Prologo
20 marzo 2035, Verona Area Vecchia, Italia.
Era il primo giorno di primavera, ma sembrava già estate a Verona, quel pomeriggio.
Sandra si era acconciata i lunghi capelli bianchi e mossi in una morbida treccia che lasciava libero solo il lungo ciuffo sul lato sinistro, successivamente aveva messo in risalto gli occhi violacei con del mascara e colorato un po' il viso pallido con del fard e un rossetto color rosa pastello sulle labbra.
Alla fine, aveva indossato un leggero completo di smoking femmile caratterizzato da una camicia bianca abbinata a un giacchino a maniche lunghe, ai pantaloni e a una cravatta decorati con una fantasia blu e gialla a pois. Un look molto in voga tra le ragazze, negli ultimi due anni.
Si era messa in ghingheri per un appuntamento con Ugo, un ragazzo che aveva conosciuto settimane prima al bar di fronte l'Accademia delle belle arti, di cui la giovane aveva iniziato a frequentare il primo anno di architettura.
Ma in realtà era tutta una comparsa: la ragazza sapeva benissimo che quell'appuntamento sarebbe stato un fiasco.
In realtà, tutte le uscite con i ragazzi con cui tentava di avere una storia andavano a male. Era un fatto che nei primi tempi di adolescenza la lasciava depressa anche per mesi, ma dopo anni ormai ci aveva fatto l'abitudine e si prendeva in giro anche da sola, mentalmente.
Dopotutto non era né colpa sua, né colpa del tizio di turno che incontrava se lei era talmente bella da mandarlo in confusione, ma puntualmente si scopriva che a lui piaceva il pisello.
Presa la borsetta e uscita dall'appartamento che aveva preso in affitto, la ventenne sospirò guardando il cielo.
Un'altra avventura come calamita naturale per gay! pensò lei, iniziando a camminare velocemente verso la pasticceria Little Muffin, dove dovevano vedersi lei e Ugo.
Certo che almeno poteva recitare la parte di darmi un passaggio o almeno chiedermelo... Per cosa ce l'ha quella macchina? Per vantarsi della propria "Smart a quattro posti super elettrica ed ecologica, oltre che rossa fiammante"? Che tirchio ed egoista! rifletté Sandra, mentre notava quanto fosse distante il luogo rispetto a dove lei abitava.
Di questo passo rischiava di fare tardi ed era una prospettiva fastidiosa, dato che non voleva affatto risultare preziosa a uno che, quasi sicuramente, la stava usando.
Ugo, infatti, faceva parte di quella categoria di persone che si fidanzano con qualcuno solo perché non hanno le palle di mettersi in luce meglio verso la persona che desiderano davvero.
Sandra aveva capito sia questo, sia il fatto che il ragazzo era gay, perché ogni volta che si vedevano di presenza al bar o per strada e ad accompagnarla c'era il suo migliore amico Carlo, Ugo non faceva altro che prestare più attenzione a quest'ultimo che a lei.
Per non parlare del fatto che, da quando Sandra e Ugo si erano scambiati i numeri di telefono, lui non perdeva occasione di chiederle di Carlo, anche facendo battute che sfociavano spudoratamente nella malizia.
Ogni volta che accadeva, lei moriva dalla voglia di rivelargli che Carlo era gay, solo per vedere che faccia avrebbe fatto. Tra l'altro, sarebbe stata la verità.
In ogni caso, Sandra si tratteneva perché capiva benissimo anche così che a Ugo di lei non gli importava molto né come persona, né come ragazza e, sta volta, purtroppo o per fortuna per lei si vedeva lontano a un miglio che il belloccio di quel dì era gay.
Davanti alla porta del locale situato a destra di un rigoglioso giardino ricolmo di fiori di ogni tipo, Sandra si fermò un attimo e fissando un punto a caso, fece un respiro profondo e, ad alta voce, esclamò «Si va in scena!».
Dopodiché entrò.
Non ci volle molto tempo per trovare l'uomo che l'aveva invitata a quella sceneggiata: era appollaiato su uno sgabello guidabile*, dietro a un tavolino aerobico* e al centro del salone dove si trovavano i clienti e i vari mobili per sedersi e stare comodi o mangiare o entrambe le cose.
