Incontro

Il palazzetto era uguale a come lo ricordava, con la grande scalinata pullulante di bambini, la stessa che aveva sempre visto anche lui fin dalla più tenera età quando, molto più precoce di tanti altri, andava già ad allenarsi, la testa animata da grandi sogni, grandi obiettivi. Ripensarci adesso faceva un po' strano, non tutti i suoi propositi si erano concretizzati, anzi, certi treni persi bruciavano ancora oggi, ma poteva comunque ritenersi abbastanza soddisfatto...abbastanza.
Riuscì subito ad occhieggiare Takeru, che si era offerto generosamente di andare a prendere per quella volta.
Ripensò alla sorella che aveva sgranato leggermente gli occhi, stupita da tanta disponibilità.
“Non è che vuoi qualcosa in cambio?” gli aveva chiesto lei con un tono “sto-scherzando-ma-forse-no”, che doveva essere un tratto genetico comune nella sua famiglia.
Ad ogni modo aguzzò lo sguardo in mezzo agli schiamazzi di Takeru e degli altri pargoli, sperando di scovare cosa, o meglio chi cercava.
Lo spiazzo non era molto grande quindi non avrebbe dovuto fare molta fatica, considerando anche quanto il soggetto fosse in grado di farsi notare.
Stava quasi per arrendersi e rimandare ad un altro giorno quando individuò una bambina pel di carota, dai colori inconfondibili, correre verso un ragazzo dai capelli altrettanto fulvi, che era appena arrivato defilato in bicicletta.
“Sei in ritardo Nii-chan!” disse lei gonfiando adorabilmente le guance.
“Scusami Natsu, sono uscito tardi dal lavoro, mi perdoni vero?” disse accarezzandole i capelli, poi si inginocchiò a sistemare il seggiolino della bici. Oikawa non perse tempo, acchiappò Takeru per il cappuccio della felpa e si avvicinò a Hinata, proiettando la sua ombra sul ragazzo accucciato.
Hinata si accorse presto della mancanza di luce e si girò per vedere quale fosse la causa.
Quando riconobbe la persona di fronte a sé dovette venirgli un mezzo infarto a giudicare da come si agitò, un'abitudine residua dei vecchi tempi in cui era terrorizzato da ogni avversario che riteneva forte.
“I-il...Gran...O-oikawa-san!?” esclamò col suo tono di voce alto. Oikawa sorrise di cuore e si rivolse alla sorellina, che lo guardava interrogativa.
“Credo che il bamboccio qui presente la scorsa volta sia stato molto scortese con questa bella signorina, potrei offrirle un gelato per farci perdonare?”.

