Gaius, ma Merlino scosse la testa.

<<Voi non capite, non era una visione. Lei sapeva chi ero, mi ha chiamato "Emrys">>.

Il ragazzo non vide nessuna emozione di sorpresa o stupore negli occhi azzurri del maestro, eppure sentire quel nome aveva scaturito un senso di allerta dentro Gaius.

<< Che c'è? Che cosa vuol dire?>> volle sapere Merlino, avendo riconosciuto all'istante la silenziosa preoccupazione nello sguardo del medico.

Erano così legati l'uno all'altro che ormai riuscivano a intendersi perfettamente solo con un semplice sguardo.

<<Non ne sono sicuro, ma se qualcuno ha strappato il velo che c'è tra i due mondi, allora che il Dio ci aiuti>> rimuginò.

Merlino era pronto per iniziare un nuovo giorno di lavoro. Aver visto la Cailleach la sera prima non era stata affatto una bella esperienza, tuttavia aveva bisogno di distarsi e di non pensare alla conversazione avuta con Gaius. Depositò la colazione sul tavolo con un frastuono che destò il principe ancora dormiente sul suo letto e si apprestò a scostare i drappi dalla finestra per far entrare la luce del mattino, ignorando i continui rimproveri del principe, il quale avrebbe voluto dormire ancora un po'. Ciò nonostante, un bussare alla porta lo privò del tutto dalla sonnolenza. Sir Leon entrò nella stanza, avvertendo il nobile di dover accorrere nella sala del consiglio per una questione urgente. Si vestì in tutta fretta, saltando persino la colazione, e accorse nella sala, trovando nobili e cavalieri riuniti in cerchio.

<<Cosa è successo?>> domandò allo zio, appena fece il suo ingresso.

<<Il suo villaggio è stato attaccato>> accennò quest'ultimo e Artù si avvicinò a una giovane ragazza in lacrime.

Portava abiti vecchi e usati e indossava un velo per raccogliere i capelli biondi. La giovane era così impaurita che aveva persino il timore di incrociare gli occhi del principe, ma quest'ultimo la tranquillizzò tra i singhiozzi.

<<Mia madre, mio padre, la mia sorellina sono...>> non riuscì a terminare la frase che era sull'orlo dell'ennesimo fiume di lacrime.

<<Va tutto bene. Qualcuno li ha attaccati?>> le chiese il biondo e lei annuì con la testa.

<<Chi?>>.

<<Non c'era nessuno, solo forme>> farfugliò lei.

<<Non li hai visti in faccia?>> la interrogò.

<<Non avevano delle facce >> negò la ragazzina e Artù corrugò le sopracciglia.

Lanciò un'occhiata confusa a Gaius, ma Merlino era già visibilmente scosso da quella storia. Negli ultimi giorni gli stavano capitando troppe situazioni assurde a cui non sapeva dare una spiegazione. Udì uno strano lamento in corridoio e si voltò indietro, ma l'attimo dopo non lo sentì più. La ragazzina riprese a parlare.

<<Erano lì, ma non erano lì. Si muovevano velocemente come se non fossero reali, ma dovevano esserlo. Potevo sentire la gente che urlava e poi silenzio. Erano tutti morti...>>.

Non ebbe più la forza di continuare a parlare e ritornò a singhiozzare. Artù la ringraziò e lei si gettò tra le braccia di Gaius, rimasto sempre al suo fianco come supporto morale.

<<Qual è il villaggio?>> volle informarsi il principe.

<<Howden, a est delle montagne bianche. Non più di mezza giornata a cavallo>> rispose suo zio.

<<Prepara gli uomini>> ordinò Artù a Leon.

Poco dopo Merlino si mise in viaggio con Artù e i suoi cavalieri più fidati: Lancillotto, Elyan, Leon, Galvano e Percival. Da quando aveva ascoltato il racconto della ragazzina e aver udito quello strano urlo, era sempre più teso e nervoso, tant'è che qualsiasi rumore che udiva, mentre cavalcavano in mezzo alla foresta, sobbalzava sulla sella. Il suo atteggiamento circospetto non sfuggì al suo padrone.

<<Merlino, hai bisogno della balia?>> lo prese in giro.

<<Che significa?>> gli chiese il servo.

Persino il nitrito di uno dei cavalli lo fece scattare dalla paura e Artù lo stava trovando ridicolo.

<<Mi fai innervosire. È solo un cavallo>> gli fece notare quest'ultimo.

<<Forse ha sentito qualcosa>> rifletté il moro.