Ugo era un ragazzo minuto, seppur muscoloso. Lo riconosceva per via dei capelli lisci e biondini tenuti all'indietro con quello che sembrava del gel e i suoi occhi verdi che risaltavano sul suo viso. In quel momento, indossava una semplice camicia nera e un paio di jeans, ma di solito appariva con un look sportivo stile anni '80 che gli donava un sacco.
Sandra lo raggiunse con uno dei suoi sorrisi più falsi, salutandolo.
Lui le chiese se aveva fame e se poteva ordinare anche per lei.
No, che dici, magari sta grazia fammela. disse tra sé la ragazza, sarcastica.
Ovviamente, Sandra gli rispose di voler prendere la stessa cosa che prendeva lui perché aveva molta fame, così Ugo ordinò ben due sfogliatine di Villafranca sul suo conto.
Prima che queste fossero pronte per essere degustate, passò un po' di tempo, in cui i due si sedettero nei sgabelli attorno a un tavolo e parlarono un po' del più e del meno, oltre che di cose noiose. E non capitava raramente che Ugo ignorasse Sandra per guardare attorno a sé e sbavare letteralmente dietro agli altri bei manzi che occupavano la pasticceria.
Arrivato il dolce ordinato, Sandra provò a raccontare a quel bellimbusto qualcosa di divertente che le era capitata di recente, ma lui non la calcolava minimamente più, anzi aveva iniziato a chiederle curiosità su Carlo con la scusa "Mi piacerebbe fare amicizia con i tuoi amici e uscire in gruppo anche con loro, ogni tanto".
Questo è Troppo! Potrebbe fare finta che gli interessi qualcosa di me, piuttosto che sbattermi subito in faccia la realtà sbottò lei, nella sua testa.
Prese la situazione in mano e, con tutta la calma di cui era capace, posò la sfogliatina che aveva appena addentato su un tovagliolo sopra il tavolino e mise in chiaro «Ugo, so benissimo che sei gay e che ci stai "provando con me"» mimò in alto le virgolette con le mani «Solo perché vuoi avvinarti di più al mio amico Carlo e non sai come altro raggiungere il tuo scopo».
A quella rivelazione, Ugo quasi si strozzò con il boccone del cibo ancora in bocca e divenne rosso come un peperone.
La ventenne aveva fatto centro.
«Io... Ma allora perché sei qui?» mormorò Ugo, quando ebbe mandato giù il boccone.
«Perché ho voluto sperare di poter avere una possibilità con te per davvero, oltre al fatto che avevo accettato la tua proposta di uscire» in realtà, l'unica cosa vera in quel discorso era l'ultima parte, perché possibilità con un tipo del genere non ne voleva proprio, dopo che aveva capito che lui era un codardo.
«Mi dispiace, Sandra. Tu sei una ragazza splendida, davvero. Ma tra noi non potrebbe funzionare perché, sai, sono gay... » palesò lui più come se fosse una difesa.
«Non fa niente, possiamo sempre essere amici» mentì lei è poi continuò «E da amica, sai che ti dico? Ti svelo qualche segreto, ovviamente: siamo nel 2035, ovvero in un periodo della storia umana in cui da circa meno di 10 anni siamo usciti da una pandemia globale, la fame nel mondo e il conseguente sovrappopolamento sono stati notevolmente ridotti, per non parlare dell'inquinamento e dei cambiamenti climatici. E, in tutto questo ben di Dio, senti un po' la novità che sto per dirti: la comunità LGBTQ+ ha finalmente più diritti e libertà. Perciò, quello che voglio farti capire è semplicemente che ti devi aggiornare e piuttosto che abbindolare donne etero vicine al tipo a cui vai dietro, muovi il culo e ci provi direttamente con lui! Ah, piccola curiosità in più che però ci sta non saperla lì per lì: per tua informazione Carlo è pure gay e fisicamente potresti essere veramente il suo tipo e questo è un'altro motivo in più per provare a rimorchiarlo direttamente!» e dopo quella specie di sfilza di news un po' sarcastiche, Sandra lo guardò fisso negli occhi per vedere anche solo una reazione sensata, ma l'unica cosa che ricevette fu uno sguardo da pesce lesso bianco di vergogna - forse perché colto esattamente con le mani nel sacco - e che non sapeva esattamente che cosa replicare.