Sedettero tutti sulla stessa panchina, i due “adulti” al centro e i due bambini ai lati opposti, impegnati a gustarsi i loro gelati e lanciarsi di tanto in tanto qualche occhiata in cagnesco; la riappacificazione sembrava più ardua del previsto, tanto che ai due ragazzi sembrava di fare da barricata tra due battaglioni nemici.
Hinata sorrise cercando di stemperare la tensione.
“Quindi era lui il colpevole dell'altro giorno” disse sorseggiando la sua bibita “Comunque non c'è bisogno di scusarsi, anche Natsu ha la sua parte di colpa, ha un bel caratterino, è permalosa e sa essere molto testarda, non prendertela Takeru.”
Oikawa lo osservò un attimo. Erano passati alcuni anni ma non era cambiato molto, la sua statura era aumentata di poco e il fisico era sempre asciutto e ben tornito. Anche se non giocava più ad alti livelli sicuramente si allenava ancora molto e questo gli fece escludere l'ipotesi di un infortunio.
“Non sarà mai testarda quanto questo qua, riesce a darci grattacapi tutti i giorni. A volte lo minaccio di seppellirlo in una discarica o di buttarlo in mare, ma ormai è troppo cresciuto per credere a queste minacce!” fece rassegnato. Poi si girò verso il suo interlocutore “Comunque chibi-chan, che coincidenza trovarsi così! Non sapevo avessi una sorellina amante del volley che giocava proprio qui, guarda la casualità!”
“Eh? Ma che dici Tooru? Tu lo sap....” piantò con poca grazia una mano sulla bocca del nipote prima che potesse sputtanarlo. Poi gli pigiò in mano due monete dicendogli con un sorriso tiratissimo:
“Tieni, vatti a prendere da bere, hai sete no? Veloce dai!” accompagnando il tutto con un'occhiata assassina che non ammetteva repliche.
“Sì, è una bella coincidenza, non pensavo bazzicassi ancora da queste parti” stava dicendo intanto Hinata “Ho sentito che giochi per la Sendai Sakebon, dev'essere fighissimo giocare a quei livelli!”.
“Nii-chan, chi è lui?” s'intromise Natsu.
“Lui era un mio vecchio avversario alle superiori, è molto forte sai? Infatti piaceva a tutte le ragazze, al contrario di me.” disse facendole l'occhiolino.
“Allora è...come si dice..un sex symbol?” disse la bimba, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Stavolta fu il turno di Hinata d'imbarazzarsi e di tapparle la bocca.
“Scusala, ripete tutto quello che sente in televisione” disse a Oikawa, che nel frattempo se la stava ridendo di gusto. Anche Hinata rise e mandò la sorellina a farsi un giro, magari lei e Takeru avrebbero fatto pace da soli senza bisogno del loro intervento.
“Pensavo che avrei rivisto anche te sul campo, chibi-chan.” buttò lì Oikawa, introducendo con cautela l'argomento adesso che erano soli senza mocciosi tra i piedi.
“Mh no, non faceva per me” disse Hinata scuotendo la testa “con le mie caratteristiche fisiche difficilmente avrei sfondato nel professionismo. Un conto è giocare nei tornei scolastici dove il livello è ancora moderato, un conto è giocare come professionista.” guardò la sorellina che si dondolava su un'altalena “E poi...c'erano questioni più importanti della sola pallavolo”.
Oikawa non era del tutto convinto ma non indagò oltre. C'era tempo, ora che l'aveva trovato c'era tempo. Era senza dubbio cambiato, era meno chiassoso e aveva un contegno più maturo, anche se ogni tanto riemergeva la sua personalità stramba quando gesticolava con quel suo linguaggio strano.
Per quel giorno si salutarono con qualche formalità di troppo, da vecchi conoscenti che si rivedono dopo tanto tempo, quali effettivamente erano.

Ma ovviamente non sarebbe finita lì. Oikawa fece in modo d'incontrare Hinata “casualmente” altre volte, sempre con la scusa del nipote. Poteva sembrare un atteggiamento meschino da fuori, ma dopotutto non faceva del male a nessuno, no? Aveva trovato la fessura, la breccia nella barriera che l'aveva sempre diviso da Hinata, tutto quello che doveva fare era infiltrarsi ed insistere, come aveva sempre fatto.
Una volta gli offrì un passaggio in macchina e fu allora che gli regalò il biglietto per la sua prossima partita.
“La Domenica non lavori vero? Ho pensato che ti potesse far piacere venire a vedere la mia squadra giocare in casa, potrai assistere dal vivo alla mia fenomenale performance! E dopo negli spogliatoi potrei presentarti tutti i miei compagni di squadra, che ne dici?”
Hinata spalancò gli occhioni lucenti come un bambino, il ragazzo di pochi anni prima riemerse con prepotenza e lo ringraziò felice.