<<Sì, che sei una testa di fagiolo>> lo derise.

<<Quel termine è mio>> lo contraddisse all'istante l'amico.

<<Sì e ti si addice>> affermò il biondo.

Usciti dalla foresta, giunsero ai piedi del villaggio dove viveva la ragazzina. Era completamente deserto come se nessuno ci abitasse più da tempo, eppure fino a qualche ora prima nelle capanne dimoravano adulti e bambini.

<<Troppo silenzio>> constatò Artù e decisero di indagare.

Scesero dai loro destrieri e sguainarono le spade, pronti per combattere, se fosse stato necessario. Il sole stava tramontando dietro le montagne e l'oscurità della notte stava incombendo su di loro troppo velocemente, rendendo quel villaggio ancora più sinistro dello stesso silenzio che vi regnava. Diedero una rapida occhiata attorno, ma l'unica forma di vita che vi trovarono furono gli animali allevati dai contadini, come polli e capre, che scorazzavano liberi per le abitazioni deserte. 

Si divisero a coppie per coprire più aree del villaggio: Lancillotto con Merlino, Elyan e Leon e Persival insieme a Galvano. Mentre setacciavano i dintorni, Elyan e Leon richiamarono la loro attenzione e tutti accorsero. Entrarono in una casa e videro di persona ciò che i due cavalieri avevano trovato: due persone giacevano senza vita sul pavimento. Non presentavano nessun tipo di ferita o colluttazione, erano semplicemente morti. Neanche il tempo di capire ciò che fosse successo in quel posto, che qualcosa si mosse alle loro spalle e tutti si volsero indietro. Nessuno di loro era sicuro cosa avesse visto, eppure stavano iniziando a credere al racconto della ragazzina.

<<L'avete visto?>> interpellò il principe.

Merlino riconobbe lo stesso verso che aveva sentito la prima volta nella sala del consiglio.

<<Stiamo letteralmente inseguendo delle ombre>> affermò Galvano.

<<Andiamo!>> sentenziò il biondo per proseguire con le ricerche.

A ogni passo che facevano, si guardavano alle spalle, poiché non avevano ancora idea di cosa aspettarsi. Merlino udì nuovamente quel fastidioso gemito e decise una volta per tutte di scoprire di cosa si trattasse. Perciò, appena scorse una specie di ombra girovagargli attorno, si mise a correrle dietro per inseguirla, ma il buio della notte camuffava facilmente la sua presenza e Merlino non riusciva a capire da dove essa potesse arrivare. 

Usò i suoi poteri per creare una palla di luce, ma qualche secondo dopo la sua magia smise di funzionare. Ritentò un paio di volte, ma fu inutile. Continuava a udire quella voce attorno a sé, ma non riusciva a vederla. Sapeva che era sempre più vicina a lui, perché le sue grida erano sempre più forti e acute. Quando divenne insopportabile per le sue orecchie, si voltò e intravide una figura inanimata giungere a tutta velocità contro di lui. Merlino usò la magia nel tentativo disperato di difendersi, ma quel fantasma a forma di scheletro umano ne era completamente immune.

<<Merlino!>> urlò Lancillotto che usò la torcia infuocata come arma contro quella ombra, la quale si dissolse e sparì all'istante.

<<Cosa è successo?>> gli chiese il cavaliere.

<<La mia magia non funziona>> farfugliò lui.

Lancillotto si voltò a guardarlo e vide che era completamente sconvolto. Gli altri cavalieri si precipitarono a raggiungerli, avendo udito le loro voci.

<<C'è qualcosa qua fuori>> dichiarò Lancillotto.

<<L'avete visto?>> domandò Artù.

<<Sì, con la luce è scappata>> rispose il cavaliere.

<<Prendiamo i cavalli>> suggerì Galvano.

<<Non è qualcosa che si può inseguire o che si può uccidere>> intervenne Merlino.

I lamenti ripresero a regnare nel buio della notte e Artù capì che non potevano più restare lì.

<<Dobbiamo andarcene di qui!>>.

Il gruppo radunò i cavalli, ancora del tutto ignaro che a Camelot era già scoppiato il finimondo. In assenza di Artù il comando del regno passava allo zio, ma gli era impossibile gestire tutto il caos che si stava abbattendo su Camelot e lo stesso Gaius che si stava ritrovando con sempre più feriti e morti a cui badare. Nessuno riusciva a capire cosa fossero quelle ombre che li stavano attaccando, ma sapevano che il loro tocco, seppur inanimato, li uccideva senza lasciar alcuno scampo alla morte.

