Ma piove?


"Perché vuoi chiamarla come la regina d'Inghilterra?" chiese Carolina perplessa mentre ci sedevamo a tavola per la cena.

"Non è per la regina" le spiegò Samuele, sorseggiando la sua birra con superiorità "è per l'attrice: Elizabeth Taylor!"

Io sollevai gli occhi al cielo, mentre Tommaso scoppiò a ridere, quasi sputando l'acqua che aveva in bocca, e subito dopo esclamò: "Ma cosa dici?! Vogliamo chiamarla così per il personaggio di un romanzo! Ma che ne sai te, che leggi solamente la gazzetta!"

Samuele gli rivolse uno sguardo risentito, mentre io annuivo in accordo con Tommaso.

"E sentiamo, sapientone, che libro?" indagò Samuele, socchiudendo gli occhi in direzione di Tommaso.

Quest'ultimo dichiarò con aria spavalda: "Elizabeth Bennet di orgoglio e pregiudizio, scemo!"

Sentendo quella risposta quasi mi strozzai con la pasta al pesto che stavo mangiando. I giorni precedenti, avevo spiegato a Tommaso la conversazione che avevo avuto con mia madre, e gli avevo anche chiesto se concordava con il nome. Lui si era mostrato entusiasta, ma evidentemente non aveva capito molto.

"Ma cosa dici te, scemo!" intervenni guardando Tommaso, che ammutolì con la forchetta carica di penne verdi a mezz'aria. "Non è quell'Elizabeth! E' per il personaggio di piccole donne"

"Ma non si chiamava Jo?" provò a dire Carolina, portandosi l'indice davanti alla bocca con fare interrogativo.

Era inutile continuare questa conversazione se la conoscenza letteraria di queste persone era tanto limitata. Tranne Tommaso, nessuno di loro era un gran lettore, e anche lui, leggeva soprattutto gialli o autobiografie di personaggi famosi, quindi non era molto affidabile in questo caso.


Ero al settimo mese di gravidanza, ufficialmente entrata nell'ultimo trimestre. Marzo si stava avvicinando velocemente e io quel giorno avevo il mio ultimo esame della sessione invernale. Ero riuscita a rimanere in pari, per ora. Non volevo restare indietro finché riuscivo ancora ad andare alle lezioni e fare i test. Immaginavo che il prossimo anno, con la bambina da curare, il mio tempo per lo studio si sarebbe notevolmente ridotto. Quindi non potevo permettermi di partire in svantaggio con il nuovo anno accademico.

Mi alzai presto, Tommaso dormiva ancora beatamente nel letto, con un braccio sollevato dietro la testa e il pigiama con sopra stampata una paperella (e no, la fissa non era ancora passata!).

Mi lavai in bagno e indossai dei vestiti comodi, ma caldi, perché comunque faceva ancora abbastanza freddo. Mi passai un po' di trucco per mascherare il mio pallido incarnato e infilai un paio di libri nello zaino. Stavo per uscire dalla stanza, quando mi bloccai nel bel mezzo del percorso e tornai sui miei passi. Mi avvicinai a Tommaso, che non era stato minimamente disturbato dal mio baccano e gli depositai un leggero bacio sulla fronte, sussurrando: "Buongiorno amore"

Lui non si accorse nemmeno di questo, e mi dimandai se, una volta nata nostra figlia, sarebbe toccato sempre a me alzarmi la notte.

Arrivai all'ingresso con lo zaino e un paio di calze tra le mani. Ultimamente indossare indumenti al di sotto delle vita era diventata un'impresa, ma con qualche difficoltà e qualche mossa da ginnasta, solitamente ci riuscivo. Impiegavo diversi minuti, ma portavo a compimento l'impresa da sola.

Poggiai tutto sul pavimento e presi le scarpe da ginnastica, riposte ordinatamente nell'apposto armadio vicino alla porta. Mi apprestai a infilare le calze, poggiando il sedere per terra e potando il busto in avanti, finché non sentii la pancia premere contro le mia gambe. Avevo raggiunto il punto di tensione massimo... ma quanto era cresciuta la mia pancia in una notte? Era impossibile, forse ero io che ero diventata più rigida?

Non sapevo bene come, ma evidentemente non riuscivo a raggiungere la punta del mio piede per infilare quel maledetto calzino rosa.

Oh, andiamo! Rischiavo di fare tardi al mio esame! 

Feci una smorfia e provai ad allungarmi ulteriormente, ma tutto quello che ottenni fu di sbilanciarmi e finire con la schiena sul pavimento.

Dannazione! Mi sentivo come una tartaruga, che quando si rigira sul guscio poi deve dondolare per tornare in posizione, perciò così feci finché non riuscii a tornare seduta, ma restava il problema della calza.

Feci ancora qualche tentativo, ma dopo una serie di sforzi inutili, un senso di frustrazione salì dal mio stomaco fino alla mia gola, e mi uscì istintivamente un urlo di nervosismo.

Tommaso apparve quasi subito sulla soglia della nostra stanza con i capelli trafelati, lo sguardo addormentato e gli occhi che cercavano di inquadrare la natura di quel verso.

Mi fissò cercando di capire quale fosse l'emergenza, mentre io me ne stavo per terra con la gamba sollevata in una posa ridicola e il calzino tra le mani tese in avanti. Avevo l'espressione di una pazza e i miei capelli erano da pettinare un'altra volta tanto erano arruffati.