Quel giorno la sua squadra vinse portando a casa punti preziosi per la classifica e il piccolo ospite che fece entrare nello spogliatoio subito dopo rallegrò ulteriormente il morale di tutti con la sua spumeggiante vitalità.
“Quella schiacciata che hai fatto prima Miura-san! Mi ha trasmesso una cosa tipo...kaboom...ecco! E sono rimasto...gyaaah...per dieci minuti buoni!” disse saltellando attorno al loro asso, che si schiarì la gola imbarazzato ma anche lusingato, non capendo bene cosa volesse dire con tutti quei suoni astrusi ma prendendolo sulla fiducia.
Naturalmente lo avevano invitato a venirli a vedere di nuovo, perchè chibi-chan era così. Riusciva a farsi amare da chiunque, anche dai suoi avversari. Non importa quanto si fosse timidi, invidiosi, ostili o crudeli, lui ti prendeva il cuore, lo stringeva forte, lo riscaldava, lo guariva e te lo rendeva migliore, più tiepido e dolce di prima. Persino quella bestia di Ushiwaka si era fatto rapire da lui, facendogli il primo e unico sorriso sincero che gli avesse mai visto in volto, persino quel colosso della Dateko, che non spiccicava parola nemmeno coi suoi compagni, diventava stranamente loquace in sua presenza.
Oikawa si chiese come si sentisse Kageyama a dover sempre condividere il suo amore, ma probabilmente gli andava bene così, perchè alla fine della giornata gli occhi di Hinata cercavano solo lui; la sua devozione, la sua fiducia pura e incondizionata erano solo per lui.
“Profumo di ghiaccio spray...che buono!” disse Hinata inspirando forte.
Erano rimasti soli nello spogliatoio visto che Oikawa si era attardato a prepararsi. Volutamente.
“Potresti passarmi le ginocchiere? Così le metto a posto e usciamo...”.
Hinata lo fece ma Oikawa non le prese.
Invece gli afferrò il polso, lo tiro a sé e lo schiacciò contro l'armadietto.
Gli accarezzò le guance, il collo, poi tracciò il contorno delle sue labbra con due dita.
Hinata era immobile, non disse nulla finchè “Tu sai che io...sono...”
“Lo so...” soffiò Oikawa, poi si chinò su di lui e premette le labbra sulle sue, cercando di farle collimare chinandosi più del dovuto, avvolgendo completamente l'altro ragazzo col suo corpo e alzando il suo viso verso l'alto, vista la differenza d'altezza consistente.
Hinata non lo respinse ma non collaborò nemmeno, sembrava inebetito.
“Mi fai sembrare un maniaco molestatore così, chibi-chan.” disse Oikawa con leggerezza.
“Agh...m-mi dispiace!” esclamò Hinata rosso in viso, come se si fosse svegliato dal suo stato di torpore.
“Di che ti scusi? Sono stato io ad essere aggressivo, se non ti piace possiamo smettere” disse il Grande Re, il tono più ferito di quanto non volesse far intendere.
“No, non è che...” balbettò l'altro, sembrava non sapere nemmeno lui cosa volesse dire.
Oikawa lo scrutò dall'alto in attesa, poi sospirò.
“Facciamo più lentamente, ok? Alza un po' il viso, altrimenti rischio di torcerti il collo e di prendermi il colpo della strega a forza di stare tutto curvo!”.
Hinata rise piano. Dare istruzioni per un bacio era abbastanza ridicolo ma almeno l'atmosfera si era alleggerita. Ricominciò a lambire le sue labbra piano e stavolta Hinata cercò di agevolarlo mettendosi in punta di piedi e aggrappandosi alla sua maglia, stringendo i pugni intorno alla stoffa anche per contrastare il suo leggero tremore. Perfetto. Ora si ragionava.