«Ok» riprese di nuovo parola lei «mi dispiace se ti posso essere risultata aggressiva, ma quello che cerco di comunicarti è che ormai non è più il tempo per nessuno di nascondersi e cercare stupidi sotterfugi come questi. Forse non ti sei reso conto che adesso chiunque può essere felice e io voglio semplicemente che tu lo sia. Quindi, datti da fare, va bene, tesoro? Se domani vieni al solito posto sono sicura che verrà Carlo. Tranquillo, non gli dirò niente sul fatto che ti piace, però almeno cerca di farti vedere di più da lui. Ciao, ti voglio bene» ciò detto, uscì da lì.
Il tragitto verso la sua casa affittata fu interminabile e la rese più triste ogni minuto che passava.
Perché sempre a me? Mi chiamo Sandra Oriso, non Sfigata Sempredisponibile iniziò a lamentarsi da sola, nella sua testa, in continuazione.
Non le importava un bel niente di Ugo, ovviamente, ma quello era stato senz'altro il motivo più brutto per cui un ragazzo l'aveva illusa: usarla per farsi, fra tutti, proprio il suo migliore amico.
Arrivata a destinazione, si chiuse la porta alle spalle e si abbandonò a un pianto liberatorio.
~
18 novembre 2015, Roma, Italia.
Nadia era appena rientrata a casa con suo figlio Daniel, dopo l'interminabile riunione genitori-figli che c'era stata quel pomeriggio nella scuola di quest'ultimo.
I lunghi capelli castani attaccati a coda e madidi di sudore che incorniciavano i suoi profondi occhi azzurri spenti e il suo corpo fuori forma tutto sudato per aver fatto una lunga camminata a piedi e, a tratti, di corsa per non finire bagnata dalla pioggia di novembre, riflettevano proprio come si sentiva: tremendamente stanca.
L'incontro l'aveva proprio sfinita, soprattutto mentalmente poiché, oltre a dover aspettare in corridoio un turno per entrare che sembrava non arrivare mai, si era dovuta sorbire gli sguardi scandalizzati e imbruttiti degli altri genitori dei compagni di classe di Daniel.
Per non parlare delle frecciatine da parte di qualche maestra - se così potevano essere definite - una volta fatto il suo ingresso nella stanza di ritrovo dove si trovavano tutti gli insegnanti della sezione.
Da quando due anni prima si era scoperto che il piccolo studente Daniel Miros era figlio di una donna che aveva intrapreso da tempo una relazione amorosa e, successivamente, una convivenza con un'altra persona del suo stesso sesso, non c'era pace in quella scuola elementare per nessuno dei tre, quando ci mettevano piede.
Da un canto, Nadia e la sua compagna Raffaella potevano considerarsi fortunate perché dovevano sopportare quei comportamenti omofobi solo di rado, ma dall'altro erano entrambe abbastanza preoccupate per il bambino che, oltre ai problemi legati a tali pregiudizi, doveva fare pure i conti con il razzismo che riceveva in quanto aveva origini afro-americane, oltre che italiane e spagnole.
Per avere un figlio, infatti, otto anni e mezzo prima la coppia si era dovuta recare negli Stati Uniti dove finalmente avevano trovato un donatore di sperma che era un amico afro-americano di un cugino di Raffaella.
Tuttavia, questo era un dettaglio che in pochi sapevano perché il padre biologico non si faceva vedere quasi mai, anche per via delle distanze geografiche. Purtroppo, però gli ignoranti della loro zona erano in troppi e pensavano le peggio cose riguardo alle misteriose origini di Daniel.
In ogni caso, una volta Daniel aveva chiesto curioso alle sue mamme perché a scuola i suoi compagni si riferissero a lui con espressioni molto strane riguardo alla sua famiglia e al colore della sua pelle. Frasi che lui aveva citato innocentemente, pensando non fossero niente di male.
Le donne, ovviamente, gli avevano fatto capire in maniera pacata che lo avevano discriminato nel peggiore dei modi e che, nel caso fosse successo nuovamente in futuro, doveva farsi valere e, allo stesso tempo, svegliare tali persone dalla loro maleducazione e stupidità.