<<Gaius!>> esclamò Merlino non appena rientrò a Camelot.

Aveva raggiunto il medico nella sala del consiglio, l'unico posto abbastanza grande dove poter depositare i corpi senza vita dei cavalieri e di tutte le vittime che continuavano ad aumentare per opera degli spiriti. Il medico si voltò e si avvicinò di qualche passo a lui. Gli bastò guardare l'espressione ancora frastornata del ragazzo per intuire.

<<Li hai visti?>>.

Merlino annuì con un debole cenno della testa. Sembrava aver perso l'uso della parola e vedere tutti quei lenzuoli bianchi non lo stava aiutando affatto a restare vigile e calmo. Solitamente non si lasciava mai sopraffare dalla paura, eppure in quel momento era completamente perso.

<<La mia magia è inutile contro di loro. Ci ho provato, non mi sono mai sentito così impotente>> confessò, quando Gaius cercò di richiamare la sua attenzione.

Iniziò a farneticare, riusciva a malapena a compiere una frase di senso compiuto da quanto si sentiva smarrito dentro.

<<Sentivo qualcosa dentro. Quando è venuto per me, ho provato come un vuoto, non riuscivo a respirare. Ho paura...>>.

L'anziano lo interruppe. <<Merlino, va tutto bene. Non ti devi sentire in colpa>> lo rassicurò, appoggiandogli le mani sulle spalle in segno di conforto.

Il ragazzo non ne era convinto, ma l'unica cosa che riusciva a fare in quel momento era soltanto annuire.

Appena le prime luci dell'alba illuminarono il cielo sopra Camelot, Gaius e Merlino vennero convocati per discutere con Artù e suo zio della situazione del regno dopo la notte infernale appena trascorsa.

<<Abbiamo cinquanta morti, forse di più. Specie nella città bassa>> dichiarò l'uomo.

<<Possiamo combatterli?>> gli chiese il principe.

<<No, le nostre armi sono le torce e la luce li fa solo scappare>> rispose lo zio.

Artù si voltò a guardare Gaius, rimasto in completo silenzio ad ascoltare la loro conversazione. Merlino, alle sue spalle, era un fascio di nervi da quando era tornato dalla missione del giorno precedente.

<<Che cosa sono?>> si rivolse al medico.

<<I Dorocha, Sire, gli spiriti delle persone defunte. Alla vigilia del Samhai, ai tempi della Vecchia Religione, le Sacerdotesse effettuavano un sacrificio di sangue, liberando gli spiriti>> espose quest'ultimo.

<<Chi farebbe questo ora?>> lo interpellò lo zio di Artù.

<<Morgana>> fu la sua risposta schietta.

<<Come puoi affermarlo?>> lo interrogò il principe.

Merlino aveva sempre più difficoltà a restare lucido, non sapeva più di cosa avere paura: dei Dorocha o della loro mandante.

<<Sappiamo che stava andando all'Isola dei Beati>> gli ricordò Gaius.

<<Come si sconfiggono i Dorocha?>> continuò a interrogarlo il biondo.

<<Non vi so rispondere. Nessun mortale è mai sopravvissuto al loro contatto>> concluse lui.

Le ore trascorsero impotenti con le urla dei Dorocha che disturbavano la quiete della sera che stava soccombendo e per Merlino non era affatto un segno positivo. Ora che era a conoscenza della loro esistenza, temeva l'oscurità peggio di quella che regnava nel cuore della sua vecchia amata. In fondo, aveva un buon motivo per diffidare di quelle creature, in quanto non poteva contare sui suoi poteri e di conseguenza non avrebbe potuto difendere nessuno senza la sua magia, primo tra tutti Artù. 

Al contrario suo, il suo padrone trovava quasi divertente il suo eccessivo timore e non perdeva occasione di prenderlo in giro, anche quando la situazione era troppo seria persino dal suo punto di vista, da arrogante cavaliere qual'era. Ma la verità era che dietro la sua corazza di orgoglio e forza, Artù aveva paura, molta più del suo migliore amico e ciò Merlino lo sapeva. 

Vennero disposte torce e braci con lo scopo di illuminare persino l'angolo più buio del regno e i cavalieri avevano il compito di setacciare le vie alla ricerca di possibili dispersi nel cuore della notte. Ogni abitante doveva restare chiuso in casa e servirsi del fuoco come unico mezzo per superare la notte e sperare di vedere un nuovo giorno. 

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