Schiusero entrambi le labbra e le lingue si sfiorarono, Oikawa aveva iniziato ad accarezzargli i fianchi e la schiena per farlo rilassare, quel corpo piccolo ma robusto palpitava sotto le sue mani, aveva smesso di tremare e aveva acquisito sempre più sicurezza.
Oikawa si fermò un attimo, afferrò i piccoli pugni e li aprì delicatamente per baciarne i palmi e poi i dorsi, prendendosi il suo tempo. Hinata aveva gli occhi vitrei, iniziava ad aver il fiato corto e sembrava aver ormai abbandonato ogni resistenza. Oikawa in anni di esperienza aveva imparato che la delicatezza può essere molto più eccitante di un assalto irruente, almeno all'inizio. E siccome era uno stronzo manipolatore oltre che un abile stratega, non trascurò di servirsene anche stavolta con l'uccellino che aveva tra le braccia.
Prese gentilmente i polsi di Hinata e li portò a cingergli il collo, in modo che fossero più intimamente vicini, senza staccare un attimo gli occhi dai suoi, poi si gettò di nuovo sulla sua bocca, stavolta più vorace, implacabile. Ma Hinata fu pronto a ricevere tutto il suo ardore, aprendo la bocca e lasciandosi dolcemente violare, partecipando a quel bacio bagnato, carnale, non solo con la bocca ma con tutto il corpo, aggrappandosi forte alle spalle del suo alto compagno, senza quasi toccare più terra con le punte dei piedi, la schiena schiacciata contro il freddo metallo dell'armadietto.
Oikawa dal canto suo sfogò tutta la bramosia repressa per anni. Le labbra di Hinata, le sue mani su di sé, il suo respiro sul viso, tutte quelle cose che aveva sempre osservato da lontano adesso erano lì nelle sue mani e lui se ne ubriacava, sprofondava in quella dolce ebbrezza, le lunghe dita tra i suoi capelli rossi. Si staccò dalla sua bocca e scese sul collo, iniziando a baciare e succhiare quella pelle sottile e sensibile senza tregua, strappando gemiti muti alla sua vittima.
Fu quando le sue mani s'insinuarono sotto la sua maglia accarezzando direttamente la pelle caldissima che Hinata si rese conto che stavano andando troppo oltre, non era decisamente il luogo né il momento adatto.
Cercò dapprima di liberarsi dal suo abbraccio asfissiante, ma le sue braccia sembravano inamovibili. Il Grande Re, che dopo anni teneva ancora fede al suo nome, era davvero forte. Del resto per fare quei servizi-cannonate doveva avere una forza nelle braccia decisamente superiore alla media, il suo abbraccio era una morsa d'acciaio che lo teneva avvinto senza possibilità di fuga.
“Oi-Oikawa-san...”tentò a parole mentre l'altro aveva iniziato a baciargli una spalla facendolo sussultare. “Oikawa-san, è meglio andare...”.
Visto che rimase inascoltato, il terzo richiamo fu meno gentile. Gli schiaffò una mano sul viso in modo che lo guardasse “Oh, ci sei? Datti una calmata! Non possiamo restare qui, soprattutto a fare..ehrm...questo, ecco!”.
Avevano entrambi il fiatone, le fronti appoggiate l'una all'altra.
Oikawa sorrise affettuosamente “Mi hai fregato chibi-chan, fosse per me rimarrei chiuso qui tutta la notte a strapazzarti” gli baciò la fronte “Ma hai ragione, è meglio sloggiare prima che qualcuno ci venga a buttare fuori.”
Si ricomposero in fretta, Hinata ficcò la testa sotto l'acqua gelida per sbollirsi, con sommo divertimento di Oikawa.
All'uscita gli strappò la promessa di rivedersi, gli chiese il cellulare e vi aggiunse il suo numero, chiedendogli poi di fare lo stesso col suo, Hinata era talmente in subbuglio che sbagliò due o tre volte il suo stesso numero sia per l'agitazione sia perchè non era avvezzo all'enorme schermo touch di quello smartphone.