Altro piccolo cameo in famiglia era nonna Miriam, la madre di Nadia.
Era una ex gitana che somigliava fisicamente alla figlia, con le uniche differenze che appariva come una signora grassa e segnata lievemente dall'età.
Aveva vissuto gran parte della propria infanzia e giovinezza in Spagna, nella zona di Granada, prima che venisse allontanata perché si era perdutamente innamorata di un uomo che non faceva parte della comunità degli zingari, scelta che la sua famiglia non era proprio riuscita a mandare giù.
Alla fine la donna si era dovuta trasferire a Genova, in Italia, con il suo amato - con cui alla fine si era sposata - e aveva iniziato a fare entusiasta un nuovo lavoro e una nuova vita come commessa in una boutique di spezie e generi alimentari, anche se in privato aveva continuato a leggere la mano a qualcuno. Nel tempo passato lì, aveva imparato a parlare bene l'italiano, anche se le piaceva fonderlo spesso con lo spagnolo.
Poi, quando Nadia e Raffaella si erano conosciute e messe insieme hanno avuto i bastoni fra le ruote dai genitori di Raffaella e alla fine nonna Miriam, ormai vedova, aveva cambiato aria nuovamente aria, andando a vivere a Roma con la coppia, dato che le due ragazze erano anche l'unica famiglia che le era rimasta.
Nella vecchiaia, nonostante le brutte esperienze del passato, non aveva perso il suo ottimismo che, spesso, distributiva a figlia, nuora e nipote: i suoi tre joyas, cioè gioielli, come li definiva lei.
Tornando al presente, poco prima della cena, mentre mamma Nadia si cambiava nella sua stanza, il piccolo Daniel rivide finalmente mamma Raffaella che dopo una giornata di lavoro in ufficio, aveva fatto la propria parte in cucina, come al solito.
Era una cuoca super esperta e tutta la famiglia andava pazza per i suoi piatti.
Per non parlare del fatto che sia Daniel sia mamma Nadia quando la vedevano tra i fornelli credevano che il corpo snello e minuto di Raffaella brillasse di luce propria, quasi come se fosse improvvisamente felice per qualsiasi cosa. Tra l'altro, in quei momenti, si vedeva un grande sorriso stampato sul suo volto, il quale rendeva più gioiosi i suoi occhi verdi come lo smeraldo incorniciati dai capelli rosso carota, tagliati a caschetto.
Daniel riabbracciò, inoltre, nonna Miriam che si trovava seduta su una sedia di legno a un angolo della cucina.
Lui era molto affezionato alla nonna e adorava le attenzioni e i nomignoli che gli dava di frequente.
Nonna Miriam era anche l'unica persona con cui Daniel si confidava davvero - anche se di nascosto - sui suoi problemi di scuola. E, anche quella volta, gli stava raccontando a bassa voce e preoccupato degli avvenimenti della riunione. In particolare delle uscite sceme della SanCarlo e della Paradiso, due delle sue maestre più antipatiche e bigotte.
«¿Por qué hay tanta gente idiota en el mundo?*» imprecò in spagnolo e ad alta voce l'anziana, senza parlare con nessuno in particolare.
Si alzò, prendendo il piccolo per mano e cambiarono stanza, dicendo alle mamme che andavano a guardare las estrellas* dalla finestra del soggiorno - un hobby che i due avevano in comune pure d'inverno.
Quella sera, però, oltre a guardare le stelle, la vecchia volpe raccontò una storia che rimase per sempre impressa nei ricordi del nipote.
«Devi sapere, mi pequeño, che quelle vipare e los gallos che incontri periodicamente a scuola sono tutti una massa di ignoranti!*» esordì.
«Sì, lo so» la interruppe lui «mamma Nadia e mamma Raffaella me l'hanno detto tempo fa».
«No, non la ignorancia che intendono loro. Aquella es ignorancia social, però yo hablo de la ignorancia de la attracción y de el amor*» spiegò lei, perlopiù in spagnolo.