"Hai qualche problema?" mi chiese ingenuamente, non riuscendo ad intuire il mio umore del momento.

"No, sto facendo yoga prima del mio esame" risposi ironica, non riuscendo a tenere a bada il mio nervosismo.

"Ma farà bene per la bambina?" domandò lui grattandosi la testa. Va bene, sapevo che la mattina aveva bisogno di qualche minuto per connettersi con il cervello, soprattutto se veniva svegliato all'improvviso, ma ora non avevo tempo.

"Tommi!" esclamai esasperata, porgendogli il piccolo indumento per invitarlo ad aiutarmi.

Lui sembrò finalmente capire il mio problema e si avvicinò veloce, afferrandolo e finendo di vestirmi in pochi minuti, sotto il mio sguardo sollevato. Ogni giorno che passava dovevo aggiungere qualcosa alla mia lista: non sei più in grado. Sperai di arrivare alla fine della gravidanza con la capacità di muovermi autonomamente.


Quella sera a letto mi addormentai quasi subito, dopo tutta la tensione accumulata durante la giornata, una notte di riposo era quello che desideravo più di ogni altra cosa, cullata dal suono della pioggia che picchiava contro al tetto.

Sognai di essere in discoteca, circondata da tantissima gente che ballava e cantava a squarciagola. Ad un tratto partì la canzone Single Ladies di Beyoncé e Rebecca, di fianco a me, lanciò un grido e iniziò a dimenarsi, trascinandomi nella sua folle danza.

Io mi lasciai andare, ridendo delle mosse buffe della mia amica, mente muovevo i fianchi seguendo il ritmo della canzone. Sollevai le braccia al cielo e buttai la testa indietro, scuotendola, poi con le mani scesi lungo il mio corpo, accarezzandolo sensualmente, ma quando giunta alla vita, qualcosa era cambiato. 

Ciò che prima era piatto, ora sporgeva esageratamente, tendendo all'inverosimile la stoffa del mio vestitino attillato. Poggiai le mani sulla mia pancia, sconvolta, mente la cadenza ritmica del brano mi entrava nella testa, estraniandomi dalla folla.

Sentivo rimbombare il mio cervello, poi giù, verso la mia gola, il cuore, lo stomaco e infine la pancia... un momento...

La pancia non stava rimbombando, si muoveva proprio. Piccoli colpi arrivavano dritti sulle mani ad intervalli irregolari.

Spalancai gli occhi e mi ritrovai a fissare il soffitto della nostra camera, con il respiro accelerato e le mani posizionate sulla pelle tesa del mio grembo.

Elisabetta stava scalciando. La mia piccola bambina si stava facendo sentire per la prima volta e io ero pronta ad ascoltarla, nonostante fossimo in piena notte e nonostante il temporale che si stava abbattendo sopra casa nostra.

Mi presi qualche secondo per assorbire ogni emozione che stavo provando in quel momento irripetibile, ma poi pensai che anche Tommaso dovesse essere reso partecipe. Allungai un braccio, facendo attenzione a non cambiare posizione, per evitare che la magia si interrompesse.

"Tommi" dissi ad alta voce, cercando di scuoterlo per il gomito, dal momento che dormiva su un fianco e mi stava dando la schiena.

Niente.

"Tommi, svegliati dai" continuai alzando il tono e scuotendolo più forte.

Niente. Ma era in coma?

"Tommaso!" gridai, tirandogli un pugno sulla spalla.

Lui sollevò la testa di scatto e si guardò intorno confuso, poi si voltò dalla mia parte e provò a mettere a fuoco la figura che lo stava disturbando.

"Senti! Scalcia!" dissi subito, portando nuovamente la mia mano sulla pancia.

Lui rimase qualche secondo con gli occhi socchiusi, un'espressione perplessa stampata sul volto, poi rimettendo la testa sul cuscino mormorò: "Scusa, non volevo darti calci"

Chiuse gli occhi, ripiombando in un sonno apparente. Sospirai sconfitta.

"Non intento te! La bambina!" ripresi a dire, dandogli qualche sberla leggere sulla guancia per farlo riemergere dalla dormiveglia.

"Dove?" chiese lui sempre più confuso, sollevandosi su un gomito. Va bene prendersi il proprio tempo per capire la situazione, ma così mi sembrava un po' troppo.

"Ma sei scemo?" sbottai, indicandogli con un cenno della testa il mio ventre. Lui seguì il mio sguardo e allora mise insieme tutti i pezzi del puzzle.

Tornò ad essere lucido, finalmente, e appoggiò una mano sulla pancia, ricevendo immediatamente una risposta dalla piccola Elisabetta, che non aveva ancora smesso di agitarsi.

Le sue labbra si sollevarono immediatamente in un sorriso commosso, mentre gli occhi diventavano lucici. Mi guardò teneramente e si allungò per darmi un bacio dolce sulla bocca, mentre fuori dalla finestra il vento agitava gli alberi. Un lampo illuminò la notte e fu allora che Tommaso sussurrò sorpreso: "Ma piove?"

Scoppiai a ridere, incapace di comprendere come Tommaso potesse dormire senza sentire il minimo rumore, mentre lui riprendeva a accarezzare la mia pancia con aria sognante.

Nonostante il brutto tempo imperversasse fuori dalla nostra dimora, dentro di essa risplendeva tutta la luce possibile: quella della nostra felicità.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top