"Perchè hai smesso di giocare a pallavolo?” gli chiese Oikawa a bruciapelo in uno degli appuntamenti successivi.
“Non ho smesso, gioco sempre in una squadra amatoriale durante il tempo libero.”
“Sai cosa intendo. Perchè non hai continuato seriamente?”.
“Non sempre è possibile fare quello che si vorrebbe. Sono arrivato ad un certo punto in cui ho dovuto scegliere.” ammise reticente “Non ero studioso abbastanza per poter andare all'università anche se avessi ricevuto una borsa di studio, sarebbe stato solo uno spreco di tempo. E se non hai la raccomandazione di qualche università importante le squadre professioniste non ti prendono in considerazione, dovresti saperlo bene. Inoltre poche squadre sono disposte a rischiare con un giocatore...mh...particolare come me; il livello dei campionati professionistici è molto superiore rispetto ai tornei scolastici, non c'era garanzia che sarei sopravvissuto anche lì, molti hanno pensato che avessi sfondato al liceo solo perchè avevo...un alzatore fenomenale.” e dopo questo tacque.
Ecco. Erano arrivati all'argomento scottante. Sapeva che sarebbe successo, era solo questione di tempo.
“E che mi dici di Tobio-chan?” buttò lì con apparente disinteresse.”So che si è trasferito negli Stati Uniti, perchè non l'hai seguito?”
“N-non capisco perchè avrei dovuto farlo, lui aveva la sua vita...” rispose Hinata strusciando nervosamente i piedi a terra.
“Ma voi due stavate insieme no? Come coppia intendo...” insistè Oikawa senza girarci troppo intorno, stanco di parlare per sottintesi.
“Io non....non l'ho mai detto!” disse Hinata agitato gesticolando senza guardarlo in faccia.
“No, ma si capiva.”
“Davvero? Cazzo...” esclamò Hinata e la sua testa partì per la tangente con mille seghe mentali sul come e sul perchè fosse così evidente.
“Tranquillo, non si notava così tanto, l'ho capito solo io grazie al mio intuito e alle mie straordinarie capacità osservative” disse dandosi delle arie e mettendosi in posa plastica.
“Oikawa-san, ti stanno guardando tutti.” disse Hinata imbarazzato, non volendo attirare l'attenzione più di quanto non fosse necessario.
Stettero in silenzio per un po', Oikawa non voleva forzarlo più di tanto a parlare, doveva essere lui ad aprirsi spontaneamente o sarebbe stato inutile.
“Lui me lo chiese...” iniziò incerto Hinata “lui...mi chiese di seguirlo ma io non potevo...” strinse forte gli occhi “Vedi, io non ho più un padre quindi non potevo lasciare mia madre e mia sorella da sole, dovevo crescere, diventare adulto, trovarmi un lavoro, non potevo permettermi di continuare a giocare, non potevo lasciare la mia famiglia qui e andare dall'altra parte del mondo.” poi proseguì “Kageyama non aveva di questi problemi quindi per lui era più facile, si offrì di restare e di aiutarmi ma io mi rifiutai, non volevo che la sua carriera fosse ostacolata per colpa mia, gli dissi di andare perchè se fosse rimasto non lo avrei mai perdonato, non avrei accettato nessun aiuto da parte sua se questo significava sacrificare il suo futuro sportivo.” scosse la testa ma i suoi occhi erano asciutti, il suo sguardo duro e determinato, non aveva rimpianti.
Nonostante questo Oikawa poteva leggergli chiaramente in viso quanta sofferenza gli costasse tutto questo, abbandonare l'attività sportiva per scelta, come avevano fatto Iwa-chan e gli altri, era un conto. Farlo perchè vi si era costretti era un altro. Hinata era sbocciato al liceo ma la sua fiamma aveva avuto vita breve, così come il suo amore per Kageyama. La loro unione, che sembrava inossidabile, alla fine era stata sopraffatta dalla vita stessa, dal suo corso crudele ed implacabile che li aveva travolti anche se avevano cercato di opporsi. Che storia d'amore tragica e commovente! Che destino crudele! E Kageyama che voleva sacrificarsi così eroicamente! A Oikawa veniva da vomitare.
Ma ora basta, era giunto il momento di finirla qui, di cancellare Kageyama, o meglio cancellare il suo ricordo invadente che continuava a pendere come una falce sulla sua testa.
“Chibi-chan” iniziò Oikawa lentamente “prima mi hai chiesto come ho fatto a capire di te e Tobio. La verità è che io vi osservavo spesso” si corresse “o meglio ti osservavo spesso. La verità è che mi sei sempre piaciuto. Fin da quel giorno in cui veniste nella nostra scuola per quell'amichevole” fece una mezza risata “tu sicuramente non ricordi, perchè dovresti? E' stato solo un attimo, ma io mi ricordo molto bene la prima volta che vidi la tua schiacciata stramba, quando vidi il tuo viso determinato da sopra la rete. Ne rimasi colpito. E come potevo non esserlo? Risplendevi tutte le volte che scendevi in campo, soprattutto quando giocavamo da avversari. Eri una bestiolina irrequieta e mi mettevi a disagio, eri fastidioso, ti temevo ma allo stesso tempo ero affascinato da te.”
Prese la mano di Hinata e se la mise sul petto.
“E lo sono anche adesso, quello che provavo non è cambiato”.
Hinata era lì accanto a lui, in uno stato estremamente vulnerabile. Poteva chiaramente vedere tutta la solitudine e tristezza riflessa sul suo viso. E Oikawa non era una brava persona. Non lo era mai stato. Cercare la parte più delicata e fragile del suo prossimo per piantarci una stilettata era la sua prerogativa.
Ma prima che potesse aggiungere qualcosa Hinata parlò:
“Non è vero.” disse guardandolo per la prima volta in viso “anch'io mi ricordo....molto bene di quella volta. Era come se...il tempo andasse al rallentatore, mi ricordo molto bene il tuo viso, i tuoi occhi...”
Doveva ammetterlo, questo non se lo aspettava. Aveva sempre creduto che quell'istante fosse stato del tutto unilaterale. Voleva colpire ma era stato colpito a sua volta. Si chinò a baciare Hinata.
“Vieni a casa mia.”

Note dell'autrice: Il nome della squadra di Oikawa è totalmente inventato, mi sono presa una licenza creativa sparando un nome a caso, chiedo venia. Adoro Takeru, il nipote chiacchierone di Oikawa, si nota per caso? Ahah.

Il fatto che Hinata non abbia il padre è un mio headcanon, perchè nel manga nelle scene di famiglia non si è mai visto, si vedono solo la madre e la sorella, ma è solo una mia supposizione.

Ah quello che Hinata dice durante la sua “dichiarazione” non l'ho inventato io, sono le sue parole testuali riguardo a quel momento “magico” (capitolo 81 del manga), anche parte di quello che dice Oikawa è una parafrasi dei suoi pensieri riguardo Hinata durante il match Aoba Jousai vs. Karasuno, non è farina del mio sacco, è tutto nel manga, tralalalalala!!

Ok ora la smetto di fare la fangirl e vi rimando al prossimo aggiornamento, restano ancora due capitoli circa, non sarà una fic lunghissima. Un bacio e grazie a chi mi segue!

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