Il bambino, che sapeva parlare già bene tale lingua, aveva capito perfettamente cosa avesse detto sua nonna, ma non aveva capito che cosa significasse la frase in sé.
«Ignoranza dell'attrazione e dell'amore? In che senso?» chiese lui alla donna.
Quella, per risposta, fece sì con la testa e continuò «Devi sapere che c'è una leyenda che ha determinato la vida de esta familia da quando esta señora era molto giovane*» indicò sé stessa con una mano sul petto.
«Una leyenda?» ripeté Daniel, interessato.
«Raccontamela, per favore!» Daniel implorò sua nonna.
Miriam fece un dolce sorriso e iniziò a canticchiare metà in italiano e metà in spagnolo «C'è un sentiero all'interno del nostro cuor che non puoi vedere se non con gli occhi del alma. Rojo y blu son i suoi colori. Rojo para la sinistra che se va, blu para la derecha che viene. Togli via la convinzion che esista una attracción, porque la vera attracción es quello che troverai all'incrocio delle due corsie. Segui il sentiero para trovar la vera attracción que es el vero amor... Se te avvicini meglio, puoi mirar su rostro y sentir la sua voz!*»
L'immagine negli occhi di Daniel, in quel momento, divenne sfocata e sembrava quasi che si stesse risvegliando da un bellissimo sogno...
20 marzo 2035, Verona Area Vecchia, Italia.
Daniel riaprì gli occhi nella sua stanza d'albergo, uscendo dallo stato di sonno dovuto alla siesta pomeridiana.
Il vano era illuminato solo dagli ultimi raggi del tramonto del sole che filtravano nella stanza grazie alla finestra semi aperta che volgeva sulla strada.
Si sentiva ancora leggermente intorpidito, ma pensò che fosse meglio cambiarsi per andare a provare a suonare in un posto tranquillo.
Era venuto a Verona sia per farsi conoscere meglio al prestigioso concerto di Primavera all'Arena di Verona come musicista del flauto traversale - strumento che aveva imparato a usare sin dalla pre-adolescenza e che lo aveva distratto da tanti futili problemi dovuti alla giovinezza - sia per iniziare a insegnare musica all'Accademia delle Belle Arti.
Finalmente aveva realizzato il sogno di ottenere una cattedra e non poteva esserne più felice: adesso gli sforzi fatti da lui e dalla famiglia per garantirgli un buon futuro non potevano più considerarsi vani.
Si alzò dal letto della sua angusta camera e andò nel bagno incorporato ad essa a lavarsi e sistemarsi.
Una volta fatto ciò, si guardò allo specchio: non era molto cambiato da quando era solo un mocciosetto di otto anni.
A parte il fisico più alto e atletico era sempre il solito ragazzo di colore, con i capelli un po' brizzolati e gli insoliti e luminosi occhi azzurri che aveva ereditato geneticamente da sua madre Nadia.
La dolce mamma Nadia che era morta due anni prima per un infarto improvviso...
Non passava giorno in cui non gli mancasse.
Uscito dal bagno, stava per prendere da terra lo zaino che conteneva il suo clarinetto, quando si sentì tremare la terra da sotto i piedi.
D'istinto pensò si trattasse di un terremoto, ma poi quello che lo circondava sparì e si ritrovò in mezzo a un bosco illuminato da una luce rossa e blu.
Il paesaggio cambiò di nuovo e il ragazzo si ritrovò in un posto vuoto e illuminato da una unica luce bluastra che sembrava condurre a una porta aperta davanti a lui.
Questi attraversò il varco e si ritrovò in un ampio salotto bianco piuttosto rustico e illuminato da una lampadina di luce chiara. In tale ambiente vi si trovava una ragazza di cui lo colpironoda subito i lunghi capelli semi sciolti, spettinati e bianchi come la neve e gli occhi viola abbastanza magnetici - seppur imbrattati di mascara che, per via del mascara, si era distribuito attorno agli occhi facendola sembrare un tenero panda - e ben vestita, mentre sorseggiava di tanto in tanto una Coca-Cola, piangeva a terra, seduta di fianco a un vecchio tavolo di legno visibilmente disordinato, posto al centro della stanza.
Nonostante l'aspetto leggermente cupo per via della tristezza che aleggiava dai suoi occhi, Daniel la trovava molto carina, gli ricordava una graziosa elfa uscito da un libro delle fiabe.
«E tu chi sei? Perché stai piangendo?» le chiese Daniel, accorgendosi di avere una voglia matta di darle un abbraccio anche se si tratteneva perché era una sensazione del tutto nuova e non voleva sembrare un maniaco che non era.
Ma la ragazza non rispose, anzi, sembrava non essersi accorta nemmeno della presenza di un estraneo e continuava a fissare il vuoto davanti a se.
Daniel ne dedusse che lei non potesse sentirlo né vederlo.
«Dannazione, ma quando finirà questo loop? Inizio a stufarmi...» si lamentò lei con il vuoto.
Daniel alzò un sopracciglio interrogativo, ma non fece in tempo a capire meglio cosa intendesse la ragazza, dato che si ritrovò nuovamente nella sua camera d'albergo, chino sullo zaino che stava per prendere poco prima di... Quella cosa.
Rimase interdetto a guardarsi intorno. Poi collegò le varie immagini e sansazioni fra loro e capì: la leggenda del magico sentiero rosso e blu si stava avverando anche su di lui e la ragazza che aveva visto di sicuro era ciò che faceva parte della sua via verso l'amore e che stava cercando da più di un decennio, ormai.
Avrebbe fatto di tutto per incontrarla davvero.
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Note importanti:
1* Sgabello guidabile: sgabello immaginario del 2035. Si chiama così perché a un lato dello sgabello, tra i manici per schiena e braccia, c'è un coso che ricorda un cambio a mano delle macchine che permette di spostarsi "guidando" da seduti. Dotato di un bastone all'ungabile per essere posizionato a terra sotto e nella parte esterna del cuscino per sedersi. Quando il bastone allungabile è ridotto al minimo, dei macchinari ad aria all'interno dello sgabello permette di spostarsi con il comando del cambio. Nei locali è connesso elettronicamente ai tavoli aerobici.
2* Tavolo aerobico: un tavolo immaginario del 2035. Non ha piedi e che volteggia con lo stesso macchinario ad aria dello sgabello. Se non è occupato lo si vede praticamente in aria e sul tetto, ma è connesso elettronicamente allo sgabello e questo significa che, se riconosco elettronicamente che un umano si siede allo sgabello connesso, la tavola si abbassa ad altezza uomo. È autolavabile.
3* ¿Por qué hay tanta gente idiota en el mundo?: "Perché c'è tanta gente idiota nel mondo?", dallo spagnolo.
4* Las estrellas: "le stelle", dallo spagnolo.
5* - Pequeño: "piccolo", dallo spagnolo;
-Los gallos: "i galli", dallo spagnolo.
6* - Ignorancia: "ignorazia", dallo spagnolo;
-Aquella es ignorancia social, però yo hablo de la ignorancia de la attracción y de el amor: "Quella è ignoranza sociale, ma io parlo dell'ignoranza dell'attrazione e dell'amore", dallo spagnolo.
7* - Leyenda: "leggenda", dallo spagnolo;
-esta familia: "questa famiglia" dallo spagnolo.
8* C'è un sentiero all'interno del nostro cuor che non puoi vedere se non con gli occhi del alma. Rojo y blu son i suoi colori. Rojo para la sinistra che se va, blu para la derecha che viene. Togli via la convinzion che esista una attracción, porque la vera attracción es para quello che troverai all'incrocio delle due corsie. Segui il sentiero para trovar la vera attracción que es el vero amor... Se ti avvicini meglio, puoi mirar su rostro y sentir la sua voz!
Traduzione "C'è un sentiero all'interno del nostro cuore che non puoi vedere se non con gli occhi dell'anima. Rosso e blu sono i suoi colori. Rosso per la sinistra che va, blu per la destra che viene. Togli via la convinzione che esista un'attrazione, perché la vera attrazione è per quello che troverai all'incrocio delle due corsie. Segui il sentiero per trovare la vera attrazione che è il vero amore... Se ti avvicini meglio, puoi guardare il suo volto e sentire la sua voce!"
Chiedo scusa per gli entuali errori grammaticali, li correggerò appena posso. Grazie dell'attenzione.
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